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Autore: Mirajade_    28/11/2014    3 recensioni
Hinata Hyuga vive una vita semplice, fatta di scuola e lezioni di violino.
Queste sono le parole di ogni studente.
Hinata Hyuga è una ragazza che adora scoprire le debolezze della gente, scoprire il motivo di ogni lacrima, il perchè "Nessuno vive una vita perfetta".
Hinata Hyuga vive da sola, almeno così sembra: padre assente e madre morta. L'unica famiglia che le rimane e sua sorella minore che di giorno in giorno degenera, prova ogni esperienza, dal fumo alla droga.
Naruto Uzumaki è un orfano, scappato tante volte dalla propria famiglia adottiva. Ribelle, cattivo, odia il suo lavoro e la sua vita, è un falso misantropo.
Dal testo:
–Sei la sorella della ragazzina, suppongo. Questo spiega la tua presenza stamattina al capannone- perspicace, stranamente, un ragazzo perspicace –Dille di stare alla larga da me e dagl’altri, non vogliamo più averla intorno-
***
La droga è la speranza di chi speranza non ne ha più. La vita è un lungo malinteso.
***
-Potresti essere uno stalker, un assasino, un pedofilo, un maniaco, un pazzo, un serial killer... di tutto- dico assumendo un espressione ovvia mentre vedo aleggiare un sorriso divertito, alla mia reazione, sul suo volto ed anche io, stranamente, sorrido. Un sorriso vero.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Silenzio prima di nascere, silenzio dopo la morte, silenzio mentre vivi. Silenzio. Le risate, la musica, le parole… è tutto vuoto. Niente di tutto questo ha senso, per me.
-Hiashi passa l’acqua.- dice mia sorella guardando mio padre, aspettandosi un azione immediata che non arriva.
-Come osi parlarmi così? Sono tuo padre e tu sei figlia mia: l’eleganza è la prima cosa che pretendo… cosa che, da quel che vedo, non mostri- ribatte acido mio padre , guardando l’abbigliamento scuro di mia sorella.
Ingoio amaramente l’acqua dentro il mio bicchiere ,aspettandomi un’altra risposta pungente da parte di Hanabi.
-Pensa per te, vecchio- risponde infatti ,alzandosi dal tavolo per poi andare in camera sua. Sbatte la porta violentemente. Era offesa, ferita, arrabbiata .Odiava nostro padre , lo odiava a morte.
-Che razza di comportamento! Vostra madre vi ha lasciato troppa libertà!- tuona mio padre facendomi rabbrividire. Le mie unghia affondano forzatamente nella mia mano ,come per non farmi accecare dalla rabbia che divaga dentro di me. Le sento scavare,ma è come un riflesso involontario.
-Smettila…- sussurro inghiottendo -…per favore- concludo mentre le mie dita iniziano a farsi umide.
Nei film credono che il sangue sia caldo, un qualcosa che trasmette vita… il mio è freddo, e forse non è neanche rosso.
***
 
-Mamma, perché esistiamo?- la voce risultava flebile
-Come mai questa domanda, Hina-chan?
La bambina alzò le spalle.
-Esistiamo per amare e odiare. Per vivere e morire, Hina-chan.- la donna sorrise rassicurante notando lo sguardo stranito della proprio figlia –Quando sarai più grande capirai- terminò.
-Da grande morirò?- chiese ancora la bambina dai capelli blu notte
- Prima o poi tutti moriamo ,ma quando saremo vecchi, vecchi, vecchi!- disse la donna in modo buffo facendo ridere la figlia. –Dai, adesso vai a letto o il terribile “Demone a Nove Code” ti prenderà e ti mangerà questa notte- prese la bambina in braccio e iniziò a correre per la casa in mezzo ad un coro di risate.
***
 
Il respiro affaticato, le mani sudate, i battiti accelerati, le parole. Il rumore.
Aprì le palpebre e rividi subito il tetto, nero al buio. Avevo le guance umide, avevo sicuramente pianto.
Di nuovo mia madre, di nuovo quel sogno. Se continuo di questo passo rischio d’impazzire,la mia vita va a pezzi e inconsciamente mi rifugio in vecchi ricordi.
 
-Dannazione mamma, perché te ne sei andata?- sussurro digrignando i denti in preda allo stress, alla paura e alla sopportazione.
Sposto lo sguardo verso la finestra. Il leggero colore aranciato si fa vivo nel cielo e riesco a notare una leggera corona di luce farsi sempre più intensa. Dà l’impressione di un sole caldo e luminoso, eppure non mi rassicura.
Di pomeriggio avrei avuto lezione di violino. Detesto quelle lezioni e amo suonare quello strumento: mi piace creare delle melodie veloci e frettolose, qualcosa che riesce a far muovere le mie dita in una maniera quasi anormale. Detesto la musica classica , è troppo lenta e morta ,e c’è già abbastanza morte nella mia vita. Io cerco vitalità.
Mia madre era una professionista, riusciva a comporre intere melodie in pochi minuti alternando i movimenti veloci e dinamici con quelli lenti e calmi in composizioni bellissime.
Più passa il tempo, più voglio essere come lei, una sua fotocopia… non voglio essere Hinata, ho paura di esserlo e di sbagliare, essere qualcun altro significa già cosa fare, sapere cosa accadrà e evitare gli errori. E io non posso permettermi nessun errore.
Espiro e ispiro lentamente preparandomi ad un'altra giornata orribile , accompagnata da paura e stomaco contorto.
***
 
La colazione è forse il momento più silenzioso del giorno. Neanche Hanabi chiede qualcosa, preferisce stare zitta, forse per non far sentire la puzza di tabacco bruciato , non saprei,  o forse era per evitare il dolore che le causano le labbra completamente spaccate dal freddo e dal fumo.
L’unico suono che qualche volta si sente è quello dei passi di Tamiyo, la badante della casa che, ogni mattina, si occupa di spolverare le ceramiche giapponesi.
Termino il mio caffè e dopo un saluto sussurrato esco di casa con la tracolla sulla spalla mentre nella mano sinistra tengo la custodia del violino, nera con un nome inciso sopra.
Squilla il telefono e stancamente lo prendo.
-Hinata Hyuga, chi parla?- chiedo
-Hinata per favore passa da casa mia… andiamo a scuola insieme-  dice la voce di Ino. Era singhiozzante, come se avesse appena terminato di piangere ,e forse era così.
Affretto il passo prendendo le strette vie di Konoha, deserte e piene di schegge di vetro. Mi hanno sempre avvertita di non prendere i vicoli stretti, possono esserci persone malintenzionate, ma ormai non ha più importanza per me.
Fortunatamente arrivo a casa di Ino senza contrattempi.
La trovo seduta nel vialetto davanti alla porta di casa ,con le ginocchia al petto e la testa bassa con i capelli annodati in piccoli grovigli sul viso e sulle spalle.
Anche la sua vita non era delle migliori.
Una combinazione tra depressione, ebbrezza, feste, scuola e sesso. La vita di una prostituta, avrebbe detto qualcuno, o la vita di qualcuno che vuole dimenticare anche per pochi istanti i suoi problemi.
-Ino?- mi paro davanti a lei, inginocchiandomi e accarezzandole una spalla coperta da piccoli fili biondi –Che è successo questa volta?- chiedo
-Non ne posso più! E’ un pazzo! Lo ha fatto di nuovo… ci ha picchiate, di nuovo e ha portato un’altra puttana in casa… di nuovo- la sento inspirare per poi sfogarsi in un pianto silenzioso alternato da sensi di soffocamento –Voglio andarmene Hinata! Voglio andarmene da questa casa… da questa vita, cazzo-
-Se vuoi puoi rimanere a casa mia oggi, non c’è bisogno che tu vada a scuola, anche perchè la casa sarà completamente deserta tranne per Tamiyo, che non si accorgerà neanche di te. Potrai rilassarti, anche se la vedo dura- le dico.
-Veramente?- mi chiede ancora con lo sguardo basso –Perché onestamente il solo pensiero di aprire il libro di educazione tecnica mi fa salire il vomito- dice . Accenno un lieve sorriso divertito.
-Ti accompagno, se vuoi-
Lei alza lo sguardo e noto i tratti formati dal mascara colato e il viso sciupato.
-No, non c’è bisogno. Faresti tardi e poi non mi dispiace fare il tragitto da sola – mi sorride forzatamente –Come è andata a finire con Hanabi?- mi chiede cambiando discorso.
Le parole mi muoiono in gola al solo pensiero di quel ragazzo tanto minaccioso quanto bello.
-Penso che sia stressata perché non le danno più…- “droga” non voglio dirlo… non lo dico.
-Capito- dice Ino non lasciandomi finire. Si alza e asciugandosi il viso umido con il dorso della mano accenna un falso sorriso radioso. -Credo che sia meglio che tu vada, ti sto facendo perdere tempo-
Sorrido amaramente e le porgo le chiavi di casa mia avvertendola di fare attenzione.
La guardo allontanarsi, vedendo l’alta e slanciata figura divenire man mano una piccolo punto grigio e biondo. Stringo le mani a pugno e mi allontano. Sarebbe finita questa tortura? Per me? Per lei? Per Hanabi? La tortura di vivere una vita il cui sinonimo era cenere?
***
 
-Signorina Hyuga potrebbe rispiegare alla classe quello che ci sarà nel test, per favore?- chiede il professore con uno sguardo tagliente, nonostante il “per favore” si riusciva a vedere la rabbia di un professore che viene ignorato.
Dannata me che non riesco a stare attenta!
-Beh… ci…ci… si dovranno disegnare tre ta…tavole – dico cercando di ricordare qualche numero precedentemente citato. Il signor Kobayashi mi guarda incitandomi a continuare.
Sfrego le mani lentamente tra di loro mentre una pessima sensazione prende il sopravvento: sento gli sguardi dei miei compagni puntati su di me, la maggior parte, annoiati.
-E ognuna dovrà rappresentare un…un edificio- termino sperando di aver risposto quantomeno bene.
-Signorina Hyuga mi sembra usuale che nel test si dovranno disegnare degli edifici. La mia materia si occupa di disegno architettonico, voglio ricordarle. La prego di stare attenta se vuole ottenere un buon voto constatando il suo ultimo risultato- abbasso lo sguardo verso il banco, risentendo di nuovo il signor Kobayashi spiegare. In questo ultimo periodo i miei voti lasciano molto a desiderare, ho tentato di darmi delle spiegazioni, lezioni di violino, stanchezza, “famiglia” ma niente era una vera spiegazione.
-Hinata- mi chiamò sussurrando una voce bassa. Mi voltai lentamente riconoscendo il volto inglese di una mia compagna, Maryclaire. Una ragazza solare e simpatica, nata in Inghilterra e trasferitasi in Giappone all’età di sei anni. In molti l’avevano presa in giro all’inizio per gli occhi più rotondi e il viso più europeo in confronto a quello di noi asiatici.
Portava quasi sempre i capelli mori raccolti in uno chignon che erano in forte contrasto con gl’occhi dorati.
-Si?- chiedo sussurrando
-Sai perché non è venuta Ino? Dovevo restituirle un libro- dice facendomi vedere la copertina del libro “Due sembianze diverse”. Lo aveva prestato anche a me ma non avevo mai avuto il tempo e la voglia di leggerlo, sapevo soltanto che era la storia di un ragazzo che di giorno si mostrava qualcuno e di sera qualcun altro, qualcosa del genere.
-Non si sente molto bene – le dico –Ma posso darle io il libro, devo vederla oggi-
-Grazie, Hina-chan- dice porgendomi il libro per poi assumere un’espressione interrogatoria –Ti senti bene? Sei più pallida del solito-
-Si… si sto bene – la rassicuro nascondendo a stento il vomito di parole che voglio buttare fuori.
“No, non va bene niente, cazzo, niente!”
Suona la campanella e con mia gioia esco dall’aula dirigendomi, con affianco Maryclaire, fuori dalla scuola.
Non sapevo minimamente perché mi stava seguendo, e avevo intenzione di chiederglielo.
-Come mai vieni con me?- le chiedo non sapendo come iniziare il discorso.
-Andiamo allo stesso corso di violino- mi dice guardandomi stranita –E’ da tre anni che faccio violoncello- mi spiega.
-Strano ,non ti avevo mai notata- in effetti non l’avevo mai vista ai corsi.
-Perché il mio corso si teneva dopo quello tuo- mi sorride –Ma questo mese, e credo anche nei prossimi, per dei problemi di orari frequenteremo il corso insieme-
Non so se essere felice o dispiaciuta: ho la possibilità di conoscere meglio Maryclaire e quindi di trovare qualcuno per i momenti difficili ma è anche vero che non voglio qualcuno che vedo ogni singolo giorno, anche nei miei momenti di tranquillità. Non vorrei che diventasse troppo invadente.
-Quindi saremo più di cinque- dico sorridendo falsamente.
-Esattamente. Volevano eliminare i corsi di violoncello, dicevano che era tempo sprecato per sette persone, ma infine hanno deciso di fare un corso integro-
Tempo sprecato? Non credo, era pur sempre tempo da dedicare ai quei momenti di libertà che poche volte ti puoi  permettere.
Non mi è mai piaciuto il violoncello, credo che sia la versione più “bruta” del violino. Quando mio padre voleva iscrivermi ai corsi più costosi di musica, all’inizio era convinto di farmi suonare il violoncello, per poi farmi finire in una di quelle grandi orchestre classiche, orribile.
Adesso non sa nemmeno che sto continuando le lezioni e se ne ricorda soltanto quando organizza delle riunioni con i suoi colleghi: mi costringe a vestirmi con abiti orribili e costosi per poi farmi suonare per gente che bevono champagne con vanità e si controllano continuamente i propri abiti, ma quantomeno sono soliti ad applaudirmi per le noiose melodie che sono costretta a suonare.
-Che strumento è quello?- aveva detto, mio padre, guardando schifato il violino in legno scuro, appartenuto a mia madre.
Non avevo risposto a quella domanda ma il giorno dopo ,sul mio letto si trovava un nuovissimo violino color crema con rifiniture nerastre.
Eleganza! Stupida, eleganza. Persino quello che suono doveva superare il costo di un auto o venivo presa per una ragazza di poco conto, il cui padre era un vecchio tirchio o senza soldi.
Non ho mai suonato quella barretta di cioccolato bianco, e preferisco non farlo, meglio tenerlo appeso alla parete, come se fosse impiccato.
***
 
Detesto quando la gente mi guarda mentre suono, è una sensazione terribilmente angosciante sentire quegli sguardi critici ,pronti a segnalarti ogni minimo errore.
Ero inchiodata allo sgabello mentre stringevo forte il violino sulla mia spalla, era leggero e adoravo vedere l’archetto passare sulle corde velocemente. Dava l’impressione della tanta eleganza agognata da mio padre; era elegante vedere quella danza continua tra archetto e violino che si susseguiva in note diverse e veloci.
In molti mi avevano detto che il mio modo di suonare era unico e diverso: più frettoloso, un qualcosa che non era paragonabile alla gentilezza di un violinista, la mia era rabbia e ribellione.
-Perfetto Hyuga, sei stata bravissima, ma la prossima volta cerca di mantenere il volto alto e verso coloro che ti guardano- mi raccomanda la Signorina Tsunade, inforcando gli occhiali e prendendo appunti su una piccolo libriccino in pelle.
“Verso coloro che ti guardano”, impossibile .Non sono adatta per sostenere gli sguardi. Non voglio dimostrare sicurezza ,ma solamente innocenza e relazione tra suonatore e strumento.
 
-Wow ,sei bravissima!- sussurra Maryclaire su uno sgabello dietro il mio.
I corsi si sono sempre tenuti in stanze che ricordano le postazioni di un’orchestra: una serie di scalini su cui stanno cinque/quattro sgabelli. Io sono sempre stata alla penultima fila con altre tre ragazze la cui caratteristica era l’essere stravaganti e disobbedienti. Come Tenten, una ragazza dal violino coperto di scritte di pennarello e bombolette spray. Porta sempre i capelli mori in due chignon bassi per far vedere meglio i piercing, uno sul sopracciglio e l’altro sul labbra mentre sulla mano destra ha tatuato una fantasia simile a quella del merletto.
Ragazza di buona famiglia e severa, ma a lei non è mai importato ha sempre fatto quello che le passava per la testa e frequenta ancora il corso solo per i buoni voti che prende spesso.
-Hyuga, quand’è che ti strapperai gl’occhi e me li regalerai? Sarà sempre troppo tardi, vero?- mi aveva detto una volta scherzando, dimostrando il suo “amore” per i miei occhi lilla.
Guardo di sfuggita il braccialetto in argento con un piccolo orologio come pendolo. Le 15:32.
Sbuffo al pensiero di ritornare in casa dove mia sorella sicuramente ha lasciato le sue tracce di cenere .
Una veloce e stridente nota fa voltare tutti i ragazzi verso la Signorina Tsunade che, con il suo violino in mano, richiama l’attenzione in quel modo.
Il suo volto era sempre tirato in smorfie severe  e le gentili forme di donna risaltavano sotto la gonna a tubino nera e sulla camicetta bianca. E’ sempre stata una seconda tutrice per me, sapeva del comportamento menefreghista di mio padre e delle cattive abitudini di mia sorella.
-Potete andare, la lezione è terminata- dice
Ci esibiamo in un inchino  e con in mano i propri strumenti ci dirigiamo fuori dal piccolo edificio.
Affretto il passo, sperando di non essere seguita da Maryclaire: odio la compagnia della gente che si mostra così superficiale e inutile, come tutte le ragazze di oggi giorno.
Inutili e senza personalità. Seguono tutte la stessa onda senza saperlo e sono convinte di essere diverse, ma non lo sono; portano tutte un trucco eccessivo, un modo di vestire volgare, hanno tutte un ragazzo che rientra nella categoria “popolare”, ascoltano tutte le stupide band di componenti senza talento e sono totalmente dipendenti dai social network, passando ore a creare stati o a pubblicare foto con qualche frase filosofica presa sicuramente da Internet, data la poca intelligenza.
Poi ci sono quelle persone false, che si mostrano qualcuno con gli altri, gentili, disponibili e simpatiche, e che poi ti linciano alle spalle e ti usano in maniere orribili.
Un esempio di persona falsa? Ino. “È la ragazza più socievole che abbia mai conosciuto”, dicono in molti.
Non è socievole, è incazzata con tutto e tutti: perché gli altri non soffrono e lei si.
In ogni modo credo che le mie preghiere sul ritornare a casa da sola, nonostante il cielo fosse già oscurato, non siano state ascoltate.
Percepisco già la presenza della mora.
Sbuffo lentamente stringendo di più la presa sulla custodia del violino.
Una figura alta si affianca alla mia, ma non è quella della ragazza solare che conosco da molti anni.
-Non dovresti camminare a quest’ora tutta sola, potrebbero esserci persone mal intenzionate- mi irrigidisco e lo vedo ghignare mentre aspira dalla sua sigaretta. Dovrei andarmene o scappare ma mi raggiungerebbe in meno di pochi secondi. Non mi volto a guardarlo, ma nella mia mente prende forma il viso abbronzato contornato da lunghi capelli ambra e accompagnato da perfetti occhi grigio-bluastri.
-Sai Hinata, mi piace molto questa tua tendenza al silenzio e alla timidezza- dice per poi scrutarmi, sicuramente si sarà accorto che tremavo. –Suoni il violino?- mi chiede soffermandosi sulla custodia che tengo in mano.
-S…si- rispondo espirando mentre la sensazione di disagio si alleggerisce.
-Dove abiti?-
-Pe…perché vuoi saperlo?- chiedo mentre la spalla inizia a dolermi per la tracolla pesante.
Alza le spalle e giriamo un angolo.
-Sei brava a suonare?- sta cercando di iniziare un discorso, cosa che vedo molto difficile.
-Cr…credo di si. In molti mi dicono che sono brava, ma non ne sono sicura. Sono tutti sorrisi di circostanza quelli che ricevo- sorrido amaramente pensando alle riunioni organizzate da mio padre.
-Un sorriso non costa nulla, ma vale molto. E’ tutta una questione di galateo.- dice gettando la sigaretta nel bel mezzo della strada con un gesto veloce, quasi impercettibile.
-Preferisco la gente schietta alla gente educata-
Mi osserva e sento di nuovo la sensazione di disagio farsi spazio tra mie membra. Dovrei chiamare la polizia e svelare tutto, evitando così di entrare in pessimi giri e di togliermi Naruto Uzumaki dalle spalle, ma la parte di me, quella più irresponsabile, quella parte che ognuno di noi sa di possedere e che si fa riconoscere dal “Dai è carino, non puoi rovinare tutto”, voleva continuare quello strano gioco appena iniziato.
Sento la mia spalla alleggerirsi e mi volto verso di lui con sguardo interrogatorio.
-Cazzo, certo che voi studiate molto- dice portandosi la tracolla alla spalla con movimenti fluidi e imprecando.
Vorrei sorridere ma sono troppo tesa.
L’unico che si era sempre offerto a portarmi la borsa o la custodia del violino è sempre stato il mio migliore amico, Kiba Inuzuka, un ragazzo dai capelli strani e dai modi aperti, insomma, il mio opposto.
Sono già passati due anni dalla sua partenza: si è trasferito in America perché i suoi genitori avevano trovato lavoro lì e lui, ancora minorenne, è stato costretto a seguirli intraprendendo una nuova vita americana.
-Ayako- lo sento dire in un sussurro. Rabbrividisco e la sensazione di disagio si trasforma in nostalgia, tristezza e rabbia. –Chi sarebbe?- chiede guardando più attentamente il nome inciso sulla custodia.
-Non vo…voglio parlarne, per favore- sussurro mentre nella mia mente i ricordi della donna solare e dalle mani danzanti si riproducono nella mia mente.
Questa situazione è totalmente insana,è come cercare di spegnere il fuoco con la benzina e io ci vado di mezzo dilaniata. Forse ho capito uno dei tanti motivi del perché non mi piace conversare.
Dovrei camminare con un cartello che recita “Non parlatemi, non chiedete cose su di me e andremo d’accordo”? Perché la gente non capisce che le storie di ragazzi dalla vita difficile non esistono soltanto nei film? E poi quando scoprono che hai perso un genitore ti guardano straniti, a volte impietositi e iniziano a farti domande su domande finché, contenti del materiale ottenuto, non vanno a sperperarlo in giro e tu diventi il cagnolino bastonato depresso e triste che chiede aiuto e amore.
Non chiedo aiuto, ne tantomeno amore, voglio completa indifferenza anche ripudio se è necessario! Non voglio la loro compassione.
-E’ una delle tante persone che mi ha lasciato- dico abbassando lo sguardo sul marciapiede in parte crepato – Però lei era quella più importante-
Cala altro silenzio dove gli unici suoni sono i nostri passi e qualche auto che passa di lì.
Prende il suo cellulare e lo sento parlare, mi soffermo sul tono di voce duro,maschile e, come direbbe Ino, orribilmente sexy. Arrossisco. Dannazione Yamanaka.
-Vai al punto, teme, quando devo venire?- lo sento dire annoiato dalla discussione che sta avendo –Sono da te, tra poco- chiude la telefonata, prende la mia tracolla e me la porge.
-Essere importante per qualcuno è la cosa più orribile che ci possa accadere- sussurra per poi sorridere –Ci si vede, angioletto- fa dietro front e si allontana sotto la luce dei lampioni. I capelli biondi in netto contrasto con la felpa nera.
***
 
Entro in casa, facendomi investire da un dolce tepore dato dalle stufe e non di certo dall’atmosfera per niente famigliare. Tamiyo è in cucina a preparare un insolita cena, composta da più portate e mio padre sicuramente è nel suo studio.
-Buona fortuna per stasera, sorellina- Hanabi scende dalle scale e mi rivolge un sorriso divertito.
Stasera? –Di cosa stai parlando?- chiedo posando la tracolla dietro il portaombrelli vecchio.
- Altri “appuntamenti” organizzati dal vecchio. Insomma le solite cose tra i figli dei capi delle aziende più importanti. Mi ha detto di riferirtelo e di fatti trovare il più “elegante” possibile- mi dice sfilando velocemente una sigaretta da un pacchetto. La mia attenzione si rivolge a quell’involucro di carta e tabacco.
-Qual è questa?- le chiedo togliendogliela dalle labbra –Quante ne hai fumate oggi?- continuo.
-Non sono cazzi tuoi, sorellina, ma solo per non farti stare in pensiero, credo sia la sesta da questa mattina- entra fulminea in cucina iniziando una discussione con Tamiyo indaffarata.
Fisso la sigaretta tra le mie dita, è incredibile come la gente ci si perde e ne prova piacere ad ogni respiro. Che sensazione si prova sapere di dipendere da un essere inanimato? Una sensazione dolce, forse, sapere di affidarsi a questo veleno che mai ti abbandonerà e senza limiti.
Salgo al piano di sopra e busso alla porta della mia stanza, ricordandomi della presenza della bionda Yamanaka che sicuramente starà divorando un pacco di biscotti davanti alla tv.
-Malfoy apri la porta- dico chiamandola con quel nomignolo che le attribuisco sempre per il colore dei suoi capelli. Sento un rumore di spostamenti e di un letto malamente spostato.
Che starà combinando? Per tutti i Kami.
La serratura scatta ed entro ritrovandomi davanti la bionda con un biscotto al cioccolato tra le labbra su uno sfondo di abiti e gonne ammassati sul letto e sul pavimento.
-Che stai combinando?!- sbotto chiudendomi la porta dietro le spalle.
-Sveglia Hina-chan! Hai un appuntamento stasera e il tuo guardaroba fa schifo- mi dice togliendosi il biscotto tra le labbra. –Però, ringraziami per questo, sono passata di casa mia e sono riuscita a prendere qualche vestito decente e soprattutto tacchi a spillo, decolté con plateau e zeppe borchiate. Se non ci fossi io- dice elogiandosi.
-Io non starò con nessuno stasera, ne tantomeno accetterò le scelte di mio padre- prendo un vestito nero posato sul mio letto e inizio a guardarlo.
-Si che lo farai invece! Sicuramente è carino e prega che sia bravo a letto-  mi dice gettandomi un vestito rosso acceso sopra la testa –Prova questo, verginella, è il momento di divertirsi- tolgo l’indumento dal mio capo guardandolo schifata.
Dannazione com’è assillante, certe volte!
-E mentre tu ti diverti, io, stasera, vado ad una festa!- dice esaltata togliendosi velocemente la divisa scolastica e mettendosi un vestito da cocktail color pesca che lasciava intravedere perfettamente le gambe lunghe e lisce e il seno non troppo esagerato.
-Tra qualche minuto sarò fuori di qui a divertirmi, quindi non chiamarmi e non cercarmi, a meno che non sei in punto di morte, chiaro?- dice puntandomi un decolté bianco glitterato contro.
-E adesso pensiamo a te- mi dice togliendomi di mano la custodia del violino e iniziando a cercare gli abiti più corti e volgari che mettessero in mostra tutto il mio “repertorio”.
-Ino per l’amor del cielo, sono tornata adesso, vorrei potermi rilassare- guardo l’abito che tiene in mano, uno simile al suo, verde acqua e pieno di ogni sorta di decorazione. Orribile.
-Hinata, hai diciotto anni ,e in diciotto anni di vita non ti sei mai messa in gioco: non hai mai partecipato ad una vera festa e l’unico ragazzo con cui hai avuto un rapporto amichevole è stato Kiba. Quando ti deciderai a capire che devi lasciarti il passato alle spalle e mandare, una volta per tutte, tuo padre a fare in culo?-mi chiede gettando via una mini gonna.
Sbuffo però capisco che in parte ha ragione. Non ho mai rischiato e questo mi dispiace un po’.
La guardo. E’ una ragazza bellissima che con addosso ogni tipo di vestito è divina;riesce sempre mettere a freno gli istinti di ogni ragazzo. E’ dura e manipolatrice, comanda sempre lei il gioco e se ti offre il suo aiuto significa che ci tiene veramente a te.
-Va bene- dico sconfitta – però decido io cosa indossare- mi guarda con gli occhi chiusi in due fessure come per avvertirmi di non scegliere abiti lunghi o jeans e maglietta.
-Perfetto ma io penserò alle scarpe e alla faccia- prende una scatola da sotto il mio letto , che non sapevo esistesse, e inizia ad armeggiare con trucchi e smalti. –Trucco nero, e unghia blu è deciso- dice strofinandosi le mani tra di loro.
***
 
-E’ troppo stretto- mi lamentò.
-Lo hai scelto tu, quindi no-comment-
-Era l’unico che avevi che non hai scartato- cerco di reggermi sulle alte zeppe chiuse, rigorosamente blu notte e borchiate.
-Shhh, stai benissimo, e mette in risalto quelle gambe divinamente pallide- mi prende la mano destra ed inizia a smaltarla mentre mi guardo allo specchio appeso alla parete, non riconoscendo più la figura timida della ragazza che sono.
Mi sento bella con i capelli corvini sciolti e piastrati e riesco ad apprezzare il mio corpo per la prima volta con addosso quel vestito corto a maniche lunghe. Forse fin troppo corto per i miei gusti, ma a mio padre non avrebbe dato fastidio.
Abbasso lo sguardo –Pensi che le sarebbe piaciuto vedermi così?- chiedo alla bionda che finiva di smaltare l’ultimo dito. Mi guarda e accenna un sorriso confortante.
-Si. Ti vedo raggiante, misteriosa e bellissima. E tua madre rimarrebbe incantata nel vederti- mi prende l’altra mano e in pochi secondi e perfettamente uguale all’altra –E poi il blu ti dona- dice scherzando per il forte contrasto tra la mia pelle e il vestito. –Quindi si, sei bellissima ma non più di me, sia chiaro-
-Hinata-chan gli ospiti sono arrivati- la leggera voce di Tamiyo si fa sentire dietro la porta.
-Arrivo subito Tamiyo-san- dico per poi guardare gli occhi vuoti di Ino.
-Ci risentiamo domani, io adesso esco dalla finestra- mi dice convinta.
-Siamo al primo piano!- ribatto sapendo che non esistono appoggi o altro che possa aiutarla a scendere.
-C’è il Nara- fa l’occhiolino e invia un veloce messaggio dal suo cellulare.
-Chi?- chiedo stranita
-Un “amico”- risponde sottolineando la parola amico –Tu vai non preoccuparti- si avvicina alla finestra e inizia ad osservare i passanti.
Mi dirigo verso la porta sapendo di potermi fidare di quella mente anormale.
-A domani Malfoy- esco dalla mia stanza e al solo pensiero di scendere le scale con le scarpe che mi ritrovo mi salgono i brividi. So di non essere alta per la mia età, ma le scarpe che mi ha costretto a mettere Ino sono troppo alte.
-…se non vi dispiace possiamo accomodarci in sala da pranzo- la voce di mio padre si fa sentire.
Non è la prima volta che vengo costretta a vedermi con qualche ragazzo per ordini di mio padre. E le serate, come sempre, passano noiosamente con i genitori del “suddetto” ragazzo, con me profondamente annoiata e mio padre che subito dopo aver evidenziato le doti che ho ( e che mi meraviglio sappia) inizia una discussione di politica aziendale.
Scendo lentamente le scale e prego i Kami di riuscire arrivare al piano terra senza una caviglia slogata o rotta e, per fortuna, ci riesco.
-…mia figlia sarà qui tra pochi minuti- continua mio padre.
-Lasciale tutte il tempo che vuole, Hiashi- dice una voce severa e rigida. Si danno già del tu, grandi amici da quel che sento.
Iniziano una strana discussione sul comportamento femminile e sono tentata di scappare, tanto la porta e dinanzi a me che mi chiama.
-Hinata-chan la stanno aspettando- sobbalzo e stringo un mano al petto.
-Per i Kami, Tamiyo, mi hai fatto prendere un colpo- sussurro quasi furente –Li hai visti? Come sono?- chiedo dopo.
-La madre del ragazzo, da quel che ho capito, è morta anni fa quindi solamente il padre si è presentato con lui. Sembra un ragazzo freddo e chiuso, un po’ come lei, signorina- mi sorride e ritorna in cucina.
Entro con il cuore in gola mentre ripasso nella mia testa come presentarsi e tutto il manuale del galateo installato a forza nella mia testa.
La stanza è come sempre perfettamente illuminata e, come punto focale, un tavola perfettamente apparecchiata.
Alzati ci sono mio padre, un signore che mostra la sua stessa età ed un ragazzo dagl’occhi perfettamente onice come i capelli e la pelle pallidissima.
Cazzo! E’ lui, lo riconosco. Stessa fisionomia,modo di muoversi e stesso sguardo freddo. Quello che aveva espressamente detto di non volere più avere a che fare con delle bambine a Hanabi. Ma in parte non avrebbe senso che il figlio di un famoso capo d’azienda, spacciasse droga… o forse no.
Mio padre mi si affianca ed è solamente pochi centimetri più alto di me, con le scarpe che indosso.
-Hinata, sei arrivata giusto in tempo- sorride. Bastardo! Non hai mai conservato un sorriso alle tue figlie e li conservi per i perfetti sconosciuti –Fugaku ti presento mia figlia Hinata- sorrido e stringo la mano dell’uomo dinanzi a me. Capelli mori, occhi scuri e statura alta. Mi inquieta.
-E’ un piacere Fugaku-sama- non è per niente un piacere, in realtà!
-Piacere tutto mio Hinata. Lui è mio figlio Sasuke Uchiha- guarda suo figlio che subito dopo mi porge la mano.
Non tremare, Hinata, non tremare! Afferro la mano e non riesco a far uscire le parole di bocca, rimaniamo in silenzio a fissarci. Mi avrà riconosciuto? Se non sbaglio Ino mi aveva avvertito che forse anche “l’altro ragazzo figo” ci aveva viste.
La sua mano e completamente fredda, e adesso capisco cosa intende la gente per “sei completamente fredda! Sei umana Hinata-chan?”
***
 
 La serata continua in mezzo al vociferare dei due capi d’azienda e tra qualche monosillabo appena pronunciato da parte mia. Mi sento così fuori luogo vestita in questo modo in mezzo a degli sconosciuti, una sensazione orribile che si propaga dallo stomaco agli arti.
Il vino bianco dentro ai bicchieri di vetro mi crea una pessima percezione di disgusto e non riesco neanche a mangiare nonostante la sensazione di corrosione che avviene al mio interno. Sento la testa sempre più leggera e stranamente le mie gambe pallide diventano un oggetto di assoluto interesse.
Fin’ora le cicatrici non si sono mai presentate oltre l’area del polso destro e questa forse una fortuna. La mia parte insana apprezza quella parte del mio corpo e non vuole rovinarla con orrende cicatrici. Forse infondo mi piaccio, ma allora perché quando mi guardo allo specchio mi sento così orribile e incompleta?
Sono troppo magra. Troppo pallida. Ho delle forme troppo audaci, che detesto. Quante volte avrò messo in confronto la bellissima altezza di Ino con quella mia? Quante volte ho provato gelosia verso le ragazze dalla pelle olivastra? Quante volte non vorrei essere presa per un cieca.
Tutto di me è talmente orribile che solo in questo attimo riesco a vedere uno spiraglio di bellezza. Un qualcosa di sinistro e impercettibile. Eppure sono stata oggetto di invidia per molti e oggetto di pratiche poco caste per altri. Che orrore. Mi ripudio di più al solo pensiero di cosa può scatenare il mio corpo.
-…potresti portare anche Hinata- sento dire. La voce di Fugaku sembra lontana. Alzo lo sguardo e incontro quello freddo di Sasuke che mi scruta dall’alto in basso. –Sempre se per te va bene, Hinata- Fugaku si rivolge a me con un sorriso falso pieno di bugia.
-Mi scusi, credo di non aver seguito la discussione- sorrido. Ne ho abbastanza di curvare le labbra verso l’alto.
-Sasuke vorrebbe partecipare ad una festa organizzata da un suo amico. Potresti partecipare anche tu-
Non andrò a nessuna festa con il rischio di finire vittima di un alcolizzato; soprattutto vestita in questo modo. Non sono mai andata ad una festa, so solamente che Ino trova sempre qualcuno con cui “spassarsela” e che in molti rimangono vittime della sbronza precedente, andando per le strade a camminare come puttane o puttanieri.
-Certo. Sono sicuro che a Hinata serva un po’ stare in mezzo ad altra gente- mio padre risponde per me e se solo non fossi stata di indole pacifica lo avrei preso a pugni davanti a tutti.
Sa a malapena quello che ho passato in questi anni ed ora pretende di governare la mia vita e le mie scelte come un dittatore che cerca di far accrescere i propri interessi.
-Perfetto- la voce dell’Uchiha si fa sentire per la prima volta e sono tentata di scappare al piano di sopra per rifugiarmi da quell’essere freddo –Muoviamoci- dice alzandosi dalla sedia e aspettandomi davanti alla porta.
-E’stato un piacere Signor.Uchiha- con movimenti veloci esco dalla stanza e espiro come se fossi stata per tutto il tempo sott’acqua.
Davanti alla porta due occhi demoniaci mi scrutano. Demoniaci è l’unico aggettivo che si addice a quei pozzi onice, che danno l’impressione di assalirti e divorarti con una sorta di eleganza. Li detesto già.
-Prova solamente a farne parola con qualcuno e giuro che arriverò pure ad ucciderti- inizia lui quando siamo dentro la sua auto. Una di quelle lussuose e nere. Questo bastardo mi conosce a malapena e vorrebbe minacciarmi? Che essere inutile.
-Non pre..preoccuparti- dico chiudendo gl’occhi cercando di aggiungere una nota decisa alla mia voce.
-Non m’importa se sei il nuovo giocattolino del dobe- continua anche se non riesco a capire la sua ultima frase che mi ritrae come un oggetto di divertimento per qualcuno. L’auto parte e mi perdo nello spettacolo delle case, dei passanti, degl’edifici e della gente.
Vedo il gruppetto di bambini nei giardini che giocano serenamente sotto la vista dei genitori che sorseggiano un caffè. Vedo le giovani coppie d’innamorati che si tengono per mano e accennano qualche sorriso tra di loro e vedo una piccola famigliola ritornare a casa dopo un passeggiata.
Tutti i frammenti di vita quotidiana che passano sempre inosservati e che nei momenti più bui si rivelano i più importanti.
Che cosa starà facendo adesso Hanabi? Mio padre? Ino?
Sasuke intraprende una piccola via silenziosa illuminata da qualche vecchio lampione.
Le case qui sono spente e vecchie come se la gente fosse stata gettata via con forza da quella via, come nei ghetti di Roma durante la seconda Guerra Mondiale.
Da lontano inizio a sentire una leggera musica che si rivela essere poi assordante e insopportabile. Luci al neon partono da una villetta infestata da ragazzi e ragazze che adesso si ritrovavano senza la capacità di intendere e di volere.
Ragazzi che ballano intorno e dentro una piscina immersi nell’alcool e in altre sostanze mentre provano esperienze più audaci su un muretto o nel bel mezzo del prato inglese ricolmo di rifiuti.
La casa dalle porte-finestre in vetro e ricolma di altri ragazzi che stanchi guardano qualche film o continuano le esperienze interrotte all’esterno.
Respingo un conato di vomito. La generazione persa nel sesso, nell’alcool, nella droga e nel fumo. Senza speranza. Disperata.
Sasuke posteggia e riesco a vedere una figura uscire, dal cancello aperto, indignata. I capelli mori erano sciolti e imprecava rudemente sulle scarpe che teneva in una mano completamente tatuata.
Tenten Mitsashi, stretta nei suoi jeans super aderenti che disegnavano perfettamente le gambe, imprecava nel bel mezzo della strada con accanto un ragazzo. Sicuramente ubriaco.
-Muoviti Lee, cazzo!- sbraita quando esco dall’auto.
Sasuke si allontana e viene subito accolto da civettuole ragazze e ragazzi dall’aria poco raccomandabile.
Perfetto, resterò qui finché questo sottospecie di bordello non sarà completamente terminato.
-Hyuga. Hinata Hyuga?! Cosa ci fai qui?- Tenten mi osserva a dir poco sbalordita e con passo lento e dolorante si avvicina alla mia figura:- Cazzo! Se fossi un uomo ti stuprerei- dice sorridendo, forse contenta di vedere qualche conoscente.
Sento le mie guance imporporarsi e mi mordo violentemente la lingua.
-Se cerchi Ino Yamanaka, la troverai dentro- mi dice poi –Ti accompagnerei volentieri ma ho un amico ubriaco e dei piedi che reclamano pietà. Ci si vede ai corsi- detto questo si allontana con appresso un ragazzo dai capelli tagliati malamente.
Ma questo non è l’importante. L’importante è che Ino è la dentro e devo trovarla. Prego che non sia in pessime condizioni per farmi riportare a casa, ma il solo pensiero di mettere piede in quella villa mi inquieta parecchio.
Quando sono dentro cerco di guardare bene il luogo per trovare i capelli pallidi di Ino, ma trovo solamente teste scure o tinte di un pessimo colore.
Grazie ai Kami la gente è troppo ubriaca per accorgersi della mia figura titubante che con disgusto scosta ragazzi e ragazze.
Sono tutti divisi in tanti gruppi, come a scuola. Quello dei malati di sesso, degli ubriaconi, dei “ballerini” e dei drogati. Sembrava fortemente una guerra tra clan persi che una festa tra ragazzi che ridevano e scherzavano con in bocca sigarette lunghe quanto due dita.
Sento una presa dura, quasi possessiva, intorno ai fianchi; mi volto e noto un ragazzo dai capelli rossi attirarmi a se.
-Per tutti i Kami, che bella creatura abbiamo qui- sussurra accarezzandomi le gambe.
Lo spingo ma sfortunatamente riesce ad intrappolarmi tra il muro e il suo corpo, premendo una mano contro il mio ventre.
-Non preoccuparti sarà una cosa veloce- preme più forte e sento una fitta propagarsi fino alla gola mentre le luride le mani del rosso temporeggiano sulle mie cosce.
Cazzo! Lo sapevo che è sempre stata una pessima idea. Tutta colpa di quel bastardo.
Ho paura, Paura di cosa potrebbe succedere.
-Sasori, allontanati!- sento dire con fermezza dietro il rosso che con sguardo dapprima perverso poi furente si volta. La presa si fa meno forte sul ventre e riprendo a respirare senza dolore al diaframma.
-Che cazzo vuoi, adesso? Sono occupato- la furia che riesco a scorgere non è quella di una persona sana e lucida.
Il suo corpo si sovrappone al mio e non riesco ancora a vedere il suo interlocutore.
-Ho detto allontanati!- Sasori viene preso per la camicia bianca, lurida e spinto via. –Sai che potrei ridurti in pessime condizioni. Quindi sparisci- ora riesco a vederlo, attraverso la vista leggermente sfocata per il dolore, la paura e le lacrime. Rimane sempre quell’angelo cupo dagl’occhi grigio-bluastri attraenti.
Si volta e lo sguardo furioso viene sostituito da uno interrogatorio –Stai bene?- chiede avvicinandosi. Avvicinandosi pericolosamente.
Le sue mani finiscono ai lati dei i miei fianchi e il suo viso si fa sempre più vicino e serio. Sembra completamente lucido, eppure quello che sta accadendo e totalmente surreale che solo l’alcool può spiegarlo.
-Stai al gioco- sussurra a pochi centimetri dal mio viso, sicuramente non più pallido. –Ti spiegherò tutto, ma tu sta al gioco-
Annuisco anche se non so di quale gioco si tratti.
Sposta le sue labbra dietro il mio orecchio e sento il suo respiro caldo infrangere ogni mio durezza. Come può un perfetto sconosciuto farmi soccombere a lui e a un suo semplice respiro? Sento lentamente e con forte titubanza le sue labbra posarsi sul mio collo, lasciando una scia infuocata che stranamente non voglio fermare… e non per “stare al gioco”. Deve essere quella parte perversa di me, che si accende al solo piacere attrattivo. La stessa parte che fa eseguire pessime azioni. Quella parte che si accende alla sola vicinanza di un corpo attraente, di un respiro ustionante e di un odore inconfondibile.
Zucchero bruciato. Naruto Uzumaki sapeva di zucchero bruciato.
Continua il suo gioco diventando sempre più sicuro, avvicinandomi con poca forza. Mi aggrappo a lui, sapendo di stare per svenire, sentendo la vena del suo collo pulsare sui palmi delle mie mani tremanti e calde.
Quando sarebbe finita questa dolce e oscura tortura?
La gente ci guarda, anche se sotto effetti di terribili sostanze, ci guarda e parla,fotografa e ride. Ride per l’alcool, ride per il modo di vestire di alcuni, ride per i pessimi ballerini, ride per la figura poco casta che stiamo facendo io e il biondo che non intende fermarsi.
Continuare quell’orripilante e godurioso gioco.
Chiudo gli occhi lasciando che la musica e suoi respiri siano solamente il mio punto fisso.
Bacia la mia clavicola leggermente scoperta per poi passare sotto il mento dove i baci si fanno più possessivi, non più casti e puri. E quello che ormai sembra solo un appoggio diventa qualcos’altro.
-Prendetevi una stanza- due ragazze passano vicino a noi, ridendo civettuole e le loro parole iniziano a ferire quel che era rimasto della mia dignità.
Come per effetto di quelle tre parole Naruto termina la sua tortura aprendo gli occhi, rimasti chiusi precedentemente. Mi guarda; le labbra dischiuse e il respiro irregolare. Sembra così disumano e divino contemporaneamente.
Mi prende una mano e, ringraziando i Kami riprendo a respirare, fuori dal cancello riesco a riprendere fiato sotto le più belle stelle della notte.
Ci allontaniamo e lui mi lascia andare, come se fosse rinato da un incantesimo non benevolo.
-Ti accompagno a casa- non fiato, la mia voce risulterebbe bassa, rauca e stanca; debole –Domani ti spiegherò il perché- ansima. Ansima lasciando nuvole opache vagare nell’aria.
Si racconta che ad ogni anima libera nasca una stella.



LITTLE WONDERLAND
Oh ma ciao! *sorseggia the*
Alluraa che ve ne pare?
Troppo affrettati i momenti hotty? Non saprei, anche perchè non mi sono spinta troppo oltre u.u
Ringrazio come sempre la mia betareader Hurricane e ringrazio tutti voi ^^
I cinque recensori, i watchers, i follower... tutti ^^ Glashie!
Adesso mi dileguo, alla prossima cupcakes. :3
*nuvola di fumo*


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