Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    08/12/2014    8 recensioni
Semir è sull’orlo del baratro. Nella sua vita non c’è più nessuna ragione di felicità, nessuna speranza per il futuro. Ma quando tutto sembra perduto, quando le circostanze della vita lo inducono alla disperazione più profonda, riceverà un aiuto insperato ed inaspettato.
Anche se un po’ maldestro e pasticcione.
Seguito- a quattro mani- di “Nella buona e nella cattiva sorte”. Come sempre non è indispensabile, ma consigliabile, leggere la storia precedente.
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 19
E ricominceremo esattamente da dove ci siamo lasciati

 
Semir rimase congelato sul posto.
Tutto si era aspettato, ma non questo.
“C… come chi sono… sono Semir” balbettò ad occhi sbarrati.
Ben lo guardò confuso.
“Semir… no, non puoi essere Semir…lui non è così vecchio, non ha tutti questi capelli grigi. Ha i capelli rossi” disse il giovane uomo con un filo di voce roca.
“I capelli rossi? Ma quello è Hartmut…”
Mille scenari apocalittici iniziarono a delinearsi nella mente del piccolo turco… danni celebrali, perdita di memoria…
Terrorizzato si avvicinò al letto.
“Ben guardami sono io, Semir” fece ancora una volta.
“No… non può essere…” Ben lo scrutò attento.
Ormai Semir era sull’orlo della disperazione.
“Vado a chiamare il medico” disse avviandosi verso la porta.
 
“Aspetta Semir… dove vai…” la voce di Ben che ridacchiava piano arrivò alla spalle di Semir che già stava precipitandosi nel corridoio.
“Me la stavo preparando da quando ho saputo che stavi per arrivare” ridacchiò ancora il giovane.
Semir si voltò.
Non sapeva se essere felice o adirato.
“Tu!!! Tu sei un… cretino, ecco cosa sei. Mi vuoi far morire di paura. Sono vecchio ormai, non puoi  farmi questi scherzi stupidi, mi fai venire un infarto” disse avvicinandosi al letto.
Non era sicuro di riuscire a trattenere le lacrime.
“E sì, si vede che ormai sei un vecchietto. Che sono tutti questi capelli grigi?” chiese sempre sorridendo.
“Indovina un po’ perché mi sono venuti. E poi sarò vecchio, ma non sono io quello che passa tutto il tempo a dormire”
Semir stette allo scherzo, anche perché temeva che altrimenti sarebbe scoppiato in lacrime.
“E che vuoi… non è suonata la sveglia. E poi perché non hai chiamato come al solito sul cellulare per buttarmi giù dal letto?” Ben lo guardava con affetto.
“Sempre la solita scusa, non regge più, trovane un’altra” balbettò.
 
Ben  rimase in silenzio per alcuni secondi.
“Ciao socio” disse poi semplicemente.
Per Semir fu troppo.
Si girò di scatto per non farsi vedere piangere.
 
“Semir… stai piangendo per caso?” chiese Ben.
“No, macché, per nulla” sussurrò tirando su con il naso.
“Bugiardo…”
“No, non sto piangendo, mi sono preso il raffreddore… il clima”
“Siamo a Dallas Semir, fanno trenta gradi”
Semir sospirò cercando di calmarsi.
Non era più il tempo delle lacrime.
“Ok… non piango vedi” disse girandosi.
 
“Siediti…” lo esortò Ben.
Il piccolo turco si sedette accanto  al suo migliore amico e prese la mano nella sua. Aveva paura anche a toccarlo.
“Ora andrà tutto bene, tutto tornerà come prima…” gli disse sorridendo.
Ben lo guardò sospirando.
“Speriamo… non riesco a muovere neppure un muscolo…” disse piano.
“Sempre il solito precipitoso. Ci vuole solo un po’ di tempo… ti aiuterò io”
Ben sorrise. Il sorriso era rimasto quello di sempre.
Ma Semir aveva un macigno sul cuore, non poteva fare a meno di liberarsene.
 
“Ben io volevo dirti… io… mi spiace…” sussurrò incapace di trovare le parole adatte.
“Non lo fare” lo zittì subito l’amico.
“Cosa?”
“Non lo fare ti prego. Non chiedere scusa, non sentirti in colpa… ti prego non lo fare”
“Ma io…” provò ad obiettare il piccolo turco.
“Non lo fare! Come non  lo farò io. E’ l’unico modo per ricominciare davvero”
Semir annuì, consapevole, ricordando le parole della lettera.
“Io non chiederò scusa a te e tu non ne chiederai a me, mai. Perché noi siamo veri amici”
Rimasero per un po’  a chiacchierare tranquilli, mentre Semir gli faceva vedere le foto della bambine.
Gli occhi di Ben iniziarono a chiudersi per la stanchezza.
“Sei stanco?” chiese  Semir.
“Un po’… ti spiace se ora dormo un pochino?” chiese Ben con voce impastata dal sonno.
“Ancora? Ok, basta che poi ti svegli però” cercò di scherzare l’amico, ma si accorse subito che il giovane era già tra le braccia di Morfeo.
Silenzioso  più che poteva si alzò per uscire.
“Semir…” lo richiamò una voce debole.
“Sì… sono qui”
“Non te ne andare”
“Non me ne vado” rispose lui riprendendo il suo posto accanto al letto.
 

Due mesi dopo.
 
Semir attraversò a passo di carica il lungo corridoio, guardandosi intorno.
Aveva messo in atto tutte le tecniche di copertura che conosceva, quelle apprese in tanti anni di servizio in polizia.
Ma con lei era tutto inutile.
“Aspetta un po’ nanerottolo, dove stai andando?”  fece un vocione alla sue spalle.
Semir si bloccò all’instante, con il sangue che gli si gelava nelle vene.
“Io? Da nessuna parte… da Ben…”
Henrietta, l’infermiera che si occupava di Ben, era alta almeno un metro e novante ed era la tipica yankee cresciuta ad hamburger ormonizzati, corpulenta ed imponente.
E Semir ne era  letteralmente terrorizzato.
“Girati!!!” intimò con il suo vocione.
E Semir obbedì come se avesse una pistola puntata alla schiena.
“Cosa hai sotto  il giubbotto?” chiese la donna in perfetto tedesco, grazie ai nonni originari di Bonn.
Era alta almeno il doppio di Semir.
“Io? Nulla…” cercò di mentire il piccolo ispettore.
Ma non aveva neppure finito di parlare che la donna gli aveva sottratto il pacchetto che nascondeva sotto  la giacca.
L’infermiera guardò il contenuto con disgusto.
“Pizza!!!” disse scandendo le lettere.
“E dai… Hetty… mica gli fa male… è solo un po’ di pizza…” cercò di rabbonirla.
“Il mio nome è Henrietta. E se ti scopro di nuovo a portare schifezze al ragazzo ti riduco ancora di più le dimensioni. Così  l’unica cosa che potrai guidare  sarà la macchinina della Playmobil. E’ l’ultimo avvertimento!!! Ci siamo capiti, brutto nano tedesco?” disse lei furibonda.
“Sissignora, non succederà più signora!!!” rispose Semir in finto tono militaresco, mettendosi sull’attenti.
Henrietta gli lanciò uno sguardo di fuoco mentre buttava il sacchetto nella spazzatura ed entrava nella stanza di Ben, compiendo la solita trasformazione.
Da  Mister Hyde a Dottor Jekyll.
Perché appena entrava nella stanza di Ben o quando aveva a che fare con lui Henrietta si trasformava nella più dolce e delicata delle infermiere, con voce dolce e melodiosa.
Una gigantesca campanellino.
 
I quei due mesi  Ben aveva fatto progressi che i medici definivano miracolosi. Aveva ripreso quasi tutte le funzionalità, solo non camminava.
Del resto non ci si poteva aspettare di meglio in soli due mesi, dopo un anno di coma, continuavano a ripetere i medici.
Ma Semir desiderava solo rivederlo in piedi e buttarsi tutto alle spalle.
 L’indomani finalmente sarebbero rientrati in  Germania e Max era arrivato appositamente per organizzare il tutto.
 
“Ok… Max ti prego… mi raccomando…”
Semir colse solo l’ultimo brandello di conversazione fra Ben e Max entrando nella stanza.
Ma uno strano presentimento lo colse subito.
“Qualcosa non va?” chiese  preoccupato.
“No, tutto bene, mi accompagni un po’ fuori?” sorrise Ben.
Semir spinse la sedia a rotelle lungo il corridoio, diretto verso l’ascensore.
“Heil Hitler!!!” bisbigliò il piccolo turco passando accanto ad Henrietta.
“Ti ho sentito!!!” fece di rimando l’infermiera.
“La smettete di beccarvi voi due? Non capisco perché non ti sta simpatica. E’ la persona più dolce che conosca” chiese Ben una volta in ascensore.
“Perché non l’hai vista quando non è con te. E’ una specie di valchiria americana. Somiglia a Sergenten  di Sturmtruppen.  Mi ha sequestrato la tua pizza. Ma non ha trovato questi” sorrise Semir tirando fuori dalla tasca della giacca un piccolo pacchetto.
 “Marshmallow!!!” disse Ben eccitato guardando il contenuto.
I due si sistemarono nel bel giardino antistante l’edificio dell’ospedale.
“Pronto a tornare a casa?”  chiese Semir mentre Ben tuffava le dita nel sacchetto dei dolci come un bambino piccolo.
“Certo, e tu?” rispose lui a bocca piena.
Semir era eccitato all’idea di rivedere Andrea e le bambine. Era la cosa che più gli era mancata in quei due mesi.
“A proposito… ho un nuovo video delle bambine e di Andrea” disse tirando fuori dalla tasca lo smartphone.
 
“Ciao zio Ben… ti aspettiamo tutti. Torna presto…”
Il video mostrava Andrea e le bambine nel salotto di casa Gerkan, con le bambine che si agitavano salutando.
“Sì ciao signor zio Ben torna presto!” fece  il ragazzino seduto sul divano accanto ad Aida.
 
“Chi è quello?” chiese stupito Ben alzando gli occhi dal piccolo schermo.
“Quello? E’ Adam, l’amico di Aida, te ne ho parlato ricordi?” rispose Semir.
“Amico? Che significa ‘amico’? E tu permetti che Aida abbia per amico questo qui? Non mi piace, mi sembra un vero stronzetto” fece di rimando Ben.
Semir restò per un minuto senza parole.
‘Stronzetto’,  anche l’allucinazione chiamava così Adam.
Le immagini dei mesi passati, che Semir aveva accantonato preso da altri pensieri, gli tornarono subito in mente.
“Ben… ma tu dei mesi passati… non hai proprio alcun ricordo?” chiese timido.
“No… niente, solo qualche sensazione, niente di più…” ragionò Ben.
“Che ti aspettavi stupido… è stata solo una tua fantasia, niente altro che una fantasia” si disse Semir.
“E tu? Non mi hai detto molto dei mesi scorsi” chiese Ben.
Semir rimase in silenzio per un po’.
“Non sono stati mesi facili…” trovò solo il coraggio di dire.
“Ma ora stai bene giusto? Sei una persona forte…”
Semir lo guardò.
“ Non sono stato per niente forte… se ti dicessi che ho anche tentato di farla finita?”
Ben sgranò gli occhi dalla sorpresa.
“Ma… ma...”
“Non ti preoccupare. E’ passata. Ho avuto un aiuto insperato”
Ben lo guardò interrogativo.
“Il migliore degli amici…” continuò Semir.
“Ehi… sono geloso!”
“Non devi, credimi, proprio non devi” sorrise il piccolo turco.
 
“Ora andiamo, dobbiamo prepararci per domani. Guarda che barbona che hai. Sapone e rasoio ti aspettano” disse Semir alzandosi dalla panchina su cui era seduto.
 Ben si toccò le guance ispide.
“E sì… devo proprio. Hai mai visto nei quadri un angelo con la barba?” disse di getto Ben restando anche lui di stucco.
“Perché ho detto questa cosa? Da dove mi è uscita questa stupidaggine?” si chiese ad alta voce, stupito.
Semir rimase come  di sale.
No, non poteva essere.
“Meglio non farsi domande, non lo voglio sapere” si disse il picolo turco, mentre spingeva la sedia a rotelle.
 

L’eccitazione regnava sovrana nella stanza d’ospedale.
Julia continuava ad agitarsi nel cercare di mettere tutto in ordine e fare entrare disperatamente tutto nelle valigie già stracolme.
“Tutto a posto… Andrea ci aspetta domani. La stanza è già pronta, quella al piano terra, così stai più comodo” annunciò Semir trionfante attaccando il cellulare.
Max lanciò un’occhiata a Ben, che invece abbassò lo sguardo.
“Veramente con Ben avevamo pensato che era meglio una clinica per la riabilitazione” intervenne il medico.
“Cosa??? Non se ne parla proprio!!! Starà con noi, cosa è questa novità?” s’inalberò subito  Semir.
La questione di dove avrebbe abitato Ben durante la convalescenza era già stata fonte di più di un litigio fra Semir e Konrad, il quale alla fine però aveva ceduto alle richieste del figlio.
“Semir… sarebbe meglio…” intervenne ancora Max.
“Max… ne parliamo poi, ti prego. Per un po’ va bene, starò a casa di Semir se lui vuole così. Poi decidiamo con calma” Ben troncò la conversazione, lanciando un muto sguardo di rimprovero al medico, che si zittì.
Ma la cosa non era sfuggita a Semir.
 Il piccolo ispettore aspettò che tutti uscissero dalla stanza e poi prese Max per un braccio.
“Coraggio, cosa mi state nascondendo?” chiese guardandolo negli occhi.
“Niente…” provò a svicolare il medico.
“Max… dimmi cosa c’è che non va, tanto lo scopro lo stesso” Semir iniziava a provare un vago senso di paura.
“Ne dovresti parlare con Ben…” provò ancora ad obiettare l’amico.
“Non  tirare fuori la storia del segreto professionale.  Non con me… dimmi cosa c’è che non va…” Semir era sempre più impaurito.
“Semir… forse dovresti lasciare che Ben vada in quella clinica, senza opporti…” rispose alla fine imbarazzato il  medico.
“Perché? Cosa ha?  Qui hanno sempre detto che si sta riprendendo bene…” la voce di Semir era ormai un sussurro.
“Infatti si sta riprendendo bene. Ma un anno di coma è un trauma che il fisico stenta a recuperare. E… ci sono problemi con gli arti inferiori…”
Semir sbiancò all’istante. Sentì la testa che gli girava vorticosamente, tanto da doversi appoggiare ad un mobile.
“Co... cosa… ma…”
“Niente di certo Semir, solo che potrebbe esserci la possibilità che… non recuperi totalmente…” ammise ad occhi bassi Max.
“Lui… lui lo sa?” chiese Semir con un filo di voce.
“Certo, ma mi ha chiesto di non dire niente per ora. Dice che vuole godersi il ritorno a casa. Quindi per favore… non dirgli che lo sai, almeno per ora…”
Semir annuì.
Gli sembrava che il mondo gli fosse crollato addosso in un attimo. Dalla felicità alla disperazione in un minuto.
Poi si rialzò con aria decisa.
Ne avevano passate tante, e non si sarebbe fatto abbattere da quest’ulteriore intoppo.
“Sai cosa ti dico? Non succederà, io non permetterò che succeda. Di questo puoi essere sicuro. Non succederà. Lui tornerà a camminare come prima, come è vero che mi chiamo Semir Gerkan” disse risoluto uscendo dalla stanza.
Poi si stampò un bel sorriso sulla faccia e raggiunse il gruppetto che si avviava agli ascensori.

 
“Non vedo l’ora di tornare a casa… mi manca tutto, persino il clima schifoso e quelle stupide pubblicità che danno alla radio” disse Ben mentre Semir spingeva la sedia a rotelle verso l’aereo privato che li avrebbe riportati in Germania.
“Pubblicità…” la parola provocò un sussulto in Semir.
“Ben… ascolta … dovrei dirti una cosa prima che arriviamo in Germania… ti ricordi la canzone? Quella che hai scritto per me…”
“Sì certo… la tua canzone…” sorrise Ben.
“Beh… c’è una notizia buona ed una cattiva… quale vuoi per prima?”
“Quella buona, dai…” rispose sorpreso il giovane.
“E’ famosissima in Germania la danno su tutte le radio…”
“Davvero? Ma come è successo…” chiese Ben entusiasta.
“Ecco, questa forse è la notizia cattiva”
I due erano già saliti sull’aereo quando un grido risuonò altissimo.
“Carta igienica??? Ma.. Ma… Che fine di m….”
“Beh… volevi che diventasse famosa? E famosa è diventata!!!”
Le voci dei due litiganti vennero coperte dal portellone che si chiudeva e dai motori che iniziavano a rollare.
 
L’uomo barbuto stava sul tetto della torre di controllo, appollaiato sulla ringhiera, e guardava l’aereo privato decollare.
Sorrise soddisfatto e poi prese il cellulare.
“Tom… si sono appena partiti. Certo che se la caveranno. Quei due insieme sono capaci di tutto, dovresti saperlo. Missione compiuta. Sì… penso che il Grande Capo sarà contento di noi. Ok, torno subito” disse mentre si avviava lungo il cornicione.
“Una nuova missione? La Kruger??? Questa sì che è una missione impossibile. No, è la donna meno propensa a farsi una famiglia che conosca… Il Grande Capo ha un progetto diverso? E questo sì che è un problema…”
La voce dell’uomo barbuto si perse nel vento, mentre la sua figura svaniva di colpo nel crepuscolo della sera.
 
                                                                                                                                                                    FINE
 
 

Angolino delle autrici
Maty: Carissime lettrici, siam giunti alla fine di questa lunga storia…
Chiara: Sì… tanto non ci crede nessuno che lo lasciamo così… che non si sa se torna a correre selvaggio per i campi, lungo la spiaggia battuta dalle onde…
Maty: E’ Bennuccio non il cavallo della Vidal ( per le più giovani cercate su youtube se non conoscete la famosa pubblicità). Comunque sei tu (e le lettrici che hanno votato per te) ad aver voluto questo finale. Perfida e cattiva Grimilde, dopo tutto quello che ha passato…bloccato su  una sedia a rotelle… forse. Io invece lo volevo splendido, splendente.
Chiara:  ma se nell’originaria storia n. 2 lo avevi accoppato definitivamente… se non fosse stato per me…
Maty: Sì, ma ora mica lo possiamo lasciare così…
Chiara: ed infatti ci vuole la storia n. 4!!
 
Maty e Chiara: dirvi grazie è poco, cari lettori e recensori. Grazie a voi ci siamo divertite un mondo a scrivere e condividere questa storiella. Un grazie enorme a chi ha  recensito (Furia, Afrika, Sophie,  Claddaghring, Marcellina, Marti, Djaly, Benni, Tinta, Chlo) a chi legge, a chi ha indicato la storia fra le preferite o seguite. Grazie davvero. Fra qualche tempo, ci conoscete ormai, ci sarà la storia n. 4. E faremo la conoscenza con una ragazza molto, molto particolare…
Bacio enorme a tutte.

Ben fantasmino: come sarebbe a dire che la storia è finita? Nessuno mi ha avvertito…che significa non servo più perché Ben non corsivo si è svegliato? Ingrate!! Tintaaaaa dove sei… vengo da te, queste due mi hanno scaricato.
 
Angolino poetico e Angolino Musicale: Visto che siamo arrivate alla fine (per modo di dire…) questa volta esageriamo…se Chiara ha la musica nel sangue, Maty ha la poesia nel cuore…quindi bando alle ciance e un  minimo di serietà…Ladies & Gentlemen:
 
 
Da ‘Il Profeta’ di Kahlil Gibran struggente e stupenda poesia sull’amicizia:
 
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
È il vostro campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
 Ed è la vostra mensa e il vostro focolare. Perché andate da lui con la vostra fame, e da lui rivolgete il vostro bisogno di pace.
Quando il vostro amico si confida con voi, non abbiate timore a dirgli "no", e non esitate a dirgli "si".
E quando è silenzioso il vostro cuore non cessi di ascoltare il suo; perché, senza bisogno di parole, nell'amicizia tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le speranze nascono e sono condivise, con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dal vostro amico, non rattristatevi; perché ciò che più amate in lui può diventare più chiaro in sua assenza, come per lo scalatore la montagna è più nitida se vista dalla pianura.
E non ci sia altro scopo nell'amicizia se non l'approfondimento dello spirito.
Perché l'amore che cerca altro dallo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti che cattura solo ciò che è vano.
E date il meglio di voi stessi per l'amico.
Se deve conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
Poiché che amico è il vostro, per cercarlo solo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Perché lui può colmare il vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E che nella dolcezza dell'amicizia ci siano sempre risate, e piaceri condivisi.
Perché nella rugiada delle piccole cose il cuore trova il suo mattino, e si ristora.
 
 
Peter Gabriel & Kate Bush Don’t Give Up (non arrenderti)
 
…Perché qualunque cosa succeda…come dice Otto a Tom “Certo che se la caveranno. Quei due insieme sono capaci di tutto, dovresti saperlo…”
 
Per ascoltarla

https://www.youtube.com/watch?v=uiCRZLr9oRw
in questa terra fiera siamo cresciuti forti lo siamo stati tutti insieme, mi è stato insegnato a combattere insegnato, a vincere, non avrei mai pensato che avrei potuto fallire, nessuna lotta lasciata o almeno così sembra sono un uomo i cui sogni l’hanno abbandonato ho cambiato la mia faccia, ho cambiato nome, ma nessuno ti vuole quando perdi non arrenderti perché hai amici non arrenderti non ti hanno ancora battuto non arrenderti so che sai farlo bene non arrenderti hai ancora noi non arrenderti perché da qualche parte c’è un posto a cui apparteniamo
riposa la tua testa ti preoccupi troppo andrà tutto bene quando i tempi si fanno difficili  tu puoi contare su di noi per favore non arrenderti non arrenderti perché hai amici non arrenderti non sei l’unico non arrenderti non c’è nessuna ragione di vergognarsi non arrenderti tu hai ancora noi non arrenderti adesso
siamo orgogliosi di quello che sei non arrenderti sai che non è mai stato facile non arrenderti perché credo ci sia un posto, c’è un posto a cui apparteniamo 

 
  
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