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Autore: Eneri_Mess    02/12/2014    3 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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AVVISO: dalla settimana prossima sposterò l’aggiornamento al GIOVEDÌ!
 
 
 
 
 
Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo IV -
[Incontri Notturni]
 
 
 
 
 
 
Dovevano essere quasi le tre di mattina. L’orizzonte era un’infinita distesa di oscurità in cui non si percepiva dove finisse il mare e iniziasse il cielo. Le stelle si rispecchiavano fulgide nell’acqua immobile come unica fonte di luce, dando un non so ché di romantico all’ambiente.
Sanji, con due tazze fumanti in mano, si richiuse la porta della cucina alle spalle sospirando sconsolato. Il panorama era splendido, ma si era trovato a spartire il turno di guardia con la zucca vuota del suo capitano. La giornata era stata lunga ed estenuante per tutti, e per quanto quella notte potesse essere uno spettacolo accattivante, le tre donzelle della Sunny erano andate a riposare presto.
Senza esitare oltre raggiunse l’albero di mezzana, arrampicandovisi agilmente fino alla coffa, dove lo aspettava un tremante Rufy imbacuccato in un vecchio plaid rosso.
« S-S-Sanji » batté i denti il capitano, vedendolo arrivare. Il biondo scosse la testa, prima di mettergli sotto il naso la tazza di cioccolata calda espressamente richiestagli qualche minuto prima. Rufy parve riprendersi, agguantandola rapido e tracannandone subito un sorso bollente che gli fece prendere un colorito rossastro.
« Scotta! » esclamò senza fiato, la lingua di fuori, guardando il contenuto cremoso della tazza.
« Stupido, che ti aspettavi? » sospirò rassegnato Sanji, sedendosi sul parapetto della coffa a osservare il mare placido e saggiando appena il caffè che si era preparato, riflettendo.
La temperatura era vertiginosamente scesa, tanto che avevano dovuto tirare fuori i cappotti invernali, ma niente che li stupisse, avendo ormai fatto l’abitudine a quei cambi repentini del clima. A seguito di un altro sorso caldo, più moderato, Rufy tornò a parlare:
« Siamo tanto lontani dalla prossima isola? » domandò.
Sanji non replicò subito, scrutando l’orizzonte scuro.
« Che vuoi che ne sappia » rispose. Rimuginò un po’, prima di riprendere: « Ma più passa il tempo e più quei vermi potrebbero allontanarsi, e non abbiamo neanche la certezza che la rotta sia quella giusta »
Rufy lo guardò qualche attimo, tornando poi alla sua cioccolata e finendola in un ultimo caldo sorso che gli lasciò la bocca fumante. Poggiò la tazza in terra, alzandosi e stiracchiandosi sotto lo sguardo interrogativo dubbioso del cuoco.
« Appena lo troveremo gliele faremo pagare tutte » dichiarò il capitano, guardando un punto imprecisato del mare.
Sanji sorrise, alzando la tazza come a brindare per poi buttar giù anche lui l’ultima goccia.
Rufy rise, ma un improvviso e del tutto inaspettato scossone fece traballare con violenza la Sunny, facendo quasi cadere dalla coffa i due uomini. Pochi secondi dopo, e come se niente fosse successo, la nave tornò lentamente a stabilizzarsi, sebbene sia cuoco che capitano rimasero in allerta, ben aggrappati al parapetto, scrutando tutt’intorno.
« Che cos’è stato? »
La più che logica domanda del ragazzo di gomma non ottenne risposta. Sanji era troppo occupato a guardare l’orizzonte calmo, innaturalmente calmo, considerando il violento urto che avevano appena subito, per dare fiato ai suoi pensieri confusi: davanti a loro non c’era nulla.
Per altre due volte il brigantino fu scosso con impeto. Sembrava che nel mare circostante si stessero propagandando onde d’urto provocate da cannonate mancate, ma niente lasciava intendere nemici in agguato, ed era troppo buio per distinguere alcunché lì intorno.
In fine, del tutto inatteso, come del resto gli altri, arrivò un terzo feroce colpo alla fiancata di dritta e i due di vedetta sentirono distintamente il legno scricchiolare.
« Ci hanno colpiti! » strepitò allarmato il capitano, tentando di vedere se la Sunny avesse riportato danni.
« Non ci sono navi in giro » soffiò Sanji, scrutando attentamente l’acqua. « E’ qualcosa che viene da sott- »
Il biondino non ebbe tempo di terminare la frase: fu sbalzato all’indietro dall’ennesima, improvvisa scossa e sbatté dolorosamente la schiena, cacciando diverse colorite imprecazioni.
Rufy, al contrario, allungò il braccio fino alla balaustra del ponte sottostante, approdandoci qualche istante dopo per capire cosa stesse succedendo.
Nello stesso momento irruppero sul ponte di corsa Zoro, Chopper, Brook, Franky e Usopp, quest’ultimo ancora in pigiama insieme all’inseparabile fionda in mano.
« Ma che diavolo succede!? » urlò lo spadaccino prima al capitano e poi al cuoco, che stava scendendo dall’albero maestro il più in fretta possibile.
« Ci stanno a-a-attaccando? » balbettò il cecchino, voltandosi a scatti sia a destra sia a sinistra e mirando a nemici invisibili.
Un barrito si levò dal mare a coprire le voci agitate e la Sunny tremò. L’equipaggio si coprì le orecchie, assordato.
« Sembra un animale ferito » urlò Sanji, cercando di farsi sentire dagli altri.
Ma nessuno lo udì. Quando il grido animalesco si interruppe, tutti si voltarono a tribordo a fissare senza fiato quella che sembrava una gigantesca collina nera appena affiorante dall’acqua. Le mascelle della ciurma franarono a terra e gli occhi schizzarono fuori dalle orbite, mentre le poche rotelle nella testa di ognuno cercavano di dare una spiegazione ammissibile – benché buona parte al limite della fantasia – a quell’enorme massa che li sovrastava.
Un nuovo verso si levò alto, investendo i presenti in pieno come un vento travolgente e dal pungente odore di cibo digerito.
« Vuoi combattere!? » gli urlò contro Zoro, tentando di minacciarlo sguainando le spade.
Imprevisto, un secondo barrito si levò a manca e la Sunny vibrò di nuovo, violentemente, mentre dal mare si ergeva un’altra figura, possente quanto la prima e altrettanto scura. La ciurma rimase paralizzata, chi più chi meno sia dalla paura che dalla sorpresa.
« Si salvi chi puòòò! » gridò Usop tentando di andarsi a nascondere, ma Rufy lo acchiappò per la collottola e lo tirò dalla sua parte, vicino al primo presunto mostro.
A differenza del cecchino, il capitano aveva lo sguardo elettrizzato: e ciò non fu un bell’incoraggiamento per il suo vice.
 
 
 
 
Nami si aggrappò alla libreria evitando di rovinare sul pavimento, mentre la nave si riassestava dopo l’ultima scossa.
« Ma che cavolo stanno combinando quegli stupidi!? » sbraitò inferocita la rossa con gli occhi puntati al soffitto.
« Forse dovremmo andare a controllare » suggerì serafica Robin, comodamente seduta su una delle poltrone della loro cabina con un libro in mano per ingannare il tempo, senza apparentemente preoccuparsi di quello che stava succedendo.
« Quegli idioti dovranno bastare, non ho alcuna intenzione di andare là fuori al gelo! » ribatté la navigatrice, prima che una scossa la cogliesse impreparata, facendole perdere l’equilibrio.
Prontamente, una dozzina di braccia le evitarono una brutta caduta, ma la cartografa si rimise in piedi più nera che mai, inveendo a gran voce contro i suoi inutili compagni.
Mizu, sistemata sul letto, rimase sorpresa da ciò che aveva appena visto.
« I poteri del Frutto del Diavolo… » mormorò, voltandosi verso una Robin sorridente, prima che tutte e tre fossero improvvisamente sbalzate via dai rispettivi posti. Alcuni libri caddero dalle mensole colpendo Nami, che imprecò a denti stretti, rimettendosi all’istante in piedi, il pugno bel alzato e minaccioso.
« GIURO CHE LI BUTTO TUTTI IN MARE! » urlò attorniata da sinistre fiamme. Ma non fece in tempo a mettere a punto i suoi propositi marciando verso la porta della stanza per raggiungere il ponte, che dall’uscita sbucò trafelato il medico di bordo, tremolante come una foglia.
Quando Nami lo vide gli fu subito addosso, gli occhi fiammeggianti.
« Che accidenti succede!? » sbraitò sovrastando gli scricchiolii del brigantino e facendo quasi venire un infarto per la fifa a Chopper, già abbastanza tramortito di suo.
« C’è… c’è… » cercò di dire, ma lo sguardo della compagna lo aveva mandato in paranoia.
Magnanima, Robin mosse appena un braccio e dalle spalle della rossa spuntarono subito un paio di mani che liberarono la giovane renna dalla presa stritolatrice della ragazza e lo lasciarono cadere sul letto, ai piedi di Mizu.
« Cosa succede? » chiese quindi più pacata l’archeologa, le labbra stirate in un sorriso indulgente che riuscì a far smettere la tachicardia al medico, facendolo deglutire e ritrovare un filo di voce.
« C-ci sono dei m-mostri marini… » mormorò spaventato, facendo corrugare più di una fronte.
« Mostri marini? » riecheggiarono Mizu e Robin, mentre Nami riprendeva a inveire contro la massa di cerebrolesi che appestavano la nave.
« E’ possibile che quegli idioti non sappiano occuparsi di nullità simili!? Maledizione, non è la prima volta! Si rammolliscono la notte!? »
Le sue imprecazioni non furono pressoché udite, sovrastate dall’ennesimo barrito, anche se questa volta sembrò impregnato di una nota di dolore che zittì tutti nella cabina. Mentre l’archeologa e la cartografa si scambiavano uno sguardo a fronti corrugate, Mizu spalancò gli occhi riconoscendo improvvisamente quel verso. Il cuore le prese a battere forte.
Gettò a lato le coperte e tentò di mettersi in piedi, appoggiandosi a tutto quello che le capitava sotto mano.
« Mizu che fai!? » intervenne preoccupata Nami, andandole a fianco; Chopper fece lo stesso per sorreggerla, ma la ragazza dai capelli blu puntò decisa alla porta.
« Devo andare fuori! Non devono attaccare Seal! » spiegò trafelata, conficcandosi le unghie nei palmi della mano a ogni scossa di dolore che veniva dalla caviglia e dai punti al fianco.
Nuovamente, le due donne della ciurma si scambiarono un’occhiata rapida, assecondando poi i movimenti dell’infortunata che trascinò di fretta il terzetto sul ponte.
 
 
 
 
La situazione sulla coperta non era delle più rosee, ma qualcuno si stava godendo lo spettacolo.
E quel qualcuno non era Usopp. A furia di supplicare il capitano con i suoi gridolini isterici affinché li tirasse fuori dai guai, alla fine si era lasciato andare a terra sul prato, aggrappato alle caviglie dello stesso, continuando a biascicare insistentemente « moriremo tutti… ». Fra i vergognosi piagnucolii del cecchino, a Zoro stava per venire l’emicrania, visto che non riuscivano ad agire a causa di tutti quegli scossoni subiti di riflesso dalla Sunny per la lotta che si consumava tra le due immense creature.
Gli unici che parevano mantenere abbastanza self-control erano il cuoco e il capitano; ognuno, a modo suo, continuava ad assistere impotente allo scontro dei mostri marini. Rufy al posto degli occhi aveva ormai due luminose stelle e, in antitesi col suo cannoniere, esclamava una trafila di « Fantastico! Incredibile! » con tono sempre crescente.
Sanji, dal canto suo, in piedi sul parapetto e aggrappato a una delle sartie per evitare di finire in mare, stava valutando i danni riportati dalla loro povera nave insieme a Brook, oltre che pensare a come togliersi da quel casino. Franky era sceso di volata al piano dei Docks per controllare i danni. Sembrava che una delle botte iniziali avesse bloccato il meccanismo delle porte scorrevoli e dalle maledizioni che salivano dalla stiva Sanji dedusse che fosse il caso di andare a chiamare Nami e forse tirare fuori i remi, visto che non c’era un filo di vento e i motori probabilmente erano inutilizzabili; ma non fece in tempo a imboccare le scale che una voce sconosciuta e inattesa attirò l’attenzione di tutti.
« Idiota di un maschio in calore! Levati dalle pinne e vai ad importunare qualcun’altra! »
Le sgraziate parole riecheggiarono sulla Sunny e i ragazzi alzarono le fronti corrugate verso il mostro di destra, quello che presumibilmente… aveva parlato.
« Ehi, stupida alga… hai sentito anche tu? » domando tranquillo Sanji, accendendosi una sigaretta senza scollare lo sguardo dalla creatura.
« Non sono sordo, idiota di un cuoco » rispose con lo stesso tono flemmatico lo spadaccino, la mano ancora stretta sull’elsa della Shusui. Nessuno dei due si sprecò a esprimere opinioni di sorta.
« Credo mi sia venuta la pelle d’oca… se avessi la pelle! Yohohohoh »
« Sa anche parlare! » esclamò invece il capitano, la bocca spalancata come un bambino di fronte a una scoperta sconvolgente. « Non è incredibile!? » chiese conferma voltandosi verso gli altri e accecandoli con la sua meraviglia. Nello stesso momento, ancorato alle caviglie del capitano, Usop frignava riguardo all’essere troppo giovane per crepare, di avere ancora così tante cose da fare e posti da visitare, senza così prestare attenzione al fatto che il nemico sapesse parlare. O forse, nella sua visione di fine atroce, quel particolare non era rilevante.
« Non so voi, ma io comincio veramente a seccarmi » riprese Zoro, sfoderando di nuovo una delle sue spade e rimanendo ben fermo dov’era, anche quando il mare si ingrossò di nuovo, sbatacchiando la Sunny come una paperella di plastica in una vasca piena di marmocchi. 
« Non fare troppi danni, marimo. Quell’affare potrebbe essere commestibile » disse pacatamente il cuoco, prendendosi dietro un’imprecazione, mentre si avviava per raggiungere la stanza delle ragazze e avvertire le sue donzelle.
Peccato che le stesse sbucarono sul ponte, spalancando l’uscio con una forza tale da mandare al tappeto il povero biondo.
« Nami-san! Robin-chan! Mia dolcissima ninfa del mare! » esclamò con tono stucchevole e la faccia contusa, veleggiando verso di loro senza prestare la minima attenzione al medico, apparso nella sua forma umana per aiutare Mizu a camminare.
E proprio Mizu, guardatasi subito intorno con agitazione, notò prima il mostro marino a babordo, che ancora ruggiva collerico, poi l’altro a tribordo. Il suo cuore prese a battere rapidamente, riconoscendone la fisionomia.
Non fece però in tempo a gridare il nome della creatura, quando si accorse che sotto di essa, fermo sul ponte con la gamba sinistra poggiata al parapetto, Zoro stava per sferrare un attacco con la spada per fermare definitivamente tutto quel ballare nauseante.
 « Tecnica a una spada » mormorò lo spadaccino, chiudendo un attimo gli occhi, estraniandosi dal mondo e dal coro di voci dei compagni, e spostando con lentezza il peso sulla gamba sinistra per lo slancio. Un attimo dopo puntò lo sguardo sulla sua preda e spiccò un balzo, la mano che stringeva saldamente l’elsa e tutta la sua attenzione rivolta unicamente all’obiettivo.
Qualsiasi cosa stesse dicendo non la terminò mai, o forse i pochi pesci rimasti nei paraggi la udirono, insieme a una serie infinita di imprecazioni che salirono in superficie in tante bollicine.
Quello che si era consumato in un pochi istanti, per uno spettatore esterno sarebbe stato quanto mai assurdo, ma sulla nave Mizu si era portato una mano al cuore nel tentativo di controllarne i battiti convulsi a causa dello spavento preso.
« Grazie Robin… » mormorò, girandosi verso la donna con un debole sorriso. Quella fece spallucce, ma gli altri erano rimasti a fissarle con le bocche spalancate ed espressioni che andavano dall’interrogativo allo sconvolto, dimenticandosi per un momento delle scosse, dei barriti e di tutto il resto.
« Robiiin-san! » gracchiò Brook seguito subito da Usopp, rimessosi miracolosamente in piedi, con il viso ancora inondato di lacrime e il dito che puntava verso il mostro di destra. « Perché diavolo hai fermato Zoro!? Era la nostra unica speranza! » continuò il cecchino, riferendosi alla decina di mani che qualche attimo prima erano spuntate dal corpo dello spadaccino, immobilizzando il suo colpo e facendolo, di conseguenza, piombare in acqua in una maniera poco dignitosa.
L’archeologa incrociò le braccia, esibendo un tranquillo e menefreghista sorriso capace di far venire un colpo apoplettico a Usopp.
« Mizu non avrebbe voluto, a quanto ho capito » spiegò semplicemente, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
« Mizu dovrebbe stare a letto! Sta male! » ribatté il compagno in uno dei suoi intervalli di follia pura dove l’importante era unicamente abbattere i nemici – non per mano sua – e salvare la pelle. Non ebbe neanche il tempo di dire al cuoco di sistemare il mostro che la loro ospite intervenne, reggendosi ancora al medico.
« Seal non farà del male a nessuno! Non è pericolosa! » chiarì la giovane donna, ma la veridicità di quelle parole dovette attendere.
La creatura di babordo, vistasi ignorata, si sentì in dovere di scatenare il finimondo. Con un ultimo grido di battaglia, si immerse all’improvviso creando dei cavalloni anomali che sbatacchiarono l’equipaggio a destra e a manca.
Chopper fece in tempo a prendere fra le braccia Mizu che entrambi finirono contro una delle paratie e il medico, con la sua mole, impedì alla ragazza di ferirsi ulteriormente. Sorte analoga ebbero Nami e Robin tra le mani protettrici del cuoco, che si adoperò al meglio per impedire alle due leggiadre fanciulle di riportare il benché minimo graffio sulle loro candide pelli. Rufy, tiratosi da parte il musicista e il cecchino, preda ormai di una crisi di nervi, si aggrappò all’albero maestro, osservando da lì che anche il secondo mostro, Seal, si stava inabissando.
Ci fu qualche sporadico minuto di silenzio, rotto soltanto dagli scricchiolii della Sunny, ancora battuta da onde per nulla delicate, e dagli sproloqui di Zoro che, fradicio fino al midollo, tornò a bordo con maledizioni di tutti i colori per l’archeologa.
Tempo qualche altro secondo e i ragazzi, indistintamente, avvertirono i loro cuori precipitare all’altezza dei talloni. Senza avere neanche la possibilità di realizzare cosa stesse succedendo, il brigantino si ritrovò a svariati metri di altezza, in bilico su quella che doveva essere la testa di uno dei due mostri.
« Voglio morireee… » la supplica di Usopp si perse nel vento.
Improvvisa com’era cominciata, quella ascesa verso il cielo si trasformò in una discesa repentina e vertiginosa, riecheggiante di grida. La Sunny si ritrovò col vuoto sotto la chiglia nello stesso momento in cui l’essere abnorme che l’aveva trascinata in aria si immerse senza tanti problemi. In fondo, non si era neanche accorto delle persone che si stavano consumando le corde vocali a furia di strillare.
La caduta parve durare un’eternità, ma tre secondi dopo il brigantino riapprodò in mare con un suono di legno e vetro rotto non trascurabile; quello, però, fu l’ultimo dei problemi della ciurma di Cappello di Paglia e della sua ospite. Quasi tutti tremanti e cianotici, si guardarono negli occhi per confermare di essere vivi.
« Voglio rifarlo! »
A esclamare l’eresia fu ovviamente il capitano. Si gustò l’adrenalina in circolo per poco, dato che quando i suoi compagni finirono col pestarlo la sua anima faticò a non lasciare l’amorfo corpo gommoso.
« Non ho intenzione di rimanerci secca! » strepitò imbestialita la navigatrice, ergendosi al centro del ponte con la sua aura più minacciosa. « Sanji, va’ a prendere i remi! Zoro, se uno di quei due cosi si fa di nuovo vivo fallo a fette! »
« Aspetta! » tentò Mizu, rimettendosi dolorosamente in piedi con la testa che girava. « Ascoltami, per favore! Seal, la foca bianca, non è pericolosa! Non so cosa voglia quell’altro mostro, ma lei è innocua! »
Non furono proprio le parole appropriate, specialmente quell’”innocuo”, dopo che tutti avevano rischiato l’osso del collo a causa della battaglia che i due esseri avevano ingaggiato.
La navigatrice però quietò un po’ l’animo, fissando la donna. Poteva anche credere che una delle due creature fosse “amica, ma se restavano lì in mezzo senza far niente sarebbero colati a picco: la nave aveva già subito abbastanza danni e le imprecazioni di Franky che si levavano dalla stiva non annunciavano nulla di buono.
Sospirò pesantemente, raccattando il capitano per la collottola e tirandolo in piedi.
« Ehi, Rufy! Sveglia! » lo schiaffeggiò un paio di volte con poca grazia, finché il ragazzo non si riebbe dal mondo dei semi-morti. « Abbiamo un problema »
Il moretto la guardò con i punti interrogativi che gli danzavano sulla testa.
« Mizu, hai detto che Seal è una… foca bianca, giusto? » chiese conferma la rossa.
L’interpellata annuì a conferma.
Nami si volse verso l’intero gruppo che si era rimesso in piedi senza troppe contusioni; il cuoco tornò dalla stiva con una bracciata di lunghi remi.
« Bene. Se sarà necessario, dovremo andarcene da qui alla svelta prima di finire in fondo al mare a fare compagnia ai pesci » cominciò la navigatrice, togliendosi una ciocca bagnata da davanti al viso. « Accendete tutte le lanterne, abbiamo bisogno di luce per individuare i due mostri. Uno è una foca bianca e non deve essere colpita in alcuna maniera, intesi? » e nell’ordinarlo si girò verso Rufy, che annuì più di una volta, iniziando a scroccarsi le nocche.
Qualche minuto dopo le lucerne che i ragazzi accesero stavano irradiando un bagliore rossiccio per tutta la nave, illuminando le acque che sembravano essersi un po’ chetate.
« Speriamo non rispuntino fuori come poco prima » soppesò Brook accanto alla cartografa. Entrambi erano appoggiati al parapetto e fissavano le onde che si infrangevano contro le fiancate della barca.
Attesero in silenzio, ogni membro della ciurma appostato ai diversi angoli della nave. Qualcuno stava già pensando che tutto si era risolto e che i buoni avevano vinto anche quella volta – senza muovere un dito, tra l’altro – quando l’acqua si fece improvvisamente scura.
« STANNO RIEMERGENDO! » urlò Nami. Tutti si tennero ben stretti a qualcosa e, l’attimo seguente, come la prima volta, uno dei due mostri si erse a tribordo della nave, innaffiandola di pioggia salmastra con un barrito da spaccare i timpani.
« Non è Seal! » gridò Mizu cercando di farsi sentire, tenuta saldamente dal medico vicino all’albero maestro.
« Rufy! » chiamò Nami, ma non ce ne fu bisogno.
Il capitano, fermo in mezzo al ponte, aveva già caricato di svariati metri entrambe le braccia, preparandosi all’attacco.
« Gom Gom… BAZOOKA! »
Sotto lo sguardo incredulo dell’inferma, il moretto, un ghigno sul viso, colpì in pieno il mostro marino, facendolo volare per qualche lega, completamente tramortito.
Le braccia protese tornarono con uno schiocco al loro posto e il ragazzo, tutto contento, poté ritenere conclusa la faccenda.
« Avete visto? I brillanti piani di Capitan Usopp funzionano sempre! Come quella volta che mi trovai ad affrontare… » iniziò giulivo Usopp, mani ai fianchi e occhi alla volta, ma per poco non ricevette la stessa caterva di botte rifilate prima a Rufy.
« Adesso dobbiamo aspettare che venga a galla anche l’altro… » sospirò la navigatrice con una mano sulla fronte. Dopo la lunga giornata di navigazione e le varie preoccupazioni per la situazione di Mizu, passare una notte da incubo, con conseguente mal di testa, le fece sperare che non capitassero altre brutte sorprese. Bagnati fradici e in balia dell’aria gelida della notte sarebbe stato un miracolo se non si fossero ammalati tutti di polmonite.
Intanto, vicino all’albero maestro, Sanji si era adoperato a tirare fuori una delle sdraio per far accomodare la sua ninfa del mare, la cui cera non era delle migliori.
« Ma conosci sul serio un mostro marino? » le chiese sbalordito Chopper, ancora nella sua forma umana. Lei sorrise appena, questa volta con una serenità nuova che nessuno aveva mai visto.
« Sì, è un’amica e con lei viaggia una persona a me molto cara » rispose, osservando il mare in attesa che Seal spuntasse di nuovo. Finalmente avrebbe potuto rivedere un volto famigliare e ciò le diede conforto, come se non fosse più sola.
I compagni di scambiarono uno sguardo interrogativo, ma nessuno fiatò. L’importante era non dover sprecare altre forze per sistemare un’altra di quelle creature: anche se non lo davano a vedere, il giro di giostra imprevisto aveva rivoltato lo stomaco a molti. Non al capitano, di certo, che si era accovacciato sulla balaustra della nave, accanto alle due donne della ciurma, in fervida attesa di rivedere quella mitica creatura parlante.
Poco distante, iniziarono a formarsi delle bolle che andarono via via facendosi sempre più consistenti e grandi.
« Ci siamo » sussurrò l’archeologa, per nulla allarmata, a differenza del cecchino che, come il più degno dei compagni, si era appostato dietro alla schiena del medico assicurandogli che gli avrebbe coperto le spalle.
In un nuovo spruzzo di acqua marina la testa della creatura infranse la superficie, troneggiando in mezzo al mare simile a luna troppo liscia.
« Dove accidenti si è inabissato quel pinnipede esaltato!? »
Esattamente come prima, la creatura parlò. O meglio, gracchiò. Quella scoperta mandò a terra il temerario guerriero degli oceani, Usopp, le mani intrecciate in una nuova raffica di preghiere.
Fra gli sbalordimenti, e il menefreghismo generale di chi già aveva appreso quell’insolita rivelazione, Mizu si fece avanti, pallida ma col sorriso sulle labbra.
« Seal! Kamome Obaachan! Sono io! » gridò con il cuore che batteva, lasciando sbigottiti un po’ tutti, foca bianca extra dimensionata inclusa.
« Mizu!? » schiamazzò la voce misteriosa.
« Obaachan? » si chiese qualcuno sul ponte.
« Per tutte le balene viola! Seal giù la testa, giù la testa! »
A seguito di quelle parole, l’immensa foca bianca chinò docilmente il capo emettendo un verso acuto che ricordava un cagnolino in festa, ben diverso dai ruggiti che aveva lanciato fino a poco prima.
I ragazzi dalla Sunny fissarono la scena incuriositi ma vigili; avevano compreso che a parlare non era la bestia e la domanda che sorgeva spontanea era una: chi diavolo poteva esserci a controllare una creatura simile?
La risposta arrivò con un’accecante luce che investì tutti in pieno, ferendo gli occhi: dopo quasi un’ora passata nel buio quasi completo della notte era come fissare il sole allo zenit.
« Mizu? Mizu!? » chiamò la voce, fattasi un po’ più vicina.
« Obaachan, spegni i fari… non si vede nulla… » pregò la donna, parandosi il viso con una mano in direzione della foca.
Pochi minuti dopo, e strani colpi metallici a seguire, l’intensa luminosità si attenuò, lasciando così ai ragazzi la possibilità di osservare il dorso del mostro marino e la persona che vi ci stava tranquillamente sopra. Una persona dalla fisionomia discutibile. Bizzarra.
Quella che si stava facendo loro incontro era una vecchietta, poco più alta di Chopper in versione mignon, con capelli verdognoli e di una consistenza che ricordava, viscidamente, delle alghe. Il viso era una ragnatela di rughe che rendevano ancora più burbera la piega delle due labbra e indosso aveva una sottospecie di tunica smanicata rosa confetto lunga fino ai piedi, infilati in sandali. Ciò che però attirò più di tutto l’attenzione fu il nido di rametti che aveva per cappello. Un nido con dentro un gabbiano barbuto, a prima vista impagliato tanto era immobile. E forse lo era davvero. Forse.
Fra tutte le paia di occhi che la fissavano, l’anziana Obaachan riconobbe quelli più unici che rari di Mizu. La bocca le si spalancò per la sorpresa di trovarla realmente lì.
« Gabbianella mia! » esclamò, andandole incontro con una velocità piuttosto sostenuta per una persona della sua età. Approdò, dopo uno slancio atletico degno di nota, sul ponte della nave di fronte alla presunta nipote. « Che ci fai qui? Quando ti sei imbarcata? E dov’è Matt? »
Ma l’ospite della Sunny non la stava ascoltando. La guardava e basta, con le lacrime che ancora una volta le stavano inondando i bei lapislazzuli. Qualcosa si era spezzato di nuovo dentro di lei. Qualcosa che sembrava ormai irreparabile, sommerso da emozioni così forti e a cui non riusciva a trovare rimedio. Di fronte alla vecchietta che considerava una nonna, che l’aveva allevata fin da piccola insegnandole tutto sulla sua gente, si lasciò andare.
Mizu cadde in ginocchio, le mani che si strinsero al vestito della vecchia in una morsa spasmodica e iniziò a piangere, a urlare tutta la paura che sentiva dentro.
E Kamome, di fronte a quella reazione straziante, poté solo stringerla e rispondere alle proprie domande ascoltando la sofferenza della sua gabbianella.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Grand Line.
Sabaody, Grove 13. Bar Tispenno.
Giorni dopo.
 
 
 
« Ah, Ray, sei tornato. Dove sei stato? Puzzi di pesce »
« Una storia divertente Shakky… perché non mi versi del rum? »
« Prima vuoi la notizia brutta o quella pessima? »
 
 
 
 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Kamome: dal giap. “gabbiano”.
- Obaachan: dal giap. “nonnina”.
- Seal: dall’inglese “foca”, sempre la mia spiccata fantasia!
- - chan: suffisso informale che si usa principalmente tra ragazze e amici stretti/intimi. Non ho mai capito perché Sanji, più giovane rispetto a Robin, la chiami così… tipo “bambolina” secondo me X3
 
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Spero che, almeno dalle letture, il capitolo 3 vi sia piaciuto! =)
Questo quarto capitolo si colloca ancora una volta tra quelli della prima pubblicazione, e dallo stile (almeno a mio avviso) più “fumettistico” (con occhi fuori dalle orbite e fiamme) si differenzia alquanto… ho cercato di ridargli una forma decente, ma non mi sentivo di cambiarlo più del dovuto. Spero non storciate troppo il naso! E so che per ora la storia è molto descrittiva e lenta! *sgrunt*
 
Grazie, grazie e grazie sempre a Keyra Hanako D Hono e jillianlughnasad per i loro commenti!   
 
 
Noteeeeh:
 
- Kamome Obaachan: anche se Mizu la chiama nonna, non sono parenti di sangue. Tuttavia, anche Kamome è una Figlia del Mare e si prende cura della ragazza fin dall’infanzia, insegnandole tutto quello che sa. Kamome è una girovaga dei mari insieme alla sua foca bianca Seal. Non l’ho ancora descritto, ma sul dorso di Seal è montata una gigantesca conchiglia che fa da “cabina di pilotaggio” a Kamome =D
 
- Frutto del Diavolo: Mizu rimane sorpresa dal potere dei Frutti del Diavolo della ciurma perché, essendo una Figlia del Mare, le è stato insegnato tutto sul “Diavolo del Mare”… ehehehe… moooolto più avanti narrerò anche la sua storia *lovelovelove* Per ora vi basti sapere che in questa storia, chi proviene dal mare, non guarda di buon grado, o almeno non con entusiasmo, i Possessori dei Frutti.  
 
- Rayleigh: citato nel capitolo scorso, eccolo sul finire di questo capitolo *___* È solo uno scambio di battute tra lui e Shakky, non mi sono prolungata nella descrizione perché mi sembrava superfluo… però il più figo (e sbav) Vice Comandante di Gold Roger è in azione *.* Spero di tornare a scrivere presto di lui!
 
- Gabbianella: soprannome che Kamome mutua dal suo nome nel chiamare Mizu =D yeeeeh… *runaway
 
Non mi pare di dover aggiungere altro… questo mese è pieno di lavoro, spero di riuscire a portarmi avanti con i capitoli @.@
*Angolo Pubblicità* Se questo fine settimana vi capita di passare da Bastia Umbra per l’EXPO DEL REGALO venite a cercare I Love Pins nel padiglione dedicato al Giappone, anime, manga, videogiochi…! =D Quattro chiacchiere su One Piece fanno sempre piacere!
 
Blog su Tumblr: [ http://heavenlyeve.tumblr.com/ ] =)
 
Bacioni!
Nene
 
   
 
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