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Autore: rossella0806    30/11/2014    2 recensioni
Alessandro Terenzi è un giovane commissario di Torino: è scapolo e vive con la sua tartaruga, Miss Marple, in un trilocale.
E' la sua prima avventura online: si ritroverà infatti ad indagare su un caso complicato che avrà dei risvolti clamorosi. Per riuscire a dipanare la matassa, verrà in suo aiuto un misterioso "collaboratore", che gli consiglia di andare in Toscana, a Porto Ercole.
Qui incontrerà dei personaggi ognuno con una caratteristica e una storia diverse, e verrà a conoscenza di un passato che spesso ritorna.
Se a Torino Terenzi è sempre affiancato dall'ispettore Ghirodelli, nella provincia grossetana, il giovane poliziotto sarà accompagnato da una ragazza, Ginevra, laureata in Archeologia, amante dei dolci e "sfruttata" dal notaio Marchetti, suo datore di lavoro.
Insieme riusciranno a risolvere il Mistero a Doppia Indagine!
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Quel pomeriggio Terenzi sta passeggiando per la piazza del paese, mentre una leggera brezza cerca di attutire il caldo soffocante che regna incontrastato ad ogni angolo di strada.
Si è fermato per qualche minuto in un bar a bere una limonata, bevanda che solitamente detesta per l’estremo sapore amarognolo, ma ritenuta necessaria dall’uomo per non morire di sete, soprattutto dal momento che l’acqua frizzante, da lui abitualmente trangugiata, lo avrebbe fatto correre in bagno un minuto sì e l’altro pure, strana conseguenza che gli provocava la colonnina di mercurio quando mostrava temperature troppo alte.
Il poliziotto sta attraversando uno dei tanti vicoli della cittadina di mare quando, in una tasca dei pantaloni di cotone arancione, sente vibrare il suo cellulare.
Estrae la custodia verde e bianca, apre il velcro di quella sorta di astuccio e, finalmente, risponde al telefono:
-Ciao, Ghirodelli, dimmi … -
-Commissario, c’è una novità: si ricorda che stamattina quando l’ho chiamata, le ho detto che sarei andato ad interrogare la donna di viale Nadotti?-
-Sì, mi ricordo. Ti ha detto qualcosa di interessante?-
-No, ha semplicemente ripetuto la stessa versione delle altre vittime: è tornata a casa e ha ritrovato lo spartito, la rosa gialla …-
-Continua, questo lo sappiamo già- precisa l'uomo, proseguendo la sua passeggiata, la mano sinistra in tasca.
-Ecco, appunto, solo che questa volta è il biglietto che è diverso: il nostro uomo non ha lasciato la stessa frase delle altre volte-
-In che senso? Cosa c’è scritto?- domanda incerto Terenzi, mentre schiva un paio di bambini indiavolati sui pattini, che lo hanno appena sorpassato a folle velocità.
-Adesso glielo leggo, un attimo che lo prendo… allora:“Tu che hai osato profanare il luogo sacro, dovrai stare attenta alla tua vita, se non vuoi avere spiacevoli incidenti”-
Terenzi si passa una mano sulla barba incolta, il viavai di turisti ad impedirgli la vista di un negozio sportivo:
-Ma questo è proprio un pazzo!-
-Deve esserlo per forza per scrivere quello che scrive, e per intimidire delle persone che non hanno alcun collegamento tra di loro-
-Il luogo sacro hai detto?-
-Già, così ha scritto-
-Lasciando da parte questo ennesimo messaggio, io invece credo di aver trovato dei possibili indizi questa mattina, mentre ero nella sala conferenze, poco dopo che ci siamo sentiti-
-Molto bene, commissario! Che cosa in particolare?-
-Per il momento non c’è ancora nulla di concreto. Ho fatto delle ricerche su Internet, come ti ho accennato stamattina, e ho scoperto un paio di cose interessanti: la prima è che qui a Porto Ercole, cinquant’anni fa, abitava un certo Giovanni Arcangeli, e la seconda è che il casolare in viale Nadotti –quello vicino all’ultima vittima- abbandonato e in attesa di essere abbattuto, un tempo era un orfanotrofio. Può essere che il luogo sacro a cui si riferisce il nostro uomo sia proprio l’orfanotrofio-  spiega Terenzi
-Può essere, commissario, ma questo vuol dire che Giovanni Arcangeli è probabilmente un nome di copertura, sempre che non si tratti di una strana omonimia … - continua all’altro capo del telefono l’ispettore.
-Io propenderei più per la prima ipotesi, anche se l’unica certezza che ho fino adesso è che l’uomo che scrive i biglietti intimidatori, non può essere lo stesso vissuto qui a Porto Ercole perché è morto, mentre quello con cui abbiamo a che fare è vivo e vegeto, purtroppo-
-Cosa vuole che faccia?-
-Per il momento continuate a cercarlo e mandami un SMS con la frase dell’ultimo biglietto ... adesso non ho da scrivere- decreta Terenzi, rovistando nelle tasche.
-Certamente, commissario-
-L’ultima speranza che ci è rimasta è il sito da cui ho preso le informazioni che ti ho detto: domani dovrebbero mandarmi un fax più dettagliato con tutte le risposte che ho richiesto-
-Se gli elementi che ha trovato venissero confermati, forse riusciremo finalmente a venire a capo di questa situazione, in un tempo ancora ragionevole … -
-Lo spero. A proposito, avete ricevuta ancora qualche segnalazione?-
-No, purtroppo: a parte la signora del cane, nessuna-
-Peccato … altre novità?-
-Il questore ha chiamato un paio d’ore fa … -
-Cosa ha detto? E’ da quasi due giorni che non la chiamo, dovrò mandarle un resoconto scritto, se non voglio essere cacciato dalla polizia-
-Non è stata molto cordiale, anzi se vogliamo usare un eufemismo, era piuttosto adirata. Mi ha detto che vuole che lei rimanga lì a Porto Ercole, ma se non riuscirà a trovare qualcosa a breve, manderà un sostituto … -
-Come un sostituto?! Sono notti che non dormo, sono da solo, lavoro ventisette ore su ventiquattro e lei vuole togliermi l’indagine?!- Terenzi è sbalordito
-Bè, non è molto soddisfatta di come sta procedendo la situazione-
-E cosa vuole che faccia?!-
-Ha ragione commissario, ma le sto riferendo quello che ha detto. Da quando lei è partito, sono già passati quattro giorni, e sono successi solo disastri-
Terenzi se l’aspettava: dopotutto l’indole affrettata del questore la conosceva più di una persona in commissariato, così come l’antipatia –non troppo velata- che intercorreva tra i due:
-Non è poi una novità. E’ già tanto che abbia aspettato così tanto prima di mandare qualcuno-
-Forse, se le riferisce degli ultimi passi avanti, può darsi che cambi idea …-
Il commissario guarda l’orologio da polso: le cinque e mezza.
-Provo a telefonare e a spiegarle la situazione-
-E’ la cosa migliore da fare, commissario-
-Speriamo di convincerla ad aspettare qualche altro giorno. Se riesco a trovare le informazioni che mi servono, sono sicuro che non potrà togliermi l’indagine-
-Ne sono convinto-
-Ti mando un fax domani, nel caso abbia buone notizie-
-Va bene, commissario-
 
 
Il questore non lo ha poi trattato così male: Terenzi è riuscito a strapparle ancora un paio di giorni prima di decidere se sostituirlo oppure no, tutto dipende dalle informazioni che le avrebbe fatto avere entro quarantotto ore, altrimenti addio caso e addio carriera.
Cominciava a venirgli una fame nervosa, gli veniva sempre quando qualcuno lo faceva infuriare a torto: avrebbe divorato qualsiasi cosa purché fosse commestibile, soprattutto qualcosa di dolce, una bella bomba calorica che gli avrebbe fatto salire il colesterolo e la glicemia a mille e gli avrebbe fatto scoppiare la pancia. Sapeva bene che non sarebbe mai successo, in parte per il suo carattere tutto d’un pezzo, incline a trattenersi dove non necessario, in parte perché, per costituzione, era sempre stato magro e alto come un giunco.
Così, alla faccia del questore e di Giovanni Arcangeli –vero o finto che fosse- lui e il suo stomaco hanno di nuovo fame: entra nella sala da pranzo dell’agriturismo, dove trova gli altri ospiti già accomodati per la cena.
-Allora, commissario?  Lei e l’ispettore Oldoini avete scoperto qualcosa di interessante?- chiede la signora Gabriella mentre sta servendo la cena.
-Sì, signora, ci sono delle novità piuttosto importanti, ma per il momento non possiamo ancora riferire nulla. Sa, il segreto professionale-
La donna sembra più sollevata da queste ultime rivelazioni:
-Certo certo, non le chiedo più nulla, capisco come vanno queste cose. Speriamo di ritrovare presto la signorina Gandolfi. Era così una brava persona, e per non parlare di come ballava, assolutamente divina …- conclude la donna, scuotendo la testa.
-Perché parla al passato?- le domanda Monica Leontini –non è mica morta!-
-No, non intendevo dire questo. E’ che ormai sono due giorni che è sparita e mi è venuto naturale dire così. Ma sono io la prima a volerla rivedere qui tra noi! Ci mancherebbe altro-
-Lei che cosa pensa realmente, commissario? C’è ancora qualche speranza di ritrovare viva la Gandolfi? Dopotutto, come ha detto la signora Gabriella, a distanza di due giorni non è ancora arrivata nessuna richiesta di riscatto. Se è stato un rapimento, non le sembra strano? - interviene la critica d’arte, lanciando un’occhiata distratta all’uomo.
Terenzi la guarda di sbieco: quella donna sa sempre come essere acida con tutti, qualunque sia la situazione.
-Non si preoccupi, sono più che sicuro che la ritroveremo viva! I miei colleghi ed io abbiamo una pista assai valida da seguire, ma in questi casi è bene agire con cautela-
-Se lo dice lei- ribatte la Ragusi, pulendosi la bocca con il tovagliolo, in attesa di sorseggiare un bicchiere di vino bianco.
-Finalmente una bella notizia!- esclama Ginevra: Terenzi non la vedeva dal giorno prima, dal momento che –quella mattina- aveva saltato la colazione per dedicarsi alle ricerche in Internet, su Giovanni Arcangeli.
Il poliziotto nota una leggera abbronzatura sul viso, forse esageratamente accentuata dal segno degli occhiali da sole.
-Già, bisogna avere fiducia nelle forze dell’ordine …- la ragazza arrossisce alla frecciatina del commissario che, sorridendole, non riesce a perdonarle la sfacciataggine dei giorni precedenti, quando si era aggirata per il paese nelle vesti di detective dilettante.
-Se ha bisogno di qualsiasi tipo di aiuto, commissario, io e mio fratello siamo ben disposti ad offrirglielo. Vero, Umberto?- interviene Eugenio Parini, apparentemente ignaro della tresca amorosa sviluppata tra il giovanotto seduto alla sua sinistra, e la ballerina scomparsa.
-Sì, è ovvio- il ragazzo alza per un momento lo sguardo dal suo piatto, ancora imbarazzato dopo il colloquio di poche ore prima con il poliziotto.
-Spero sinceramente di trovare al più presto la signorina Gandolfi-  prosegue Umberto- tutti noi siamo molto preoccupati per la sua sorte-
Terenzi annuisce sorridendo, reggendo il gioco al ragazzo:
-Sì, grazie, mi fa piacere questo vostro interessamento, ma ad ognuno il suo lavoro, e noi stiamo facendo il nostro al meglio, ve lo assicuro-
-Sono perfettamente d’accordo con lei, commissario. Ad ognuno il suo, altrimenti che confusione ci sarebbe!- Maria Elena Ragusi ride di gusto e riprende ad affondare la forchetta nelle reginette al sugo di mare.
 
 
Martedì 10 Luglio
 
Nel pomeriggio, nella sala conferenze, Terenzi riceve finalmente le informazioni di cui ha bisogno dalla curatrice del sito che ha consultato la mattina precedente.
La donna gli comunica che Giovanni Arcangeli, quello vissuto mezzo secolo prima a Porto Ercole, era sposato con una donna originaria di Torino, una certa Adelina Mangiapane la quale, dopo la morte del marito, nell’ottobre del 1959, era fuggita all’estero.
I due avevano avuto tre figli: Mario, Fabrizio e Clara, quest’ultima l’unica ad essere emigrata in Canada insieme alla madre, quando aveva dieci anni.
La morte di Giovanni Arcangeli colpì moltissimo l’opinione pubblica del tempo, tanto che i giornali per diverse settimane, non fecero altro che mettere in prima pagina tutto ciò che riguardava il caso.
Sembrava infatti che la cronaca di allora, facesse risalire il decesso al vizio smodato dell’uomo per l’alcool che, come conseguenza, avrebbe finito per spappolargli il fegato.
In realtà il decesso dell’ Arcangeli, non era mai stato risolto completamente, in quanto, dopo la sommaria ricostruzione della polizia, la moglie Adelina era infatti scappata con la figlia più piccola per emigrare da certi parenti in Canada, e non c’era nessun altro testimone che potesse raccontare come erano andati i fatti la notte in cui l’uomo era stato trovato morto, davanti al bar del paese.
Inoltre nessuno aveva mai scoperto il perché la vedova non avesse portato con sé anche gli altri due figli –Mario e Fabrizio- di quattordici e sedici anni.
Il destino dei due bambini venne segnato per il resto della loro adolescenza: furono mandati a Torino per volere della madre, e qui abbandonati all’orfanotrofio “l’Angelo del Cielo” che –guarda caso- sorgeva proprio in Viale Nadotti 24, nello stesso casolare abbandonato vicino a cui abita l’ultima vittima dell’attuale Arcangeli.
L’istituzione caritatevole, in realtà, c’entrava ben poco con un angelo protettore, perché ci furono diverse denuncie che coinvolsero la direttrice dell’istituto per molestie fisiche e psichiche ai giovani ospiti che vivevano lì.
Quando l’orfanotrofio, alla fine degli anni Sessanta chiuse, nessuno seppe più nulla dei due ragazzi: sicuramente non tornarono a Porto Ercole e sembra che nemmeno rimasero a Torino, le loro tracce, purtroppo, svanirono nel nulla.
Davvero interessante, riflette Terenzi, è sicuramente tra queste pagine che si nasconde la soluzione del caso.
Il poliziotto faxa subito le informazioni ricevute all’ispettore Ghirodelli che, poco dopo, non si fa attendere e lo chiama per avere ulteriori chiarimenti:
-Commissario, ho appena ricevuto il fax. Ma è una storia incredibile!-
-Infatti. Finalmente il puzzle si sta ricomponendo. Tu che cosa ne pensi?-
-Se è tutto vero quello che c’è scritto, allora qualcuno si sta fingendo Giovanni Arcangeli, ma è ovvio che non possa essere uno dei suoi figli, perché adesso dovrebbero avere circa settant'anni, ma l’uomo che ho visto io, al massimo ne aveva quaranta. Potrebbe essere un nipote?-
-Sì, può essere, ma non avendo una foto non possiamo confrontarla con l’identikit del finto Arcangeli … -
-Lei non crede a questa ipotesi, commissario?-
-Ci potrei chiedere, ma fino a quando non abbiamo una conferma potrebbe essere una pista come un’altra-
-E’ comunque nero su bianco che il vero Arcangeli aveva tre figli, e questi a loro volta potrebbero averne avuti-
-E’ molto plausibile, però quello che non capisco è perché la moglie abbia scelto la figlia femmina e non i due maschi. Perché non sono partiti tutti e tre per il Canada? Che cosa glielo ha impedito?-
-Forse non aveva abbastanza soldi per portarli con sé, e così ha scelto la figlia più piccola … - azzarda Ghirodelli
-Ma nessuna madre sana di mente farebbe una scelta così insensata!- risponde Terenzi, scarabocchiando meccanicamente con la matita sui fogli, molto probabilmente la chiave di quel mistero:
-Il vero problema è che non sappiamo nulla di Mario e Fabrizio dopo la chiusura dell’orfanotrofio. I registri dell’istituto sono andati perduti, così con queste prove non abbiamo la minima possibilità di ricostruire i loro spostamenti successivi, né tantomeno la loro vita: dove sono andati a vivere, se si sono sposati e soprattutto se hanno avuto dei figli-
-Non potrebbero aver raggiunto la madre in Canada? Può essere che lei abbia lasciato un indirizzo prima di partire…- suggerisce l’ispettore.
-Tutto può essere, messi come siamo messi. Senti, forse una soluzione c’è: controlla i registri di leva di quegli anni e poi fammi sapere. Devono aver fatto per forza il servizio militare-
-Sarà fatto, commissario-
-Bene, aspetto tue notizie al più presto-
-D’accordo, a più tardi-
Terenzi ripone accuratamente i fogli con le informazioni nella sua cartelletta ed esce dalla sala conferenze, lo stomaco di nuovo chiuso e la mente ronzante di interrogativi non ancora sciolti.                                                


 
   
 
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