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Autore: Cecily Jean Lovegood    04/12/2014    4 recensioni
La mia storia parla della fondazione di Hogwarts. Ho voluto approfondire questo aspetto su cui la storia di Harry Potter non si dilunga molto provando ad immaginare come sia avvenuta la nascita di questa leggendaria scuola di magia e qualche vicenda personale riguardante i quattro mitici fondatori.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tassorosso, Tosca Tassorosso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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DODICESIMO CAPITOLO
LA VERA NATURA DI SALAZAR SLYTHERIN
 
Dopo il tradimento di Godric la vita al castello non era cambiata se non per Priscilla, la quale soffriva moltissimo. Ciò che le procurava più dolore era il vedere continuamente Godric senza più essere sua moglie. Ogni volta che lo guardava negli occhi vedeva tutto quello che avevano vissuto insieme. Ormai però, quegli occhi erano irrimediabilmente privi della luce che li aveva animati quando per la prima volta si erano posati su Priscilla. In lei non vedevano altro che un’estranea, o meglio, una collega con la quale intrattenere solo rapporti professionali. Spesso si chiedeva come fosse potuto succedere, come lei stessa fosse riuscita a cancellare con un tocco di bacchetta la vita che lei e Godric avevano costruito insieme. Poi, però, si rispondeva che l’aveva fatto per un obiettivo più grande, affinchè tra i fondatori regnasse sempre la pace e la crisi del loro rapporto non si ripercuotesse sull’andamento della scuola. Era meglio che fosse una sola persona a soffrire, sebbene quella che lo meritava di meno, piuttosto che coinvolgere nel loro malumore altri che non c’entravano nulla. Gli sforzi di Priscilla, però, non poterono evitare che ci fossero altri dissapori, dovuti questa volta allo Smistamento degli studenti. Salazar e Godric, infatti avevano già discusso in passato dei criteri di scelta degli studenti e mentre Godric sosteneva la necessità di ammettere nella sua Casa maghi provenienti da qualunque famiglia purchè rispondessero ai requisiti da lui richiesti (coraggio e cavalleria), Salazar era disposto ad accettare solo studenti che appartenevano a famiglie magiche. Un giorno di fine estate, mentre i quattro erano riuniti per organizzare il nuovo anno scolastico, l’argomento riemerse da una frecciatina di Godric che disse: “Quest’anno ti andrà male caro Salazar, abbiamo pochi giovani iscritti provenienti da famiglie famose,temo proprio che la tua Casa rimarrà senza studenti.” La battuta non venne accolta con favore da Salazar, che replicò: “Saranno pochi, ma validi a differenza dei tuoi Godric”
“Devo ricordarti chi ha vinto l’ultima coppa delle Case?” Replicò Godric scaldandosi
“Non c’è bisogno di raccontarmi quel che so già e cioè che i tuoi studenti hanno vinto grazie ai tuoi favoritismi e alla tua malsana abitudine di togliere punti agli Slytherin in modo sconsiderato.”
“Ah sì? E come la mettiamo con Abraham Goldings, che ha avuto i voti migliori della scuola?”
“Solo perché il mio Jonathan Parkinson è stato punito da te affinché non battesse Goldings.”
“Parkinson è un ragazzo spregevole, come tutti gli altri tuoi studenti, non pensa ad altri che a sé e l’unica cosa che conta per lui è tirarsi fuori dai guai sempre e comunque senza preoccuparsi degli altri.”
“Beh, in fondo è questo che insegniamo loro no? A sapersela cavare con la propria magia, è compito loro essere in grado di difendersi dagli altri e gli unici che in questa scuola sono in grado di fare questo a quanto pare sono i miei studenti, cioè solo quelli che hanno origini magiche.”
“Tu quindi vorresti dire che solo chi ha origini magiche è in grado di compiere magie come si deve?” Chiese Godric alzandosi
“Io credo semplicemente” rispose Salazar con una smorfia maligna sul volto “Che solo chi proviene da una famiglia magica sia degno di tramandare le nobili arti della magia. Se noi insegniamo la magia anche a certi figli di babbani che ho visto frequentare questa scuola arriveremo a creare una società di maghi mediocri, che invece di difendere la propria magia come un dono prezioso si mescoleranno ai babbani arrivando perfino a dimenticare di possederla!”
“Cosa proponi dunque?” Chiese Godric ormai al limite della sopportazione
“ Di essere più selettivi nella scelta degli studenti. Di ammettere solo chi abbia una discendenza magica di almeno una generazione.”
“ E di Tosca cosa mi dici? Non è forse una valida strega lei? Non ha contribuito a creare questo tempio di magia dove la nobile arte magica si tramanda?”
“ Sinceramente mi aspettavo di più da questa scuola. Credevo che avremmo creato qualcosa di più grandioso, di più nobile. Pensavo che non avremmo permesso a chiunque di accedere agli insegnamenti, ma solo a chi lo meritava davvero, a chi dimostrava di possedere la dignità di questo privilegio. Invece anche certa feccia babbana frequenta le lezioni e ha gli stessi privilegi di chi ha origini antiche e nobili. Non mi riferisco a Tosca, lei ha dimostrato di essere una strega valorosa, ma a molti studenti che ho visto studiare qui.”
“Non erano questi i nostri propositi quando abbiamo fondato la scuola. Avevamo detto che avremmo permesso a tutti i giovani maghi di accedere all’insegnamento della magia e che avremmo dato a tutti le stesse possibilità. Priscilla, Tosca, voi cosa ne pensate?”
“Io” disse timidamente Tosca: “Credo che un mago di origine babbana non sia diverso da un mago normale, credo che abbia le stesse capacità di qualunque altro mago e come tale debba essere trattato.”
“Concordo pienamente con Tosca” disse Priscilla, rimasta silenziosa fino a quel momento, consapevole che il divario tra Godric e Salazar non poteva essere colmato, che tra loro si era appena insediato il demone della discordia creando una spaccatura senza precedenti.
Godric e Salazar continuarono a discutere, ognuno irremovibile sulle proprie posizioni. Salazar non smetteva di ribadire la necessità di ammettere solo i discendenti di famiglie magiche, poiché solo loro erano degni di studiare le arti magiche. Godric non si lasciava persuadere dagli argomenti dell’altro, ripetendo che tutti i maghi erano uguali e avevano lo stesso diritto di imparare, perché il dono della magia e le qualità erano valide tanto in un nobile quanto in un figlio di babbano. Quando la situazione si era fatta talmente tesa che avrebbe potuto essere tagliata con un grissino, dopo che anche Priscilla e Tosca ebbero preso parte alla discussione, Salazar si alzò proferendo queste parole: “Bene, vedo che la pensate tutti diversamente da me. Ho tollerato questa situazione per anni, ma ora non posso più accettare di vedere le arti magiche così brutalmente calpestate.” Con queste parole lasciò la stanza. Gli altri tre rimasero attoniti. Dopo un attimo di sgomento, Tosca si alzò e corse fuori dalla porta chiamando Salazar a gran voce, ma ormai lui era già lontano. Arrivò al portone del castello e lo vide in lontananza mentre correva fuori dai confini del castello per potersi smaterializzare. Pioveva. Tosca guardò Salazar allontanarsi con la pioggia che gli bagnava i capelli neri e gocciolava sulle sue spalle. Provò a chiamarlo ma lui non rispose. Così Tosca si abbandonò contro i battenti del portone di quercia e cominciò a piangere. Lasciò che le lacrime le scorressero lungo il viso senza asciugarle. Perché quell’uomo, andandosene non solo aveva lasciato un vuoto tra loro quattro, ma anche e soprattutto nel suo cuore. Aveva portato con sé tutte le sue speranze di poter un giorno vivere al suo fianco non solo come collega ma anche come amica, confidente, come moglie e madre dei suoi figli. Ora Tosca, oltre a non avere più vicino a sé l’uomo che amava era consapevole di come lui l’aveva sempre considerata, inferiore a Priscilla e a Godric, inferiore a lui stesso, una semplice figlia di babbani.
 
Pioveva. Salazar era ormai lontano. Si fermò un momento a guardare indietro e vide il castello svettare sulla sommità della collina. Quante speranze aveva riposto in quel luogo così maestoso e pieno di magia! Speranze che erano state calpestate da delle ideologie sbagliate. L’uguaglianza tra i maghi, bah. Lui non ci aveva mai creduto. Comunque non era il momento dei ripensamenti. Ormai aveva abbandonato per sempre quel luogo e non aveva certo intenzione di farvi ritorno da sconfitto per implorare il perdono degli altri. Non aveva rimpianti. Anche perché gli anni che aveva trascorso al castello non sarebbero andati sprecati. Aveva portato a termine la sua opera a cui aveva lavorato per tanto tempo proprio qualche giorno prima, poiché aveva intravisto la possibilità di una partenza improvvisa. Aveva costruito la Camera dei Segreti. Era una stanza molto oscura, che era riuscito a nascondere abilmente in un bagno e in cui aveva introdotto un uovo di Basilisco. Un giorno, quando il suo vero Erede fosse giunto al castello, sarebbe stato in grado di aprire la Camera e sguinzagliare il Basilisco contro i figli di babbani per purificare finalmente il castello da quella feccia. Naturalmente il suo Erede avrebbe avuto il suo medesimo dono, un dono che gli altri tre non avevano mai scoperto. Sarebbe stato Rettilofono, e avrebbe potuto controllare il Re dei serpenti. Ripercorse questo piano e si complimentò con se stesso per la sua astuzia. No, non era proprio il caso di avere rimpianti. Addio Hogwarts!
 
   
 
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