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Autore: _Trilly_    04/12/2014    11 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Pensavo che di quell'affare di stasera potresti occupartene tu.”
Leon, che stava tranquillamente mangiando la sua ciotola di cereali, si irrigidì di colpo a quella frase del padre. Fernando dal canto suo, si pulì le labbra con un tovagliolo, poi tornò a guardare il figlio soddisfatto di essere riuscito ad attirare la sua attenzione. “Allora, figliolo,” riprese, poggiandogli una mano sul braccio. “Che ne dici? È la tua occasione per inserirti in prima linea negli affari di famiglia, così ti conosceranno e capiranno chi dovrà prendere le mie redini in futuro.” L'uomo gli parlava con così tanto orgoglio, quasi gli stesse facendo la proposta più allettante del mondo e probabilmente un tempo anche lui l'avrebbe pensata così, d'altronde aveva sempre considerato suo padre un modello a cui ispirarsi, ma ora erano cambiate tante cose. “Mi aspettavo un po' più di entusiasmo, non so quante volte mi hai chiesto di poterti occupare di qualcosa e ora non dici niente,” aggiunse, scrutandolo attentamente. Leon deglutì, mentre il volto di Violetta attraversava la sua mente. Aveva promesso alla ragazza che sarebbe cambiato, che avrebbe preso una strada diversa rispetto a suo padre, che sarebbe stato una persona onesta e non poteva deluderla. Allo stesso tempo però di fronte a lui c'era suo padre, la sua famiglia, il suo mondo, non poteva deludere nemmeno lui. Perché era tutto così maledettamente difficile? Perché per far felice uno doveva ferire l'altro? Suo padre e Violetta insieme a Lara e Diego, erano le persone più importanti della sua vita e mai avrebbe voluto scegliere tra di loro.
“Allora?” Fernando gli sventolò una mano davanti agli occhi, riportandolo alla realtà. “Dì qualcosa.” Leon guardò l'uomo per alcuni istanti, indeciso sul da farsi. Non voleva più essere immischiato in quel mondo, additato come un delinquente ed evitato e temuto da tutti, voleva essere un giovane come tanti che lavorava e stava con la ragazza che amava, non chiedeva molto, o no? “Papà, io...” Iniziò, ma lui lo interruppe, scuotendo il capo, divertito. “Ho capito, sei così emozionato da non trovare le parole, ma tranquillo, saprai farti valere.” Gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla, scattando poi in piedi. “Ora devo andare, ma più tardi ti spiego tutto. Ah, Leon,” aggiunse, tornando a voltarsi verso il figlio. “Sono orgoglioso di te. Non potrei chiedere un erede migliore.” Leon abbozzò un sorriso, avvertendo un grande calore partire dal cuore e diffondersi in tutto il corpo. Suo padre non era un uomo molto espansivo e sentirsi dire quelle parole aveva un doppio effetto: il massimo della felicità e il massimo della confusione. Per tutta la vita aveva fatto il massimo per ottenere l'approvazione dell'uomo che più ammirava e sapere di essere riuscito ad ottenerla lo inorgogliva enormemente, ma avrebbe continuato ad averla se gli avesse detto che non voleva occuparsi dei suoi affari? E se Fernando fosse rimasto deluso? E se lo avesse odiato? Non voleva perdere suo padre, il solo pensiero lo faceva impazzire. “Ma cos'hai stamattina?” Gli chiese Fernando, accigliato. “Sei sempre così loquace e ora non dici una parola.” Leon sorrise, alzandosi a sua volta. “Hai ragione papà, è che stavo pensando al lavoro che mi ha offerto Pablo e...lascia perdere, sono contento di renderti tanto orgoglioso.” L'uomo annuì, ricambiando il sorriso. “Non mi hai mai deluso e sono sicuro che mai lo farai.”

Non mi hai mai deluso e sono sicuro che mai lo farai. Non mi hai mai deluso e sono sicuro che mai lo farai. Non mi hai mai deluso e sono sicuro che mai lo farai.

Quella frase si ripeté un'infinità di volte nella mente di Leon nel corso delle ore successive e non gli diede pace nemmeno per un attimo. Mai si era sentito tanto turbato, non sapeva cosa fare e non riusciva a concentrarsi su nulla. Proprio per quello, prima di andare allo Studio decise di passare a casa di Violetta. Aveva bisogno di specchiarsi nei suoi occhi e stringersi tra le sue braccia, lei era l'unica che poteva aiutarlo a fare chiarezza, l'unica che lo conosceva davvero. Quando però suonò il campanello, non venne ad aprirgli la ragazza, bensì sua nonna Angelica. La donna subito lo scrutò dall'alto in basso, facendolo sentire come se gli stesse facendo una radiografia integrale. “Ehm...buongiorno, signora,” iniziò, schiarendosi la voce. “C'è Violetta?” Angelica esitò qualche istante, continuando però a fissarlo con espressione critica. Che la tregua che gli aveva concesso fosse già scaduta? Eppure era sicuro di essersi comportato bene, davanti a lei perlomeno lo aveva fatto. “Perché mi guarda così?” Sbottò alla fine, incapace di resistere oltre. Non sapeva spiegarsi perché, ma quella donna gli trasmetteva soggezione. Un lampo attraversò lo sguardo della donna, che si fece improvvisamente seria. “Dimmi la verità, davvero hai trovato un lavoro?” Gli chiese, incrociando le braccia al petto, scettica. “Certo che l'ho trovato,” ribatté Leon, con un sorriso sicuro. “Sono stato assunto come aiutante di Beto allo Studio. Come vede, ho messo la testa a posto.”
“E tuo padre che ne pensa?” Insistette l'anziana, sicura di toccare un tasto dolente. Difatti, quando lo vide irrigidirsi, sogghignò. “Immagino tu non lo abbia informato dei tuoi propositi, non è così?” Leon incassò il colpo, consapevole che la donna fosse nel suo momento di maggiore euforia. Chiaramente aveva finto di accettarlo solo per far tornare Violetta a casa, doveva aspettarselo che l'astio che provava per lui non potesse sparire così in fretta. “Senta signora, so che non le piaccio, ma io ci tengo davvero a sua nipote.”
“Lo so,” annuì Angelica, spiazzandolo a dir poco. “Non sei tu il problema, ma il genere di ambiente da cui provieni,” proseguì, chiudendosi la porta di casa alle spalle e incamminandosi nel grande giardino che circondava la villa, seguita da un confuso Leon. La donna si fermò proprio accanto al cancelletto di legno, guardando distrattamente la strada oltre di esso. “Conosco molto bene quell'ambiente, anche quando credi di esserci uscito ecco che un imprevisto ti ci trascina di nuovo dentro.” La voce di Angelica era bassa, lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava quasi che non stesse parlando con lui, ma con qualcuno che il giovane non riuscisse a vedere e doveva ammettere che la cosa lo inquietasse e affascinasse allo stesso tempo e proprio per quello, non disse una parola lasciando che continuasse. “Quando nasci in un ambiente simile, il tuo destino è già scritto. Puoi convincerti di essere diverso, di poter prendere una strada onesta, ma quel mondo finirà inevitabilmente per travolgerti di nuovo. Violetta è una ragazza innocente e pulita e se sta con te, finirà per essere coinvolta e sai benissimo che ciò o la cambierà o la ucciderà, non ci sono altre strade.”
Leon deglutì, avvertendo come un grosso macigno alla base dello stomaco. Quelle parole. Non credeva fosse possibile, ma quelle parole avevano risvegliato in lui un ricordo lontano, una conversazione origliata per caso quando era solo un bambino e che credeva di aver dimenticato.


Fernando e Miranda erano nello studio dell'uomo. Era notte fonda e i piccoli Leon e Lara erano già a letto, o almeno loro così credevano. Leon infatti, dato che non riusciva a dormire, era uscito dalla sua cameretta per andare nel lettone dei genitori. Non trovandoli, si mise alla loro ricerca, finché non giunse fuori alla porta dello studio del padre e lì si bloccò, avvertendo delle voci piuttosto alterate.
Mi avevi promesso che avresti chiuso con quella gente!” Esclamò infuriata Miranda, facendo rizzare i capelli al piccolo Leon. “Ora hai una moglie e dei figli, non vorrai mica metterci in pericolo?”
Non posso tirarmi indietro Miranda, si tratta di mio padre e dei miei fratelli, devo aiutarli. Vedrai che poi potrò tirarmene fuori definitivamente,” tentò di rassicurarla Fernando. “Si, certo, finché non ti chiederanno un nuovo favore,” ribatté la donna, esasperata. “Lo capisci o no che voglio vivere lontano da quel mondo? I miei bambini non lo devono conoscere mai, non devono restarci incastrati come te. Farò tutto il possibile affinché crescano protetti, amati e soprattutto innocenti. Non si sporcheranno le mani come te, non lo permetterò.”


Leon strinse forte i pugni e socchiuse gli occhi, tornando con la mente alla realtà. Senza poterlo evitare, una lacrima iniziò a scorrergli lungo la guancia. Uno dei pochi ricordi di sua madre era quella famosa conversazione, quella conversazione così distante nel tempo eppure allo stesso tempo così simile a quella tra lui e Angelica. Miranda aveva lottato finché aveva potuto per evitare che lui e Lara venissero coinvolti nei loschi affari di suo padre, ma poi proprio quegli affari le avevano portato via la vita, impedendole di proteggere i suoi figli. Lara in un modo o nell'altro era diventata esattamente come sua madre avrebbe voluto; era una brava ragazza, responsabile, dolce, buona, lui invece no. Leon non si era mai ritrovato a riflettere su quella cosa, forse perché non pensava di ricordare quel discorso di Miranda, o forse semplicemente perché suo padre era sempre stato tutto per lui e di conseguenza non aveva desiderato altro che la sua approvazione. Ricordava che tante volte da ragazzino aveva visto entrare e uscire da casa sua dei loschi individui, ricordava i loro dialoghi e poi le grandi somme di denaro che circolavano tra di loro. A ciò si aggiungevano le parole dei suoi zii e di suo nonno, che nel corso degli anni lo avevano sempre incoraggiato a conquistarsi un suo posto nel mondo. “Tu sei un Vargas, Leon, non sei uno qualsiasi. Lotta per ottenere quello che vuoi, quelli come noi possono tutto.” La prima volta che suo nonno gli aveva detto quelle parole, gli aveva dato dei soldi per comprare del cioccolato, aggiungendo che se avesse fatto bene i suoi calcoli, quei soldi avrebbe potuto usarli un'infinità di volte. Inizialmente, confuso, non aveva capito cosa intendesse e aveva comprato il cioccolato normalmente e così era stato anche nelle volte successive. Aveva circa otto anni quando suo zio Santiago gli mostrò il senso di quella frase, facendo scivolare nella tasca della giacca una barretta di cioccolato. “Così risparmi tanti soldi, nipote,” gli aveva detto, strizzandogli l'occhio. Ricordava perfettamente lo shock che aveva attraversato la sua mente e la paura matta di essere scoperto le prime volte che aveva rubato qualcosa, poi tutto era divenuto quasi naturale e dal cioccolato era passato a cose sempre più grandi e costose. Nel giro di un anno era cambiato radicalmente, rubava, marinava la scuola, era minaccioso e aggressivo con i più deboli. Quante volte era finito in presidenza perché insieme alla sua gang aveva picchiato o umiliato qualcuno? Così tante che aveva perso il conto e forse era un bene, perché altrimenti sarebbe stato perseguitato dagli incubi. Fino ai quindici-sedici anni, ne aveva combinate di cotte e di crude, era sempre in strada, fumava, beveva, rubava cellulari, scarpe o addirittura moto e poi c'erano le gare clandestine di motocross, le serate in discoteca tra alcool, droga e un numero spropositato di ragazze, tutto questo finché non aveva conosciuto Violetta. Inizialmente l'aveva sempre vista come la cugina del suo migliore amico, quella ragazzina da proteggere e da tenere d'occhio, poi da un giorno all'altro si era riscoperto a fissarla e a pensarla e ogni certezza era stata messa in discussione. Angelica aveva ragione, lui stava trascinando Violetta nel suo mondo sporco sempre di più. Prima erano solo ragazzini, ma ora stavano crescendo, ora le cose si facevano serie e la proposta di suo padre lo confermava. Se lo stesso Fernando ai suoi tempi non era riuscito a tirarsene fuori e addirittura aveva perso la donna che amava, come poteva lui proteggere se stesso e soprattutto Violetta? Le scelte sbagliate di suo padre gli avevano portato via sua madre e se fosse accaduto lo stesso alla Castillo? Rabbrividì al solo pensiero. Non poteva permettere che le succedesse qualcosa per colpa sua, doveva proteggerla come Fernando non era riuscito con Miranda. Incrociò lo sguardo amareggiato di Angelica e finalmente riuscì a comprendere il punto di vista della donna. Violetta era tutto ciò che le restava di sua figlia Maria e non poteva portagliela via in quella maniera. La preferiva viva e al sicuro, piuttosto che spaventata e sempre in pericolo di vita e l'unico modo era allontanarsi da lei. “Mi dispiace doverti dire queste cose,” riprese l'anziana donna, poggiandogli una mano sul braccio. “Violetta è tutto quello che ho e non mi perdonerei mai se le succedesse qualcosa di brutto.” Leon annuì, abbassando poi lo sguardo sulle sue scarpe. Doveva fare la cosa giusta per la ragazza che amava, doveva proteggerla da quel mondo maledetto di cui faceva parte. La sua anima era troppo buona e pura, non poteva permettere che si contaminasse come la sua o che peggio gliela portassero via com'era accaduto a sua madre, Violetta meritava di vivere e di essere felice, lei più di tutti. “Voglio solo che lei sia felice,” riuscì a sussurrare e con la coda dell'occhio, gli sembrò di vedere dispiacere oltre che sollievo negli occhi di Angelica. Forse aveva sempre sbagliato, forse quella donna non lo odiava davvero e tutto ciò che aveva fatto era stato per il bene di Violetta, un bene a cui anche lui avrebbe dovuto pensare sin dall'inizio anziché anteporvi il proprio egoismo. Con quella convinzione se ne andò, consapevole per la prima volta in vita sua di star facendo qualcosa che non fosse per il suo benessere personale e nonostante l'immenso dolore che ora albergava nel suo cuore, non poteva fare a meno di sentirsi una persona un po' meno orribile.



Quando Pablo tornò a casa quella sera, non poteva minimamente immaginare della brutta sorpresa che lo attendesse. Angie infatti, da diversi minuti camminava avanti e indietro per la cucina, in attesa che il marito tornasse dallo Studio. Al rumore della porta che sbatteva, seguito dai passi dell'uomo, ella si bloccò di colpo facendo fatica a mantenere la calma.
“Angie, amore, sono tornato,” sorrise allegramente Pablo, raggiungendola in cucina. “Come hai passato la giornata? Ho provato a ch...” s'interruppe di colpo, rendendosi conto che Angie lo stesse decisamente fulminando con lo sguardo. “Tutto bene?”
“E ME LO CHIEDI PURE?” Sbottò lei, furiosa, facendolo sobbalzare per quell'urlo improvviso. “Mi hai mentito, Pablo Galindo! Come hai potuto?”
Lui corrugò le sopracciglia, confuso. “Di che parli, non capisco,” ammise, grattandosi nervosamente il capo. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Pablo era sicuro che sarebbe già stato steso sul pavimento in fin di vita visto il modo in cui sua moglie lo stava guardando. “TUO FIGLIO!” Urlò ancora la donna, prendendo un secchio da vicino alla lavatrice e mettendoglielo sotto il naso. “Sono i vestiti di Diego,” spiegò, prendendo dal secchio una t-shirt e un paio di jeans. “Li ho trovati ammucchiati sotto al suo letto e guarda caso, puzzano di alcool e fumo. Ne sai qualcosa?”
Pablo sgranò gli occhi, assumendo la tonalità di un cadavere. Dovevano essere i vestiti che Diego indossava quella famosa sera in cui si era ubriacato, sera che aveva fatto di tutto per nascondere a sua moglie. “Io...ehm, non so Angie, forse...” provò a dire, ma lei lo interruppe, posando il secchio e agitandogli l'indice davanti agli occhi. “Non ci provare a rifilarmi un'altra bugia, ho incontrato la signora Garcia, stamattina!”
Bastò quella frase a convincere Pablo di essere nei guai. La signora Garcia era un'anziana signora che abitava al piano sotto al loro, famosa per essere una grande pettegola e per conoscere ogni singolo movimento di coloro che abitavano nella sua visuale. Sicuramente la donna doveva aver visto lui e Diego e lo aveva riportato ad Angie, aggiungendo magari anche come fossero vestiti. “Hai coperto tuo figlio ubriaco? Lo hai fatto, Pablo?” Riprese la bionda, agitando le braccia, fuori di se. “Ma ti è dato di volta il cervello? Hai dimenticato i problemi che ha avuto Diego in passato? Vuoi che finisca di nuovo in carcere?”
Pablo non disse una parola, limitandosi ad osservarla mentre girava come una trottola impazzita per la cucina. “Me lo sentivo che mi nascondevi qualcosa, ma non credevo potessi fare una simile sciocchezza!” Continuò, iniziando a lavare freneticamente i piatti.
“Angie, ascoltami per favore,” provò l'uomo, avvicinandosi di qualche passo. “Diego ha sbagliato e gliel'ho detto, ma cerca di capirlo. Si è innamorato per la prima volta e ha dovuto rinunciarci, è normale che ora stia male e...”
“MA CERTO, è NORMALE CHE QUANDO UNO STIA MALE SI UBRIACHI, VERO PABLO?” Strillò la bionda, gettando un piatto grondante di schiuma sul pavimento e provocando un forte schianto, che lo fece sobbalzare. I pezzi di ceramica e le bolle di schiuma schizzarono dovunque. “SONO TUA MOGLIE! MI DEVI CONSULTARE PRIMA DI COMMETTERE UNA SCHIOCCHEZZA! DOVEVI DIRMI CHE DIEGO FOSSE UBRIACO! DOVEVI PUNIRLO E INVECE GLI PERMETTI DI FARE Ciò CHE VUOLE! CHE RAZZA DI PADRE SEI?”
“Un padre che si preoccupa per suo figlio,” riuscì a mormorare l'uomo, quando finalmente le urla di Angie cessarono. “In passato si è lasciato condizionare da cattive compagnie, ma ora ha un motivo serio e...”
“SEI UN DECEREBRATO, PABLO! DEVI SMETTERLA DI FARE SCIOCCHEZZE SENZA CONSULTARMI! HAI IDEA DI COME SGHIGNAZZAVA QUELLA CORNACCHIA DELLA SIGNORA GARCIA QUANDO HA CAPITO CHE NON SAPESSI NIENTE?” La Saramego si infiammò di nuovo di colpo, spintonandolo così forte da farlo barcollare. “E per chiudere in bellezza, ho sentito Beto oggi pomeriggio e sai che mi ha detto?” Pablo deglutì, capendo immediatamente quali parole sarebbero seguite. “Mi ha detto che è molto soddisfatto dell'aiutante che gli hai trovato. QUANDO AVEVI INTENZIONE DI DIRMI CHE HAI DATO UN LAVORO A LEON VARGAS?”
“Angie, io...posso spiegarti...” iniziò l'uomo, ma lei lo interruppe. “Non hai fatto altro che mentirmi ultimamente! IO TI AMMAZZO!” Una Angie fuori di se, recuperò un altro piatto dal lavandino, ma anziché lanciarlo sul pavimento come il precedente, glielo tirò contro e Pablo dovette fare un salto di lato per evitare che lo centrasse in piena fronte. Il piatto così si schiantò contro la parete alle sue spalle, frantumandosi in mille pezzi, che schizzarono in ogni dove. “Ma sei impazzita?” Sbottò, incredulo. Non era la prima volta che sua moglie lanciasse piatti per sfogare la sua rabbia, ma mai aveva tentato di colpirlo volutamente. Ora che ci pensava, mai l'aveva vista così furiosa. “Te lo avrei detto proprio stasera di Leon, me lo ha chiesto Violetta perché lui non riusciva a trovare lavoro.”
Angie rise, incredula. “Certo, nemmeno per un attimo hai pensato di consultarti con tua moglie prima di prendere una decisione simile. Ma dico io, il mio parere non conta nulla? Si tratta di mia nipote, Pablo, mia nipote! Dovevi dirmelo e poi decidere insieme! Questo fanno le persone normali!” La donna fece per prendere un altro piatto, ma Galindo le ostruì la strada. “Angie per favore, ascoltami.” La prese per le spalle, costringendola a fermarsi e a guardarlo negli occhi. “Hai ragione, avrei dovuto dirtelo, ma in quel momento ho pensato che Leon meritasse fiducia. Si sta comportando bene e anche tua madre lo ha riconosciuto.”
“Non mi interessa!” Ribattè lei, liberandosi dalla sua stretta con stizza. “Dovevi parlarne prima con me e non agire come se non avessi una moglie. SEI UN DECEREBRATO!” Lo spinse di lato, uscendo poi dalla cucina a grandi falcate e lui la seguì. “Smettila di urlare e di insultarmi e fermati, mi stai facendo girare la testa,” sbottò, costringendola a voltarsi al centro del salotto. “E tu mi fai saltare i nervi! Offri un lavoro a Leon Vargas e copri tuo figlio ubriaco! Due con un solo colpo, complimenti!” Applaudì ironicamente, facendogli ruotare gli occhi. “Leon sta cambiando e lo sta dimostrando. Per quanto riguarda Diego, te l'ho già spiegato. Nostro figlio ha fatto la cosa giusta, ma sai quanto sono complicate le questioni di cuore.”
Non lo avesse mai detto. Angie infatti si fece tutta rossa per la rabbia e gli rivolse una delle sue occhiate raggelanti. “Non ci credo, lo stai difendendo! Diego ha baciato la ragazza di Marco e anche lui è tuo figlio, lo hai dimenticato?”
Pablo sospirò, passandosi nervosamente una mano nei capelli. “Non lo sto difendendo, sto solo cercando di farti capire il motivo del suo comportamento. Sa di aver sbagliato e sta facendo del suo meglio per andare avanti,” tentò di spiegarle con la sua solita calma, ma lei scosse la testa, imperterrita. “Questo non significa che puoi fargliela passare liscia ogni volta, potrebbe approfittarsene per fare ciò che gli pare e lo stesso vale per Vargas!”
“Angie...”
“Angie niente!” Strillò Angie, agitando le braccia. “SE NON LO AVESSI SCOPERTO, NON MI AVRESTI DETTO DI DIEGO E NON PROVARE A MENTIRMI! MAGARI POI AVREI DOVUTO TROVARMELO DI FRONTE DOMANI PER SAPERE CHE AVEVI DATO UN LAVORO A VARGAS! VERGOGNATI!” Prima che Pablo potesse ribattere, la bionda corse in camera da letto, per poi tornare con un cuscino e una coperta. “Tu dormi sul divano stasera, non ti voglio nel mio letto, mi sono spiegata?”
Sconvolto, Galindo tentò di farla ragionare, ma lei scongiurò ogni tentativo urlando ancora più forte, fino a chiudersi in camera, sbattendo forte la porta. A quel punto Pablo dovette arrendersi, sedendosi sul divano e prendendosi la testa tra le mani. Quella volta l'aveva fatta grossa, ne era consapevole, ma che ci poteva fare se non poteva fare a meno di aiutare gli altri?



“Non so se è una buona idea,” mormorò Francesca, scuotendo energicamente il capo. La ragazza era seduta sul bordo del suo letto in compagnia di Violetta, Camilla e Luca e quest'ultimo le aveva appena fatto una proposta che lei considerava assurda.
“E perché mai?” Chiese il giovane Cauviglia, confuso. “Ho bisogno di una cantante per delle serate al locale e tu sei una cantante.”
“Luca ha ragione,” concordò Violetta, sedendosi accanto a lei e circondandole le spalle con un braccio. “è da quando hai lasciato lo Studio che non canti più e sappiamo quanto ti manca.”
Camilla annuì, prendendo posto dall'altro lato di Francesca. “Hai bisogno di distrarti, di tornare a sorridere e questa è una grande occasione per te.”
Francesca guardò uno ad uno le amiche e il fratello, considerando i pro e i contro. In effetti non aveva nulla da perdere, cosa c'era di male se cantava nel locale di suo fratello qualche sera? Magari qualcuno la notava e poteva lo stesso provare a realizzare il suo sogno, in fondo tutto era possibile e se non rischiava non poteva mai avere alcuna possibilità. “Va bene,” annuì alla fine, facendo esultare i tre, che l'abbracciarono entusiasti. “Prepara una scaletta di canzoni, sorellina e poi fammela avere,” sorrise Luca, scompigliandole teneramente i capelli.
“Se poi servono un batterista o un chitarrista, sono sicura che Seba e Leon saranno disponibili, no?” Continuò Camilla rivolgendosi a Violetta, che annuì. “A Leon farà molto piacere, anzi ora lo chiamo e glielo chiedo.”
“Perfetto!” Esclamò il ragazzo, entusiasta, recuperando poi la giacca da una sedia. “Ora devo andare al locale, raggiungetemi con i ragazzi appena potete così possiamo iniziare le prove.”
Appena Luca se ne andò, Violetta e Camilla andarono nelle stanze accanto per chiamare i loro fidanzati per avere conferma, lasciando da sola Francesca a scegliere la scaletta delle canzoni. La ragazza prese una cartellina rossa da un cassetto della sua scrivania e ne estrasse degli spartiti e dei testi che aveva scritto. Li scorse distrattamente, chiedendosi quali potessero essere le più adatte. Quando però si ritrovò tra le mani il testo di “Euforia”, si bloccò di colpo e il foglio le sfuggì di mano. Inevitabilmente la sua mente le rievocò il momento in cui lei e Diego avevano cantato quella canzone, le loro voci che si sovrapponevano, gli sguardi fissi l'uno nell'altro, i sorrisi che si scambiavano...semplicemente loro due. A quel ricordo se ne aggiunsero poi altri, sembrava quasi che la sua mente le stesse proiettando le scene di un film, dalle più belle alle più brutte, solo che mentre i film avevano un finale, il suo sembrava incompleto come se la pellicola si fosse danneggiata e di conseguenza restava solo il nulla. Quasi senza rendersene conto, una lacrima iniziò a scorrerle lungo la guancia. Stava facendo del suo meglio per dimenticare Diego, per riprendere in mano le redini della sua vita, ma tutto la riportava costantemente a lui. Ogni volta che chiudeva gli occhi, i momenti passati con il ragazzo, quando ancora non riusciva ad accettare i suoi sentimenti, le attraversavano la mente, accompagnati da quelle forti e incontrollabili emozioni che solo lui era in grado di suscitarle. A volte, anche in pieno giorno, le sembrava quasi di avvertire la sua presenza alle sue spalle, il suo respiro sul collo, la sua voce sussurrarle all'orecchio e poi le sue forti braccia che la stringevano a se, trasmettendole tutto il loro calore. Si rendeva conto che si stesse facendo cullare da quelle che erano patetiche illusioni, che mai avrebbe avuto l'amore di Diego, ma né la sua mente e né il suo cuore ne volevano sapere di tornare con i piedi per terra, erano proprio quelle fantasie infatti che le permettevano di andare avanti. Ogni mattina si svegliava e affrontava la giornata, consapevole che poi sarebbe giunta la notte e sarebbe potuta tornare nel suo mondo fantastico, un mondo che esisteva solo nella sua testa. Tutto era così deprimente, patetico quasi e in fondo Francesca si considerava proprio così. Non aveva più desideri o aspirazioni per cui lottare, si sentiva come un corpo vuoto che agiva solo per abitudine e con il passare dei giorni la situazione non migliorava. Probabilmente suo fratello le aveva proposto di cantare al Restò Band proprio per quello, voleva darle un motivo per ricominciare daccapo, le stava insomma tendendo la mano e non poteva rifiutarla, doveva permettere a lui e alle sue amiche di aiutarla. Con quel pensiero, raccolse il foglio e lo ripose nella cartellina, tornando a scegliere le canzoni. Tutte, le avrebbe cantate anche tutte ma assolutamente no quella, non sarebbe mai stata in grado di cantarla, almeno per il momento poi in futuro chissà.
Camilla nel frattempo, dopo aver parlato con Seba, che le aveva confermato la sua presenza al locale, si era fermata sul ciglio della porta ad osservare l'amica. Anche la persona più distratta del mondo avrebbe intuito che Francesca stesse ancora soffrendo per Diego e non poteva fare a meno di avvertire un colpo al cuore. Avrebbe tanto voluto cancellarle quello sguardo triste e vederla felice e innamorata come lei e Violetta, ma sapeva che non fosse possibile. Riprendere a cantare avrebbe sicuramente fatto sentire meglio la ragazza, che concentrandosi sulla sua grande passione avrebbe messo da parte il dolore, ma appunto sarebbe stata una situazione solo momentanea; le ferite causate dall'amore erano le più difficili da rimarginarsi e purtroppo Camilla lo sapeva molto bene.
“Camilla.” Violetta l'affiancò, ma diversamente da come la Torres si aspettava, era stranamente pensierosa e non faceva altro che armeggiare con il cellulare. “Qualcosa non va?” Le chiese perciò, preoccupata. La Castillo sospirò. “Non lo so Cami, non lo so. Leon non mi risponde,” spiegò, agitando nervosamente le braccia. “Non è da lui, normalmente mi risponderebbe anche in piena notte. Deve essere successo qualcosa.” Iniziò a camminare nervosamente per il corridoio, attirando anche l'attenzione di Francesca, che ora la fissava accigliata. “Ora che ci penso, sono diverse ore che non lo sento. Seba ti ha detto nulla?” Aggiunse, rivolgendosi a Camilla, che scosse il capo. “No, Seba è allo Studio con gli altri ma non ha proprio nominato Leon. Se vuoi lo chiamo e glielo chiedo.”
Violetta annuì. “Grazie Cami, mi faresti un gran favore.” La Torres sorrise, prendendo subito il cellulare per chiamare Seba, mentre Francesca si avvicinò alla Castillo e l'abbracciò. “Tranquilla, vedrai che Leon ti chiamerà presto e avrà un'ottima spiegazione.”
“Mi fido di lui, però è tutto così strano,” spiegò Violetta, sciogliendo l'abbraccio così da poterla guardare negli occhi. “Leon non è il tipo che dimentica il cellulare o cose simili.”
La mora fece per ribattere, ma proprio in quel momento ritornò Camilla. “Seba mi ha detto che non lo ha visto né sentito,” mormorò, affranta. “Mi ha promesso però che proverà anche lui a contattarlo,” aggiunse con fare rassicurante.
Violetta annuì, sedendosi sul letto e mandando al fidanzato l'ennesimo messaggio. “Se non si fa sentire entro stasera, vado a cercarlo fino a casa.”
“E noi ti accompagniamo,” promise Camilla, sedendosi accanto a lei. “Lo cercheremo anche in capo al mondo.”
“Perché non chiami Diego?” Buttò lì Francesca, facendo sgranare gli occhi alle amiche, che proprio non si aspettavano avrebbe nominato Galindo. “Lui e Leon sono tanto amici, magari sa dov'è,” spiegò la ragazza con fare ovvio.
“In effetti Fran ha ragione,” concordò la rossa, mentre Violetta iniziava a scorrere in rubrica alla ricerca del numero del cugino. “Che stupida a non pensarci, grazie ragazze,” sorrise alle due. La ragazza provò diverse volte, ma incredibilmente il cellulare di Diego risultava spento. “Assurdo! Non lo ha mai spento in vita sua e ora lo fa?” Gettò il cellulare sul letto con stizza, prendendosi poi la testa tra le mani. “Quei due mi manderanno al manicomio prima o poi, ne sono sicura.” Nonostante Francesca e Camilla facessero di tutto per rassicurarla, il sesto senso continuava a mettere in allarme la Castillo. Cos'era accaduto a Leon?




Non ammazzatemi, non ho avuto scelta che concludere il capitolo con la presunta sparizione di Leon. L'improvvisa proposta di Fernando, il confronto con Angelica e alcuni flashback del passato, hanno fatto riflettere molto il ragazzo che sembra aver compreso il punto di vista della nonna di Vilu e non solo, pare aver deciso di prendere le distanze da lei :( ma sarà così? Nel frattempo, come aveva ipotizzato Syontai, le scelte di Pablo scatenano la furia di Angie, che ha completamente perso il controllo 0.0 in tutto questo, Luca ha un'idea geniale per risollevare Francesca dalla sua apatia, anche se il pensiero di Diego non abbandona la sua mente :( Ringrazio tutti coloro che seguono e recensiscono la storia :3
un bacio <3



 
  
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