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Autore: bacionero    08/12/2014    6 recensioni
Candice si ritrova ad abitare nuovamente a villa Andrew. E' lontana da anni dal suo Terry ma qualcosa potrebbe riavvicinarli...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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-No, non posso crederci! Miss  Funerale resterà altri quattro giorni qui da noi!- Aveva borbottato Archie  all’udire la notizia direttamente dalla bocca di Albert, il quale aveva  poi deciso di prendere il  suo caffè nello studio con George, il  suo fedele collaboratore atteso a breve.

Archie e Candy erano rimasti in salotto, come era abitudine dopo pranzo.

-Non parlare così di Susanna, Archie-lo ammonì la ragazza versandogli il caffè- e poi come fai a chiamarla in questo modo se non l’hai neanche vista?

-Sì che l’ho vista,  ho assistito alla scena madre del suo arrivo  proprio da qui, da questo salotto, con la porta socchiusa quanto bastava.

-Archie, sei sempre il solito…per te due cucchiaini di zucchero, giusto?

-Sì, grazie, a me il caffè piace dolce. Ma tu non ce l’hai con lei, Candy? Dopotutto è sua la causa della tua infelicità.

-Archie, ricordi come fui traumatizzata dalla morte di Anthony? Per me fu terribile, non pensavo di riprendermi da quel dolore. Se anche a Terence fosse capitato lo stesso destino…non avrei potuto sopportarlo! Lui è vivo grazie a Susanna, perché lo sento che quel riflettore lo avrebbe ucciso! Ed io non posso non esserle grata per quello che ha fatto, anche se mi causa sofferenza aver rinunciato ad una vita con Terence.

-Ti capisco, Candy…ma mi sembra che né Susanna né Terence siano felici…

-Sì, ma io  non voglio intromettermi tra di loro. Ora che Terence ha fatto ritorno alla compagnia, sono certa che cercherà di impegnarsi di più con lei, e questa cosa devo accettarla. Susanna non sarà felice con Terence, ma sarebbe ancora più infelice se non lo vedesse più…in questi anni grazie alla sua presenza si è ripresa…

Candy poggiò la fronte su una mano per nascondere la commozione.  Archie si rese conto che la ragazza stava soffrendo.

-Vieni, vieni qui…-Archie  abbracciò la ragazza. Era lì accanto, seduta sullo stesso divano.

-Sai che non la penso così…per me tu e Terence dovreste tornare insieme, e Susanna farsene una ragione…Che strano, e pensare che tanto tempo fa mi feci da parte per prendermi cura di Annie e lasciai campo libero a Terence. Allora sentii che avresti sofferto per lui, e questo presentimento si rivelò fondato quando tornasti da New York. Allora, una vocina nella mia mente mi disse che avrei potuto avere un’altra chance con te, ma preferii non ascoltarla.

Candy si scostò da Archie.
-Ma Archie, come puoi dirmi questo?

-Mi presi cura di Annie come tu mi dicesti di fare, fino a innamorarmene, ma è strano come le cose che succedono nella vita si rivelino come delle risposte a domande poste tanto tempo addietro. Quando eravamo molto giovani  e c’era anche Anthony, mi chiesi se ero destinato a te, se le nostre strade erano destinate ad incrociarsi per la vita, ma dovetti farmi da parte per lui… poi per Terence, e adesso ,che potrei  avere campo libero, preferisco di mia volontà non osare. Non eravamo destinati a stare assieme, ecco tutto. Con Annie ho un buon rapporto e…

E…
Quelle parole sospese in aria ci impiegarono secoli per venir fuori dalla bocca di Archie.

-E ho paura  che ne uscirei scottato. Non riusciresti mai ad amarmi come ti amerei  io. Dentro di me sento come un fuoco  che arde sotto la cenere, che potrebbe riattizzarsi e bruciare, bruciare tutto ciò che incontra… ogni cosa…ecco, sono certo che sentirei questo per te. Ma ormai sono troppo grande per buttarmi, troppo saggio per rischiare. Annie è la mia compagna, ed io la amo. Ma come amo la luna, bella e luminosa ma rassicurante. Tu saresti il mio sole, l’astro che dà vita e luce ma che non si può guardare direttamente, tanto è accecante.

Candy rimase come stordita da quelle parole pronunciate dal suo frivolo e decadente cugino, che sembrò dispiaciuto per quanto si era lasciato sfuggire.

-Oh, perdonami, Candy, ho parlato anche troppo,perdonami davvero. Non so perché abbia detto queste cose, forse è colpa della pioggia, o dell’arrivo di quella donna  che mi ha scombussolato, ma credimi, io sono felice, sono davvero felice con Annie, e non avrei mai voluto instillarti tristi pensieri…

-Non importa, Archie, era normale che prima o poi saresti stato tanto sincero con me. Siamo diventati molto intimi negli ultimi anni, ci siamo appoggiati l’uno all’altra ed era inevitabile che ci si lasciasse andare alle confidenze…

-Va  bene, ma ora non pensiamoci più-disse Archie  alzandosi, e con questo lasciando intendere che voleva davvero cambiare argomento-Piuttosto, che programmi hai per stasera? Non vorrai rimanere qui in casa con quella …andare a Chicago no, con le strade piene di fango…potremmo andare a quella festa dei Nichols, abitano a neanche un quarto di miglio e potremmo raggiungere la loro villa percorrendo quella stradina in pietra…

-Ma sei hai sempre detto che sono persino più snob di Neal e Iriza!-notò  Candy il cui tono era tornato allegro. Aveva capito negli ultimi anni, dalla morte di Stear, che suo cugino Archie non era il tipo di persona facile alla tristezza e alla depressione e che riusciva a trovare sempre un motivo per andare avanti e cercare nella vita qualcosa di piacevole e di interessante. Fu per questo motivo che decise di non preoccuparsi per lui. Sì, certamente anche se avesse voluto  non lo avrebbe mai reso felice, mentre la sua cara amica Annie sì.

-Ragione in più per ridere di loro! Sai quante risate al ritorno dalla festa, pensando a certe loro stravaganze?-riprese il ragazzo- C’è Valerie, che compie gli anni, mi pare che siano venti, convinta di avere tutti gli  uomini ai suoi piedi…vedrai che si pavoneggerà nel suo costosissimo abito civettando a destra e a manca convinta di fare ingelosire a turno gli altri suoi presunti pretendenti, per non parlare del fratello maggiore, Ed, che ha partecipato alla guerra secondo lui da eroe, ma in realtà so da fonti certe che ha fatto carte false per non trovarsi in prima linea nel momento del pericolo!

-Archie, sei così  divertente! Come fai a non perdere mai il buon umore? Va bene, Archie, mi hai convinta! E stasera festa sia….-terminò Candy, convinta che forse per quella sera era meglio non incontrarsi con Susanna.

                                                                               

Così alcune ore dopo Blueberry Mansion si trovò sprofondata in un silenzio irreale  interrotto dal rumore metallico e ritmato  delle stoviglie che venivano preparate per la cena e dal rintocco della grande pendola dell’ingresso che segnava le diciannove, l’orario che era stato fissato per il pasto serale  alcuni decenni addietro da una matura ma non ancora anziana zia Elroy e che era rimasto una delle tradizioni immutate e immutabili di quella casa.

William Albert si ritrovò a sedere  da solo a  capotavola  nella sala da pranzo che solitamente ospitava i convitati più disparati. La tovaglia, bianca e semplice, era rallegrata da un vaso con dei fiori di campo e su di essa  erano stati apparecchiati due coperti.

La porta si aprì ed entrò Susanna. Indossava un vestito bianco in un tessuto spesso impreziosito da ricami floreali verticali che dal colletto arrivavano fino al punto vita. Era appartenuto ad Iriza che aveva deciso di lasciarlo nella sua stanza  perché non le entrava più. Susanna aveva occupato quella stanza e indossato quel vestito che invece a lei stava bene. Ne esaltava le figura esile.

-Buonasera. Prego, sedetevi.

-Avevo fatto dire alla vostra cameriera che non avevo fame, ma voi avete insistito. Questa mi sembra una  violenza bella e buona!

-Violenza? Vi sto solo chiedendo  di farmi compagnia per cena. Sono solo, qui. Vedete qualcun altro, forse, in questa stanza?- Albert girò la testa in maniera quasi teatrale, e Susanna ebbe modo di osservare che era vestito in maniera molto elegante, impeccabile. La cravatta si intonava perfettamente al panciotto e alla giacca. I capelli, lavati di fresco, erano luminosi alla luce del grande lampadario posto in alto e così leggeri che si spostavano sulle sue spalle al minimo movimento.

Rifiutare per Susanna sarebbe stato molto scortese, dopo che lui aveva deciso di ospitarla per quattro giorni. Si avvicinò al posto apparecchiato accanto al capotavola mentre Albert tempestivamente si alzava  e poggiava  la stampella sul tavolo e la faceva  accomodare. Qualche minuto dopo giunse  un cameriere  a portare due piatti e discretamente uscì.

Susanna si sentì profondamente a disagio, a disagio in quella stanza, in quella casa, in quella situazione in compagnia di quell’uomo che non conosceva e dal quale invece sembrava essere stata analizzata  fin nel profondo dei suoi pensieri . E ora, cosa avrebbero fatto? Panico. Cominciò a singhiozzare.

-Non sono brava a conversare, è evidente!  Mi dispiace, avete scelto una pessima compagnia per cena! Non sono allegra e spiritosa come….come lei….

Come Candy…

Susanna si lasciò sfuggire quelle parole come una liberazione, quasi una vendetta per quell’uomo che la stava forzando a rinunciare alla sua solitudine e che pretendeva  chissà cosa da lei. Si attendeva che lui la congedasse o che le mettesse una mano sulla spalla, forse dandole il suo prezioso fazzoletto di batista, e con tono paternalistico le implorasse di non fare così, suvvia!

Aspettava, aspettava, e lei con gli occhi chiusi nel palmo delle mani…ma lui non parlava. Quando si fu sfogata si decise a guardarlo. Aprì gli occhi e venne  colpita dalla luce del lampadario e dal fatto che nulla in quella stanza nel frattempo fosse mutato. Come se avesse sognato.

-Non mi interessano le persone che parlano o tacciono per principio. Mi interessano le persone che stanno bene con se stesse e che fanno quello che si sentono di fare. La vita è troppo breve per fare quello che non ci piace- rispose Albert, come se fossero passati pochi secondi da quando Susanna aveva parlato. E invece erano passati diversi minuti.
-Vi ho chiesto di fami compagnia, non di intrattenermi, e possiamo restare in silenzio o parlare, dipende da cosa abbiamo voglia. Assaggiate questo cibo,è stato preparato con molta cura ed è leggero, e se non vi piace o non vi va nessuno vi obbliga a mangiare.

Susanna annuì perché le venne spontaneo. Per tanti anni aveva creduto di poter ottenere quello che voleva puntando i piedi e piagnucolando, e più gli altri le avevano dato  ragione più, in fondo, si era sentita insoddisfatta, perché più che condiscendenza avrebbe desiderato  qualcuno che le insegnasse la vita.

Certo, ora che era lì tanto valeva assaggiare quel cibo. Portò la forchetta alla bocca e vide che Albert non aveva mentito. Quel cibo era buono e leggero e preparato con amore. Solo due portate, un piatto principale e un dessert. Tanta grazia,  amore e rispetto concentrati in due semplici patti curati e nutrienti. Quasi un cibo per l’anima. Non immaginava che potesse venirle un appetito di quel genere quando era entrata in quella grande sala, e quando ebbe finito si sentì ristorata come se non avesse mangiato da giorni.

-Grazie, avete fatto bene ad invogliarmi a mangiare.

Cosa era quello, un sorriso?

-Di solito ceno in maniera leggera, come ora. Poi mi piace passare del tempo in salotto ad ascoltare musica, quando sono solo. Bene, adesso che vi ho raccontato tutte le mie abitudini vi va di accompagnarmi in questo mio percorso abitudinario?

-Beh, anche se vi dicessi di no voi certamente trovereste il modo di convincermi. Siete bravo, in questo, ve ne do atto. 

Quello era un sì.

-Se mi avete ascoltato non è stato perché siete priva di personalità ma perché sentivate in cuor vostro che avevo ragione.

Era un complimento o di nuovo il padrone di casa stava incensando se stesso?

Entrati in salotto, Susanna fu immediatamente colpita dal grande pianoforte a coda che occupava un lato della stanza.

-E’ stupendo! Da quanto tempo non suonavo  qualcosa!

Si sedette sullo sgabello e cominciò a suonare. Albert le si accostò. La musica riempì ogni angolo di quella grande stanza con la sua dolce cadenza, fino a quando la ragazza si arrestò di colpo.

-Che vi succede? Era tanto bella, continuate, vi prego.

-No!-esclamò Susanna-quello era l’unico pezzo insegnatomi da mio padre! Non posso continuare!

Quel padre che quando lei era adolescente l’aveva abbandonata uscendo, come le aveva detto, per andare a fare la spesa. Era stato un buon padre, presente e tenero, e le aveva insegnato molte cose, prima di bruciare con quella fuga tutto ciò che di buono aveva fatto per lei. Forse se le avesse spiegato perché si era stancato di quella vita avrebbe potuto capirlo, gli avrebbe chiesto solamente di poterlo andare a trovare ogni tanto, di non perdere tutti i contatti con lui, e in cambio avrebbe potuto avere tutta la libertà che voleva.

-Allora ascolteremo dell’ottimo Chopin!- disse Albert avvicinandosi al grammofono, e Susanna in cuor suo lo ringraziò di non averle chiesto spiegazioni.-Numero 1 opera 9.

Lo stridìo  tipico che accompagna la messa in moto del grammofono precedette l’avvio della musica vera e propria. Ancora seduta sullo sgabello davanti al piano, Susanna osservò l’elegante incedere del suo anfitrione che, mani in tasca, percorreva il perimetro di uno di lati lunghi andandosi a posizionare accanto al camino. Era spento, ancora il freddo pungente non aveva raggiunto il Midwest, e la ragazza capì che quello era ciò che faceva di solito in quelle sue lunghe serate solitarie. Passeggiava, osservava i quadri appesi alla parete, guardava l’ora sull’orologio a catenina agganciato al panciotto.
Musica…l’arte delle Muse…cosa c’è  di più coinvolgente, di più intenso, cosa meglio della musica riesce a penetrare nel profondo dell’anima e tirar fuori ciò che c’è di più ineffabile e incomprensibile dalla ragione?

Albert appoggiò un gomito al camino e la fronte su appena tre dita della mano, incrociò le gambe  in una posa plastica che le fece  pensare ad una di quelle statue greche che aveva visto sui libri di scuola. Era alto, molto alto, ma non sgraziato;  aveva una naturale eleganza, non quella che si assorbe dall’ambiente in cui si vive, ma quella che  deriva da un carattere fiero e volitivo ma onesto. In quel momento era assorto, preoccupato, il viso solitamente luminoso si era increspato in una smorfia che di colpo gli aveva donato degli anni in più. Era bello lo stesso, ma d’un tratto più maturo.

La musica finì, come un sogno dal quale bisogna ridestarsi.

-Bene, finirete per odiarmi, vi ho costretta a stare in piedi anche troppo, quando ciò che desideravate era starvene comodamente in camera a riposare!

Susanna pensò che no, non era poi così tardi, anzi era decisamente e  spaventosamente  presto per lei! Non voleva  tanto  presto abbandonare il dolce tepore di quell’oblio, l’oblio di tutte le passioni e le prove di quella giornata… era così doloroso abbandonare quella riconciliazione con se stessa…l’affacciarsi  di sensazioni positive, il benessere di una tranquillità troppo a lungo cercata. Ma non volle dargli anche quest’altra soddisfazione, di aver vinto, almeno per quel giorno, sulle sue passioni e sul buio della sua anima.

-Certo…ho bisogno di riposare…vi ringrazio comunque per questa serata…

-Venite, vi accompagno.

Arrivati ai piedi della grande scalinata che portava al  piano nobile Susanna imbracciò saldamente la stampella per prepararsi a salire le scale. In quel mentre giunse June.

-Permettetemi, vi prego.

Albert aveva preso la stampella di Susanna e l’aveva data a June, poi  l’aveva  presa in braccio. Susanna si trovò costretta a tenersi stretta all’uomo, e ne percepì la forza. La mano giunse a sfiorare il collo di lui, la pelle era molto delicata e i capelli biondo scuro emanavano un buon profumo. Scalino dopo scalino, William Albert avanzava con una sicurezza invidiabile, e a lei non balenò neanche lontanamente l’idea che potesse perdere l’equilibrio.

Giunti davanti alla porta, si separarono con il garbo che richiedeva l’occasione, ma pensando a cosa avrebbero provato il giorno dopo rivedendosi.


 
   
 
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