Cap.I - Where are you, tonight? - una pista promettente e… un villaggio da NON visitare!!!
nota
dell’autrice: ok, so che coloro che non sostengono la coppia Zel/Amy vorrebbero
poter saltare questo capitolo [ma non provate a saltare a piè pari e senza rimorsi
l’opera di tre mesi di lavoro è__è], ma se lo fate, poi non ci capirete più una
cicca di quel che accade dopo… comunque, se c’è qualcuno che non sostiene le
coppie L/G, A/Z e Philia/Valgarv, vorrei proprio sapere perché si è preso la
briga di leggere questa ff, la precedente e, spero, la prossima; mah, misteri
dell’animo umano. Comunque, questo capitolo (come del resto tutta la ff) non è
lemon, affatto, ma a chi dessero fastidio/imbarazzo scene di baci prolungati e
anche un po’ profondi, beh, allora temo che dovrà saltare un po’ di righe verso
metà-fine capitolo.
Arigatou,
gentili lettori, e buona lettura!
Ilune
Amelia
giocherellava distrattamente coi laccetti di raso che chiudevano l’estremità
della manica del lungo abito di velluto. La stoffa era morbida e vellutata tra
le sue dita, di un ricco color blu notte trapunto d’argento, che metteva in
risalto la sua pelle chiara e i capelli scuri. Si affacciò alla finestra,
respirando la ricca e fragrante aria di maggio. Era passato un anno dalla
conclusione dell’ultima pazza, spericolata, emozionante e pericolosa avventura
che aveva vissuto assieme al più eterogeneo gruppo immaginabile. Quattro umani,
di cui una Cavaliere di Cephied, due Dark Lords, altri due mazoku, un Drago
Ancestrale, un drago dorato. E una chimera. Zelgadiss.
Lo
sguardo della principessa cadde sulla città, sulle luci che si stendevano sotto
il balcone della sua camera come un firmamento rovesciato. La biblioteca era
semibuia, salvo per un puntolino di luce. Zelgadiss era ancora lì, a cercare e
spulciare quelle decine di migliaia di volumi. Probabilmente, Dessran lo stava
aiutando. L’insolito priest, quando aveva del tempo libero, cioè abbastanza
spesso, veniva a dare una mano a Zelgadiss nel cercare in quella caterva di
libri qualche traccia, indizio, riferimento per trovare la cura alla
maledizione che affliggeva la chimera, e i pomeriggi più belli per la
principessa erano quelli in cui si univa ai due nell’esaminare le pile di
libroni polverosi nelle sale più vecchie di questa o quella biblioteca di
Saillune.
Amelia
sospirò di nuovo. Quella sera doveva partecipare a una cena con degli ospiti,
il duca di Wilsther, la duchessa, e il loro figlio maggiore: un altro
pretendente alla sua mano. Negli ultimi due anni, molti giovani, e anche meno giovani,
esponenti della nobiltà della Penisola dei Demoni, e anche di molte zone
esterne, avevano chiesto la sua mano. Ma lei aveva sempre rifiutato, in un modo
o nell’altro. Non che mancassero i buoni partiti, anzi: giovani e affascinanti,
dai modi gentili e raffinati… ma non erano certo quello che lei desiderava.
-Principessa,
gli ospiti stanno aspettando…- la cameriera era venuta ad avvisarla. Amelia le
fece capire con un cenno della mano che aveva sentito, inspirò un’altra boccata
d’aria, e si preparò all’ennesima, noiosa cena.
-E
così, principe Philionel, i vostri maghi stanno lavorando al ripristino dei
sigilli su Saillune?-
-Si,
duca di Wilsther. Da quando due mazoku hanno distrutto parte delle mura magiche
con un’intera collina, i sigilli non sono più pienamente attivi, e da cinque
anni i maghi ci stanno lavorando. Oramai, dovrebbero avere quasi finito. Oh, ma
ecco arrivare Amelia!-
Philionel
e il duca stavano chiacchierando, in piedi accanto alla finestra, sorseggiando
un aperitivo. Il principe faceva un netto contrasto col duca: dal fisico
possente, malgrado l’età vicina alla cinquantina, coi folti capelli neri, e gli
occhi blu brillanti del Sacro Fuoco della Giustizia, come lui lo definiva,
faceva apparire ancora più cascanti le spalle del duca, incurvate su uno
stomaco prominente che denotava il vizio del vino. Il duca doveva aver superato
la sessantina da un pezzo, forse anche i settanta, giudicò Amelia. La duchessa,
pigue quanto il marito, sedeva su una poltrona, sorseggiando un bicchiere di vino
bianco e guardandosi attorno come stupita del lusso discreto e di buon gusto
che caratterizzava la reggia di Saillune. Venivano da territori esterni alla
barriera, e riusciva loro difficile pensare che un territorio rimasto isolato
così a lungo, alla mercè di demoni, draghi e altre potenti creature, fosse così
florido e stabile.
Lo
sguardo della principessa si posò poi sul pretendente, il figlio del duca.
Senza dubbio un bel ragazzo, alto e abbastanza prestante, coi capelli biondicci
eleganetemente arricciati sul collo e sulla fronte. Stringeva in mano un calice
quasi vuoto, ascoltando la conversazione del padre e del principe. Quando
Philionel si voltò per acogliere la figlia, il giovane si esibì in un sorriso
che, nelle sue intenzioni, doveva essere seducente, ma che alla principessa
parve molto stereotipato.
Sorridendo
timidamente, Amelia prese la mano che il padre le porgeva, facendo con lui
ingresso nella sala da pranzo.
Oh,
dei, come le detestava, quelle cene… ascoltare per ore i vanti o gli spoloqui
di nobili spesso incapaci di tenere desta la sua attenzione per più di qualche
minuto, gingillandosi col cibo, già sazia dopo l’antipasto e il primo…
Amelia
pregava con ardore che quella stramaledetta cena finisse presto, così lei
avrebbe potuto andare a cambiarsi, e magari scendere in città a dare una mano a
Zel e a Dess…
-Principessa
Amelia, a cosa state pensando?-
La
voce del figlio del duca, lord Stephan, la riscosse.
-Cos?
Ah, nulla di importante, lord Stephan. Sono solo un po’ stanca. -
-Comprendo.
Immagino che troviate noiosi i discorsi di politica dei nostri rispettivi
padri…-
Errore.
Ad Amelia, le questioni come la diplomazia e la politica interessavano,
sicuramente più di quel bellimbusto.
-Per
distrarvi, vorrei raccontarvi di quello che mi accadde non più di sei mesi fa.
Dunque, mi trovavo in viaggio con mia madre, ci stavamo recando in visita da
mia zia, la Contessa di Bathen, quando siamo stati aggrediti…-
-Ah-ah…-
Amelia fece un gesto cortese, come a invitarlo a continuare.
-D’improvviso,
la nostra carrozza, si rovesciò, e quando ne uscimmo, incontrammo un essere
spaventoso, con terribili zanne e bava gocciolante. Naturalmente, io lo
attaccai, e dopo una strenua lotta, coadiuvato dalle guardie della scorta,
riuscimmo a metterlo in fuga!-
-Ah,
capisco… era un demone molto potente?-
-De…
demone? N…no, no, per nostra fortuna, o non saremmo certo qui a raccontarlo…
era un troll, una pericolosa bestia molto rara che…-
-Ah,
solo un troll… niente di veramente pericoloso, allora…-
Amelia
si stava divertendo, ora, a sfotterlo, sotto l’educato velo di cortesia di una
civile conversazione. Annoiata, si inserì nella conversazione degli “adulti”.
-…così,
quando la barriera che vi isolava è inspiegabilmente caduta, noi…-
-No,
duca di Wilsther, non inspiegabilmente. È caduta perché uno dei Dark Lords che
l’aveva creata, Hellmaster Phibrizio, è morto. La battaglia contro di lui fu
così dura che i miei compagni ed io tememmo seriamente di non farcela…-
-Avevate
mandato dei maghi, dei soldati a quella battaglia, principessa?- si informò
cortesemente il duca.
-No.
C’ero io. Combattere Phibrizio fu più duro che battersi contro Garv Dragon
Chaos, alla Valle dei Draghi, anche se quella volta rischiai seriamente la
vita, ma per fortuna la presenza di Lina Inverse riuscì a ribaltare la
situazione, prima a nostro svantaggio…-
Amelia
aveva parlato tranquillamente, come di cose scontate. In tutta Saillune e in
mezza penisola sapevano che la principessa del regno della Magia Bianca era una
degli eroi che aveva contribuito alla distruzione di numerosi demoni. Ma i
duchi certo non lo sapevano. Si aspettavano la classica principessina da favola
della buonanotte, brava solo a ricamare, cantare e fare faccende da “donna”,
non certo una abile, colta, diplomatica maga con anni di guerre ai demoni alle
spalle.
Il
volto del duca si atteggiò in una smorfia di scetticismo, che però si affrettò
a nascondere.
Il
sorriso orgoglioso del Principe Philionel fugò ogni dubbio dal duca.
-Eh,
si, mia figlia e i suoi amici hanno salvato così tante volte il mondo, che
oramai temo di aver perso il conto! Il pezzo di Shabranigdo, il demone
Zanapher, Garv, Phibrizio, la Dark Star, di nuovo Phibrizio, l’anno scorso… per
non parlare di tutti i demoni minori, ma pursempre pericolosi, come quelli che
cinque anni fa si erano infiltrati a Saillune!-
-Beh,
papà, quando distrussero il pezzo di Shabranigdo, io non ero ancora nel gruppo.
La mia prima vera impresa con loro è stata la distruzione del demone Zannapher,
riportato in vita con una copia incompleta della Clear Bible da due demoni. -
ammise Amelia con (falsa) modestia.
Nel
frattempo, erano arrivati i caffè, e finalmente la cena ebbe termine; la
conversazione fu trasferita in un comodo salotto adiacente.
Per
i primi venti minuti, lord Stephan non aveva avuto quasi il coraggio di
rivolgere la parola ad Amelia, spiazzato dalle imprese compiute da lei, specie
a paragone con la sua, che ora gli appariva piccola e miseranda. Poi, dopo
quasi mezz’ora, riuscì a trovare il coraggio di invitarla a prendere una boccata
d’aria fuori, sul balcone.
Le
pesanti tende chiudevano dentro la conversazione dei genitori, e Amelia
desiderò che anche il ragazzo tornasse dentro, lasciandola sola in santa pace.
Ma il giovane nobile rimase lì sul terrazzo, malgrado lei desse ad intendere
che non voleva portare avanti una conversazione.
-Principessa,
voi credete nel destino?- le chiese alla fine, col tono del seduttore
incallito.
-No.
Il destino non esiste. Il nostro futuro ce lo creiamo con le nostre mani…-
rispose lei, in tono annoiato, senza neppure staccare lo sguardo dal panorama
che si apriva sotto di loro, i giardini reali.
-Io
invece si, ci credo. E credo che il nostro incontro sia stato voluto dal
destino…- fece per cingerle la vita con un braccio, ma Amelia si allontanò,
infastidita. Di tanti pretendenti che aveva rifiutato, questo era nella lista
dei dieci più sgradevoli e appiccicosi. Per tutta la serata, non aveva fatto
altro che cercare di prenderle la mano, cosa che lei non gli aveva più permesso
dopo l’iniziale baciamano.
-No,
non credo proprio…-
-Perché
dite così, principessa Amelia? Vi prego, accettate la mia corte… posso rendervi
felice, la donna più felice di questa terra…- era riuscito a passarle un
braccio attorno alla vita, e Amelia sentiva la mano del ragazzo scendere ben al
di sotto delle reni… decise che, se non si fosse staccato entre tre secondi, lo
avrebbe fritto con un Mono Volt.
-Stephan,
tolga subito le mani, o mi vedrò costretta a reagire in modo molto doloroso…-
disse a mezza voce, più che sufficiente però perché il nobile sentisse.
-Questo
polipo ti sta importunando, Amelia?- una voce alla sua sinistra la fece
voltare, lieta.
-Dessran!-
Il
priest galleggiava a mezz’aria davanti al balcone, la nera coda guizzante a
destra e a sinistra. Immediatamente, lord Stephan si staccò da Amelia.
-Ti
devo un favore…- sussurrò la ragazza al mazoku, che sorrideva apertamente.
-Tse
tse tse… non è educato, signor nobile, stringere così una ragazza che non lo
desidera…- disse in tono saccente, scuotendo la testa dai lunghi capelli
ribelli.
-Chi
siete, voi, per parlare così a dei nobili?- domandò irato il giovane Lord.
Dessran
sorrise di sbieco, mettendo in mostra uno dei canini, più lunghi di quelli
umani. Al chiaro di luna, le iridi nere si riempivano d’argento, e in mezzo spiccava
la fessura verticale della pupilla. Salì un poco, e entrambi gli umani sul
balcone poterono vedere che il mazoku era comodamente seduto sul suo bastone,
posto per traverso, che galleggiava a mezz’aria.
Nel
vedere le corna, la coda e gli artigli, oltre all’inquietante sorriso e agli
ancora più inquietanti occhi, lord Stephan sbiancò.
-Lord
Stephan, le presento un mio amico, Dessran, priest di Garv Dragon Chaos. Da
quando il suo capo si è dichiarato neutrale al conflitto bene-male, lui è
spesso a Saillune. Allora, Dess, come vanno le cose al Maryuu-ou castle?-
Amelia intavolò tranquillamente una conversazione col mazoku, sotto lo sguardo
allibito di Stephan.
-Non
male, ma nel complesso, come al solito. Qualche scaramuccia ogni tanto con
demoni senza padrone che vorrebbero, poveri illusi, tentare di spodestare il
capo, ma nulla di più. Philia ha finito di sistemare la sua collezione di
porcellane artistiche in un’ala prima in disuso… meglio non passarci prima di
andare a dormire, se non si vuole soffrire di incubi… Ah, si, Valgarv e Philia
stanno seriamente pensando ai fiori d’arancio, ma… io non ho detto nulla!!!-
strizzò l’occhio. Amelia rise.
-Zel
è ancora in biblioteca a leggere?-
-No,
l’ho convinto ad andare a casa a riposare. -
-Oh,
grazie… se non ci fossi tu, pianterebbe le tende, lì dentro…-
-Mi
ha detto di riferirti che, domani mattina, passerà alla biblioteca di palazzo,
ha bisogno di alcuni libri per dei riferimenti…-
-Benissimo!-
Amelia ora era raggiante.
-Ehm…
principessa, v-vogliamo rientrare? L-la sera si fa f-fresca…-
-Rientrate
pure, Stephan; io resterò a parlare con Dess ancora un poco…-
-M-ma…
un mazoku… voi…-
-Dess
è un amico. Andate pure, e se mio padre chiede di me, ditegli che sto parlando
con Dessran. - lo congedò Amelia. Stephan non potè fare altro che andarsene dal
balcone, senza la principessa.
-Grazie
mille, Dess, ti devo un altro favore!!!-
-Mh?-
-La
tua sola presenza ha fatto allontanare quel seccatore!-
-Beh,
comunque, per fortuna sono arrivato in tempo! Questo era il tuo trentesimo
pretendente?-
-Trentaseiesimo.
Ne ho fin qui. Ma perché vogliono TUTTI la mia mano… meno l’unico che vorrei
io?- sbuffò la ragazza.
-Oh,
non temere… io faccio il tifo per voi due, sto cercando di spingere Zel più che
posso… ma quel ragazzo è così testardo!-
-Io
continuo a sperare. Perché si fa tutti quei problemi sul suo aspetto fisico?
Oramai, a Saillune, metà della popolazione lo conosce, e non fa più caso alla
sua pelle di pietra!- sbuffò nuovamente la principessa.
-È
quello che gli dico sempre anche io… ma è più testardo di un mulo… Ma vedrai,
riuscirò a farlo dichiarare, fosse l’ultima cosa che faccio!- e, con una
strizzata d’occhio come saluto, sparì nell’aria.
-Oh,
se solo ci riuscissi…- sospirò Amelia, prima di rientrare.
Maryuu-ou Castle
-Uffa…
è ancora presto, per me, non ho il minimo sonno… anche perché ho dormito ieri…
chissà che non riesca a trovare qualcosa di interessante da leggere in
biblioteca…-
Dessran
non si illudeva troppo, probabilmente si sarebbe ridotto a rileggere per la trentesima
volta qualcuno dei suoi tomi preferiti, ma confidava nei libri lì accumulati, e
spesso dimenticati, da Valgarv e Garv, dall’edificazione del castello.
Quando
si materializzò in biblioteca, una gocciolina fece capolino dalla tempia: i
libri di un paio di scaffali giacevano, in disordine, accatastati l’uno
sull’altro, su uno dei tavoli, in pericolanti e traballanti pile. Avvertì
un’altra presenza oltre alla sua.
-Capo,
hai trovato quel che cercavi, o serve una mano?-
-No,
no, l’ho trovato. Come mai hai spostato questo libro nella sezione “storia”?-
-Beh…
dove dovevo mettere “Cronache di battaglie della Kouma Sensou”?-
-Nella
sezione “comici”: fa morire dal ridere, per le scempiaggini che riporta!-
(grazie, Eternal Fantasy, per la battuta! ^__^)
-Se
lo dici tu… -_-;;; Qui posso mettere a posto, o serve qualcos’altro?-
-No,
no, tutto ok. -
Garv
tornò a dedicarsi alla lettura, ridacchiando di tanto in tanto, stravaccato su
una enorme poltrona di pelle, con la schiena poggiata ad un bracciolo, e le
gambe sull’altro.
In
pochi minuti, Dessran aveva rimesso in ordine tutti i tomi, ne aveva scelto uno
che ancora non aveva letto, ed era sprofondato in un lungo divano di velluto
rosso con nappe e fiocchetti, uno dei “tocchi femminili” che Philia aveva
disseminato nelle stanze del castello.
Garv
richiuse il libro -Dove sei stato?- chiese, con curiosità.
-Come
al solito, a Saillune. Sto dando una mano a Zelgadiss nelle sue ricerche, e in
cambio, lui mi presta alcuni suoi libri di magia shamanica, e di altri argomenti.
È incredibile come, malgrado la giovane età, sia un vero e proprio pozzo di
informazioni. - Dessran era in grado di sostenere abilmente una conversazione,
e contemporaneamente leggere; una cosa da pochi. La sua lunga unghia laccata di
nero si fermò a metà pagina, Le sopracciglia corrugate in un chiaro segno di
perplessità, o forse concentrazione.
-“Sorgente
della giovinezza”… “ringiovanire”… ach, stupide tarme, perché dovevano
pasteggiare proprio con questo paragrafo…-
-Sorgente
della giovinezza? Non credo che ci sarebbe molto utile: noi mazoku siamo
immortali…-
-Lo
so, ma stavo pensando… BINGO!!!-
All’urlo
di gioia di Dessran, Garv fece un salto sulla poltrona.
-Non
si può sciogliere la maledizione, ma se si riporta il fisico di Zel indietro
con gli anni fino al momento della maledizione, come con un Reverse Time
gigantesco, allora, forse…- il priest cominciò a camminare avanti e indietro,
immerso nelle riflessioni -Capo, torno un attimo a Saillune!-
Attese
un cenno di assenso di Garv, prima di scomparire, eccitato come un bambino che
abbia trovato la mappa del tesoro.
Una
ricca sala da ballo, illuminata dal prezioso lampadario di cristallo…
La
musica dolce, lenta, proveniva da un’orchestra invisibile.
Amelia.
Avvolta
in un morbido abito color pesca, con un delizioso scollo a cuore, i capelli
fermati da un sottile diadema. Oh, dei, quanto era bella.
Lei
si avvicinò. Allungò una mano, sfiorando in una carezza gentile la guancia.
Zel
alzò una mano, stringendo nella sua quella sottile e aggraziata di Amelia.
Erano
mani umane. Entrambe.
-Hai
ottenuto ciò che volevi?-
-Si.
-
-Ora,
hai tutto quel che desideravi dalla vita, vero?-
-No.
-
-Cosa
ti manca, Zel?-
-Non
lo so. Ma so che qualcosa mi manca. -
-Allora
ti aiuterò a cercarlo. Vuoi ballare?-
-Si.
-
Cingere
quella vita sottile con braccia umane, sfiorare quella fronte lattea con
capelli veri, non fili metallici, sorridere con labbra morbide, e non coperte
di pietra…
Solo
loro due…
Il
paradiso…
-Umph…
ma guarda come sorride beato… scommetto che sta facendo un bel sogno, e che nel
sogno c’è la sua bella principessina… se lo sveglio adesso, è la volta buona
che mi becco una fireball nello stomaco… Oh beh, glie lo dirò domattina. -
Dessran si guardò un po’ attorno. Zelgadiss viveva, ommeglio, dormiva quando si
ricordava, in una stanza in una pensioncina familiare. In un angolo c’era una
vecchia poltrona sdrucita, su cui erano posati gli abiti della chimera. Dessran
li prese, li posò sulla sedia, e si accoccolò nella poltrona, storcendo un po’
il naso al leggero odore di muffa e di stantio che emanava il mobile, chiudendo
gli occhi nel leggero dormiveglia che spesso costituiva il suo sonno.
-Perché
parti? Avevi promesso che saresti rimasto…-
-Sono
rimasto, Helehita. Cinque anni non sono un giorno. È tempo che io vada. -
-Ma
perché?!? Cosa c’è, qui, che non va?-
-Sono
io che non vado. Io sono un demone. E voi siete elfi. Addio, piccola. -
Non poteva più restare lì. Lo tolleravano appena. I pregiudizi sulla sua razza erano più forti della gratitudine per aver salvato i nipoti del sovrano. La gratitudine era via via svanita. E ora, era tempo per lui di lasciare quella piccola oasi di felicità. Ancora una volta.
Con
un ultimo sguardo alle guglie snelle e quasi assurdamente slanciate della città
elfica, voltò le spalle alle piante secolari, addentrandosi nel bosco, diretto
ai confini, teletrasportandosi via.
Dessran
si svegliò di scatto, madido di sudore. Aveva sognato. Detestava sognare,
perché inevitabilmente erano ricordi; e ben pochi dei suoi ricordi erano dolci
e piacevoli. Quando andava bene, erano
intrisi della malinconica tristezza che non lo abbandonava mai, anche se si
sforzava di nasconderla sotto una maschera di ottimismo e buonumore.
Non
aveva mai raccontato a nessuno di quel mezzo decennio trascorso alla corte
reale di un regno elfico, anche se si trattava di uno dei periodi più sereni
della sua millenaria vita. Era un ricordo intriso di tristezza, la tristezza
dell’abbandono della serenità, dell’affetto e dell’amicizia offerto da sette
giovani elfi, sotto l’amara pressione del sospetto, dell’odio e della
diffidenza di un intero popolo elfico.
-Brutti
sogni?- gli chiese una voce, dalla porta.
-Tristi.
Ricordi tristi. C’è un po’ di caffè, Zel?-
Zelgadiss
gli passò una tazza pulita e il bricco del caffè.
-Come
mai qui? Credo che il tuo letto al Maryuu-ou Castle sia ben più confortevole di
quella vecchia poltrona muffita, per un pisolino…-
-Ho
trovato qualcosa di interessante. Dà un’occhiata a questo paragrafo. - gli
porse il libro. Zelgadiss scorse rapidamente la pagina, soffermandosi sul punto
rosicchiato dalle tarme.
-Se
riuscissimo a trovare questa fonte della giovinezza, ti basterebbe bagnarti lì,
per tornare giovane com’eri prima della metamorfosi. Come un gigantesco Reverse
Time!- Dessran spiegò rapidamente la sua teoria all’amico.
-Dess,
te l’ho mai detto che sei un grande?-
-Si,
una volta o due…^_^-
-Prepariamo
i bagagli!!!-
Anche
Zelgadiss era eccitato, adesso, quella gli pareva una pista davvero
promettente, l’idea pareva azzeccata, e la chimera non vedeva l’ora di mettersi
in viaggio!
-Aspetta,
dobbiamo avvertire Amelia. Se ce la filiamo alla chetichella senza dirle nulla,
non oso immaginare come reagirà…- lo frenò Dessran.
-Oh,
io lo immagino benissimo… ci correrà dietro, e ci dovremo sorbire ramanzine
sulla lealtà con gli amici, sulla giustizia e quant’altro per metà del
viaggio…-
Si
guardarono per un attimo in faccia, perfettamente consci di quello che sarebbe
significato…
-D’altra
parte, però, se glie lo diciamo, vorrà venire con noi…- riflettè Zel.
-In
un modo o nell’altro, ce la troveremo dietro, per cui è meglio farglielo sapere
direttamente, almeno ci risparmieremo le prediche sulla giustizia… e io mi
risparmierò un bel po’ di mal di stomaco…- osservò il mazoku.
-Giusto.
Bene, andiamo ad avvisarla, prepariamo i bagagli, e partiamo. - concordò la
shamano, posando la tazza di caffè ormai vuota sulla scrivania, e indossando il
lungo mantello beige.
Lungo
le scale incrociarono la padrona della pensione che puliva le scale, e che li
salutò allegramente. Zelgadiss la informò che sarebbe stato via un po’ di
tempo, non sapeva quanto, ma che avrebbe lasciato pagato per tre mesi, visto
che nella stanza teneva molta roba che non poteva portare con sé. La donna
assicurò che non ci sarebbe stato alcun problema, e poi riprese a pulire con
lena le scale di legno.
Le
guardie di palazzo ormai conoscevano la chimera dalla pelle di pietra e il
ragazzo con i cornini in testa, che girava scalzo anche con la neve alta, e li
lasciarono passare senza fermarli. Chi cercò invece di fermarli fu il Primo
Ministro, che aveva sempre giudicato le amicizie “plebee” della principessa
fortemente sconvenienti, ma Dess lo dribblò teletrasportando sé stesso e Zel
davanti alla porta degli appartamenti di Amelia.
-Credo
stia anora dormendo… è presto ancora…-
-Zel,
sono quasi le nove. Va bene che è una principessa, ma non credo, conoscendola,
che si alzi così tardi…-
Uno
scalpiccio di piedi dall’altra parte della porta precedette l’apertura della
stessa da parte della ragazza, già vestita di tutto punto.
-Zel,
Dess! Vi aspettavo più tardi!-
-Siamo
venuti a salutarti, Amelia: siamo in partenza per una pista promettente. -
spiegò Zelgadiss.
-Magnifico!
Aspettate due minuti che vado a mettermi gli abiti da viaggio, e partiamo!-
-Cosa
ti fa credere che vogliamo portarti con noi?- le chiese Zel, con un sorriso un
po’ sghembo.
-Semplice:
o mi portate con voi, o vi seguo io… e quando vi troverò, vi farò prediche su
come i veri amici non si lasciano indietro!- gli occhioni blu della principessa
erano già infiammati e stellati dal “sacro fuoco della giustizia”; i due
ragazzi si gurdarono un’attimo l’un l’altro, sbuffando.
-Te
l’avevo detto… dai, non sarà un problema, posso teletrasportare tutti e tre
senza problemi…-
-Se
per te va bene, Dessran…- Zelgadiss alzò lo sguardo al cielo -E va bene, ma fai
in fretta; dovrai anche avvisare tuo padre. Noi ti aspettiamo alla biblioteca
del palazzo. -
-Farò
in un lampo!- assicurò la principessa, prima di chiudere la porta e correre a
mettersi la comoda tuta bianca con mantello che usava in viaggio e per girare
in città.
-Allora,
fatto tutto? Presi i bagagli, avvisato il principe Philionel, Amelia, chiuso la
porta della camera, Zel?-
-Fatto
tutto, Dess. Possiamo andare. - Zel controllò per la sesta volta la lista delle
cose da fare, spuntate via via.
-Bene.
Si va con la prima tappa di teletrasporto!-
Un
istante dopo, il piccolo giardino circondato di cespugli, nel cuore del parco
del castello, era vuoto.
Siccome
il testo scovato da Dessran, rovinato dall’umidità e mangiucchiato dalle tarme,
non dava che indicazioni piuttosto vaghe sulla zona della fonte della
giovinezza, si era deciso di raggiungere la regione, normalmente a diversi mesi
di navigazione, e per di più nel Nuovo Continente, grazie al teletrasporto del
demone, e poi di cercarla a piedi con cura, una volta individuata la zona. Non
potendo però eseguire un unico balzo da Saillune, in cui tra l’altro i poteri
di Dess erano più deboli, fino all’altro continente, si era deciso di fare una
tappa fino alla punta più a ovest del regno di Ralteague, fermarsi lì a
riposare qualche ora, pranzare con calma, e affrontare il teletrasporto che li
avrebbe portati al di là del mare del pomeriggio, o anche la mattina sucessiva,
volendo.
L’ultima
persona che si aspettavano di trovarsi fronte era…
-OOOOOOHOHOHOHOHOHOOOO…Miseri
ladruncoli, vorreste forse derubare ME, la grande Naga del Serpente Bianco, la
migliore nonché più bella maga esistente sulla faccia della terra? OOOOOHOHOHOHOOOO… Black Shards!!!-
Un
nugolo di strali di energia nera saettarono a pochi centimetri dalle orecchie
dei tre viaggiatori, andando a far saltare in aria uno sfortunato gruppo di
banditi che aveva avuto la tanto stupida quanto sfortunata idea di molestare e
tentare di rapinare la più pettoruta e discinta maga della Penisola dei Demoni…
Una
gocciolina faceva capolino sulla tempia dei tre, mentre un sorrisetto isterico
era stampato sulle facce della principessa, della chimera e del mazoku.
-Un
tipo peperino, la sorella maggiore, eh, Amelia?-
-Eheh…
sapessi, Dess…-
-Dess,
perché, di grazia, con mille chilometri quadrati a disposizione TU CI VAI A
TELETRASPORTARE PROPRIO SULLA TRAIETTORIA DEGLI STRALI DI NAGA?!??!?!-
L’onda
d’urto dell’urlaccio dello shamano aveva spostato la lunga chioma di Dess, il quale
la sistemò passandoci, nervoso, le dita, e intanto ridacchiando come un
deficiente.
-Eheheh…
beh, ecco, questa zona di solito è deserta… io di solito controllo solo che non
si finisca sopra un lago, nelle sabbie mobili, e cose del genere…-
*GOCCIOLOOOONAAAAAA*
Amelia,
intanto, era corsa ad abbracciare la sorella maggiore, che quasi la soffocò nel
suo pettoruto abbraccio.
-Cavoli,
non mi dispiacerebbe essere al posto di Amelia, in questo momento… Quella donna
è un vero schianto!-
Zelgadiss
non rispose: aveva voltato la testa, rosso come un peperone, effetto che lo
prendeva ogni volta che incontrava Naga. La sorella maggiore di Amelia era
troppo simile alla sorellina, e a Zelgadiss venivano in mente ogni volta
sprazzi e visioni di una Amelia con indosso un “costumino” simile. Decise che
una volta finita questa avventura, bene o male che terminasse, si sarebbe
rivolto a un buon dottore. Di solito detestava gli strizzacervelli, ma in
questa situazione sentiva di averne un ASSOLUTO bisogno!
Una
volta venuta a conoscenza dei motivi che avevano portato fin lì la sorellina,
Naga decise seduta stante di unirsi al gruppo: tanto, spiegò, non aveva nulla
di importante da fare, nulla per lo meno di così interessante come si
prospettava quella avventura.
Mentre
Amelia e Naga parlavano, Dessran aveva estratto dalla dimensione astrale una
carta geografica della zona, e la stava esaminando assieme a Zelgadiss.
-Ecco,
noi siamo qui. - indicò una valletta -A circa quattro ore di cammino da qui,
oltre questa montagna, c’è un villaggio. Ho sentito dire che gli abitanti sono
molto ospitali e gentili. Possiamo fermarci lì per la cena e la notte, e
ripartire domani. Domattina eseguiremo il balzo da qui - indicò un punto ad
alcuni chilometri di distanza - a qua - e indicò la sponda dell’altro
continente.
-Scusa,
non potremmo teletrasportarci dalla zona del villaggio? O siamo troppi?-
-No,
il fatto è che, mi è stato riferito, pare che nella zona attorno al villaggio i
poteri demoniaci siamo molto meno forti. Credo a causa di qualche antico
sigillo magico…-
-Ma
tu non ne risentirai, ad avvicinarti troppo al villaggio, se è vero che lì c’è
qualcosa di dannoso per i mazoku?-
-Non
sono un lesser demon, sono un priest: posso resistere a cose che, per demoni di
classe inferiore, sarebbero letali. Inoltre, ho un’innata resistenza a buoni
sentimenti ed emanazioni positive, in virtù del fatto che, un tempo, ero un
essere umano. Allora, andiamo?-
-Va
bene. Amelia, Naga, ci incamminiamo? C’è un villaggio ideale per passare la
notte, ma dobbiamo metterci subito in cammino!-
Le
due ragazze li raggiunsero, e con passo tranquillo, come a una passeggiata,
affrontarono il largo e ben battuto sentiero che si inoltrava nelle macchie di
boschetti, inframezzati da pascoli, collinette, sporadici campi e zone incolte.
Teoricamente,
avrebbero potuto arrivare al villaggio in un istante, se Dessran avesse incluso
tutti nel suo teletrasporto, ma il mazoku aveva proposto di prendersela con
calma, fare una bella passeggiata, e godersi l’aria di primavera che pervadeva
l’aria. In fondo, aveva un po’ di ferie, e voleva godersele. Non che non
potesse andarsene a zonzo per la Penisola dei Demoni a suo piacimento: col
fatto che Garv aveva scoperto di non essere tornato in vita al 100% delle sue
forze potenziali, aveva deciso di starsene a “riposo” per un po’ di tempo, e di
ricorstituire la sua energia vitale al massimo; questo significava niente
casini, niente combattimenti contro draghi o altri demoni, niente a parte una
luuunga vacanza per tutti. Compreso Dessran, il cui unico compito era, quando
andava a zonzo, tenere le orecchie ben aperte sui movimenti di demoni e draghi,
e magari scovare, se capitava, armi magiche o particolarmente potenti, per la
collezione presente al Maryuu-ou Castle.
La
collezione di armi di Garv era stata fonte di meraviglia e di ammirazione per
il priest: armi di ogni tipo, foggia e stile, potenti e magiche o semplicemente
di pregio, o trofei di battaglie, ingombravano lo studio del Dark Lord. Philia
aveva preso in mano la situazione, e aveva provveduto a sistemarle tutte in due
vasti saloni, adiacenti alla sala del trono, vicino alla biblioteca. Aveva
messo “ai lavori forzati” tutti i demoni del castello, compreso Dessran, e
anche Valgarv e Garv, ma dopo un mese abbondante, ogni arma era ben esibita, su
sfondi di velluto che valorizzavano la fattura e la lavorazione, rette da
sostegni di pregevole fattura. Persino Garv aveva dovuto ammettere che così
stavano molto meglio che accatastate alla rinfusa nel suo studio. Al ricordo,
Dess sogghignò un poco.
Tutti
questi pensieri avevano preso talmente l’attenzione di Dessran, che quasi non
si accorse quando Naga gli si affiancò e gli rivolse la parola.
-Come?
Scusa, puoi ripetere? Ero sovrappensiero. -
-Dicevo,
tra Amelia e Zelgadiss, come vanno le cose? Si è evoluto qualcosa, in questo
anno e mezzo?-
-Macché.
Possiamo considerare positivo solo il fatto che lei ha rifiutato ogni proposta
di matrimonio dei vari pretendenti: è cotta di lui, ma quello zuccone ha la
testa davvero dura! La ama, di questo me ne sono accorto anche io, ma ritiene
di non essere la persona giusta per lei, teme di farla soffrire, eccetera
eccetera. Sembra non voler comprendere che Amelia non è tanto superficiale da
fermarsi all’aspetto fisico… ma se non si muovono, va a finire che perdo la
pazienza e gli do una bella spinta io, con i miei poteri. -
-I
tuoi poteri?-
Dess
sorrise di sbieco. Gli faceva un po’ strano poter fissare Naga negli occhi
senza abbassare la testa. Non era basso, anzi, pur avendo una corporatura
sottile, era piuttosto alto; ma la discinta maga era una delle ragazze più alte
che gli fosse mai capitato di conoscere. Nel suo sorriso si insinuò una nota
divertita.
-Io
sono un demone della lussuria. Posso scatenare la lussuria nelle persone e
negli animali, e indirizzarla come io desidero. Posso estenderla in modo
generalizzato… generando un’orgia. Oppure indirizzarla su una persona, in modo
che si senta attratta da me in modo irresistibile. Infine, manipolando in modo
differente il mio potere, posso spingere due persone l’una nelle braccia
dell’altro, travolti dalla passione. - ridacchiò, nel vedere l’espressione
stupita di Naga -Non ho mai usato questo mio potere in modo molto esteso. Non
credo che esista qualuno più imbranato di me, in questo campo… se si eccettua
Zel, credo!- indicò l’amico, che camminava dietro di lui, con un cenno del
pollice.
-Beh,
io voglio che Amelia sia felice, e se per fare questo Zelgadiss si deve
dichiarre a lei, beh, allora, parola mia, ci riuscirò!-
-Sai,
da quel che mi ha raccontato Lina, credevo tu volessi tutti gli uomini ai tuoi
piedi, e tutta la loro attenzione su di te. Invece, ora non mi sembra…-
-Beh,
in linea di massima, rispetto le “prede altrui”; voglio dire, se loro
spontaneamente vengono da me, pur essendo occupati, non mi importa molto, ma
non credo che cercherei di conquistare un uomo di un’altra… specie se l’altra è
mia sorella!-
-Naga,
tu dici “conquistare”… ma un uomo ti ha mai “conquistata”? Voglio dire, ti sei
mai innamorata?-
-Ma
che razza di domande che vengono da un demone!- la bruna si finse seccata; poi,
con una gigantesca manata sulla schiena di Dessran, che gli fece quasi perdere
l’equilibrio, sorrise, in modo sensuale. -Vuoi la verità? No. E non mi
interessa neanche. Le persone diventano strane, quando si innamorano. Diventano
burattini nelle mani di chi tiene il loro cuore, e io non sarò mai il burattino
di nessuno! OOOhohohohohohohohoooo!-
-Ok,
ma, per favore, non ridermi nell’orecchio!- Dess si sturò l’orecchio, mezzo
assordato, con un dito.
Poco
dopo, il sentiero cominciò a salire molto, come pendenza, e nessuno parlò più:
Naga e Amelia perché erano a corto di fiato, Zelgadiss perché immerso nei suoi
pensieri, e Dessran perché trovava assai interessante scrutare i suoi compagni
di viaggio, e cercare di indovinare cosa passasse nelle loro teste. Dopo un
poco, anche al mazoku cominciò a mancare il fiato, cosa che lo impensierì non
poco.
-Ragazzi,
aspettate un momento…- disse, estraendo la carta geografica e individuando la
loro posizione attuale, grazie a dei riferimenti come montagne e corsi d’acqua
-Siamo ancora a circa dieci chilometri dal villaggio, eppure c’è tanta energia
positiva da indebolirmi… se non avessi una componente di base umana,
probabilmente non tollererei queste emanazioni…-
-Di
che emanazioni si tratta? Io mi sento benissimo…- chiese Amelia.
-Logico:
tu, come umana, non ne risenti in maniera negativa; inoltre, essendo cresciuta
nella capitale della magia bianca, hai un’innata sensibilità alle emanazioni
positive, e le emani tu stessa. Per questo ti senti in sintonia con quelle che
pervadono l’ambiente circostante. Invece io, essendo costituito di energia
negativa, sono in totale dissonanza. Se non fossi un priest, e quindi di alta
potenza, probabilmente non riuscirei ad avvicinarmi più di così…- spiegò
Dessran, ripiegando la carta e riponendola nella dimensione astrale.
-Dess,
se vuoi, cerchiamo un altro villaggio, o possiamo anche dormire all’addiaccio:
se non ti fa bene stare in zona…-
-No,
Zel, posso resistere tranquillamente, a parte un po’ di nausea. Però è strano,
neanche Saillune mi dà quest’effetto, e sì che Saillune ha dei sigilli
anti-mazoku… adesso sono davvero curioso di sapere cosa c’è lì. Magari
quest’informazione potrebbe venire utile in futuro! Su, andiamo!- e, recuperato
il bordone, infilzato nel terreno, Dess riprese a camminare.
Andando
avanti, Dessran avvertiva in maniera crescente le emanazioni positive che lo
aggredivano, quasi fisicamente, entrando in dissonanza con la sua essenza
demoniaca, e indebolendola. Ma, imperterrito e testardo, la curiosità
stuzzicata, continuava ad avanzare. Dietro di lui, Amelia e Naga arrancavano
sul ripido sentiero; Zelgadiss chiudeva la fila, per nulla stanco, per
assicurarsi che nessuna delle due rimanesse indietro.
Arrivarono
sul crinale verso le tre, dopo una sosta per un frugale pranzo. Da lassù, il
villaggio era chiaramente visibile.
-Per
gli occhi di fuoco di Shabranigdo! Zel, dammi un pizzicotto, perché credo di
stare sognando di brutto!!!- esclamò Dessran, giunto per primo sul crinale,
intento a scrutare la valle. La chimera lo raggiunse con poche, rapide falcate,
seguito da Amelia e Naga che, stufe di camminare, avevano deciso di ricorrere
alla levitazione per superare l’ultimo, erto tratto di strada infida e sassosa.
Anche
Zelgadiss aguzzò lo sguardo, proteggendosi gli occhi dalla luce abbacinante del
sole con la mano protesa. E anche a lui uscì un rantolo di sorpresa…
-Lina!
E… Naga! A decine! Dozzine!!!! Ma… come sono vestite?-
Sotto
di loro si stendeva uno spettacolo quantomai inquietante: il villaggio era
costituito da un centinaio di casette, linde e ordinate. Gli uomini erano
relativamente pochi, forse erano nei campi che si stendevano dietro, o nei
boschi a fare legna. Ma le donne…
Il
novanta per cento erano ragazze sui venti-ventidue anni, o basse, minute, e dai
capelli rossi, o alte, formose, e dalla lunga chioma nera. Tutte portavano
abiti che né Naga né Lina avrebbero mai indossato: pieni di fronzoli, con
graziosi grembiulini e morbide gonne, casti e coprenti; ornate di nastri e fiori,
le ragazze portavano i capelli intrecciati in trecce, lasciate sciolte o
raccolte intorno alla testa; qualcuna portava i capelli più corti, altre li
avevano più lunghi di Lina o Naga. Ma, inequivocabilmente, erano indentiche a
loro.
-Ragazzi,
che succede? Perché vi siete fermati?- chiese Amelia, atterrando accanto a
Zelgadiss.
-Beh,
siete libere di non crederci, ma laggiù c’è un villaggio pieno di ragazze
identiche a Naga e a Lina… anche se indossano vestiti che Lina morirebbe prima
di metterli…- rispose Zel, lo sguardo di chi ha appena visto qualcosa di
orribile e che vorrebbe dimenticare…
-Oh
dei…- mormorò Naga -Ma allora era vero… hanno fondato un villaggio…-
-Chi,
Naga?- chiese Amelia, volgendosi verso la sorella.
-Alcuni…
alcuni anni fa, io e Lina trovammo uno specchio, capace di creare un duplicato
speculare di chi si specchiava… dopo un po’ di casini con un uomo che voleva
creare delle nostre copie ai suoi ordini, lo specchio è andato in frantumi…e da
ognuno di essi è nata una copia mia o di Lina… ma al contrario! Sono
terribilmente buone, gentili, premurose, caste, pure e arrendevoli, pensano che
con l’amore e l’amicizia si possa convertire il mondo intero… Lina e io siamo
scappate di corsa. Pensavamo si fossero disperse per il mondo, e invece… avevo sentito
dire di un villaggio di filantrope, ma speravo…- era sbiancata.
-Un
villaggio pieno di Line con un buon carattere? Questa non me la voglio proprio
perdere!- esclamò Zelgadiss.
-Non
potremmo girare alla larga?-
-No
no no!- lo shamano pareva estremamente divertito, ora, dalla situazione
-Amelia, andiamo?-
La
principessa non se lo fece ripetere: ovunque, pur di stare con Zel!
Dess
fece buon viso a cattiva sorte -Dai, sarà divertente!- disse, prendendo
sottobraccio Naga e trascinandola giù per il sentiero…
Secondo
voi, com’è entrare in un villaggio popolato di ragazze identiche a voi, ma
terribilmente buone, dolci, premurose, da far cariare i denti?
Malgrado
le proteste di Amelia, Dessran e Naga si chiusero nelle rispettive stanze,
nella locanda, rifiutandosi di uscire. La shamano e la principessina rimasero
da soli, a gironzolare per il villaggio.
-Se
non lo vedessi con i miei occhi, giuro, non ci crederei. In quel negozio di
dolci, la Lina alla cassa mi ha fatto persino uno sconto!- constatò Zelgadiss,
uscendo da una pasticceria reggendo in mano un sacchetto pieno di pastarelle
alle mandorle e un altro di biscotti al caffè. Passò il primo ad Amelia, e
iniziò a sgranocchiare distrattamente un biscotto.
-E’
assurdo, vero? Sembra un sogno…-
-O
un incubo?-
-Non
so… per Naga sembra essere l’incubo peggiore di tutti. Si è chiusa nella nostra
camera, e non ha voluto saperne di uscirne.
Sai,
Zel, mi sarei aspettata che ti precipitassi alla biblioteca della città, o
quantomeno nei negozi che vendono libri…-
-Ho
chiesto: non ci sono biblioteche, qui, e l’unico negozio che vende libri ha
solo romanzetti rosa…-
Il
pomeriggio scese, lentamente. Zelgadiss e Amelia gironzolarono ancora un po’
senza meta per la città, ommeglio, Amelia gironzolava per i negozi, trascinando
Zel, che si trovò a dover farle da “portapacchi”…
-Amelia, ma cosa te ne fai di dieci camice da
notte tutte uguali?-
-Ma
dai, Zel, erano così carine, con tutti quei cuoricini e fiocchi rosa! Oh, che
carino!- Amelia aveva inchiodato davanti a una vetrina di biancheria -Aspettami
qui, Zel!-
Non
che ci fosse bisogno di dirglielo: ce lo vedreste Zelgadiss entrare in un
negozio di biancheria intima femminile?
Molto
più tardi… (ora di cena)
-Dess,
Naga è ancora in camera?-
-Si.
Ha detto che si fa portare su qualcosa. -
Zelgadiss,
Dessran e Amelia erano seduti nella sala da pranzo della locanda, e stavano
cenando. Naga non si era fatta vedere… ommeglio, la Naga originale, perché la
metà delle cameriere del locale erano copie di Naga.
Dessran
si alzò da tavola dopo poco, non aveva veramente bisogno di mangiare, e gli era
venuta una buona idea…
-Vado
a vedere come sta. - disse, salendo le scale e dirigendosi al piano di sotto.
Bussò alla porta della camera di Naga e Amelia, entrando quando lei gli gridò
che poteva farlo.
Sul
tavolo da toalette giaceva il vassoio, precedentemente contente la cena, pieno
di piatti sporchi. Naga sedeva a gambe incrociate sul letto matrimoniale, e
stava facendo un solitario con un mazzo di carte.
-Naga,
senti io avrei un’idea, però ho bisogno della tua collaborazione. -
-Di
che si tratta?- chiese lei, distogliendo appena lo sguardo dal gioco.
-Più
tardi, quando Amelia e Zelgadiss verranno su a dormire, dovranno trovare una
delle due camere occupata da noi due… -
Naga
alzò lo sguardo, distogliendo l’attenzione totalmente dal gioco di carte per
concentrarla su Dessran -Intendi dire che dovremmo far creder loro che
stiamo…?-
-Esatto.
Non vorranno disturbarci, e visto che queste erano le ultime stanze libere
della locanda, dovranno dormire nella stessa stanza. Una piccola spintarella,
non molto, quel tanto che basta a scatenare una tremenda voglia di baci e
coccole varie, dovrebbe bastare a far crollare quella zuccaccia dura di
Zelgadiss, e a far felice Amelia. Naturalmente, questo dovrà rimanere segreto
tra noi due, o è la volta buona che Zelgadiss mi manda all’altro mondo con un
Ra-Tilt formato gigante…-_^ -
-D’accordo!-
esclamò Naga -In quale camera li facciamo finire, in questa che ha il letto
matrimoniale, o nell’altra coi letti singoli?-
-Ci
andiamo a mettere noi nell’altra, Naga?- chiese con aria maliziosa il mazoku.
Sorriso malizioso replicato anche dal volto di Naga -Per me va bene… facciamoli
stare comodi…-
Quando,
un’oretta dopo, lo shamano e la principessa tornarono nelle loro camere, si
trovarono davanti a una imbarazzante sorpresa…
La
camera con i due letti singoli, destinata a Zelgadiss e a Dessran, aveva la
porta chiusa a chiave… dall’altra parte del solido pannello di legno, si
sentivano dei ritmici scricchiolii attribuibili a uno dei due letti, e,
saltuariamente, qualche sospiro…
…
Sileeeeenziooooooo
dei due…
*piccolo
corvo con scia di puntini in background*
…
un
gridolino di piacere più forte, l’inconfondibile voce acuta di Naga, dalla
stanza chiusa.
*ARROSSSSSSS*
dei due…
-Amelia…
-
-Zel…
pensi anche tu quello che penso io?-
-Credo
di si… e credo anche che non sia il caso di disturbarli…
Come
faccio, io, ora?-
-Eh?
In che senso?-
-Dove
vado a dormire, visto che la camera l’hanno occupata quei due, e a giudicare
dai rumori, non sembra che le libereranno presto?-
…
Silenzio
tra i due. Amelia arrossì come un pomodoro, e mormorò qualcosa. Solo grazie al
suo finissimo udito di chimera Zel potè udire cosa la ragazza aveva detto:
-Beh… c’è sempre l’altra camera…-
Fu
il turno di Zel di arrossire. Scuotendo le mani davanti a sé, si allontanò di
un passo da Amelia. -Ma sei impazzita? Se tuo padre lo venisse a sapere, io…
tu… insomma…-
-Oh,
avanti, come pensi che lo venga a sapere? E poi, non dobbiamo fare altro che
dormire, solo ed esclusivamente dormire… Abbiamo già dormito nella stessa
stanza, ricordi?- disse lei, alludendo a quella volta, dopo la gara canora,
quando Zel si era dovuto rifugiare in camera di lei per sfuggire alle fans
esagitate.
Amelia
si sentiva strana, audace; come disinibita da quel velo di imbarazzo che le
provocava sempre il cercare di parlare da sola con Zelgadiss di loro due.
-Ma
ma ma…-
-Dai,
avanti!- Amelia lo prese per mano, e lui si lasciò trascinare nella camera, non
senza essersi guardato intorno, pieno di ansia.
Nel
frattempo, nella camera di Dess e Naga…
-Bingo!
Fase uno del piano, riuscita in pieno! Non si sono accorti dell’infiltrazione
del mio potere!- gongolò Dessran, staccandosi dalla porta, a cui era rimasto
vicino, per poter meglio influenzare i due. Naga, in ginocchio sul letto, fece
un altro paio di mezzi saltelli sulle ginocchia, facendo scricchiolare un po’
la struttura.
-Hai
recitato benissimo, Naga!- si complimentò con lei il mazoku.
-Oh,
figurati, è stato facilissimo. Avrei pagato non so quanto, per vedere la faccia
di quei due!- sogghignò la mora. Anche Dess sorrise.
-Oh,
e vedrai domattina, che facce faranno quando li andremo a chiamare… Mmm… no,
forse è meglio di no…- ci ripensò poi -Bene, Dess, al lavoro!- si fece
scrocchiare le dita, e si lasciò cadere sul letto, chiudendo gli occhi per
concentrarsi meglio. Ora, era la parte del suo corpo risiedente nel piano
astrale a muoversi, spostandosi nella zona di Lato Astrale parallela alla
camera di Amelia.
Nel
piano astrale, Dessran era molto diverso. Avendo ricevuto energia demoniaca da
due Dark Lords diversi, non aveva una forma fissa e precisa; l’energia
demoniaca che lo aveva trasformato da umano a mazoku gli aveva conferito un
aspetto quasi mostruoso, ma vagamente umanoide, con lunghe braccia muscolose e
gambe terminanti in piedi di felino. Ma l’energia che Garv gli aveva innestato
nel potenziarlo e trasformarlo in suo subordinato gli aveva dato le sembianze
di una viverna. Ora, nel Piano Astrale, lui ondeggiava in queste due forme,
talvolta trovandosi in forma ibrida.
Adesso,
per esempio, aveva bisogno del potere della Lussuria conferitogli da Phibrizio,
quindi la sua forma era più umanoide, malgrado il volto vagamente felino, le
doppie corna, le ali membranose e la coda cornuta lo facessero apparire ben
poco affine alla lussuria.
Spostandosi
di qualche metro, allungò le mani, iniziando a disegnare qualcusa nell’aria. Un
lucore rossastro proveniva dalle linee tracciate nell’aria del Piano Astrale, a
delineare uno schema sinuoso e intrecciato. Dessran stava elaborando e
incanalando in maniera controllata e specifica il suo potere, e anche nel Lato
materiale le sue mani dalle lunghe unghie nere si muovevano delicatamente,
tracciando una versione in scala ridotta dello strano simbolo.
Naga
lo osservava, in silenzio. Capiva che non doveva essere facile per il demone
calibrare così attentamente il suo potere, né troppo, né troppo poco. Ma
sembrava che stesse riuscendoci alla grande, malgrado tutto.
Nella
camera a fianco, Zelgadiss si era voltato dall’altra parte quando Amelia era
andata dietro al paravento per mettersi in pigiama. La chimera si era tolta il
mantello, la casacca a maniche lunghe, i guanti e le scarpe. Il suo pigiama era
rimasto nell’altra stanza, per cui avrebbe dovuto dormire vestito.
In
preda a pensieri più o meni imbarazzanti, compreso quello che avrebbe detto a
Dessran l’indomani, non si accorse che Amelia aveva finito di cambiarsi, ed era
uscita da dietro il paravento.
-Zel,
tu non ti cambi?-
-Ehm…
no, il mio pigiama è rimasto di là… - si lasciò cadere sul letto, cercando di
non guardare come la corta camicia da notte di Amelia le ondeggiava attorno
alle ginocchia. “Non devo”, si ripeteva, “non devo”. “Anzi, stanotte dormo
sulla poltrona”. Peccato che la poltrona presente in precedenza nella stanza
era stata preventivamente spostata nell’altra stanza da Dessran, poco prima
^_^!
Quando
anche Amelia si sedette sul letto, dall’altra parte, Zelgadiss si alzò, andò
verso l’armadio e, dopo avervi frugato un po’, ne estrasse una coperta. Sotto
lo sguardo interrogativo di Amelia, ci si avvolse, e si sedette con la schiena
poggiata al fianco del letto, volgendole le spalle.
***
(d’ora in poi, i tre asterischi indicano un “contemporaneamente” nel Piano
Astrale, n.d.Ilune)
-Mapporc…
zuccaccia dura!- sbuffò Dessran. Zelgadiss era molto poco influenzabile dai
suoi poteri, il suo fortissimo autocontrollo riusciva ad avere la meglio sui
pensieri che i poteri del priest solleticavano. Pur non interrompendo il flusso
dell’incantesimo sullo shamano, Dessran decise di concentrarne di più su
Amelia, molto più facilmente influenzabile da quel punto di vista. ***
Amelia
rimase ferita nel vedere come Zelgadiss avesse deciso di passare la notte.
Perché si ostinava a comportarsi così?
Gattonando
sul letto fino alla parte opposta, si stese poi per traverso, cingendo con le
braccia il collo di Zelgadiss, e poggiando la testa sulla sua spalla. Zelgadiss
non reagiva… beh, non era certo quello che lei sperava, ma sempre meglio di
quel che invece aveva temuto…
Zelgadiss
era immobile, come paralizzato. Dentro di sé, due istinti di base si
combattevano: spostarsi, interrompere quel contatto… o ricambiarlo. Nel
frattempo, lì, rosso come un pomodoro, sentiva le morbide braccia di Amelia
sulla sua pelle di pietra. Aspirava il suo profumo, dolce, leggermente
speziato; gli ricordava la fragola e la cannella. Alzò una mano, come a voler
ricambiare con una carezza sul braccio quel tenero abbraccio…
***Dess
gongolava***
Ma
la vista della sua pelle di pietra, con le scaglie più scure in rilievo, lo
colpì quasi fisicamente. La pelle di un mostro, pensò amaramente. Lasciò
ricadere la mano, come disgustato dalla sua stessa vista. Santo cielo, come
faceva Amelia? Come faceva anche solo a tollerare di toccarlo?
Si
alzò di scatto in ginocchio, allontanandosi dal letto e dalla coperta…
*SDONK*
…
*Gocciolone
di Zelgadiss*
Quando
lui si era spostato, Amelia non aveva fatto a tempo a ritirarsi, e, sbilanciata
com’era, era caduta a faccia a terra.
-…ahia…-
gemette lei, con una vocina sottile sottile.
Siccome
dopo diversi infruttuosi tentativi di rialzarsi, tutto quello che Amelia era
riuscita ad ottenere era un naso ancora più dolorante per le cadute a faccia a
terra (e qui, sulle cadute, ci metto la mano sul fuoco che c’entra lo zampino di
Dessran ^_^ n.d.Ilune), Zelgadiss la prese per le braccia e la tirò su…
ommeglio, cercò di tirarla su, perché all’improvviso si sbilanciò anche lui,
data la posizione di equilibrio precario, proteso in avanti, che aveva assunto
per evitare ad Amelia un’altra capocciata. Non avendo fatto i conti con la
forza di gravità (e con una spintarella di Dessran al suo corpo astrale, nel
Piano Astrale), sia lui, sia Amelia si ritrovarono a terra!
Amelia
pensò per un attimo di essere in Paradiso: un attimo prima, non riusciva a
rialzarsi dalla ridicola posizione in cui era caduta; un attimo dopo, ed era
lunga distesa su Zelgadiss!
-Ehm…
Amelia… puoi spostarti?- Zelgadiss stava diventando molto, mooooolto rosso.
Sentiva su di sé il live peso di Amelia, il suo corpo morbido sopra il suo di
pietra. Beh, la sua pelle poteva essere di pietra, ma dentro era ancora un
uomo, e la reazione che il corpo di qualsialsi uomo avrebbe avuto in un simile
frangente lo stava gettando nel più profondo imbarazzo.
Per
fortuna, Amelia si spostò un po’, e Zelgadiss si alzò a sedere. Stava per
scostare la ragazza, ma lo sguardo di lei, fisso sul suo volto, lo bloccò. Era
seria. Seria come raramente, forse mai l’aveva vista. Seria e risoluta. Strano
come quell’espressione non stonasse su quel visino dolce, si sorprese a pensare
Zelgadiss.
-Zelgadiss,
noi dobbiamo parlare. - disse, risoluta, posando la mano sinistra sulla destra
di Zel -Parlare di noi due, e di quello che c’è-
-No.
Non di quello che c’è. Di ciò che tu pensi ci sia. -
Amelia
tacque. Zelgadiss sapeva d’averla ferita, ma doveva mettere le cose in chiaro.
-Tu pensi di amarmi; ma è solo un infatuazione; lo sappiamo entrambi. -
-No,
Zelgadiss. Non è vero, e tu lo sai. - replicò lei, cercando di apparire sicura,
ricacciando indietro le lacrime che già lottavano per uscire.
“E’
vero” disse una vocina detro Zelgadiss “non è un’infatuazione, sono quasi due
anni che ti aspetta, rifiutando ogni altro pretendente: tanti, tantissimi
uomini belli e affascinanti…”
-La
questione è un’altra. - continuava Amelia -Io ti amo, ma voglio, ho bisogno di
sapere davvero se TU, almeno un poco… almeno un poco, mi ami…-
Zelgadiss
fece per parlare, ma sulle sue labbra appena socchiuse si posarono le dita di
Amelia.
-Ti
prego… dimmelo solo se ne sei davvero sicuro… non voglio dover soffrire ancora
inutilmente…- l’espressione risoluta non era sparita, ma Zelgadiss poteva
vedere delle lacrime pronte a sgorgare, negli occhi blu della ragazza.
“Basta”
decise “ha ragione, stavolta devo essere sincero, sul serio”. Era ora di
finirla con queste frasi lasciate a metà, malintesi, e tutto il resto. E se era
davvero vicino alla soluzione del suo problema, allora non poteva e non voleva
permettersi di perdere Amelia.
Negli
occhi di Zelgadiss, Amelia poteva leggere la risoluzione, ferma e decisa, e per
un attimo si chiese se quella era risoluzione a…
Le
braccia di Zelgadiss si mossero quasi da sole, a circondare Amelia e a
stringerla a sé.
Amelia
poteva sentire sotto le dita, attraverso il tessuto sottile della canottiera,
la pelle di Zelgadiss. Checché lui ne dicesse, a lei piaceva. Non era fredda
come vera pietra, lei poteva sentirla viva… il volto poggiato sul petto di lui,
poteva udire il battito del suo cuore, il respiro sui suoi capelli…
-E’
un “si”, Zel?- chiese, speranzosa.
-Amelia,
io… voglio essere sincero con te. Ti amo, è vero…- Zelgadiss vide Amelia
sussultare, sorridere e stringersi a lui -Ma… non mi sento in grado di renderti
davvero felice, finché-
-Finché
non avrai recuperato il tuo aspetto umano?- lo interruppe lei -Zel, io non amo
la parte esterna di te… cioè, anche quella - arrossì -ma ti amo per come sei
dentro. Credi davvero che io sia tanto superficiale da fermarmi all’aspetto
esteriore?- sorrise, accarezzandogli il volto, infilando le dita tra le ciocche
di capelli, e traendo da essi riflessi color glicine alla luce calda delle
candele poggiate sui comodini, che illuminavano dolcemente la stanza. -E poi,
io ti trovo fantastico anche così!- sorrise di nuovo.
Zelgadiss
arrossì, mormorando qualcosa.
-Mai
stata più seria. - fu la risposta di Amelia, appena poco più forte di lui. Posò
di nuovo la testa sul petto di Zelgadiss, desiderando che quell’istante durasse
per sempre.
-Vedrai,
questa sarà la volta buona, Zel. Me lo sento. -
-Lo
spero tanto, Amelia. Davvero. Ma non per me… ma per te. Perché ti meriti di più
che amare un mostro…- sotto lo sguardo severo di Amelia, Zelgadiss si corresse,
prima che la ragazza attaccasse una scherzosa (o forse no?) ramanzina sulla
bellezza interiore, e simili .-…anche se dentro sono ancora un uomo. Io non
voglio importi nulla, finché non sono sicuro di poterti rendere felice…-
Amelia
si alzò un poco, guardandolo dritto negli occhi -Ma allora non è penetrato in
questa zucca dura?- fece “toc toc” scherzosamente sulla testa di Zelgadiss, che
la fissava con un enorme punto interrogativo, corredato di gocciolina appesa,
fisso sulla testa. Amelia sorrise, e Zelgadiss si sentì sciogliere dentro,
nella consapevolezza che quel sorriso dolcissimo era per lui, e solo per lui.
-Io
sono felice solo se tu sei con me. E non sono le parole di una ragazzina alla
prima cotta; sono le parole di una giovane donna innamorata…-
-Oh,
Amelia…-
Erano
vicini, vicinissimi, tanto che le ciocche di capelli, s’intrecciavano l’une
nelle altre…
***-Dai
dai dai… dai che ci siamo…-Dessran, dal piano astrale, si sentiva un po’ in
colpa a spiarli così, ma d’altra parte non ne potreva più di aspettare. Vedeva
davanti a sé anche due sagome traslucide, color biancastro, esili: erano i
corpi astrali di Zelgadiss e Amelia. Erano collegati ai corpi materiali
dell’altro Lato, e sapeva anche che una piccola spintarella al corpo astrale si
sarebbe ripercossa anche nel lato materiale del mondo, sul corpo materiale…***
La
distanza si annullò, mentre le loro labbra si incontrarono… dapprima solo esse,
poi le bocche che si cercavano, le
lingue che si intrecciavano in una sinuosa danza d’amore…
***-Evvai!
Finalmente!- Dessran fece una capriola su sé stesso, battendo le mani
soddisfatto. -Bene, direi che adesso possono continuare da soli; lascerò un
pochino della mia influenza su di loro, ma adesso torno sul Lato Materiale…-***
Amelia
non avrebbe mai neanche potuto immaginare che un bacio potesse essere così
dolce, eppure tanto intenso. Sentiva la lingua di Zel sfiorarle i denti e il palato,
il suo alito caldo che si mescolava al suo. Si staccarono appena, per
riprendere fiato; poi Amelia riprese a baciarlo, con la punta delle labbra,
mordicchiando dolcemente il labbro inferiore di lui, per poi insinuare la
lingua tra le labbra di Zelgadiss, e tornando a intrecciarla alla sua…
“Come
fanno?”, si chiese per un istante Zelgadiss, “come fanno i nostri corpi a
sapere cosa fare, quando è la prima volta per entrambi?”, mentre stringeva a sé
Amelia, come timoroso che lei gli sparisse tra le braccia. Sentiva le dita
sottili della ragazza infilate tra i suoi capelli, che accarezzavano dolcemente
la testa, soffermandosi poi a giocherellare con la punta delle orecchie, e
scendendo poi sul collo e sulle guance.
Quando
poi si staccarono, molti baci e carezze dopo,
Amelia non parlò, ma il suo sguardo, dolcissimo e irraggiante felicità
come un piccolo sole, valeva più di mille parole.
Nell’altra
stanza, intanto…
-Allora?
Come è andata?- chiese Naga, quando il corpo di Dessran smise di farsi
intermittente a tratti, e il mazoku si rialzò a sedere.
-Alla
grande: Zel si è dichiarato, e adesso sono lì che si sbaciucchiano. Missione
compiuta, Naga!- Dess fece il segno della vittoria con le dita.
Mattino
successivo…
Nella
camera col letto matrimoniale, la luce entrava attraverso gli scuroni di legno
socchiusi. Amelia era sveglia, e sentiva un piacevole tepore. Aprì un occhio, e
la prima cosa che vide, fu la schiena muscolosa di Zelgadiss, coperta solo
dalla canottiera. Il ragazzo dormiva su un fianco, e Amelia stese il braccio
destro, posando sul fianco di Zel.
Nel
sonno, lui si girò, voltandosi prima sulla schiena, e poi verso Amelia, che si
rannicchiò accanto a lui.
Dopo
un poco, però, non riuscendo più davvero a dormire, e notando che non era più
proprio prestissimo, decise di svegliare Zelgadiss, sebbene a malincuore, dato
che dormiva di gusto.
-Zel…
Zel, sveglia… dobbiamo ripartire…- sussurrò piano. Niente da fare: Zelgadiss
era, stranamente, addormentato di brutto. Sorridendo con aria maliziosa, la
principessina si tirò sù sul gomito sinistro, e cominciò il suo “programma di
sveglia dolce”…
Zelgadiss
non dormiva profondamente, era in dormiveglia, e quando aveva sentito Amelia
parlare, si era svegliato del tutto. Ma non voleva che la giornata cominciasse,
e che quel piccolo idillio mattutino finisse, quindi aveva finto di dormire.
Adesso poteva sentire le dita di Amelia scorrere sulla pelle di pietra del suo
viso, accarezzando dolcemente quelle scaglie in rilievo che lui tanto
detestava, sfiorarlo sulle labbra coi polpastrelli, e poi scendere giù lungo il
mento, fino al collo e al pomo d’Adamo, per poi risalire fino alle tempie. Era
una deliziosa autotortura restare immobile, fingersi addormentato, sotto quel
tocco dolce, innocente e sensuale allo stesso tempo. Quando poi sentì le labbra
morbide e calde di Amelia sulle sue, ogni sua finzione cadde: ricambiando il
bacio, prima a fior di labbra, poi più profondo, la strinse a sé, trattenendola
su di sé, e passando le dita tra i nerissimi, sericei capelli.
-Buongiorno,
Zel… piaciuta la sveglia?-
-Buo…buongiorno,
Amelia…-le sorrise, imbarazzato. -Vorrei potermi svegliare tutti i giorni
così…- disse poi, arrossendo delle sue stesse parole. Amelia gli regalò un
altro di quei suoi sorrisi dolcissimi, fatti solo per lui, baciandolo sulla
guancia -Certo! Sarà ogni mattina così, se tu vorrai, Zel… amore mio…- le
ultime due parole le sussurrò, quasi temesse fossero troppo fragili, delicate
come le ali di una farfalla, e che dicendole a voce troppo alta si sarebbero
frantumate per sempre.
La
sala da pranzo della locanda era inondata dalla luce del sole, che creava
delicati giochi di luci e trasparenze con le sottili tendine di garza e
fiocchetti alle finestre. Dessran beveva una tazza di tè, mentre Naga
spazzolava via una paio di uova, bacon, salsicce e succo di frutta. Si voltò
appena quando intravide con la coda dell’occhio Amelia e Zelgadiss scendere le
scale. Amelia teneva Zel per mano, e lo shamano pareva un po’ imbarazzato nel
farsi vedere così dai due amici. Ma questi si astennero da qualsialsi commento,
intuendo che le battutine erano l’ultima cosa ottimale al rapporto tra i due.
-Buon
giorno! Venite, adesso chiamo la cameriera, che porti la colazione anche a voi.
Appena finito partiamo. - disse tranquillamente Dessran -Ho anche trovato un
passaggio su un carro di fieno fino alla prossima città, se ci sbrighiamo. -
Amelia
e Zelgadiss si sedettero a tavola, mentre una donna (che, stranamente, non era
un clone né di Naga né di Lina) portava altre uova con bacon e salsiccia, succo
di frutta, alcuni frutti e del caffè.
Terminata
la colazione, pagato il conto e recuperati i pochi bagagli, uscirono in strada,
dove il “passaggio” ottenuto da Dessran li stava aspettando abbeverando il
mulo.
Era
un grosso carro carico di fieno fragrante di montagna, che doveva essere
portato fino a una valle vicina dove, a detta di Dessran, il campo di
emanazioni positive si indeboliva abbastanza da permettergli di teletrasporare
tutti e quattro.
Seduti
sul retro del carro, sprofondati nel fieno soffice, parlavano del più e del
meno, o osservavano il cielo, di un intensissimo color azzurro calendula.
-Zel,
cosa farai, dopo aver recuperato l’aspetto umano?- chiese Naga. Zelgadiss parve
pensieroso. Scoccò un’occhiata ad Amelia, che la ricambiò con un tacito
messaggio: non ancora.
-Non
so… ho passato così tanto tempo a cercare la cura alla maledizione inflittami
da Rezo, è stato il mio chiodo fisso per tanto tempo, e tutto il resto pareva
tanto piccolo e insignificante, a confronto… chissà, potrei anche stabilirmi da
qualche parte, “mettere radici”… anche se non riesco a immaginarmi in versione
“pantofolaio”… - ridacchiò al pensiero.
-Sarei
davvero curiosa di vederti in veste da camera e pantofole, Zel!- esclamò
Amelia, ridendo. Immerse nel fieno, le loro mani si incontrarono, e le dita si
intrecciarono.
-Beh,
hai ragione, Amelia, sarei davero una strana visione! Non sono mai stato un
tipo stanziale e tranquillo, nemmeno da bambino!- si rannuvolò -Non ho mai
avuto una vera casa, da bambino. Rezo viveva praticamente nei vari circoli di
magia delle più grandi città, per i quali vagava alla ricerca di una cura per
la sua cecità. - detto ciò, s’azzittì, rimanendo cupo. Amelia si pentì
immediatamente dell’accenno “pantofolaio” che aveva causato quel momento di
tristezza. Come a volerlo confortare, si appoggiò a lui, dissimulando tra il
fieno cedevole, stringendogli di più la mano.
A
quel tocco delicato, ma deciso, Zelgadiss sentì la sua malinconia disperdersi:
Amelia era il sole che dissipava le amare nuvole del rimpianto, della tristezza
e dei cupi ricordi di un’infanzia trascorsa senza amici, e con pochi
conoscenti. Sorrise ad Amelia, che gli sorrise di rimando. Si accostò di più a
lei, sprofondando nel fieno profumato e chiudendo gli occhi, godendo del tepore
del sole, del profumo dell’aria e della vicinanza di Amelia, che, col suo
amore, lo faceva sentire bene come mai, nella sua vita, era mai stato.