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Autore: redpen    02/12/2014    4 recensioni
«Lui si inchinò e, guardandola con aria leggermente divertita, strizzò un occhio in segno d’intesa… Lei s’inchinò di rimando e, non capendo se si trattasse di uno scherzo o di un sogno, lo seguì senza bisogno di parole, mentre lui la conduceva, tenendola ancora delicatamente per mano, verso la pista da ballo…»
- La storia è ambientata prima del rimpicciolimento, non contiene perciò alcun tipo di spoiler -
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Sonoko Suzuki | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo terzo.
“Benissimo, ora prova a sollevare il falso fondo, Ran!” disse Shinichi, euforico.
Ran estrasse la tavola di legno e con essa il contenuto del cassetto. Al di sotto si trovavano diverse lettere.
“Perfetto. E’ tutto quello che ci serve. Possiamo andare!”
“Andare dove?” chiese confusa Ran, che avrebbe voluto aggiungere a quella altre mille domande.
“A risolvere il caso! Ma probabilmente avrò ancora bisogno del tuo aiuto…”
Ran si accese di entusiasmo: “Certo, puoi contare su di me! Ma la collana?”
“Fai come ti dico e verrà fuori da sola” disse Shinichi, mormorando qualcosa all’orecchio della ragazza.
“Ora assicurati che tutta la famiglia sia ancora nella sala e che le guardie non facciano uscire nessuno. Io vi raggiungerò tra poco,” concluse il giovane detective.
“D’accordo!” Ran corse verso la sala del ricevimento, felice che Shinichi avesse in mano la soluzione del caso e che lei fosse riuscita, a suo modo, ad aiutarlo a trovarla, decisa ora a dare il suo contributo anche per smascherare il colpevole.
A pochi passi dal grande salone, Ran poteva già udire distintamente le voci di suo padre e della signora Okamoto rincorrersi in un sonoro contrappunto. Di sicuro questo non prometteva nulla di buono.
Mentre le guardie la facevano rientrare, ebbe conferma che nessuno si era mosso dalla stanza in loro assenza e riferì ai quattro uomini posti a custodia delle porte il messaggio di Shinichi di assicurarsi che nessuno uscisse fino al suo arrivo.
Quando fu dentro, trovò, come aveva immaginato, il detective Mouri e la padrona di casa immersi nell’ennesima baruffa della serata, perciò non le fu facile riuscire a richiamare l’attenzione dei presenti per informare anche loro che il suo amico detective li avrebbe raggiunti di lì a poco. Dopo la breve tregua, la battaglia riprese.
 “Avanti lo confessi, lei e suo marito siete gli unici a non esservi sottoposti a perquisizione! Avevo ragione sin dall’inizio, i colpevoli siete voi!” disse Kogoro incalzante.
“Come si permette di lanciare accuse infondate solo perché non è riuscito a scoprire il vero colpevole?! Pensi piuttosto a trovare la collana! Non aveva forse detto che sarebbe stato un gioco da ragazzi per lei?” controbatté la signora Okamoto.
“Le dico che ho cercato dappertutto, signora. Qui la collana non c’è!” rispose convinto Kogoro.
“E io le dico di cercare meglio, detective Mouri! La collana non può essersi volatilizzata nel nulla!” rilanciò energica la padrona di casa.
“Ha perfettamente ragione, signora Okamoto” irruppe Shinichi, entrando nella stanza. “La collana non può essere sparita, perciò noi la troveremo.”
“Cosa dici, marmocchio?” intervenne Kogoro più stizzito che mai. “Se ho cercato in ogni…”
“Non si preoccupi, detective Mouri, stavolta l’aiuterò anch’io!” rispose affabile Shinichi. “Signori”, continuò rivolgendosi ai coniugi Okamoto e alla giovane coppia, “abbiamo abusato fin troppo della vostra pazienza. Mancano pochi minuti alle 3.00 perciò non voglio trattenervi oltre, nel cuore della notte. Sarete molto stanchi e la signorina Inoue sarà molto turbata da questa serata così movimentata, perciò è giusto che andiate a riposare nei vostri alloggi.”
“E va bene, ma badate: se la collana non salterà fuori, all’alba informerò la polizia del furto!”  fece, minacciosa, la signora Okamoto.
 “Non temete, io e il detective Mouri continueremo le indagini per tutta la notte, se necessario. Sarà sufficiente che lasciate a nostra disposizione le quattro guardie per aiutarci nelle ricerche” disse Shinichi.
Kogoro sbiancò a quelle parole: “Tutta…tutta la notte?” farfugliò incredulo.
“I miei uomini sono ben addestrati e potrete disporne come meglio credete” disse il signor Okamoto. “Se servirà a ritrovare il prezioso collier di famiglia, saranno disposti ad accompagnarvi anche fino all’arrivo della polizia, senza lasciarvi un attimo.”
“La ringrazio signor Okamoto” disse Shinichi. “E’ quello che speravo. Scusateci,” continuò poi rivolgendosi alle guardie, “se vi costringiamo a rinunciare al sonno ma, voi capite, non vogliamo lasciare nulla di intentato finché la signora Okamoto non avrà contattato la polizia.”
“Ed ora signori,” concluse il giovane, tornando ai padroni di casa e ai futuri sposi, “prima di congedarvi, e a beneficio delle indagini, vi chiedo solo un’ultima collaborazione.”
“Di cosa si tratta?” chiese il signor Okamoto.
“Ecco, vi chiedo,” continuò Shinichi, “di ricostruire gli ultimi attimi precedenti al furto. Così da localizzare e meglio indirizzare le nostre ricerche. Non ci vorrà che qualche minuto.”
“Mi sembra un’ottima idea! Procediamo immediatamente!” esclamò la signora Okamoto.
“Dunque,” iniziò Shinichi, “sul lato sinistro della sala erano allineati i tavoli che ospitavano il buffet. Lungo il lato destro sono sempre state posizionate le quattro guardie della famiglia, ciascuna posta a sorveglianza di una delle porte. Mentre al centro della sala, proprio in corrispondenza del palco che ospitava il quartetto d’archi, un vasto spazio era stato adibito a “pista da ballo” durante il ricevimento ed occupato, di volta in volta, dalle coppie danzanti. Bene, voi, signori Okamoto, così come la signorina Inoue e il suo promesso, sostavate qui, accanto ai tavoli del buffet prima dell’ultimo valzer. Non è così?” chiese accompagnando verso il luogo menzionato le due coppie, che annuirono alla sua domanda.
“Dopodiché, quando il maestro di sala ha proclamato l’ultima danza, i signori Okamoto si sono avvicinati al centro della stanza per assistervi da spettatori, rimanendo sul bordo sinistro della pista. Lei invece, signorina Inoue, ha attraversato tutta la pista assieme al suo fidanzato, recandosi dalla parte opposta, sul bordo destro. E’ corretto?” così facendo dava istruzioni alle coppie, che in breve assunsero le nuove posizioni.
“Beh…sì.” rispose la signorina Inoue.
“Come mai, signorina, vi siete recati dalla parte opposta della pista per ballare? Pur volendo scegliere una zona periferica della pista, sarebbe stato più facile per voi danzare lungo il lato sinistro, considerando la vostra posizione precedente…”
“Sono stato io a volerlo…” irruppe Ryoichi Okamoto. “Vede, sono molto scarso nel ballo, perciò ho voluto allontanarmi dal lato sinistro della sala, che era più affollato per via del banchetto e portarmi invece sul lato destro, che era praticamente sgombro e dove era più facile muoversi, anche in maniera impacciata, senza ostacoli.” La signorina Inoue, particolarmente contrariata da quell’ultima affermazione del fidanzato, gli lanciò un’occhiataccia….
“Capisco,” disse Shinichi sorridendo. “Ora vorrei chiedervi se vi ricordate di preciso il punto dove è avvenuta l’aggressione. Questo è molto importante per le nostre indagini. So che era buio e non è facile ritrovare il punto esatto, perciò vi consiglio di ricostruire come meglio potete il percorso che avete tracciato, danzando, sulla pista. Sono sicuro che così sarà più facile rivivere quel momento…”
“Ma io, veramente…” disse titubante Ryoichi, visibilmente a disagio.
“Non preoccuparti, lascia fare a me…ti guiderò io!” disse sorridente la signorina Inoue, strizzando un occhio.
E così i due giovani presero a danzare e, volteggiando sulla “pista” riportarono in scena i momenti vissuti qualche ora prima.
 Ran osservava la coppia e di tanto in tanto sbirciava il comportamento del suo Holmes. “Furbo, molto furbo, signor detective!” pensò  con sorriso pungente, volgendo lo sguardo a Shinichi che, accanto a Kogoro, rimirava scrupolosamente la scena e scribacchiava su un taccuino. “Con la scusa di prendere appunti, non ha voluto partecipare alla ricostruzione dai fatti e così ha evitato di invitarmi di nuovo a ballare…” pensò aggrottando la fronte per poi tornare ad ammirare la giovane coppia danzante.
“Strano…” pensò poi  Ran, guardando i due, “non ricordo si fossero avvicinati così tanto al palchetto dei musicisti durante la festa…  Se non ricordo male, anzi, per seguirli, siamo rimasti abbastanza distanti dalla musica e più vicini alle uscite… Ma forse mi sbaglio… dopotutto in quel momento non ero così attenta…” e carezzando di nuovo quegli istanti con la mente, i suoi occhi si chiusero e le sue gote si riaccesero di rosso… Proprio in quel momento le luci si spensero di nuovo, come nell’ora x.
“Che succede?!” si allarmò la signora Okamoto. La ricetrasmittente di suo marito squillò e così il primo rintocco del grande pendolo, che suonava le tre.
Il signor Okamoto rispose alla chiamata dei suoi uomini che si trovavano all’esterno della sala e tutti poterono udire l’inquietante allarme: “Signore, la collana! Un uomo sospetto si sta dirigendo verso l’uscita della villa e ha con sé la collana!”
“Presto, seguitelo, non fatevelo scappare per nessun motivo!” tuonò in risposta il signor Okamoto. “E voi, cosa aspettate?”  disse alle guardie all’interno della sala, “uscite di qui e correte ad inseguire quel malvivente!”
“Sì signore!” fecero in coro le guardie, precipitandosi fuori dalla sala per unirsi all’inseguimento.
Ma mentre il grande pendolo suonava il suo terzo rintocco, le luci si riaccesero.
Quando il sontuoso lampadario di cristallo tornò a rischiarare la sala, tutti gli astanti si resero conto che anche le tenebre che avvolgevano il mistero di quella notte stavano cominciando a diradarsi…
I presenti immediatamente rivolsero lo sguardo verso le uscite della sala, che erano state lasciate incustodite dagli uomini di Okamoto, come da suo ordine… ma grande fu la sorpresa quando si resero conto che uno di loro si trovava invece al centro della stanza - accanto alla signorina Inoue e al suo fidanzato - con sguardo attonito e un fare più che mai sospetto.
“Cosa ci fa lì, signor Tanoyuki?” chiese il signor Okamoto.
“Ecco io…pensavo sarei stato più utile qui a proteggere la signorina e il signorino, signore,” disse con voce rotta la guardia.
“Allora risponda a quest’altra domanda, signor Tanoyuki,” disse Shinichi con tono fermo. “Come mai la gamba destra dei suoi pantaloni è risvoltata?”
“Beh ecco io…” la guardia non finì di parlare che si gettò in una folle corsa verso le uscite. Ma lì trovò ad aspettarlo qualcosa che proprio non aveva previsto…
“Ran, è il momento, presto!” gridò Shinichi alla ragazza che si era già preparata a difendere le quattro uscite, assumendo la sua posizione da combattimento. Invano il baldo Tanoyuki tentò di aggirarla… la ragazza lo immobilizzò afferrandolo per un braccio e in men che non si dica lo sollevò in aria, pronta ad atterrarlo con un colpo finale… ma mentre l’omone veniva spinto verso terra, tentò  come poté di aggrapparsi ad un appiglio per recuperare l’equilibrio e, cadendo, afferrò il monile al collo di Ran… La ragazza riuscì comunque a stendere l’uomo sul pavimento, con decisione e delicatezza, così come Shinichi si era raccomandato in precedenza. Ma il filo della sua collana si era irrimediabilmente spezzato, liberando le quarantotto candide perle, che corsero, inafferrabili, per tutta la stanza. Shinichi e Kogoro sobbalzarono alla vista di quello spettacolo. Sapevano quanto quello sfortunato evento potesse aver sconvolto il cuore di Ran in quel momento.
Ran, impietrita, trattenne con sforzo le ardenti lacrime che stavano invadendo i suoi occhi zaffiro e, con esse,  il braccio del criminale. Sapeva che qualsiasi questione personale passava in secondo piano nel momento in cui un crimine veniva commesso e che il malfattore doveva essere assicurato alla giustizia. Sapeva che la giustizia, quella penale, veniva prima di quella personale. Così come sapeva che, per vivere accanto a due detective nella sua vita, avrebbe dovuto accettare e fare sua quella regola, rischiando di perdere, ogni giorno, qualcosa di importante, per guadagnare il diritto di star loro vicino nel momento del bisogno.
Mulan non aveva forse rinunciato alla sua collana, al suo fermaglio, ai suoi abiti eleganti e ai suoi lunghi capelli? Ma grande era stata la soddisfazione di poter combattere per suo padre e al fianco del suo capitano Li Shang.
Così pensò e, vedendo a terra una delle perle dell’amata collana di Eri, si chinò a raccoglierla e, stringendola, si disse: “Resisti, non è ancora finita!”, riponendo con essa le lacrime che avrebbe voluto versare.
“Sono stata…abbastanza delicata?” disse guardando Shinichi e asciugandosi rapidamente gli occhi, sforzandosi con risolutezza di sorridere.
Shinichi la guardò con dolcezza e ammirazione. Sapeva cosa significava quel gesto. Sapeva quanto a Ran fosse costato scegliere di rimanere al suo fianco in quell’indagine e si sentì colpevole di quel sacrificio, tanto quanto fortunato di aver potuto contare su di lei. Tenerla vicino a sé significava esporla costantemente al pericolo e di questo non riusciva a perdonarsi. Meditando di voler rimediare e farsi perdonare in qualche modo, mise momentaneamente da parte i suoi pensieri, per recuperare la lucidità necessaria a portare a termine l’indagine.
“Sei stata perfetta Ran, ti ringrazio!” disse strizzando l’occhio alla ragazza, che ricambiò con il suo dolce sorriso.
“E ora veniamo a noi, signor Tanoyuki” continuò Shinichi. “Mi deve una risposta, se non sbaglio… perché i suoi pantaloni sono così sgualciti e risvoltati malamente sulla sua gamba destra?”
La guardia lo fissò con sguardo intenso e bocca cucita. Non avrebbe detto una parola.
“Forse posso aiutarla io a rispondere…” proseguì sicuro Shinichi, “forse è perché questa volta tre soli rintocchi non le sono bastati per portare a termine il suo intento… e perché la signorina era molto più distante da lei, rispetto a tre ore fa? Perciò una volta raggiuntala, non ha potuto recuperare la sua posizione!”
“Ma cosa…cosa intende, detective?” disse il signor Okamoto, confuso e preoccupato.
“C’è un motivo ben preciso se il signor Tanoyuki non si è precipitato a fermare il ladro in fuga e a recuperare la collana come gli è stato ordinato di fare” proclamò Shinichi “…e il motivo è che sapeva che la collana era al sicuro e che al di fuori della stanza non c’era nessun ladro… Non è per la sua vecchia ferita alla coscia sinistra che il suo passo è così claudicante, vero, signor Tanoyuki?” Ma ancora una volta Shinichi non ottenne risposta, perciò riprese: “Se camminava in maniera così innaturale era per proteggere qualcosa di estremamente prezioso ed estremamente fastidioso… Ran, solleva il risvolto del pantalone del signor Tanoyuki fino al ginocchio e scopri pure la sua gamba destra…”
Vincendo un’estrema, flebile resistenza della guardia, che aveva ormai accettato una sorte inevitabile, Ran mostrò alla vista degli ospiti la gamba destra del  signor Tanoyuki: attorno al polpaccio si attorcigliava il prezioso collier di diamanti, assicurato con più giri alla gamba dell’uomo e chiuso con la sua preziosa sicura.
Seguì un mormorio di sorpresa da parte dei presenti.
“Come ha potuto, signor Tanoyuki? Noi ci fidavamo ciecamente di lei!” esclamò, attonito, il signor Okamoto.
L’uomo mantenne il suo imperturbabile silenzio, assumendo un’espressione colpevole e costernata.
“Un piano praticamente perfetto” notò Shinichi. “Chi perquisirebbe mai una guardia? Tanto più una delle migliori e delle più fidate della famiglia, con vent’anni di onorato servizio alle spalle.”
“Mascalzone, dunque per tutti questi anni ha cospirato alle nostre spalle, aspettando il momento giusto per tradirci?” disse addolorata e infuriata la signora Okamoto, afferrando e agitando il bavero dell’inerme e sconsolato omone, che non faceva nulla per difendersi.
“E cosa voleva fare ora che la luce è andata via di nuovo? Rubare altri gioielli, rapire la ragazza?” continuò sempre più incalzante l’energica signora. “Me lo dica, avanti, traditore!”
“Ora basta!” intervenne il timido Ryoichi.
“Finalmente, contavo sul suo intervento” disse Shinichi, rivolgendosi al giovane. “E confidavo che il suo buon cuore non avrebbe permesso il sacrificio di un fedele servitore della famiglia.”
“Fedele? Sacrificio?” ripeté frastornata la signora Okamoto, lasciando la presa del colletto dell’uomo.
“Vuole rispondere lei, Ryoichi, alla domanda della signora?”
“E va bene! Doveva dare a me la collana! Sono io che gli ho chiesto di rubarla!” dichiarò il giovane rampollo con tutta la voce che aveva.
“No, Ryoichi!” esclamò Natsumi.
“Non è vero, non può essere vero!” disse incredula la signora Okamoto.
“E invece è così, ci sono le prove. Sono stato io a scrivere il biglietto, controllate pure!” affermò il giovane.
“Ma com’è possibile? Abbiamo letto quel foglio decine di volte, quella non è la tua scrittura!” osservò il padre.
“E’ invece è così, ho scritto il messaggio con la mano sinistra, sperando che non mi riconosceste…”
“Non dire sciocchezze, sono tua madre e riconoscerei la tua scrittura tra mille! Ricordo quando scrivevi con la sinistra e la tua grafia era totalmente diversa. Me ne sarei accorta subito se fosse stata la tua!”
“Suo figlio dice la verità, signora Okamoto,” intervenne Shinichi. “Quel biglietto è stato scritto da lui. Il motivo per cui la grafia mi sembrava incerta e tremolante non era, come credevo inizialmente, che l’autore volesse camuffarla per depistare le indagini. La grafia era incerta per natura poiché suo figlio, che ha studiato nei più rigidi collegi europei, sebbene inizialmente mancino, era stato diseducato, su consiglio del suo precettore, ad usare la mano sinistra e rieducato a scrivere con la destra. Secondo la mentalità di alcuni, ormai poco diffusa al giorno d’oggi, era infatti preferibile che i bambini scrivessero con la mano destra. Così Ryoichi, abituato, sotto imposizione, ad usare la mano destra per scrivere, nel tempo ha perso la sua dimestichezza nell’utilizzare la sinistra e, sebbene sia ancora in grado di farlo, la sua scrittura risulta ora del tutto diversa e molto più incerta, rispetto a quando era bambino.”
“E’ tutto vero,” confermò il giovane Okamoto.
“Ma come hai fatto a far saltare la luce se eri qui con noi?” chiese il padre.
“Mi sono accordato con le guardie più vicine al contatore. Ho dato loro istruzioni di far saltare la luce allo scoccare della mezzanotte e ripristinarla al dodicesimo rintocco dell’orologio. Sono sempre rimasto nei pressi delle uscite durante quell’ultimo ballo e qualche attimo prima della mezzanotte ho portato Natsumi il più vicino possibile al signor Tanoyuki e al momento giusto le ho tolto la collana. Il piano era di affidare il collier a lui, temporaneamente, per sfuggire alla perquisizione, perché me lo restituisse non appena possibile. Ma il signor Tanoyuki non c’entra nulla in questa storia, credetemi! Sono io che l’ho coinvolto ingiustamente e gli ho chiesto di mantenere il silenzio a qualunque costo!”
“Signorino…” mormorò Tanoyuki, rompendo il suo silenzio.
“Perciò sei stato tu a provocare il secondo black out? Serviva per farti restituire la collana dopo la perquisizione?” chiese il signor Okamoto mentre tentava di rianimare la moglie, che invocava, sconvolta, i suoi sali.
“No, questo no… non era affatto previsto un secondo black out!” esclamò Ryoichi.
“Sicuramente,” intervenne Shinichi , “il signor Tanoyuki si era allarmato dopo che gli ho volutamente fatto credere che l’avrei trattenuto assieme alle altre guardie fino all’arrivo della polizia, perciò ha pensato bene di sfruttare quell’imprevisto secondo black out per riconsegnare la collana nelle mani di Ryoichi, in modo che potesse disporne a dovere prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Ma non è stato Ryoichi ad organizzare questo secondo black out. Lo testimonia il fatto che la giovane coppia stava di proposito danzando lontano dalle uscite dove le guardie si trovavano, a differenza di quanto fatto la prima volta che le luci sono andate via, e questo per depistare deliberatamente le indagini, facendo credere che la presunta aggressione fosse avvenuta in un punto del tutto diverso della sala, e scongiurando che qualsiasi sospetto o ricerca ricadesse sul signor Tanoyuki.”
“Chi è stato allora a provocare il secondo black out?” chiese confuso il signor Okamoto.
“Sono stato io a chiedere alle guardie vicine al contatore elettrico di simulare un secondo black out,” rispose sorridente Shinichi. “Non è stato facile convincerle a diramare un falso allarme al signor Okamoto, ma si sono prestate al gioco quando ho fatto capire loro che conoscevo il segreto che si celava dietro il primo black out. Ho dato loro istruzioni di far saltare la luce alle tre in punto, ma stavolta per il tempo di soli tre rintocchi. Il signor Tanoyuki si è comportato come avevo previsto, ma non siamo stati del tutto fortunati poiché evidentemente non aveva ancora abbastanza confidenza con la chiusura di quella collana – nonostante le varie prove che avranno sicuramente fatto in precedenza – e così, quando le luci sono tornate, non aveva ancora fatto in tempo a restituirla al vero colpevole, togliendoci il privilegio di coglierlo in flagrante.”
“Il vero colpevole? Che cosa intende?” si rianimò la signora Okamoto.
“Che a condurre la danza, così come il piano, non è stato Ryoichi….” Seguì qualche attimo di silenzio, poi Shinichi proseguì: “Non dice nulla, signorina Inoue?”
Tutti guardarono verso la giovane Natsumi, che sgranò gli occhi ma non disse nulla.
“Non ha niente da dire,” riprese Shinichi, “neanche se le mostro questa?” e così dicendo esibì la foto che lui e Ran avevano trovato nella stanza della ragazza. “Conosce questo ragazzino, è vero?”
Natsumi ebbe un sussulto ma proseguì con fermezza: “Certo, è mio fratello e con questo?”
“Potrebbe dirmi come mai ha un braccio fasciato e perché lei nasconde questa foto tanto gelosamente?”
“Si è fatto male cadendo da cavallo e non capisco dove voglia arrivare…. Questa questione non ha nulla a vedere con il caso.”
“Signorina Inoue, non farebbe meglio a dire la verità, ora che il suo piano è fallito?”
“Non so di cosa stia parlando…” rispose Natsumi, sempre più titubante e nervosa.
“D’accordo, allora,” proseguì Shinichi, “non mi lascia altra scelta che ricorrere a queste.” E così dicendo estrasse dalla giacca il pacchetto di lettere trovato nel doppio fondo del cassetto.
“No, nooooo!” fece Natsumi , lanciandosi verso le missive per tentare di strapparle dalle mani del detective. “Chi le ha dato il diritto di tirarle fuori?!”
“E’ stata lei, signorina, ingaggiandomi, ad affidarmi non solo il diritto, ma anche il dovere di far emergere la verità,” rispose con fermezza Shinichi. Stremata dal vano tentativo e sopraffatta da un pianto liberatorio, Natsumi si abbandonò a terra, nascondendo il viso tra le mani.
“Signorina” disse con tono calmo Shinichi, chinandosi verso di lei “non ho alcuna intenzione di leggerle, posso immaginare il valore affettivo che hanno per lei. Perché non racconta lei stessa la sua storia? Queste persone meritano la verità e sono sicuro che sapranno capirla…”
“E va bene…” disse la Inoue con un sorriso amaro. Ryoichi intanto l’aveva raggiunta e l’aiutava a rialzarsi. “Io e Ryoichi vi racconteremo tutto dal principio,” disse guardando dolcemente il fidanzato, che ricambiò con un’incoraggiante occhiata di intesa.
“Innanzitutto,” cominciò Natsumi, “voglio dirvi che io amo profondamente vostro figlio…” disse asciugandosi le lacrime e rivolgendosi, sorridendo dolcemente, ai signori Okamoto. “Mi addolora aver arrecato tanto disturbo a questa famiglia, poiché i miei sentimenti verso di lui sono sempre stati sinceri e, quando partii alla volta della villa, ormai un anno fa, desideravo con tutto il cuore conquistare e meritare il vostro affetto. Vedete, quando io e Ryoichi ci siamo conosciuti, al suo arrivo nella piccola comunità dove vivevo, non conoscevo affatto le sue origini né la sua condizione economica. Lo scambiai per un vostro dipendente, inviato per sovrintendere ai lavori da effettuare nella vostra villa di campagna. Vestiva sempre in maniera molto semplice, mai ostentata, e aveva dei modi così affabili e cordiali… Il nostro incontro è stato del tutto fortuito, ma ho sempre creduto che fosse voluto dal destino…
Vedete, un giorno il mio fratellino, di appena dodici anni, giocando con un gattino presso un edificio abbandonato e seguendolo per caso attraverso il vetro rotto di una delle finestre, aveva scoperto un magnifico pianoforte a coda, impolverato e in disuso. Toshio ha sempre dimostrato un amore smisurato per il piano. Aveva iniziato per caso, suonando il vecchio pianoforte della sua scuola, e i miei genitori, commossi dalla sua passione, avevano iniziato a pagargli qualche lezione. Purtroppo però la mia famiglia, come sapete, non versa in buone condizioni economiche e così, dopo pochi incontri, siamo stati costretti ad interrompere le sue lezioni, anche perché,  non potendo permetterci uno strumento del genere, il piccolo Toshio non poteva mai esercitarsi per i suoi studi. Potete dunque ben immaginare la sua gioia quando scoprì per caso quel vecchio piano abbandonato, che gli permetteva di riprendere a coltivare la sua passione. Per diversi mesi si esercitò ogni giorno, credendo di non fare torto a nessuno, poiché la villa era disabitata da tempo. Fu all’arrivo di vostro figlio, che immaginavamo un vostro sovrintendente, che scoprimmo che quella villa era di vostra proprietà e che sarebbe stata ristrutturata di lì a poco. Persuasi Toshio a smettere immediatamente di utilizzare quel pianoforte poiché i proprietari non avrebbero mai acconsentito ad una simile violazione, ma lui mi chiese di poter suonare quello strumento un’ultima volta e di accompagnarlo per poter ascoltare quella sua ultima esibizione. Sapendo quanto fosse importante per lui, non ebbi cuore di negargli quel desiderio, così ci recammo alla villa e, mentre si introduceva nella casa dalla finestrella, io rimasi fuori ad ascoltarlo. Quando iniziò a sfiorare i tasti, però, fui sorpresa dall’arrivo di un uomo, venuto per un sopralluogo della villa da ristrutturare. Temetti per mio fratello, credetti che l’avrebbe sgridato e cacciato via in malo modo, così proferii le mie scuse più sentite. Ma lui mi chiese chi fosse a suonare una melodia tanto angelica e, quando gli risposi che era mio fratello, si complimentò con me e rimase in silenzio ad ascoltare fino all’ultima nota. Quando mio fratello uscì, spaventandosi e implorando di essere perdonato, promise di non ripetere mai più simili infrazioni, ma Ryoichi disse: ‘Sei così bravo, piccolo, sono sicuro che diventerai un grande pianista! Mi spiace che le ristrutturazioni non ti permetteranno più di suonare qui per qualche tempo. Che ne dici di tornare quando i lavori saranno finiti? Mi farebbe molto piacere ascoltarti ancora.’
Toshio si gettò al collo di Ryoichi dalla commozione. Non so descrivervi la felicità che pervase il cuore di mio fratello né la gratitudine che pervaso il mio… che, da quel giorno, appartenne per sempre a vostro figlio. Di lì a poco iniziammo a frequentarci, trascorrevamo molto tempo insieme e i nostri giorni scorrevano felici, ma poi…” Natsumi si interruppe e riprese a singhiozzare a quelle parole. Ryoichi le mise una mano sulla spalla e intervenne: “è giusto che continui io, tutto ciò che è avvenuto dopo è interamente sotto la mia responsabilità.” Quindi continuò: “Come d’accordo, una volta arrivato, mi occupai delle ristrutturazioni della nostra villa. Conobbi dei giovani del posto che sembravano assai bisognosi di un lavoro. Si dimostrarono molto cordiali e mi fecero un prezzo di favore, promettendomi che in un mese la casa sarebbe stata pronta. Così decisi di affidare l’incarico a loro. Ogni giorno mi recavo sul posto e li trovavo all’esterno della villa, affaccendati in qualche lavoro di manutenzione o di verniciatura, ma difficilmente lasciavano che entrassi a seguire i progressi fatti all’interno, paventandomi il pericolo di eventuali crolli, mentre la casa era nel pieno della ristrutturazione e quindi inagibile. Inizialmente versai loro un anticipo, come d’accordo, e la somma necessaria all’acquisto dei materiali. Alla fine del mese pattuito avrebbero dovuto incassare il saldo della cifra rimanente. Nell’ultima settimana cominciai a nutrire dei dubbi sulla loro condotta quantomeno sospetta, dal momento che non lasciavano ancora che vedessi l’interno, nonostante i lavori volgessero al termine e la villa dovesse essere, di conseguenza, ormai agibile. Così tre giorni prima della fine dei lavori, attesi che facesse buio e che tutti gli operai fossero andati via e mi recai a visitare la villa da solo. Potete immaginare il mio sgomento quando mi decisi ad entrare. Tutti gli oggetti preziosi, tutti i mobili di un qualche valore erano stati portati via. Le poche riparazioni iniziate erano state eseguite nel peggiore dei modi, a volte aggravando il danno, e la casa era, nel complesso, più pericolante di prima. Mi recai infine nella stanza del pianoforte, per vedere se almeno quella fosse agibile per il piccolo Toshio, ma purtroppo era una delle più malridotte. Proprio mentre mi ero fermato ad ammirare il piano, successe l’inevitabile…” disse facendo una breve pausa e serrando i pugni mentre ricordava, “sentii una voce che gridò ‘Attento!’ e poi un rumore sordo… prima che potessi accorgermene ero a terra col piccolo Toshio, mentre una trave ci travolgeva. Il povero ragazzino era venuto a cercarmi quella sera per chiedermi se avrebbe potuto riprendere a suonare il piano nei giorni a seguire, ma non trovandomi nell’albergo dove alloggiavo, intuì che potessi essere alla villa e così era entrato, proprio pochi istanti prima, dalla finestra ancora rotta.
Per salvarmi la vita…” disse Ryoichi tra le lacrime più sentite “riportò diverse ferite lievi ma soprattutto si infortunò gravemente il braccio destro. Il medico disse che con la giusta riabilitazione avrebbe potuto tornare ad utilizzare l’arto, ma per poter riacquistare completamente la manualità di un tempo, sarebbe stata necessaria una costosissima operazione negli Stati Uniti. Con amarezza,” proseguì Ryoichi “io e Natsumi decidemmo di tornare qui a Tokyo come programmato e di fissare la data del matrimonio il prima possibile, per poter aiutare Toshio, sovvenzionando l’operazione. Con il lavoro trovato qui, Natsumi sosteneva i costi della riabilitazione di Toshio ed io l’aiutavo come potevo. Dopo meno di un anno fissammo la data del matrimonio, tutto sembrava andare per il verso giusto… Toshio ci scriveva per aggiornarci sui suoi progressi e presto avrebbe potuto affrontare l’operazione per guarire definitivamente. Ma poi….una settimana fa…”
“Una settimana fa arrivò questa…” intervenne Shinichi brandendo una delle lettere “una missiva simile alle altre, ma stavolta scritta da sua madre, signorina Inoue…”
“E’ così,” riprese la giovane, “quella lettera racchiude la ragione che ci ha spinti ad organizzare tutto questo. Per via di un nubifragio e di un raccolto andato a male, la mia famiglia ha avuto l’ennesimo dissesto finanziario qualche mese fa, così Toshio ha sacrificato il denaro che gli inviavo per la sua riabilitazione per poter aiutare i miei genitori  a risollevarsi. Non solo, a causa delle ristrettezze economiche in cui la mia famiglia versava, nostro padre era stato costretto a licenziare tutti i suoi manovali e così mio fratello prese il loro posto nei lavori agricoli. Per tutto questo tempo non mi aveva mai raccontato nulla poiché non voleva preoccuparmi e per non scaricare ulteriormente su di me il peso economico della famiglia, poiché sapeva che avrei fatto di tutto per aiutarli. Chiese a mia madre e mio padre di fare altrettanto e mantenere il riserbo su quella situazione, soprattutto perché temeva i pregiudizi e gli ostacoli che sarebbero potuti nascere, riguardo il mio stato, presso questa famiglia, impedendo il mio matrimonio con Ryoichi… ma poi... poi una settimana fa, ostinandosi a voler lavorare con mio padre, nonostante le condizioni già precarie in cui si trovava, mio fratello ha avuto un nuovo incidente… e così il suo braccio destro… il suo braccio destro… Mia madre non se l’è sentita di tacere….” Così dicendo la signorina Inoue fu sopraffatta dal pianto, suscitando la reazione commossa di tutti i presenti, in particolare di Ran, che non poté trattenere lacrime di sincero dispiacere per quel ragazzino tanto generoso quanto sfortunato.
“Il suo braccio destro sarà compromesso per sempre se non sostiene al più presto quell’operazione!” disse con ardore Ryoichi. “Non potevamo più attendere il matrimonio, perciò abbiamo organizzato tutta questa farsa! E’ stata una mia idea scrivere quelle lettere con la mano sinistra… un po’ per non far riconoscere la mia scrittura e un po’… perché era così che Toshio ci scriveva tutte le sue lettere, non potendo utilizzare la destra... Era come se quella richiesta venisse da lui… Quella collana è la nostra unica salvezza! Madre, padre, vi chiedo scusa per quello che ho fatto, diseredatemi pure se credete, so di meritarlo… ma vi prego, vi prego, lasciate la collana a Natsumi!” disse Ryoichi con acceso fervore negli occhi. “Ah se Toshio… se Toshio non potrà mai più suonare, sarà solo colpa mia…” così dicendo, strinse a sé la sua promessa sposa e si unì al suo pianto.
I signori Okamoto erano rimasti immobili ad ascoltare quella triste storia e se non intervennero prima, fu solo nel rispetto del sincero dolore che i due giovani condividevano. Moglie e marito si guardarono, poi si avvicinarono alla commovente coppia, stretta in un abbraccio.
“Ma Ryoichi, perché non ci hai detto nulla finora?” intervenne la signora Okamoto.
“Ho fatto un errore dietro l’altro da quando sono partito, madre… non sapevo come fare per chiedervi scusa!” rispose, sinceramente pentito, il giovane.
Guardando con dolcezza il figlio, la signora Okamoto rispose: “Non devi scusarti di nulla, Ryoichi. Siamo noi che vi chiediamo scusa per non aver compreso i vostri sentimenti. Natsumi può tenere la collana.”
“Davvero…davvero madre?” disse Ryoichi con gioia.
“Certo, certo…ma è giusto che la collana rimanga alla legittima proprietaria. Perciò non è necessario venderla. Penseremo noi all’operazione di Toshio” aggiunse la signora Okamoto lanciando al marito uno sguardo d’intesa.
“Oh signori, dunque è da voi che Toshio ha preso il suo immenso e generoso cuore! Non so davvero come ringraziarvi!” esclamò Natsumi, versando ora lacrime di gratitudine.
“Non c’è ragione mia cara…” disse il signor Okamoto, “tu sei come una figlia ormai per noi, perciò anche Toshio è parte della nostra famiglia… e poi è il minimo che possiamo fare per sdebitarci con colui che ha salvato la vita del nostro Ryoichi. Anzi, perché non chiedi a tuo fratello e ai tuoi genitori di raggiungerti qui a Tokyo? Questa villa è tanto grande e vuota…”
A quelle parole Natsumi  e Ryoichi travolsero i signori Okamoto con il più energico degli abbracci…
Shinichi, Ran e Kogoro si godettero la scena, ammirando la famiglia finalmente unita.
“E così vissero tutti felici e contenti…” disse Ran, asciugandosi gli occhi.
“Già, e il mio cospicuo onorario va a farsi benedire…” bofonchiò Kogoro. Shinichi non poté trattenere una risatina sommessa.
“Cosa dici papà?” chiese Ran, facendo finta di non aver ben compreso la cinica chiosa del padre.
“Nulla… dicevo che se solo avessi trovato io quelle lettere, a quest’ora saremmo ricchi! Ti è andata proprio bene eh, tantei bozu...” disse dando a Shinichi una pacca troppo energica sulla schiena e facendolo quasi cadere…
“Ma che cosa stai dicendo, papà? Tu credevi che la colpevole fosse la signora Okamoto!” disse Ran.
“Quisquiglie, figlia mia, quisquiglie... era solo una tattica perché il vero colpevole abbassasse la guardia…”
Shinichi ascoltava l’esilarante botta e risposta tra padre e figlia e non poteva fare a meno di sorridere. Improvvisamente Ran si rivolse a lui: “E tu come hai fatto, dimmi, a capire com’era andata veramente?”
“Ah è stato facile!” disse Shinichi. “Non appena ho visto che era la gamba destra e non quella sinistra a dare difficoltà nel camminare al signor Tanoyuki, ho capito che la collana non aveva mai lasciato questa stanza. La signorina Inoue aveva attribuito il furto della collana ad un ladro molto esperto, mentre il biglietto era chiaramente opera di un dilettante. Così iniziai subito a dubitare di lei… e di Ryoichi che era al suo fianco nel momento del furto della collana e doveva perciò essere suo complice. Probabilmente aveva scritto lui il biglietto e questo spiegava l’arcano della mano sinistra. Ma il fatto che fosse stato redatto così di fretta, a pochi giorni dal furto annunciato e con mezzi scarsi, suggeriva che il piano fosse stato organizzato all’ultimo momento, sulla scia di un’emergenza. Così non mi restava che cercare un movente nella camera della signorina Inoue, l’unica stanza che non avevo ancora avuto modo di perlustrare. Ma sei stata tu, Ran, a darmi la chiave di volta per risolvere l’enigma…”
“Io?” chiese Ran curiosa.
“Sì, vedi… anche se la dinamica dell’incidente mi era chiara, non riuscivo ancora a capire se i due avessero pianificato il furto della collana per scappare e vivere insieme altrove, svincolandosi dai signori Okamoto, o se piuttosto fosse state la signorina Inoue ad aver convinto Ryoichi ad attuare il suo piano, per poi lasciarlo una volta entrata in possesso della collana... Poi, però, tu mi hai illuminato con le tue parole…”
“Quali parole?” chiese Ran.
“Beh ho ripensato allo sguardo triste che Ryoichi aveva avuto per tutta la sera, a quello preoccupato che aveva prima dell’ultimo valzer e a quello rassicurante con cui la signorina Inoue lo aveva tranquillizzato e incoraggiato a portare a termine il piano. E allora ho realizzato che fino a quel momento non avevo capito nulla… che non erano sentimenti meschini ad aver mosso le fila di quel crimine, ma affetti fin troppo grandi… che Ryoichi aveva un peso sul cuore, non perché dubitasse di Natsumi, ma perché teneva ai suoi genitori e temeva all’idea di arrecar loro un dispiacere… che lui e Natsumi si amavano davvero, anche se non erano parole esplicite a esprimerlo, ma silenziosi gesti… che avevi ragione tu, su ogni cosa, e che uno sguardo… può dire tutta la verità…” e a quelle parole Shinichi fissò Ran intensamente, come aveva fatto qualche ora prima durante quel ballo incantato.
A Ran sembrò di percepire tutta la riconoscenza per ciò che quella sera la ragazza aveva fatto e il rammarico per ciò che quel sacrificio le era costato… per un attimo, le sembrò che in quello sguardo ci fosse anche qualcosa di più… forse quei sentimenti che tra loro non erano mai stati espressi con parole esplicite ma con silenziosi gesti
Ma Ran non ebbe il tempo di rispondere nulla, che Kogoro la esortò a raggiungerlo sull’uscio della sala: “Coraggio, andiamo, si è fatto tardi!” disse spazientito, alludendo alla risoluzione del caso, che era stata tutt’altro che facile e rapida come si augurava, ma anche alla conversazione fra sua figlia e il detective, che per i suoi gusti, stava durando fin troppo…
“Ran…” tentò di trattenerla Shinichi, chiamandola prima che lasciasse la stanza.
“Ci vediamo a scuola….” rispose Ran con rammarico, mentre Kogoro l’accompagnava via.
Shinichi rimase pensieroso quando Ran varcò la porta, ancora una volta non era riuscito a esprimerle i tanti sentimenti che si agitavano nel suo cuore.
“Vorrei darle questo…” disse la signorina Inoue, avvicinandosi al giovane e interrompendo per un attimo i suoi pensieri. Così dicendo, porse a Shinichi una busta bianca.
“Ma no, signorina… non potrei accettare…” disse Shinichi imbarazzato, tentando di rendere il pacchetto.
“Invece sì!” disse la Inoue, respingendolo. “Sa, ho commesso un grave errore quando ho deciso di assumerla…” disse sorridendo “inizialmente avevo pensato di ingaggiare un detective perché rendesse più credibile la mia innocenza, ma avevo scelto un liceale, con poca fama e poca esperienza, proprio perché credevo che non sarebbe mai riuscito a smascherarmi!” aggiunse ridendo.
“Proprio per questo…” disse Shinichi, porgendo ancora una volta indietro il denaro.
“Proprio per questo, devo ringraziarla” disse la signorina, assicurando la busta nelle mani del giovane. “Se tutto è andato per il meglio, lo devo solo a lei. Perciò accetti questo mio piccolo modo per sdebitarmi.”
“Beh…allora, grazie…” disse Shinichi con imbarazzo.
“La famiglia si riunisce nell’ala est per festeggiare, perché non si unisce a noi?”
“La ringrazio molto… ma temo che sarei di troppo. E poi, c’è ancora qualcosa che devo fare…”
“Beh in tal caso, spero di rivederla presto, tantei-san…” si congedò la Inoue.
Shinichi sorrise e, quando la signorina chiuse la porta, rimase solo nella grande sala. Fece qualche passo, estrasse la sua inseparabile lente di ingrandimento ed esclamò.. “E ora…a noi!”


Ed ecco la soluzione del mistero, spero vi siate divertiti a risolverlo insieme a me! ^_^
Ma qualcosa è rimasto in sospeso tra Shinichi e Ran, non vi pare? ; ) Lo scioglimento nell'Epilogo, anche'sso un classico dello stile conaniano. Non perdetelo, nasconde una piccola sorpresa per i fan della serie! Riuscirete a cogliere il riferimento? :)


- redpen
   
 
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