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Autore: ari3192    30/11/2014    1 recensioni
Tutti su questo mondo siamo la parte mancante di una metà dispersa, siamo l'equivalente esatto della tanto famosa "mezza mela".
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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PROLOGO NOVEMBRE 2070

I piedi erano al limite, dopo soltanto l'infinità dell'abisso. Abbassò lo sguardo, fu un lasso di tempo talmente impercettibile da sembrare eterno. Di nuovo lo sguardo dritto davanti a se. Fiera di ciò che era, di ciò che era stata. Perché lei era pioggia e vento, sole e nuvole. Un altro passo in avanti e sarebbe diventata ciò che era destinata ad essere ma, per i più, solo cenere, un altro corpo senza vita. Un passo ancora indietro e sarebbe stata all'inferno. Il fiume in piena sotto di lei la rilassava come la voce di una madre che rassicura la sua bambina dopo un terribile incubo. Si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, come se l'avessero già abbandonata. Forse non sapeva che cosa stava facendo, o forse lo sapeva fin troppo bene, era per questo che la paura stava lentamente abbandonando il suo corpo. Inspirò tutta l'aria di cui era capace, fino al punto che i suoi polmoni ne furono completamente saturi, allora espirò provando a lasciar andare ogni ricordo. Ma la verità è che i ricordi erano da sempre, per lei, il bagaglio più pesante da sostenere. Più degli altri, probabilmente, quelli che non aveva ancora mai avuto. Quelli che con un piccolo accorgimento avrebbero reso tutto perfetto. Ma forse era vero, la perfezione non esiste, o semplicemente a lei non era destina. Poi lo vide: lui, solo con lei. Rinchiusi contro l'universo in un attimo sconfinato. Niente parole azzardate, nessun discorso inutile, solo le loro anime nude, la bellezza della loro presenza. Ci pensò e si chiese se allora non esistesse davvero il suo momento perfetto, o fosse lei ancora troppo imperfetta per poterlo cercare. Poi iniziò a sussurrare, più ad alta voce di quanto credesse - Ci abbandoniamo all'illusione di un futuro migliore, senza sapere che ciò che siamo dipende dal momento, e da quanto tempo riusciamo a non perdere dietro farfalle inesistenti. Siamo ciò che pensiamo, ciò in cui crediamo e l'unica cosa da trovare è una forza tanto grande quanto invisibile e presente, una forza capace di farci comprendere che possiamo essere più di quello che gli altri si aspettano che siamo. Nasciamo tutti come pedine radiocomandate ma nulla ci impedisce di spezzare quella sottilissima antenna che ci tiene in suo pugno, e di prendere noi il comando.- Non riusciva a ricordare dove avesse letto quelle parole, né se fosse stato qualcuno a dirgliele però adesso riusciva a percepire perfettamente la gelida pietra sotto i suoi piedi nudi, sentiva ogni singolo battito del proprio cuore ma, più di ogni altra cosa sentiva di sapere perché era proprio lì e non da qualunque altra parte. Asia, questo era il suo nome, come il più vasto tra i cinque continenti. Le antiche mappe medioevali raffiguravano il continente asiatico come un'enorme terra dai confini incerti. E la verità era che nessun nome sarebbe potuto essere più azzeccato per lei. Lei che non aveva mai avuto nulla di sicuro. Nemmeno se stessa. Lei che aveva sempre preso in giro l'amore e adesso era proprio per quello che si trovava su quel ponte. Aveva sempre creduto in tutto, tranne che nel bisogno assoluto di avere qualcuno al proprio fianco. Adesso, però, sola contro ognuna delle certezze su cui aveva costruito la proprio vita, iniziava a prendere atto del fatto che la sua unica sicurezza stava nel dover calciare via ciascuno di quei mattoncini. Doveva autodistruggersi per poter ricostruire. Perché l'unica cosa in cui riusciva a credere era di non poter immaginare una vita senza quel ragazzo dagli occhi che in continuazione si perdevano e ritrovavano. Sapeva che se fosse tornata indietro avrebbe perso quello sguardo e con lui tutto ciò che ancora non sapeva. Senza lui non avrebbe mai conosciuto ciò che lei stessa era. E in quell'acqua profonda e scura a pochi metri dai suoi piedi c'erano i suoi occhi che la guardavano. Come due gigantesche sfere blu l'attiravano come la calamità attira il metallo. Lei, in quel momento, altro non era se non come ferro fuso. Liquido nero destinato a quelle mani che non avrebbero potuto toccare nient'altro all'infuori della sua materia.

   
 
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