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Autore: J85    08/12/2014    1 recensioni
Senza un apparente motivo, 10 persone, 7 maschi e 3 femmine, con caratteristiche totalmente differenti tra di loro e completamente all'oscuro l'uno dell'altro, si ritroveranno improvvisamente dentro un'enorme stanza dalle pareti metalliche.
Nessuno di loro ricorda come abbia fatto a finire lì dentro e, ancora meno, è a conoscenza delle difficili prove che insieme dovranno affrontare per procedere verso un'insperata libertà.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 14

“Sogni d’oro”

 

 

 

La stanza dove erano appena entrati era notevolmente più piccola rispetto alle precedenti. Sembrava fatta apposta per una decina di persone e non di più.

“Siamo finiti in un loculo?” ironizzò sarcastico Andrea mentre, come gli altri, osservava le pareti tutte attorno.

In sua risposta, dagli ormai tristemente conosciuti buchi sulle pareti, iniziò a fuoriuscire il letale gas verde. Il gruppo andò nel panico.

Marco Sciullo batteva violentemente le mani contro la porta, che ormai si era richiusa alle loro spalle, gridando “Aprite! Vi prego!”.

Tutti cercarono di tamponarsi le proprie vie respiratorie, inutilmente. Sette uomini e tre donne caddero in un sonno profondo.

 

Sara sognò un volto che non vedeva da tanto.

“Oscar! Ciao amore, come stai?” gli corse felice tra le braccia.

I due si baciarono appassionatamente.

“Io bene e tu, tesoro?” le domandò il giovane, appena staccatosi dalle sue labbra.

“Benissimo, ora che sei qui con me!” la bionda era al settimo cielo “E gli altri come stanno?”.

“Stanno tutti bene. Sai ti stavano aspettando per…” ma le sue parole vennero bloccate da una nuova voce.

“Fai presto a dimenticare le persone che davvero hai amato, Sara!”.

Lei si voltò e vide un altro ragazzo, vestito con un logoro impermeabile marrone, che la fissava furioso.

“B-Bruno! C-Che ci fai tu qui?”.

“È un piacere rivederti anche per me, biondina! Guarda dove ti ho portato…” le disse, indicandogli un punto da guardare.

La ragazza si girò verso di esso e vide un lugubre ed oscuro fabbricato aziendale.

 

Tommaso sognò i suoi compagni dell’oratorio impegnati, insieme a lui, nella più classica delle loro illimitate partite.

“Tom” richiamò l’attenzione dell’attaccante, uno di loro “C’è della gente che vuole parlarti”

Il giovane, sorpreso, si diresse verso la coppia di persone, entrambe vestite in maniera molto elegante.

“È lei il signor Orsi? Piacere di conoscerla. Noi siamo degli osservatori del Futbol Club Barcelona e siamo qui per proporle un contratto con la nostra squadra”.

“Sul serio?” chiese allibito l’interessato.

“Assolutamente! Se vuole può firmare il contratto anche subito. Così poi partiamo direttamente per la Catalogna”.

In un attimo, il calciatore si trovò ad indossare la gloriosa maglia blaugrana, inserendosi alla perfezione nel loro stile di gioco, denominato “Tiqui-Taqua”. Grazie a ciò vinse anche il Pallone d’Oro.

Come giusta conseguenza, fu convocato in nazionale, tra le congratulazioni di quella che doveva essere la sua compagna di vita.

“Mi raccomando, ti affido le sorti della squadra!” lo spronò il C.T., mettendogli personalmente la fascia di capitano al braccio.

In una combattuta finale contro la Germania, con lo stadio gremito fino all’inverosimile, riuscirà infine ad alzare al cielo la Coppa del Mondo.

 

Andrea sognò di sudare freddo, sotto un passamontagna nero, mentre metteva tutta la sua concentrazione nel disinnesco di un allarme antifurto. Dopo minuti che sembravano ore, la moltitudine di sottili raggi laser rossi si spense all’unisono.

“Fiu…” tirò un sospiro di sollievo il ladro.

“Eh bravo il mio Lupo!”.

A causa di quella voce improvvisa, l’interessato sobbalzò vistosamente. Di scatto si voltò, trovandosi davanti una bellezza mozzafiato, dai folti capelli ramati e il seno estremamente prosperoso.

Rimasto notevolmente colpito da lei, il fuorilegge si tolse l’indumento dal viso “Che ci fai qui, Federica?”.

“Ma come? È da tanto che non mi vedi e mi accogli così freddamente?” s’incupì lei.

“Beh, se non altro, vedo che sei ancora in forma” disse l’uomo, indugiando con lo sguardo sul suo generoso decolleté.

“Certo, cucciolone! Sennò dove potrei mettere questo bel diamante?” lo provocò, mostrandogli il suo stesso prezioso obiettivo e, come anticipatogli, infilandoselo trai suoi seni sodi.

“Non preferiresti metterci qualcos’altro, tra quelle tue boccione?” le propose il delinquente, sempre più eccitato.

“Mmmm… magari un’altra volta. Ora è meglio che alzi le mani, invece”.

“Eh? Cosa? Perché?”.

Improvvisamente, l’allarme si mise a risuonare rumorosamente. Nel giro di qualche secondo, tutto il salone fu pieno di poliziotti.

“Metti le mani in alto, Lupo!” Ordinò urlando l’agente Roberto Santucci.

Mentre obbediva alle forze dell’ordine, Andrea apostrofò Federica Minieri con un “Brutta puttana!”.

 

Roberto sognò, a differenza della sua nemesi, tutta un’altra ambientazione. Era infatti al giorno del suo promozione ad agente di polizia.

“Congratulazioni, signor Santucci!” diceva entusiasta il suo superiore, mentre gli stringeva vigorosamente la mano.

“È un onore, signore!” rispose fiero il neo sbirro.

“Questa se l’è davvero meritata!” sentenziò il maestro di cerimonie, mentre gli consegnava l’arma d’ordinanza.

Per festeggiare, l’uomo si recò al bar gay dove aveva alcune conoscenza, assolutamente solo a livello platonico.

“Dai Robertuccio... fai come fanno i cowboy!” lo invitava un'euforica Maria.

L’interpellato, divertito egli stesso, fece roteare la pistola sul suo dito indice, facendo perno con l’occhiello del grilletto. Tale azione fece urlare di giubilo tutti i travestiti e transessuali presenti nel locale. Senza che il piedipiatti se ne accorgesse, un uomo di colore gli si fece vicino.

“Mr. Santucci, noi la vogliamo nella nostra squadra” gli rivelò il tipo, con un forte accento americano.

A capo della sua nuova squadra internazionale, l’italiano si trovò subito a dover salvare, da una banda di terroristi, una sua connazionale: la giovane attrice Rosa Simone.

Con un’azione furtiva, tutti i malviventi furono arrestati.

Infine, l’agente speciale andò a liberare l’ostaggio “Sei salva ora, Rosa!”.

“Oh grazie, Roberto!” la donna gli si gettò tra le braccia in lacrime “Non sai che paura di morire ho avuto! Come potrò mai sdebitarmi?”.

“Beh…” l’uomo ci pensò un po’ su “che ne dici se, intanto, mi fai palpare un po’ questo tuo bel seno!”.

“Porco!” lo schiaffeggiò violentemente al volto l’artista.

In pochi attimi, il nostro eroe si trovò di colpo accusato di molestie sessuali ai danni di una personalità del mondo dello spettacolo. Ciò provocò la sua incarcerazione immediata, con molti detenuti pronti a fargli la festa.

 

Rosa sognò di essere al giorno di presentazione nella sua vecchia scuola di cinema, ben lontana da cellule terroristiche e poliziotti maniaci.

“Ciao a tutti! Io mi chiamo Alessandro Ania!” esordì un giovane nelle sue vicinanze “Sono qui perché, dato che pratico da molti anni il karate, pensavo di lavorare come stuntman e poi, grazie al vostro corso di recitazione, poter diventare un vero e proprio attore di film sulle arti marziali”.

In effetti, come notò anche l’interessata, quel ragazzo aveva davvero un bel fisico.

“Buonasera a tutti” Proseguì un altro ragazzo “Mi chiamo Nicola Coralli e sono appena rientrato da sei mesi di studio alla Scuola d’Arte di New York. Perciò, spero di poter mettere la mia preziosa esperienza a vostra completa disposizione”.

La Simone, nonostante seguisse l’esempio di tutti ed applaudisse, rimase particolarmente schifata dalla spocchiosità dell’ultima persona che aveva appena parlato.

“S-salve a t-tutti…” iniziò una ragazza  con cui, poco prima, la stessa Rosa aveva chiacchierato, nell’attesa che fossero tutti convocati nell’aula magna “I-il mio n-nome è Francesca Masini e-e sono qui perché il mio sogno è sempre stato quello di recitare. Anche se sono molto emozionata e riconosco di aver molte lezioni di dizione da fare...” confessò, sorridendo timidamente, queste ultime parole.

Per tutto il tempo della sua presentazione, quest’ultima aveva tenuto le dita di entrambe le mani strette, come quasi a strozzarle, sugli orli delle maniche della sua maglietta celeste.

Poi fu finalmente il turno della nostra protagonista.

“Buonasera a tutti! Io sono Rosa Simone e diventerò una stella!” proruppe la giovane, creando tutto attorno a sé una luce ultraterrena che la illuminava radiosa.

Scattò un’enorme standing ovation da parte di tutti i presenti.

 

Carla sognò di essere tranquilla nel suo appartamento. Fuori dalla finestra la pioggia batteva ritmicamente sul vetro, mentre lei si scaldava le mani afferrando saldamente una tazza piena di cioccolata calda. Nell’attesa, si fissò a guardare le foto dei suoi parenti inglesi attaccate con una calamita al frigorifero.

Di colpo, il suo gatto saltò sul tavolino accanto al quale era seduta la donna, facendola sobbalzare dallo spavento.

“Ah! Sei tu, micio…” sospirò lei.

Il felino, come per risponderle, miagolò dolcemente.

La giovane sbuffò “Uff… non sopporto proprio le giornate piovose!”.

“A me invece non dispiacciono affatto!”.

L’infermiera sgranò gli occhi, per comprendere meglio da dove fosse provenuta quella voce improvvisa. Eppure era certa di essere sola in casa.

“C-Chi ha parlato?”.

“Secondo te, chi può essere stato?”.

Wilson scattò indietro con la sedia, il più lontano possibile dal ripiano dove, con uno sguardo flemmatico, il micio la osservava tranquillo.

“T-Te s-sai parlare?” tentò un nuovo approccio l’umana.

“Certo. Tutti quelli della mia banda lo sanno fare”.

“D-Di che banda stai parlando?”.

“Della mia. Ci facciamo chiamare, anche se con poca originalità, I Gatti. E siamo ben quarantaquattro”.

Carla rimase un attimo perplessa.

“Ma mi stai prendendo in giro?”.

“Affatto! Se vuoi ti posso raccontare tutta la nostra storia…”

“Perché no! Tanto non ho niente da fare al momento”.

“Benissimo! Gradisci per caso un topolino?”.

 

Simone sognò di essere nuovamente nella base militare che, da almeno cinque anni, lo ospitava. Gli era appena stato comunicato che un suo collega, Carlo Vullo, lo stava cercando con una certa urgenza, molto probabilmente per assegnarli una nuova rischiosa missione in qualche parte del globo.

“Soldato Sarti, benvenuto” lo accolse il biondo ufficiale.

“Mi ha fatto chiamare, Signore?” chiese subito il nuovo arrivato.

“Affermativo. Ho scelto lei per una missione con un alto livello di rischio”.

“Di che si tratta, Signore?”.

“In sintesi, nelle prossime settimane dovrà occuparsi della protezione di un soggetto, la cui morte potrebbe mettere in pericolo la sicurezza nazionale, che ora si trova esattamente alle sue spalle” nel dire queste ultime parole, il militare indicò all’altro di voltarsi.

Sarti, molto sorpreso dal non aver nemmeno percepito la presenza di una terza persona nella stanza, rimase sbigottito da ciò che si trovò davanti. Una ragazzina, circa sui 15-16 anni, di chiare origini asiatiche, che stava tranquillamente trafficando con il suo cellulare.

La scena si ripeté.

“Soldato Sarti, benvenuto” lo accolse nuovamente il biondo ufficiale.

“Mi ha fatto chiamare, Signore?” chiese nuovamente il nuovo arrivato.

“Affermativo. Ho scelto lei per una missione con un alto livello di rischio”.

“Aspetti un attimo… un’altra missione?”.

“Affermativo. Lei è il nostro uomo migliore”.

“Di che si tratta, Signore?”.

“In sintesi, abbiamo appena ultimato la progettazione della più completa tuta mimetica che potesse essere mai creata. Perciò, vogliamo che ora sia lei a testarla. Trova l’equipaggiamento attaccato al muro alle sue spalle”.

Sarti si voltò, trovandosi davanti l’enorme costume di una mascotte da parco giochi, nello specifico un'inquietante talpa antropomorfa.

 

Stefano sognò la realizzazione del suo più grande desiderio.

Dopo ore nel più tetro dei laboratori scientifici che si possa immaginare, l’uomo urlò “Ce l’ho fatta!”.

Sdraiata su di un tavolo, vi era una donna con un corpo pressoché perfetto. Ad una più attenta osservazione, però, ci si accorgeva che la sua pelle aveva un che di artificiale.

“Perfetto! Unità Marialis, attivati!” ordinò serio lo scienziato.

Non accadde nulla. Noro rimase immobile ad attendere.

Spazientito, ripeté l’ordine “Unità Marialis, attivati!”.

L’androide spalancò di colpo gli occhi, prendendo quasi in contropiede lo stesso creatore. Rapidamente si mise a sedere sul tavolo.

L’ometto le si fece vicino “M-Mi senti, Marialis?”.

Come se si fosse appena accorto della sua presenza, il cyborg si girò di scatto verso di lui.

“Sai chi sono io, vero?”.

Lei ruotava il viso, tenendo sempre le pupille fisse sull’essere umano.

“Sei uno stronzo?”.

La persona appena offesa rimase allibita.

“N-No io sono Stefano, cioè il dottor Noro, il tuo creatore” cercò di correggerla.

Il robot continuava ad osservarlo senza proferire altre parole. Improvvisamente, gli si lanciò contro, abbracciandolo forte.

“Dottore sei il mio eroe!”.

Il dottore si godé felicemente quell’abbraccio, nonostante il corpo femminile di Marialis non fosse stato caratterizzato fin nei minimi dettagli.

 

Oscar sognò di essere tornato all’università di medicina, dove aveva trascorso i primi anni successivi al diploma, prima di scegliere la vita politica. In un attimo, lo scenario mutò in una gigantesca tavola rotonda. Seduta attorno ad essa, vi era tutta una serie di personaggi, uno più assurdo dell’altro.

“Il governo ci tratta tutti come automi!” esclamò un robot.

“Preghiamo per le loro anime” invitò un prete.

“E perché dovremo? Ci stanno dissanguando!” protestò un vampiro.

“E ora che cominciamo a fare la parte dei leoni!” sentenziò un uomo, caratterizzato proprio della faccia di un leone.

“Ai miei tempi, certe cose non capitavano” ricordò un anziano, vestito con l’inconfondibile uniforme da gerarca nazista.

“Signori, vi prego, uno alla volta!” s’intromise Testa “Possibile che troviate le energie soltanto per protestare? Dovreste, invece, utilizzare tutte le vostre forze per cercare di cambiare questo mondo che non va”.

“Perché allora non ci dai una mano tu?” gli domandò una donna con i capelli, gli occhi, il rossetto ed il vestito scollato tutti del medesimo colore: rosso fuoco.

“Sono contento che me lo abbia chiesto, signorina. Ebbene, io sono pronto a schierarmi con qualsiasi giovane volenteroso, che abbia inoltre le giuste idee”.

La signora, come reazione a quelle parole, gli sorrise smagliante e, aprendo le proprie braccia, s’infuocò e spiccò il volo.

 

Il sogno di Marco era decisamente il peggiore, soprattutto per lui medesimo. L’imprenditore era totalmente avvolto dall’oscurità.

“Aiuto!” urlava disperato “Vi prego, aiutatemi ad uscire di qui!”.

Ogni tanto, ad illuminare brevemente il buio, comparivano dei lampi di luce azzurrognola.

“Aiuto! Aiuto! Aiu…”.

Alla fine, in suo soccorso, arrivò un calcio sferratogli da Lupo.

“Idiota! Ti decidi a svegliarti?”.

“Fermati Andrea!” lo allontanò Wilson “Come stai Marco? Hai avuto un incubo?”.

“Decisamente” le rispose un ancora assonnato Sciullo.

“Questa francamente non l’ho capita…” esclamò Silvestri.

“Io spero solo che non ci abbiano fatto nulla mentre eravamo addormentati” esclamò Rosa.

“Comunque sia andata, preparatevi perché ci dobbiamo muovere” ordinò Santucci, mentre insieme agli altri nove attendeva il termine dell’apertura della porta.

 

  
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