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Autore: Lily Liddell    29/11/2014    2 recensioni
Hayffie | Effie’s POV
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Ambientata durante alcuni momenti di Catching Fire, questa storia sarà divisa in due parti. La prima parte tratterà i momenti successivi all’annuncio dei Giochi della Memoria mentre la seconda parte tratterà i momenti precedenti all’entrata di Katniss e Peeta nell’arena.
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Dalla prima parte:
« Effie! » La voce di Portia arriva preoccupata alle mie orecchie e quando non le rispondo, si avvicina a me, prendendomi per le spalle e aiutandomi ad alzarmi. « Cinna, dammi una mano. Va a prendere un bicchiere d’acqua. »
È come se stessi vivendo un’esperienza extracorporea. Riesco a sentire le loro voci, avverto i loro movimenti accanto a me, li guardo confusa, ma non posso dire una parola.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cinna, Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Portia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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We Are a Team, Aren’t We?
Parte 2
 
“Quando l'inno arriva alle battute finali, i ventiquattro vincitori sono una fila ininterrotta, la prima dimostrazione pubblica di unità tra i distretti dai Giorni Bui. Lo si capisce dal fatto che gli schermi iniziano ad annerirsi, uno dopo l'altro. Ma è troppo tardi. Nella confusione generale, non ci hanno censurati in tempo. Ci hanno visto tutti.”
~
In studio è scoppiato il caos più totale. Stanno mandando via tutti e io sono ferma dietro le quinte, cercando di riconoscere qualche volto familiare.
Quello che ho visto, quello che è successo- non era mai accaduto nulla di simile prima, non so bene come descriverlo.
Così come non so descrivere le sensazioni che provo in questo momento; sono confusa, disorientata e ho paura ad ammetterlo, ma sono anche spaventata.
Una morsa continua a stringermi lo stomaco da quando Katniss si è trasformata in una ghiandaia imitatrice. Cinna è completamente impazzito, cosa credeva di fare?
Non riesco a vederlo, così come non vedo nessuno, nessuno. Ma si può sapere dove sono finiti tutti?
E Peeta… la storia della gravidanza. Non può essere vero.
Qualcuno mi calpesta un piede e qualcun altro mi spintona da dietro, mentre la folla si dirige frettolosamente verso le uscite, nervosa e rumorosa. Comincio a marciare nella direzione opposta, facendomi largo a spallate.
Riesco quasi ad entrare nel Centro di Addestramento, e con la coda dell’occhio vedo Peeta e Katniss che si tengono per mano, stanno entrando nell’ascensore. Dietro di loro ci sono Finnick e Johanna, prima che possano seguirli, però, un Pacificatore blocca loro la strada.
Cerco di passare, ma qualcuno mi afferra saldamente un polso e mi costringe a voltarmi. La parrucca si inclina di lato e sono costretta a reggerla con la mano, mentre mi ritrovo di fronte Haymitch. « Ma dove diavolo ti eri cacciata? » È quasi un ringhio rabbioso, che per poco non mi spaventa. Perché è così preoccupato?
Non ho nemmeno il tempo di rispondergli, perché alle sue spalle compare Portia, è affannata, deve aver fatto una corsa per raggiungerci. « Hai visto Cinna? » La domanda è rivolta direttamente ad Haymitch, lui fa un piccolo cenno con la testa. La folla è talmente impazzita che nessuno bada a noi, anche se stiamo fermi e tutti ci aggirano. « Sta cercando di contattare Plutarch. »
« Plutarch? » Non riesco a trattenermi, mentre mi volto verso di lui, confusa e mi rendo conto che le sue dita sono ancora serrate saldamente attorno al mio polso.
Haymitch non mi risponde, ma mi spinge senza troppe cerimonie verso Portia, che continuando a guardarlo negli occhi con un’espressione che non mi piace affatto, mi afferra per le spalle, per evitare di farmi cadere.
« Portala a casa. » Dice frettolosamente, poi le fa cenno di muoversi. « Non perdete tempo. Portia, portala a casa adesso. Aspettateci lì, non vi fermate. »
Si sta comportando in modo talmente anomalo che non so come reagire; apro la bocca per provare a dire qualcosa, ma quando mi volto per chiedere un supporto di qualsiasi tipo a Portia, mi ritrovo i suoi occhi che mi fissano intensamente.
La conosco da quando avevo diciassette anni, e non una sola volta le ho visto un’espressione simile dipinta sul volto.
È quell’espressione che mi convince a tacere, e a seguirla senza fare altre domande, in mezzo alla folla.
In un battito di ciglia, ci ritroviamo nelle strade di Capitol City, gli enormi teleschermi che generalmente trasmettono le dirette sulle facciate dei grattacieli, sono tutti bui.
Hanno cancellato il riepilogo delle interviste in televisione.
Mi ritrovo incantata, con il naso puntato verso il cielo, a fissare quegli enormi schermi neri, mentre le persone continuano a passarmi accanto, sono veloci, frenetici. Riesco ad afferrare stralci confusi di conversazioni, sono tutti in fermento per quello che è appena successo e io non riesco a muovere un muscolo; uno schermo nero non è mai stato così interessante.
« Effie! » Mi sento chiamare da Portia, che mi costringe a svegliarmi dal mio trance, poi mi prende per mano, guidandomi sui marciapiedi e affrettando sempre di più il passo.
Alla fine ci ritroviamo quasi a correre; Portia si lancia praticamente su un taxi già in corsa, costringe una donna a scendere e mi trascina a bordo. Dà l’indirizzo del mio appartamento e poi si sporge verso l’autista, mettendogli in mano delle banconote.
Senza fare ulteriori domande, lui mette in moto la macchina, che comincia a sfrecciare fra le strade della Capitale.
Durante il tragitto non parliamo, Portia guarda fuori dal finestrino, continuando a mangiarsi le unghie nervosamente. Anche la sua parrucca è terribilmente storta e spettinata, e il trucco sta cominciando a sbavare attorno ad occhi e bocca.
Improvvisamente, senza nessuna vera ragione, anch’io vengo assalita da una tremenda angoscia. Che cosa sta succedendo?
Sarebbe tutto più facile se mi parlassero… è dal Tour della Vittoria che mi tengono nascosto qualcosa. Prima credevo che lo facessero perché hanno poca fiducia in me, poi ho cominciato a pensare che invece lo fanno per proteggermi. Perché è evidente che non credono che io sia in grado di proteggermi da sola.
C’è sempre bisogno di qualcuno che mi guardi le spalle, che mi accompagni a casa… se non è Haymitch deve essere Portia, e se non è Portia allora sarà Cinna.
Non oso parlare qui, perché l’autista potrebbe ascoltare e a questo punto io non so più che cosa pensare.
Perché mi ritrovo in un taxi con la mia migliore amica, che trema letteralmente dal nervoso, e io ho paura di pronunciare anche solo una parola, perché? Perché l’autista del taxi potrebbe, cosa? Ascoltare? È assurdo. Forse sono veramente impazzita.
Resto in silenzio finché non siamo nel mio appartamento, solo allora riesco finalmente a lasciarmi un po’ andare. « Posso sapere che cosa sta succedendo? »
Ovviamente la mia è una domanda retorica, io pretendo di sapere che cosa sta succedendo.
Sono ferma accanto alla porta d’ingresso, mi guardo intorno portando le mani sui fianchi, mentre Portia ha già raggiunto il divano, si è seduta e adesso si sta massaggiando la fronte, stanca. « Effie- non sei una stupida. »
L’ironia. Finalmente lo ammette, eppure per una volta io mi sento esattamente come se lo fossi, perché non ho la più pallida idea di come dovrei interpretare questa sua risposta. O forse sì, ma non voglio accettarlo.
Dov’è Haymitch? Perché mi ha mandato via con tanta fretta? E Cinna… dove sono adesso tutti e due? Con Plutarch… vogliono provare a corrompere il Primo Stratega? No, non è credibile.
Voltandomi verso di lei, la mia parrucca – già storta per via degli scontri di prima – s’inclina completamente da un lato, finendomi sugli occhi e in un gesto che non mi si addice affatto, me ne libero lasciandola cadere su un mobile dell’ingresso.
Portia, imitando automaticamente i miei movimenti, rimuove anche la sua parrucca bionda, abbandonandola sul mio divano. I suoi capelli neri le ricadano sulle spalle, poi si lascia andare contro lo schienale, sospirando rumorosamente.
La raggiungo lentamente, passandomi le mani fra i capelli per cercare di sistemarli. È stato tutto così frenetico che ora, nel silenzio del mio appartamento, mi sento quasi a disagio. « Devo chiamare la mia famiglia? » Le chiedo, e lei solleva lo sguardo su di me.
Per un attimo non risponde, mi guarda e basta, come se stesse cercando di leggermi nel pensiero. Alla fine scuote la testa, prendendomi una mano e poggiandola sul mio ginocchio. « No, no. Tu e la tua famiglia siete al sicuro. »
Al sicuro. Al sicuro da cosa?
Non faccio in tempo a chiedere che qualcuno bussa alla porta del mio appartamento e sia io che Portia sussultiamo, spaventate. Restiamo immobili, in attesa di qualcosa – anche se non so il motivo, dovrei solo alzarmi e andare a chiedere chi è.
« Dolcezza, apri la porta, sono io. »
In un attimo sono di nuovo in piedi, con il cuore che mi martella nel petto e anche Portia si alza con me.
Quando apro la porta ad Haymitch, è evidente che lui non si aspetta di venire abbracciato ancora prima di poter entrare. Nonostante la sorpresa iniziale, ricambia l’abbraccio quasi immediatamente.
La porta è ancora aperta e io ho le braccia allacciate al suo collo, stringendomi a lui come se fosse la mia ancora di salvataggio. « Ti prego, dimmi che Peeta mentiva sul bambino. »
Non ce la faccio più, ho bisogno di sapere. Haymitch annuisce, e quando parla le sue labbra mi sfiorano appena il collo. « È stata una bella mossa. »
Finalmente, almeno adesso qualcosa è più chiaro. « Ha funzionato? » È un sussurro, appena percettibile. Ma è una domanda incredibilmente stupida.
« No. » La risposta arriva immediatamente, non senza un velo di amarezza nel suo tono di voce.
Mi lascia andare e sento immediatamente la mancanza del suo calore. I suoi occhi si spostano su Portia, mentre mantiene la porta aperta. « Cinna è rimasto al Centro di Addestramento, ha preferito non rischiare di muoversi, ti sta aspettando. »
Visibilmente sollevata, Portia inspira profondamente e poi abbraccia velocemente Haymitch, prima di voltarsi verso di me e stringermi forte fra le sue braccia, poggiandomi anche un bacio sulla fronte. « Sta tranquilla, e cerca di dormire. »
Io annuisco, senza ancora lasciarla andare. « Ci vediamo domani. » La saluto, e finalmente mi decido a separarmi da lei. Prima di andarsene ci scambiamo un ultimo, debole sorriso, poi esce dal mio appartamento e io chiudo la porta alle sue spalle.
Haymitch ha già preso il posto di Portia sul mio divano, solo in quel momento mi rendo conto che ha dimenticato la sua parrucca lì. La recupero e la pettino appena con le mani, portandola accanto alla mia e sistemandole più ordinatamente. Gliela riporterò domattina, dopo che avrà accompagnato Peeta all’hovercraft.
Torno a sedermi sul divano, più calma. La presenza di Haymitch mi rassicura, anche se continuo ad avercela con lui perché si ostina ancora a tenermi fuori da tutto quello che sta succedendo.
Ho deciso di non chiedergli nulla, non mi risponderebbe e mi farebbe solo infuriare. Mi credono stupida? Bene, allora reciterò la mia parte, facendo finta di essere sorda o cieca.
Con uno sguardo terribilmente stanco e pericolosamente sobrio, Haymitch mi tira appena verso si sé, costringendomi a sporgermi verso di lui finché non sono praticamente appoggiata contro la sua spalla.
Non ho fatto poi troppa resistenza, sono ancora molto stranita da tutta questa situazione e il braccio che mi cinge la vita riesce come al solito a tranquillizzarmi.
Chiudo gli occhi per un istante, provando a tenere distanti tutti i brutti pensieri e i dubbi che ronzano nella mia testa da fin troppo tempo.
« Ho parlato con i ragazzi. » La voce di Haymitch è quasi assonnata, quando sollevo la testa dalla sua spalla per guardalo in faccia, lui si sta massaggiando le palpebre, cercando di tenere gli occhi aperti. Una veloce occhiata all’orologio a muro mi informa che sono passate da poco le tre di notte, non mi ero resa conto che si fosse fatto così tardi.
« Ti hanno detto qualcosa? » Improvvisamente mi rendo conto che domani avrò molto da fare e che non mi è permesso di accompagnarli agli hovercraft. Ho perso la mia occasione di salutarli…
Haymitch annuisce, stringendo appena la presa attorno alla mia vita, in segno di conforto. « Mi hanno fatto promettere che ti avrei portato i loro saluti. Vogliono che ti ringrazi e che tu sappia quanto hanno apprezzato il tuo lavoro e che – testuali parole di Katniss – sei stata l'accompagnatrice migliore di sempre, e ti vogliono bene. » Il suo tono tenta di essere leggero, quasi a prendermi in giro.
Ma non serve a niente, perché gli occhi mi si riempiono di lacrime lo stesso e chino nuovamente la testa sulla sua spalla; lo sento sospirare pesantemente, consapevole di aver fallito miseramente nel suo tentativo penoso di addolcirmi la pillola.
« Loro- » Un singhiozzo mi impedisce di continuare, ma Haymitch non mi interrompe, aspettando che provi a riprendere a parlare. « Loro meritavano, tutti e due, molto di più. »
Rimaniamo in silenzio, ogni tanto rotto solo dai miei singhiozzi, quando non riesco a controllarli e le lacrime continuano a rigare il mio viso.
Domani – oggi, anzi, fra qualche ora – Katniss e Peeta saliranno sull’hovercraft che li porterà nell’arena. Arena piena di persone che conosco, che Haymitch considera suoi amici. Non so come riusciremo a cavarcela questa volta… non vedo vie d’uscita.
« Sei riuscito a parlare con qualcuno? » Gli chiedo alla fine, quando il mio respiro torna regolare, spostando solo la testa per guardarlo negli occhi, perché non voglio smettere di essere abbracciata. « Cecelia, Chaff, Finnick, Mags? »
In un primo momento lui scuote la testa, rimanendo silenzioso, poi sembra ripensarci. « No, sì. Ho- ho parlato con Finnick, ha detto che si alleerà con i ragazzi. »
Non so come prendere la notizia, Katniss sembrava piuttosto sicura sul non voler stringere alcun tipo di alleanza all’interno dell’arena. « Non si fiderà mai di nessuno che non sia Peeta. »
In risposta Haymitch solleva il braccio con cui non mi sta abbracciando, e non capisco subito che cosa stia cercando di dirmi, poi i miei occhi cadono sul suo polso e mi rendo conto di cosa c’è, o meglio di cosa non c’è. Il braccialetto d’oro che gli ho regalato.
Così da sembrare un’unica squadra.
Il mio sguardo è incerto. « Credi che basterà? » Perché io non sono sicura che un gioiello d’oro possa bastare a Katniss per fidarsi di un perfetto sconosciuto.
« Lo spero… » Dice lui, senza aggiungere altro. È ovvio che l’unica cosa da fare è riporre fiducia nella ragazza.
Istintivamente gli stringo una mano, senza smettere di guardarlo negli occhi. Non c’è speranza, né paura o rabbia. Sono vuoti, terribilmente vuoti. « Mi dispiace. » E non so bene per quale motivo io mi stia scusando, non so nemmeno se sono scuse vere e proprie in realtà. Quello che so, con certezza assoluta, è che è vero: mi dispiace. Mi dispiace sul serio, per tutto quello che sta succedendo.
Credo che, nonostante nemmeno io riesca a capire bene il senso delle mie parole, lui invece ci riesca perfettamente. I suoi occhi si illuminano solo per un istante, ma è abbastanza per farmi sentire il peso del suo sguardo e quasi non riesco a sopportarlo.
Il mio labbro inferiore comincia a tremare pericolosamente, e prima che io possa scoppiare nuovamente a piangere, Haymitch mi bacia, nel tentativo di impedirmi di farlo.
Come il suo primo tentativo di migliorare le cose, in realtà le peggiora solamente. Ricambio il bacio, ma le lacrime cominciano a scendere, bagnando le mie guance e il suo viso.
Haymitch prova ad approfondire il bacio e io glielo concedo, perché con i giorni che ci aspettano, non so quando potremo avere un momento tranquillo per noi.
Mi era mancato il suo tocco, e avrei preferito averlo ritrovato in un momento diverso.
Quando i miei polmoni reclamano ossigeno, sono costretta a separarmi da lui, ma non mi sposto. In un raro gesto di tenerezza, mi sfiora una tempia con le labbra. « Va a letto, Effie… hai bisogno di dormire. »
Non è mai un buon segno quando usa il mio nome al posto di stupidi nomignoli. Sono quasi le quattro, ormai ho ben poco da dormire e quando verrà il momento di truccarmi, dovrò lavorare parecchio per coprire le occhiaie. No, non chiuderò occhio, ne sono certa. Come potrei?
Nonostante il suo consiglio, non dà segno di volersi muovere.
Dovrebbe tornare al Centro di Addestramento, e io dovrei andarmi a cambiare e levare il trucco sciolto dalla faccia. Invece Haymitch resta accanto a me, sul divano e finiamo per addormentarci contro ogni mia aspettativa.
L’unica speranza a cui posso aggrapparmi è quella di rivedere vivo almeno uno dei miei due vincitori.


A/N: Okay, sono veramente  quasi le quattro. Anzi, per quando avrò pubblicato le quattro saranno anche passate. Non sto bene, lo so… ma volevo finire di scrivere questa storia e l’ispirazione mi è arrivata due ore fa.
Ho pianto mentre scrivevo e mentre rileggevo pezzetti di Catching Fire per poter scrivere meglio. Mi manca Cinna, mi manca Portia e il rapporto magnifico che c’era fra questi quattro prima che tutto cadesse in rovina.
Ora che questa mia piccola storia si è conclusa, posso tornare ad occuparmi di Petrichor, ho un matrimonio da celebrare!
Ho scritto qualcosa che potrebbe essere un capitolo aggiuntivo a questa storia, ma alla fine un po’ tutte le mie one-shot seguono lo stesso filo logico e hanno un po’ di continuità. In particolare, c’è Segreti che è vista dal POV di Haymitch, ambientata durante i primi momenti di Katniss e Peeta nell’arena dei 75° giochi e poi c’è Prigionia che invece racconta dell’esperienza di Effie in prigione, dopo quindi che la catturano alla fine dell’Edizione della Memoria.
Spero di avervi tenuto un po’ di compagnia, grazie per aver letto e a presto con altre storie!
 

x Lily
   
 
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