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Autore: Ilune Willowleaf    31/01/2005    1 recensioni
Una fanfic breve in 4 capitole più antefatto, che segue Gods War. La crescita spirituale e la presa di coscienza dei propri sentimenti di Zelgadiss, che finalmente ammetterà i suoi sentimenti per Amelia... Consigliato a tutti i fan della coppia A/Z!!!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quest of Souls

Cap.I - Where are you, tonight? - una pista promettente e… un villaggio da NON visitare!!!

 

nota dell’autrice: ok, so che coloro che non sostengono la coppia Zel/Amy vorrebbero poter saltare questo capitolo [ma non provate a saltare a piè pari e senza rimorsi l’opera di tre mesi di lavoro è__è], ma se lo fate, poi non ci capirete più una cicca di quel che accade dopo… comunque, se c’è qualcuno che non sostiene le coppie L/G, A/Z e Philia/Valgarv, vorrei proprio sapere perché si è preso la briga di leggere questa ff, la precedente e, spero, la prossima; mah, misteri dell’animo umano. Comunque, questo capitolo (come del resto tutta la ff) non è lemon, affatto, ma a chi dessero fastidio/imbarazzo scene di baci prolungati e anche un po’ profondi, beh, allora temo che dovrà saltare un po’ di righe verso metà-fine capitolo.

Arigatou, gentili lettori, e buona lettura!

Ilune

 

 

Amelia giocherellava distrattamente coi laccetti di raso che chiudevano l’estremità della manica del lungo abito di velluto. La stoffa era morbida e vellutata tra le sue dita, di un ricco color blu notte trapunto d’argento, che metteva in risalto la sua pelle chiara e i capelli scuri. Si affacciò alla finestra, respirando la ricca e fragrante aria di maggio. Era passato un anno dalla conclusione dell’ultima pazza, spericolata, emozionante e pericolosa avventura che aveva vissuto assieme al più eterogeneo gruppo immaginabile. Quattro umani, di cui una Cavaliere di Cephied, due Dark Lords, altri due mazoku, un Drago Ancestrale, un drago dorato. E una chimera. Zelgadiss.

Lo sguardo della principessa cadde sulla città, sulle luci che si stendevano sotto il balcone della sua camera come un firmamento rovesciato. La biblioteca era semibuia, salvo per un puntolino di luce. Zelgadiss era ancora lì, a cercare e spulciare quelle decine di migliaia di volumi. Probabilmente, Dessran lo stava aiutando. L’insolito priest, quando aveva del tempo libero, cioè abbastanza spesso, veniva a dare una mano a Zelgadiss nel cercare in quella caterva di libri qualche traccia, indizio, riferimento per trovare la cura alla maledizione che affliggeva la chimera, e i pomeriggi più belli per la principessa erano quelli in cui si univa ai due nell’esaminare le pile di libroni polverosi nelle sale più vecchie di questa o quella biblioteca di Saillune.

Amelia sospirò di nuovo. Quella sera doveva partecipare a una cena con degli ospiti, il duca di Wilsther, la duchessa, e il loro figlio maggiore: un altro pretendente alla sua mano. Negli ultimi due anni, molti giovani, e anche meno giovani, esponenti della nobiltà della Penisola dei Demoni, e anche di molte zone esterne, avevano chiesto la sua mano. Ma lei aveva sempre rifiutato, in un modo o nell’altro. Non che mancassero i buoni partiti, anzi: giovani e affascinanti, dai modi gentili e raffinati… ma non erano certo quello che lei desiderava.

-Principessa, gli ospiti stanno aspettando…- la cameriera era venuta ad avvisarla. Amelia le fece capire con un cenno della mano che aveva sentito, inspirò un’altra boccata d’aria, e si preparò all’ennesima, noiosa cena.

 

-E così, principe Philionel, i vostri maghi stanno lavorando al ripristino dei sigilli su Saillune?-

-Si, duca di Wilsther. Da quando due mazoku hanno distrutto parte delle mura magiche con un’intera collina, i sigilli non sono più pienamente attivi, e da cinque anni i maghi ci stanno lavorando. Oramai, dovrebbero avere quasi finito. Oh, ma ecco arrivare Amelia!-

Philionel e il duca stavano chiacchierando, in piedi accanto alla finestra, sorseggiando un aperitivo. Il principe faceva un netto contrasto col duca: dal fisico possente, malgrado l’età vicina alla cinquantina, coi folti capelli neri, e gli occhi blu brillanti del Sacro Fuoco della Giustizia, come lui lo definiva, faceva apparire ancora più cascanti le spalle del duca, incurvate su uno stomaco prominente che denotava il vizio del vino. Il duca doveva aver superato la sessantina da un pezzo, forse anche i settanta, giudicò Amelia. La duchessa, pigue quanto il marito, sedeva su una poltrona, sorseggiando un bicchiere di vino bianco e guardandosi attorno come stupita del lusso discreto e di buon gusto che caratterizzava la reggia di Saillune. Venivano da territori esterni alla barriera, e riusciva loro difficile pensare che un territorio rimasto isolato così a lungo, alla mercè di demoni, draghi e altre potenti creature, fosse così florido e stabile.

Lo sguardo della principessa si posò poi sul pretendente, il figlio del duca. Senza dubbio un bel ragazzo, alto e abbastanza prestante, coi capelli biondicci eleganetemente arricciati sul collo e sulla fronte. Stringeva in mano un calice quasi vuoto, ascoltando la conversazione del padre e del principe. Quando Philionel si voltò per acogliere la figlia, il giovane si esibì in un sorriso che, nelle sue intenzioni, doveva essere seducente, ma che alla principessa parve molto stereotipato.

Sorridendo timidamente, Amelia prese la mano che il padre le porgeva, facendo con lui ingresso nella sala da pranzo.

 

Oh, dei, come le detestava, quelle cene… ascoltare per ore i vanti o gli spoloqui di nobili spesso incapaci di tenere desta la sua attenzione per più di qualche minuto, gingillandosi col cibo, già sazia dopo l’antipasto e il primo…

Amelia pregava con ardore che quella stramaledetta cena finisse presto, così lei avrebbe potuto andare a cambiarsi, e magari scendere in città a dare una mano a Zel e a Dess…

-Principessa Amelia, a cosa state pensando?-

La voce del figlio del duca, lord Stephan, la riscosse.

-Cos? Ah, nulla di importante, lord Stephan. Sono solo un po’ stanca. -

-Comprendo. Immagino che troviate noiosi i discorsi di politica dei nostri rispettivi padri…-

Errore. Ad Amelia, le questioni come la diplomazia e la politica interessavano, sicuramente più di quel bellimbusto.

-Per distrarvi, vorrei raccontarvi di quello che mi accadde non più di sei mesi fa. Dunque, mi trovavo in viaggio con mia madre, ci stavamo recando in visita da mia zia, la Contessa di Bathen, quando siamo stati aggrediti…-

-Ah-ah…- Amelia fece un gesto cortese, come a invitarlo a continuare.

-D’improvviso, la nostra carrozza, si rovesciò, e quando ne uscimmo, incontrammo un essere spaventoso, con terribili zanne e bava gocciolante. Naturalmente, io lo attaccai, e dopo una strenua lotta, coadiuvato dalle guardie della scorta, riuscimmo a metterlo in fuga!-

-Ah, capisco… era un demone molto potente?-

-De… demone? N…no, no, per nostra fortuna, o non saremmo certo qui a raccontarlo… era un troll, una pericolosa bestia molto rara che…-

-Ah, solo un troll… niente di veramente pericoloso, allora…-

Amelia si stava divertendo, ora, a sfotterlo, sotto l’educato velo di cortesia di una civile conversazione. Annoiata, si inserì nella conversazione degli “adulti”.

-…così, quando la barriera che vi isolava è inspiegabilmente caduta, noi…-

-No, duca di Wilsther, non inspiegabilmente. È caduta perché uno dei Dark Lords che l’aveva creata, Hellmaster Phibrizio, è morto. La battaglia contro di lui fu così dura che i miei compagni ed io tememmo seriamente di non farcela…-

-Avevate mandato dei maghi, dei soldati a quella battaglia, principessa?- si informò cortesemente il duca.

-No. C’ero io. Combattere Phibrizio fu più duro che battersi contro Garv Dragon Chaos, alla Valle dei Draghi, anche se quella volta rischiai seriamente la vita, ma per fortuna la presenza di Lina Inverse riuscì a ribaltare la situazione, prima a nostro svantaggio…-

Amelia aveva parlato tranquillamente, come di cose scontate. In tutta Saillune e in mezza penisola sapevano che la principessa del regno della Magia Bianca era una degli eroi che aveva contribuito alla distruzione di numerosi demoni. Ma i duchi certo non lo sapevano. Si aspettavano la classica principessina da favola della buonanotte, brava solo a ricamare, cantare e fare faccende da “donna”, non certo una abile, colta, diplomatica maga con anni di guerre ai demoni alle spalle.

Il volto del duca si atteggiò in una smorfia di scetticismo, che però si affrettò a nascondere.

Il sorriso orgoglioso del Principe Philionel fugò ogni dubbio dal duca.

-Eh, si, mia figlia e i suoi amici hanno salvato così tante volte il mondo, che oramai temo di aver perso il conto! Il pezzo di Shabranigdo, il demone Zanapher, Garv, Phibrizio, la Dark Star, di nuovo Phibrizio, l’anno scorso… per non parlare di tutti i demoni minori, ma pursempre pericolosi, come quelli che cinque anni fa si erano infiltrati a Saillune!-

-Beh, papà, quando distrussero il pezzo di Shabranigdo, io non ero ancora nel gruppo. La mia prima vera impresa con loro è stata la distruzione del demone Zannapher, riportato in vita con una copia incompleta della Clear Bible da due demoni. - ammise Amelia con (falsa) modestia.

Nel frattempo, erano arrivati i caffè, e finalmente la cena ebbe termine; la conversazione fu trasferita in un comodo salotto adiacente.

 

Per i primi venti minuti, lord Stephan non aveva avuto quasi il coraggio di rivolgere la parola ad Amelia, spiazzato dalle imprese compiute da lei, specie a paragone con la sua, che ora gli appariva piccola e miseranda. Poi, dopo quasi mezz’ora, riuscì a trovare il coraggio di invitarla a prendere una boccata d’aria fuori, sul balcone.

Le pesanti tende chiudevano dentro la conversazione dei genitori, e Amelia desiderò che anche il ragazzo tornasse dentro, lasciandola sola in santa pace. Ma il giovane nobile rimase lì sul terrazzo, malgrado lei desse ad intendere che non voleva portare avanti una conversazione.

-Principessa, voi credete nel destino?- le chiese alla fine, col tono del seduttore incallito.

-No. Il destino non esiste. Il nostro futuro ce lo creiamo con le nostre mani…- rispose lei, in tono annoiato, senza neppure staccare lo sguardo dal panorama che si apriva sotto di loro, i giardini reali.

-Io invece si, ci credo. E credo che il nostro incontro sia stato voluto dal destino…- fece per cingerle la vita con un braccio, ma Amelia si allontanò, infastidita. Di tanti pretendenti che aveva rifiutato, questo era nella lista dei dieci più sgradevoli e appiccicosi. Per tutta la serata, non aveva fatto altro che cercare di prenderle la mano, cosa che lei non gli aveva più permesso dopo l’iniziale baciamano.

-No, non credo proprio…-

-Perché dite così, principessa Amelia? Vi prego, accettate la mia corte… posso rendervi felice, la donna più felice di questa terra…- era riuscito a passarle un braccio attorno alla vita, e Amelia sentiva la mano del ragazzo scendere ben al di sotto delle reni… decise che, se non si fosse staccato entre tre secondi, lo avrebbe fritto con un Mono Volt.

-Stephan, tolga subito le mani, o mi vedrò costretta a reagire in modo molto doloroso…- disse a mezza voce, più che sufficiente però perché il nobile sentisse.

-Questo polipo ti sta importunando, Amelia?- una voce alla sua sinistra la fece voltare, lieta.

-Dessran!-

Il priest galleggiava a mezz’aria davanti al balcone, la nera coda guizzante a destra e a sinistra. Immediatamente, lord Stephan si staccò da Amelia.

-Ti devo un favore…- sussurrò la ragazza al mazoku, che sorrideva apertamente.

-Tse tse tse… non è educato, signor nobile, stringere così una ragazza che non lo desidera…- disse in tono saccente, scuotendo la testa dai lunghi capelli ribelli.

-Chi siete, voi, per parlare così a dei nobili?- domandò irato il giovane Lord.

Dessran sorrise di sbieco, mettendo in mostra uno dei canini, più lunghi di quelli umani. Al chiaro di luna, le iridi nere si riempivano d’argento, e in mezzo spiccava la fessura verticale della pupilla. Salì un poco, e entrambi gli umani sul balcone poterono vedere che il mazoku era comodamente seduto sul suo bastone, posto per traverso, che galleggiava a mezz’aria.

Nel vedere le corna, la coda e gli artigli, oltre all’inquietante sorriso e agli ancora più inquietanti occhi, lord Stephan sbiancò.

-Lord Stephan, le presento un mio amico, Dessran, priest di Garv Dragon Chaos. Da quando il suo capo si è dichiarato neutrale al conflitto bene-male, lui è spesso a Saillune. Allora, Dess, come vanno le cose al Maryuu-ou castle?- Amelia intavolò tranquillamente una conversazione col mazoku, sotto lo sguardo allibito di Stephan.

-Non male, ma nel complesso, come al solito. Qualche scaramuccia ogni tanto con demoni senza padrone che vorrebbero, poveri illusi, tentare di spodestare il capo, ma nulla di più. Philia ha finito di sistemare la sua collezione di porcellane artistiche in un’ala prima in disuso… meglio non passarci prima di andare a dormire, se non si vuole soffrire di incubi… Ah, si, Valgarv e Philia stanno seriamente pensando ai fiori d’arancio, ma… io non ho detto nulla!!!- strizzò l’occhio. Amelia rise.

-Zel è ancora in biblioteca a leggere?-

-No, l’ho convinto ad andare a casa a riposare. -

-Oh, grazie… se non ci fossi tu, pianterebbe le tende, lì dentro…-

-Mi ha detto di riferirti che, domani mattina, passerà alla biblioteca di palazzo, ha bisogno di alcuni libri per dei riferimenti…-

-Benissimo!- Amelia ora era raggiante.

-Ehm… principessa, v-vogliamo rientrare? L-la sera si fa f-fresca…-

-Rientrate pure, Stephan; io resterò a parlare con Dess ancora un poco…-

-M-ma… un mazoku… voi…-

-Dess è un amico. Andate pure, e se mio padre chiede di me, ditegli che sto parlando con Dessran. - lo congedò Amelia. Stephan non potè fare altro che andarsene dal balcone, senza la principessa.

-Grazie mille, Dess, ti devo un altro favore!!!-

-Mh?-

-La tua sola presenza ha fatto allontanare quel seccatore!-

-Beh, comunque, per fortuna sono arrivato in tempo! Questo era il tuo trentesimo pretendente?-

-Trentaseiesimo. Ne ho fin qui. Ma perché vogliono TUTTI la mia mano… meno l’unico che vorrei io?- sbuffò la ragazza.

-Oh, non temere… io faccio il tifo per voi due, sto cercando di spingere Zel più che posso… ma quel ragazzo è così testardo!-

-Io continuo a sperare. Perché si fa tutti quei problemi sul suo aspetto fisico? Oramai, a Saillune, metà della popolazione lo conosce, e non fa più caso alla sua pelle di pietra!- sbuffò nuovamente la principessa.

-È quello che gli dico sempre anche io… ma è più testardo di un mulo… Ma vedrai, riuscirò a farlo dichiarare, fosse l’ultima cosa che faccio!- e, con una strizzata d’occhio come saluto, sparì nell’aria.

-Oh, se solo ci riuscissi…- sospirò Amelia, prima di rientrare. 

 

 

Maryuu-ou Castle

-Uffa… è ancora presto, per me, non ho il minimo sonno… anche perché ho dormito ieri… chissà che non riesca a trovare qualcosa di interessante da leggere in biblioteca…-

Dessran non si illudeva troppo, probabilmente si sarebbe ridotto a rileggere per la trentesima volta qualcuno dei suoi tomi preferiti, ma confidava nei libri lì accumulati, e spesso dimenticati, da Valgarv e Garv, dall’edificazione del castello.

Quando si materializzò in biblioteca, una gocciolina fece capolino dalla tempia: i libri di un paio di scaffali giacevano, in disordine, accatastati l’uno sull’altro, su uno dei tavoli, in pericolanti e traballanti pile. Avvertì un’altra presenza oltre alla sua.

-Capo, hai trovato quel che cercavi, o serve una mano?-

-No, no, l’ho trovato. Come mai hai spostato questo libro nella sezione “storia”?-

-Beh… dove dovevo mettere “Cronache di battaglie della Kouma Sensou”?-

-Nella sezione “comici”: fa morire dal ridere, per le scempiaggini che riporta!- (grazie, Eternal Fantasy, per la battuta! ^__^)

-Se lo dici tu… -_-;;; Qui posso mettere a posto, o serve qualcos’altro?-

-No, no, tutto ok. -

Garv tornò a dedicarsi alla lettura, ridacchiando di tanto in tanto, stravaccato su una enorme poltrona di pelle, con la schiena poggiata ad un bracciolo, e le gambe sull’altro.

In pochi minuti, Dessran aveva rimesso in ordine tutti i tomi, ne aveva scelto uno che ancora non aveva letto, ed era sprofondato in un lungo divano di velluto rosso con nappe e fiocchetti, uno dei “tocchi femminili” che Philia aveva disseminato nelle stanze del castello.

Garv richiuse il libro -Dove sei stato?- chiese, con curiosità.

-Come al solito, a Saillune. Sto dando una mano a Zelgadiss nelle sue ricerche, e in cambio, lui mi presta alcuni suoi libri di magia shamanica, e di altri argomenti. È incredibile come, malgrado la giovane età, sia un vero e proprio pozzo di informazioni. - Dessran era in grado di sostenere abilmente una conversazione, e contemporaneamente leggere; una cosa da pochi. La sua lunga unghia laccata di nero si fermò a metà pagina, Le sopracciglia corrugate in un chiaro segno di perplessità, o forse concentrazione.

-“Sorgente della giovinezza”… “ringiovanire”… ach, stupide tarme, perché dovevano pasteggiare proprio con questo paragrafo…-

-Sorgente della giovinezza? Non credo che ci sarebbe molto utile: noi mazoku siamo immortali…-

-Lo so, ma stavo pensando… BINGO!!!-

All’urlo di gioia di Dessran, Garv fece un salto sulla poltrona.

-Non si può sciogliere la maledizione, ma se si riporta il fisico di Zel indietro con gli anni fino al momento della maledizione, come con un Reverse Time gigantesco, allora, forse…- il priest cominciò a camminare avanti e indietro, immerso nelle riflessioni -Capo, torno un attimo a Saillune!-

Attese un cenno di assenso di Garv, prima di scomparire, eccitato come un bambino che abbia trovato la mappa del tesoro.

 

Una ricca sala da ballo, illuminata dal prezioso lampadario di cristallo…

La musica dolce, lenta, proveniva da un’orchestra invisibile.

Amelia.

Avvolta in un morbido abito color pesca, con un delizioso scollo a cuore, i capelli fermati da un sottile diadema. Oh, dei, quanto era bella.

Lei si avvicinò. Allungò una mano, sfiorando in una carezza gentile la guancia.

Zel alzò una mano, stringendo nella sua quella sottile e aggraziata di Amelia.

Erano mani umane. Entrambe.

-Hai ottenuto ciò che volevi?-

-Si. -

-Ora, hai tutto quel che desideravi dalla vita, vero?-

-No. -

-Cosa ti manca, Zel?-

-Non lo so. Ma so che qualcosa mi manca. -

-Allora ti aiuterò a cercarlo. Vuoi ballare?-

-Si. -

Cingere quella vita sottile con braccia umane, sfiorare quella fronte lattea con capelli veri, non fili metallici, sorridere con labbra morbide, e non coperte di pietra…

Solo loro due…

Il paradiso…

 

-Umph… ma guarda come sorride beato… scommetto che sta facendo un bel sogno, e che nel sogno c’è la sua bella principessina… se lo sveglio adesso, è la volta buona che mi becco una fireball nello stomaco… Oh beh, glie lo dirò domattina. - Dessran si guardò un po’ attorno. Zelgadiss viveva, ommeglio, dormiva quando si ricordava, in una stanza in una pensioncina familiare. In un angolo c’era una vecchia poltrona sdrucita, su cui erano posati gli abiti della chimera. Dessran li prese, li posò sulla sedia, e si accoccolò nella poltrona, storcendo un po’ il naso al leggero odore di muffa e di stantio che emanava il mobile, chiudendo gli occhi nel leggero dormiveglia che spesso costituiva il suo sonno.

 

-Perché parti? Avevi promesso che saresti rimasto…-

-Sono rimasto, Helehita. Cinque anni non sono un giorno. È tempo che io vada. -

-Ma perché?!? Cosa c’è, qui, che non va?-

-Sono io che non vado. Io sono un demone. E voi siete elfi. Addio, piccola. -

Non poteva più restare lì. Lo tolleravano appena. I pregiudizi sulla sua razza erano più forti della gratitudine per aver salvato i nipoti del sovrano. La gratitudine era via via svanita. E ora, era tempo per lui di lasciare quella piccola oasi di felicità. Ancora una volta.

Con un ultimo sguardo alle guglie snelle e quasi assurdamente slanciate della città elfica, voltò le spalle alle piante secolari, addentrandosi nel bosco, diretto ai confini, teletrasportandosi via.

 

Dessran si svegliò di scatto, madido di sudore. Aveva sognato. Detestava sognare, perché inevitabilmente erano ricordi; e ben pochi dei suoi ricordi erano dolci e piacevoli. Quando andava  bene, erano intrisi della malinconica tristezza che non lo abbandonava mai, anche se si sforzava di nasconderla sotto una maschera di ottimismo e buonumore.

Non aveva mai raccontato a nessuno di quel mezzo decennio trascorso alla corte reale di un regno elfico, anche se si trattava di uno dei periodi più sereni della sua millenaria vita. Era un ricordo intriso di tristezza, la tristezza dell’abbandono della serenità, dell’affetto e dell’amicizia offerto da sette giovani elfi, sotto l’amara pressione del sospetto, dell’odio e della diffidenza di un intero popolo elfico.

-Brutti sogni?- gli chiese una voce, dalla porta.

-Tristi. Ricordi tristi. C’è un po’ di caffè, Zel?-

Zelgadiss gli passò una tazza pulita e il bricco del caffè.

-Come mai qui? Credo che il tuo letto al Maryuu-ou Castle sia ben più confortevole di quella vecchia poltrona muffita, per un pisolino…-

-Ho trovato qualcosa di interessante. Dà un’occhiata a questo paragrafo. - gli porse il libro. Zelgadiss scorse rapidamente la pagina, soffermandosi sul punto rosicchiato dalle tarme.

-Se riuscissimo a trovare questa fonte della giovinezza, ti basterebbe bagnarti lì, per tornare giovane com’eri prima della metamorfosi. Come un gigantesco Reverse Time!- Dessran spiegò rapidamente la sua teoria all’amico.

-Dess, te l’ho mai detto che sei un grande?-

-Si, una volta o due…^_^-

-Prepariamo i bagagli!!!-

Anche Zelgadiss era eccitato, adesso, quella gli pareva una pista davvero promettente, l’idea pareva azzeccata, e la chimera non vedeva l’ora di mettersi in viaggio!

-Aspetta, dobbiamo avvertire Amelia. Se ce la filiamo alla chetichella senza dirle nulla, non oso immaginare come reagirà…- lo frenò Dessran.

-Oh, io lo immagino benissimo… ci correrà dietro, e ci dovremo sorbire ramanzine sulla lealtà con gli amici, sulla giustizia e quant’altro per metà del viaggio…-

Si guardarono per un attimo in faccia, perfettamente consci di quello che sarebbe significato…

-D’altra parte, però, se glie lo diciamo, vorrà venire con noi…- riflettè Zel.

-In un modo o nell’altro, ce la troveremo dietro, per cui è meglio farglielo sapere direttamente, almeno ci risparmieremo le prediche sulla giustizia… e io mi risparmierò un bel po’ di mal di stomaco…- osservò il mazoku.

-Giusto. Bene, andiamo ad avvisarla, prepariamo i bagagli, e partiamo. - concordò la shamano, posando la tazza di caffè ormai vuota sulla scrivania, e indossando il lungo mantello beige.

Lungo le scale incrociarono la padrona della pensione che puliva le scale, e che li salutò allegramente. Zelgadiss la informò che sarebbe stato via un po’ di tempo, non sapeva quanto, ma che avrebbe lasciato pagato per tre mesi, visto che nella stanza teneva molta roba che non poteva portare con sé. La donna assicurò che non ci sarebbe stato alcun problema, e poi riprese a pulire con lena le scale di legno.

 

Le guardie di palazzo ormai conoscevano la chimera dalla pelle di pietra e il ragazzo con i cornini in testa, che girava scalzo anche con la neve alta, e li lasciarono passare senza fermarli. Chi cercò invece di fermarli fu il Primo Ministro, che aveva sempre giudicato le amicizie “plebee” della principessa fortemente sconvenienti, ma Dess lo dribblò teletrasportando sé stesso e Zel davanti alla porta degli appartamenti di Amelia.

-Credo stia anora dormendo… è presto ancora…-

-Zel, sono quasi le nove. Va bene che è una principessa, ma non credo, conoscendola, che si alzi così tardi…-

Uno scalpiccio di piedi dall’altra parte della porta precedette l’apertura della stessa da parte della ragazza, già vestita di tutto punto.

-Zel, Dess! Vi aspettavo più tardi!-

-Siamo venuti a salutarti, Amelia: siamo in partenza per una pista promettente. - spiegò Zelgadiss.

-Magnifico! Aspettate due minuti che vado a mettermi gli abiti da viaggio, e partiamo!-

-Cosa ti fa credere che vogliamo portarti con noi?- le chiese Zel, con un sorriso un po’ sghembo.

-Semplice: o mi portate con voi, o vi seguo io… e quando vi troverò, vi farò prediche su come i veri amici non si lasciano indietro!- gli occhioni blu della principessa erano già infiammati e stellati dal “sacro fuoco della giustizia”; i due ragazzi si gurdarono un’attimo l’un l’altro, sbuffando.

-Te l’avevo detto… dai, non sarà un problema, posso teletrasportare tutti e tre senza problemi…-

-Se per te va bene, Dessran…- Zelgadiss alzò lo sguardo al cielo -E va bene, ma fai in fretta; dovrai anche avvisare tuo padre. Noi ti aspettiamo alla biblioteca del palazzo. -

-Farò in un lampo!- assicurò la principessa, prima di chiudere la porta e correre a mettersi la comoda tuta bianca con mantello che usava in viaggio e per girare in città.

 

-Allora, fatto tutto? Presi i bagagli, avvisato il principe Philionel, Amelia, chiuso la porta della camera, Zel?-

-Fatto tutto, Dess. Possiamo andare. - Zel controllò per la sesta volta la lista delle cose da fare, spuntate via via.

-Bene. Si va con la prima tappa di teletrasporto!-

Un istante dopo, il piccolo giardino circondato di cespugli, nel cuore del parco del castello, era vuoto.

Siccome il testo scovato da Dessran, rovinato dall’umidità e mangiucchiato dalle tarme, non dava che indicazioni piuttosto vaghe sulla zona della fonte della giovinezza, si era deciso di raggiungere la regione, normalmente a diversi mesi di navigazione, e per di più nel Nuovo Continente, grazie al teletrasporto del demone, e poi di cercarla a piedi con cura, una volta individuata la zona. Non potendo però eseguire un unico balzo da Saillune, in cui tra l’altro i poteri di Dess erano più deboli, fino all’altro continente, si era deciso di fare una tappa fino alla punta più a ovest del regno di Ralteague, fermarsi lì a riposare qualche ora, pranzare con calma, e affrontare il teletrasporto che li avrebbe portati al di là del mare del pomeriggio, o anche la mattina sucessiva, volendo.

L’ultima persona che si aspettavano di trovarsi fronte era…

-OOOOOOHOHOHOHOHOHOOOO…Miseri ladruncoli, vorreste forse derubare ME, la grande Naga del Serpente Bianco, la migliore nonché più bella maga esistente sulla faccia della terra? OOOOOHOHOHOHOOOO… Black Shards!!!-

Un nugolo di strali di energia nera saettarono a pochi centimetri dalle orecchie dei tre viaggiatori, andando a far saltare in aria uno sfortunato gruppo di banditi che aveva avuto la tanto stupida quanto sfortunata idea di molestare e tentare di rapinare la più pettoruta e discinta maga della Penisola dei Demoni…

Una gocciolina faceva capolino sulla tempia dei tre, mentre un sorrisetto isterico era stampato sulle facce della principessa, della chimera e del mazoku.

-Un tipo peperino, la sorella maggiore, eh, Amelia?-

-Eheh… sapessi, Dess…-

-Dess, perché, di grazia, con mille chilometri quadrati a disposizione TU CI VAI A TELETRASPORTARE PROPRIO SULLA TRAIETTORIA DEGLI STRALI DI NAGA?!??!?!-

L’onda d’urto dell’urlaccio dello shamano aveva spostato la lunga chioma di Dess, il quale la sistemò passandoci, nervoso, le dita, e intanto ridacchiando come un deficiente.

-Eheheh… beh, ecco, questa zona di solito è deserta… io di solito controllo solo che non si finisca sopra un lago, nelle sabbie mobili, e cose del genere…-

*GOCCIOLOOOONAAAAAA*

Amelia, intanto, era corsa ad abbracciare la sorella maggiore, che quasi la soffocò nel suo pettoruto abbraccio.

-Cavoli, non mi dispiacerebbe essere al posto di Amelia, in questo momento… Quella donna è un vero schianto!-

Zelgadiss non rispose: aveva voltato la testa, rosso come un peperone, effetto che lo prendeva ogni volta che incontrava Naga. La sorella maggiore di Amelia era troppo simile alla sorellina, e a Zelgadiss venivano in mente ogni volta sprazzi e visioni di una Amelia con indosso un “costumino” simile. Decise che una volta finita questa avventura, bene o male che terminasse, si sarebbe rivolto a un buon dottore. Di solito detestava gli strizzacervelli, ma in questa situazione sentiva di averne un ASSOLUTO bisogno!

Una volta venuta a conoscenza dei motivi che avevano portato fin lì la sorellina, Naga decise seduta stante di unirsi al gruppo: tanto, spiegò, non aveva nulla di importante da fare, nulla per lo meno di così interessante come si prospettava quella avventura.

Mentre Amelia e Naga parlavano, Dessran aveva estratto dalla dimensione astrale una carta geografica della zona, e la stava esaminando assieme a Zelgadiss.

-Ecco, noi siamo qui. - indicò una valletta -A circa quattro ore di cammino da qui, oltre questa montagna, c’è un villaggio. Ho sentito dire che gli abitanti sono molto ospitali e gentili. Possiamo fermarci lì per la cena e la notte, e ripartire domani. Domattina eseguiremo il balzo da qui - indicò un punto ad alcuni chilometri di distanza - a qua - e indicò la sponda dell’altro continente.

-Scusa, non potremmo teletrasportarci dalla zona del villaggio? O siamo troppi?-

-No, il fatto è che, mi è stato riferito, pare che nella zona attorno al villaggio i poteri demoniaci siamo molto meno forti. Credo a causa di qualche antico sigillo magico…-

-Ma tu non ne risentirai, ad avvicinarti troppo al villaggio, se è vero che lì c’è qualcosa di dannoso per i mazoku?-

-Non sono un lesser demon, sono un priest: posso resistere a cose che, per demoni di classe inferiore, sarebbero letali. Inoltre, ho un’innata resistenza a buoni sentimenti ed emanazioni positive, in virtù del fatto che, un tempo, ero un essere umano. Allora, andiamo?-

-Va bene. Amelia, Naga, ci incamminiamo? C’è un villaggio ideale per passare la notte, ma dobbiamo metterci subito in cammino!-

Le due ragazze li raggiunsero, e con passo tranquillo, come a una passeggiata, affrontarono il largo e ben battuto sentiero che si inoltrava nelle macchie di boschetti, inframezzati da pascoli, collinette, sporadici campi e zone incolte.

Teoricamente, avrebbero potuto arrivare al villaggio in un istante, se Dessran avesse incluso tutti nel suo teletrasporto, ma il mazoku aveva proposto di prendersela con calma, fare una bella passeggiata, e godersi l’aria di primavera che pervadeva l’aria. In fondo, aveva un po’ di ferie, e voleva godersele. Non che non potesse andarsene a zonzo per la Penisola dei Demoni a suo piacimento: col fatto che Garv aveva scoperto di non essere tornato in vita al 100% delle sue forze potenziali, aveva deciso di starsene a “riposo” per un po’ di tempo, e di ricorstituire la sua energia vitale al massimo; questo significava niente casini, niente combattimenti contro draghi o altri demoni, niente a parte una luuunga vacanza per tutti. Compreso Dessran, il cui unico compito era, quando andava a zonzo, tenere le orecchie ben aperte sui movimenti di demoni e draghi, e magari scovare, se capitava, armi magiche o particolarmente potenti, per la collezione presente al Maryuu-ou Castle.

La collezione di armi di Garv era stata fonte di meraviglia e di ammirazione per il priest: armi di ogni tipo, foggia e stile, potenti e magiche o semplicemente di pregio, o trofei di battaglie, ingombravano lo studio del Dark Lord. Philia aveva preso in mano la situazione, e aveva provveduto a sistemarle tutte in due vasti saloni, adiacenti alla sala del trono, vicino alla biblioteca. Aveva messo “ai lavori forzati” tutti i demoni del castello, compreso Dessran, e anche Valgarv e Garv, ma dopo un mese abbondante, ogni arma era ben esibita, su sfondi di velluto che valorizzavano la fattura e la lavorazione, rette da sostegni di pregevole fattura. Persino Garv aveva dovuto ammettere che così stavano molto meglio che accatastate alla rinfusa nel suo studio. Al ricordo, Dess sogghignò un poco.

Tutti questi pensieri avevano preso talmente l’attenzione di Dessran, che quasi non si accorse quando Naga gli si affiancò e gli rivolse la parola.

-Come? Scusa, puoi ripetere? Ero sovrappensiero. -

-Dicevo, tra Amelia e Zelgadiss, come vanno le cose? Si è evoluto qualcosa, in questo anno e mezzo?-

-Macché. Possiamo considerare positivo solo il fatto che lei ha rifiutato ogni proposta di matrimonio dei vari pretendenti: è cotta di lui, ma quello zuccone ha la testa davvero dura! La ama, di questo me ne sono accorto anche io, ma ritiene di non essere la persona giusta per lei, teme di farla soffrire, eccetera eccetera. Sembra non voler comprendere che Amelia non è tanto superficiale da fermarsi all’aspetto fisico… ma se non si muovono, va a finire che perdo la pazienza e gli do una bella spinta io, con i miei poteri. -

-I tuoi poteri?-

Dess sorrise di sbieco. Gli faceva un po’ strano poter fissare Naga negli occhi senza abbassare la testa. Non era basso, anzi, pur avendo una corporatura sottile, era piuttosto alto; ma la discinta maga era una delle ragazze più alte che gli fosse mai capitato di conoscere. Nel suo sorriso si insinuò una nota divertita.

-Io sono un demone della lussuria. Posso scatenare la lussuria nelle persone e negli animali, e indirizzarla come io desidero. Posso estenderla in modo generalizzato… generando un’orgia. Oppure indirizzarla su una persona, in modo che si senta attratta da me in modo irresistibile. Infine, manipolando in modo differente il mio potere, posso spingere due persone l’una nelle braccia dell’altro, travolti dalla passione. - ridacchiò, nel vedere l’espressione stupita di Naga -Non ho mai usato questo mio potere in modo molto esteso. Non credo che esista qualuno più imbranato di me, in questo campo… se si eccettua Zel, credo!- indicò l’amico, che camminava dietro di lui, con un cenno del pollice.

-Beh, io voglio che Amelia sia felice, e se per fare questo Zelgadiss si deve dichiarre a lei, beh, allora, parola mia, ci riuscirò!-

-Sai, da quel che mi ha raccontato Lina, credevo tu volessi tutti gli uomini ai tuoi piedi, e tutta la loro attenzione su di te. Invece, ora non mi sembra…-

-Beh, in linea di massima, rispetto le “prede altrui”; voglio dire, se loro spontaneamente vengono da me, pur essendo occupati, non mi importa molto, ma non credo che cercherei di conquistare un uomo di un’altra… specie se l’altra è mia sorella!-

-Naga, tu dici “conquistare”… ma un uomo ti ha mai “conquistata”? Voglio dire, ti sei mai innamorata?-

-Ma che razza di domande che vengono da un demone!- la bruna si finse seccata; poi, con una gigantesca manata sulla schiena di Dessran, che gli fece quasi perdere l’equilibrio, sorrise, in modo sensuale. -Vuoi la verità? No. E non mi interessa neanche. Le persone diventano strane, quando si innamorano. Diventano burattini nelle mani di chi tiene il loro cuore, e io non sarò mai il burattino di nessuno! OOOhohohohohohohohoooo!-

-Ok, ma, per favore, non ridermi nell’orecchio!- Dess si sturò l’orecchio, mezzo assordato, con un dito.

Poco dopo, il sentiero cominciò a salire molto, come pendenza, e nessuno parlò più: Naga e Amelia perché erano a corto di fiato, Zelgadiss perché immerso nei suoi pensieri, e Dessran perché trovava assai interessante scrutare i suoi compagni di viaggio, e cercare di indovinare cosa passasse nelle loro teste. Dopo un poco, anche al mazoku cominciò a mancare il fiato, cosa che lo impensierì non poco.

-Ragazzi, aspettate un momento…- disse, estraendo la carta geografica e individuando la loro posizione attuale, grazie a dei riferimenti come montagne e corsi d’acqua -Siamo ancora a circa dieci chilometri dal villaggio, eppure c’è tanta energia positiva da indebolirmi… se non avessi una componente di base umana, probabilmente non tollererei queste emanazioni…-

-Di che emanazioni si tratta? Io mi sento benissimo…- chiese Amelia.

-Logico: tu, come umana, non ne risenti in maniera negativa; inoltre, essendo cresciuta nella capitale della magia bianca, hai un’innata sensibilità alle emanazioni positive, e le emani tu stessa. Per questo ti senti in sintonia con quelle che pervadono l’ambiente circostante. Invece io, essendo costituito di energia negativa, sono in totale dissonanza. Se non fossi un priest, e quindi di alta potenza, probabilmente non riuscirei ad avvicinarmi più di così…- spiegò Dessran, ripiegando la carta e riponendola nella dimensione astrale.

-Dess, se vuoi, cerchiamo un altro villaggio, o possiamo anche dormire all’addiaccio: se non ti fa bene stare in zona…-

-No, Zel, posso resistere tranquillamente, a parte un po’ di nausea. Però è strano, neanche Saillune mi dà quest’effetto, e sì che Saillune ha dei sigilli anti-mazoku… adesso sono davvero curioso di sapere cosa c’è lì. Magari quest’informazione potrebbe venire utile in futuro! Su, andiamo!- e, recuperato il bordone, infilzato nel terreno, Dess riprese a camminare.

 

Andando avanti, Dessran avvertiva in maniera crescente le emanazioni positive che lo aggredivano, quasi fisicamente, entrando in dissonanza con la sua essenza demoniaca, e indebolendola. Ma, imperterrito e testardo, la curiosità stuzzicata, continuava ad avanzare. Dietro di lui, Amelia e Naga arrancavano sul ripido sentiero; Zelgadiss chiudeva la fila, per nulla stanco, per assicurarsi che nessuna delle due rimanesse indietro.

Arrivarono sul crinale verso le tre, dopo una sosta per un frugale pranzo. Da lassù, il villaggio era chiaramente visibile.

-Per gli occhi di fuoco di Shabranigdo! Zel, dammi un pizzicotto, perché credo di stare sognando di brutto!!!- esclamò Dessran, giunto per primo sul crinale, intento a scrutare la valle. La chimera lo raggiunse con poche, rapide falcate, seguito da Amelia e Naga che, stufe di camminare, avevano deciso di ricorrere alla levitazione per superare l’ultimo, erto tratto di strada infida e sassosa.

Anche Zelgadiss aguzzò lo sguardo, proteggendosi gli occhi dalla luce abbacinante del sole con la mano protesa. E anche a lui uscì un rantolo di sorpresa…

-Lina! E… Naga! A decine! Dozzine!!!! Ma… come sono vestite?-

Sotto di loro si stendeva uno spettacolo quantomai inquietante: il villaggio era costituito da un centinaio di casette, linde e ordinate. Gli uomini erano relativamente pochi, forse erano nei campi che si stendevano dietro, o nei boschi a fare legna. Ma le donne…

Il novanta per cento erano ragazze sui venti-ventidue anni, o basse, minute, e dai capelli rossi, o alte, formose, e dalla lunga chioma nera. Tutte portavano abiti che né Naga né Lina avrebbero mai indossato: pieni di fronzoli, con graziosi grembiulini e morbide gonne, casti e coprenti; ornate di nastri e fiori, le ragazze portavano i capelli intrecciati in trecce, lasciate sciolte o raccolte intorno alla testa; qualcuna portava i capelli più corti, altre li avevano più lunghi di Lina o Naga. Ma, inequivocabilmente, erano indentiche a loro.

-Ragazzi, che succede? Perché vi siete fermati?- chiese Amelia, atterrando accanto a Zelgadiss.

-Beh, siete libere di non crederci, ma laggiù c’è un villaggio pieno di ragazze identiche a Naga e a Lina… anche se indossano vestiti che Lina morirebbe prima di metterli…- rispose Zel, lo sguardo di chi ha appena visto qualcosa di orribile e che vorrebbe dimenticare…

-Oh dei…- mormorò Naga -Ma allora era vero… hanno fondato un villaggio…-

-Chi, Naga?- chiese Amelia, volgendosi verso la sorella.

-Alcuni… alcuni anni fa, io e Lina trovammo uno specchio, capace di creare un duplicato speculare di chi si specchiava… dopo un po’ di casini con un uomo che voleva creare delle nostre copie ai suoi ordini, lo specchio è andato in frantumi…e da ognuno di essi è nata una copia mia o di Lina… ma al contrario! Sono terribilmente buone, gentili, premurose, caste, pure e arrendevoli, pensano che con l’amore e l’amicizia si possa convertire il mondo intero… Lina e io siamo scappate di corsa. Pensavamo si fossero disperse per il mondo, e invece… avevo sentito dire di un villaggio di filantrope, ma speravo…- era sbiancata.

-Un villaggio pieno di Line con un buon carattere? Questa non me la voglio proprio perdere!- esclamò Zelgadiss.

-Non potremmo girare alla larga?-

-No no no!- lo shamano pareva estremamente divertito, ora, dalla situazione -Amelia, andiamo?-

La principessa non se lo fece ripetere: ovunque, pur di stare con Zel!

Dess fece buon viso a cattiva sorte -Dai, sarà divertente!- disse, prendendo sottobraccio Naga e trascinandola giù per il sentiero…

 

Secondo voi, com’è entrare in un villaggio popolato di ragazze identiche a voi, ma terribilmente buone, dolci, premurose, da far cariare i denti?

Malgrado le proteste di Amelia, Dessran e Naga si chiusero nelle rispettive stanze, nella locanda, rifiutandosi di uscire. La shamano e la principessina rimasero da soli, a gironzolare per il villaggio.

-Se non lo vedessi con i miei occhi, giuro, non ci crederei. In quel negozio di dolci, la Lina alla cassa mi ha fatto persino uno sconto!- constatò Zelgadiss, uscendo da una pasticceria reggendo in mano un sacchetto pieno di pastarelle alle mandorle e un altro di biscotti al caffè. Passò il primo ad Amelia, e iniziò a sgranocchiare distrattamente un biscotto.

-E’ assurdo, vero? Sembra un sogno…-

-O un incubo?-

-Non so… per Naga sembra essere l’incubo peggiore di tutti. Si è chiusa nella nostra camera, e non ha voluto saperne di uscirne.

Sai, Zel, mi sarei aspettata che ti precipitassi alla biblioteca della città, o quantomeno nei negozi che vendono libri…-

-Ho chiesto: non ci sono biblioteche, qui, e l’unico negozio che vende libri ha solo romanzetti rosa…-

Il pomeriggio scese, lentamente. Zelgadiss e Amelia gironzolarono ancora un po’ senza meta per la città, ommeglio, Amelia gironzolava per i negozi, trascinando Zel, che si trovò a dover farle da “portapacchi”…

 -Amelia, ma cosa te ne fai di dieci camice da notte tutte uguali?-

-Ma dai, Zel, erano così carine, con tutti quei cuoricini e fiocchi rosa! Oh, che carino!- Amelia aveva inchiodato davanti a una vetrina di biancheria -Aspettami qui, Zel!-

Non che ci fosse bisogno di dirglielo: ce lo vedreste Zelgadiss entrare in un negozio di biancheria intima femminile?

 

 

Molto più tardi… (ora di cena)

-Dess, Naga è ancora in camera?-

-Si. Ha detto che si fa portare su qualcosa. -

Zelgadiss, Dessran e Amelia erano seduti nella sala da pranzo della locanda, e stavano cenando. Naga non si era fatta vedere… ommeglio, la Naga originale, perché la metà delle cameriere del locale erano copie di Naga.

Dessran si alzò da tavola dopo poco, non aveva veramente bisogno di mangiare, e gli era venuta una buona idea…

-Vado a vedere come sta. - disse, salendo le scale e dirigendosi al piano di sotto. Bussò alla porta della camera di Naga e Amelia, entrando quando lei gli gridò che poteva farlo.

Sul tavolo da toalette giaceva il vassoio, precedentemente contente la cena, pieno di piatti sporchi. Naga sedeva a gambe incrociate sul letto matrimoniale, e stava facendo un solitario con un mazzo di carte.

-Naga, senti io avrei un’idea, però ho bisogno della tua collaborazione. -

-Di che si tratta?- chiese lei, distogliendo appena lo sguardo dal gioco.

-Più tardi, quando Amelia e Zelgadiss verranno su a dormire, dovranno trovare una delle due camere occupata da noi due… -

Naga alzò lo sguardo, distogliendo l’attenzione totalmente dal gioco di carte per concentrarla su Dessran -Intendi dire che dovremmo far creder loro che stiamo…?-

-Esatto. Non vorranno disturbarci, e visto che queste erano le ultime stanze libere della locanda, dovranno dormire nella stessa stanza. Una piccola spintarella, non molto, quel tanto che basta a scatenare una tremenda voglia di baci e coccole varie, dovrebbe bastare a far crollare quella zuccaccia dura di Zelgadiss, e a far felice Amelia. Naturalmente, questo dovrà rimanere segreto tra noi due, o è la volta buona che Zelgadiss mi manda all’altro mondo con un Ra-Tilt formato gigante…-_^ -

-D’accordo!- esclamò Naga -In quale camera li facciamo finire, in questa che ha il letto matrimoniale, o nell’altra coi letti singoli?-

-Ci andiamo a mettere noi nell’altra, Naga?- chiese con aria maliziosa il mazoku. Sorriso malizioso replicato anche dal volto di Naga -Per me va bene… facciamoli stare comodi…-

 

Quando, un’oretta dopo, lo shamano e la principessa tornarono nelle loro camere, si trovarono davanti a una imbarazzante sorpresa…

La camera con i due letti singoli, destinata a Zelgadiss e a Dessran, aveva la porta chiusa a chiave… dall’altra parte del solido pannello di legno, si sentivano dei ritmici scricchiolii attribuibili a uno dei due letti, e, saltuariamente, qualche sospiro…

Sileeeeenziooooooo dei due…

*piccolo corvo con scia di puntini in background*

un gridolino di piacere più forte, l’inconfondibile voce acuta di Naga, dalla stanza chiusa.

*ARROSSSSSSS* dei due…

-Amelia… -

-Zel… pensi anche tu quello che penso io?-

-Credo di si… e credo anche che non sia il caso di disturbarli…

Come faccio, io, ora?-

-Eh? In che senso?-

-Dove vado a dormire, visto che la camera l’hanno occupata quei due, e a giudicare dai rumori, non sembra che le libereranno presto?-

Silenzio tra i due. Amelia arrossì come un pomodoro, e mormorò qualcosa. Solo grazie al suo finissimo udito di chimera Zel potè udire cosa la ragazza aveva detto: -Beh… c’è sempre l’altra camera…-

Fu il turno di Zel di arrossire. Scuotendo le mani davanti a sé, si allontanò di un passo da Amelia. -Ma sei impazzita? Se tuo padre lo venisse a sapere, io… tu… insomma…-

-Oh, avanti, come pensi che lo venga a sapere? E poi, non dobbiamo fare altro che dormire, solo ed esclusivamente dormire… Abbiamo già dormito nella stessa stanza, ricordi?- disse lei, alludendo a quella volta, dopo la gara canora, quando Zel si era dovuto rifugiare in camera di lei per sfuggire alle fans esagitate.

Amelia si sentiva strana, audace; come disinibita da quel velo di imbarazzo che le provocava sempre il cercare di parlare da sola con Zelgadiss di loro due.

-Ma ma ma…-

-Dai, avanti!- Amelia lo prese per mano, e lui si lasciò trascinare nella camera, non senza essersi guardato intorno, pieno di ansia.

 

Nel frattempo, nella camera di Dess e Naga…

-Bingo! Fase uno del piano, riuscita in pieno! Non si sono accorti dell’infiltrazione del mio potere!- gongolò Dessran, staccandosi dalla porta, a cui era rimasto vicino, per poter meglio influenzare i due. Naga, in ginocchio sul letto, fece un altro paio di mezzi saltelli sulle ginocchia, facendo scricchiolare un po’ la struttura.

-Hai recitato benissimo, Naga!- si complimentò con lei il mazoku.

-Oh, figurati, è stato facilissimo. Avrei pagato non so quanto, per vedere la faccia di quei due!- sogghignò la mora. Anche Dess sorrise.

-Oh, e vedrai domattina, che facce faranno quando li andremo a chiamare… Mmm… no, forse è meglio di no…- ci ripensò poi -Bene, Dess, al lavoro!- si fece scrocchiare le dita, e si lasciò cadere sul letto, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio. Ora, era la parte del suo corpo risiedente nel piano astrale a muoversi, spostandosi nella zona di Lato Astrale parallela alla camera di Amelia.

Nel piano astrale, Dessran era molto diverso. Avendo ricevuto energia demoniaca da due Dark Lords diversi, non aveva una forma fissa e precisa; l’energia demoniaca che lo aveva trasformato da umano a mazoku gli aveva conferito un aspetto quasi mostruoso, ma vagamente umanoide, con lunghe braccia muscolose e gambe terminanti in piedi di felino. Ma l’energia che Garv gli aveva innestato nel potenziarlo e trasformarlo in suo subordinato gli aveva dato le sembianze di una viverna. Ora, nel Piano Astrale, lui ondeggiava in queste due forme, talvolta trovandosi in forma ibrida.

Adesso, per esempio, aveva bisogno del potere della Lussuria conferitogli da Phibrizio, quindi la sua forma era più umanoide, malgrado il volto vagamente felino, le doppie corna, le ali membranose e la coda cornuta lo facessero apparire ben poco affine alla lussuria.

Spostandosi di qualche metro, allungò le mani, iniziando a disegnare qualcusa nell’aria. Un lucore rossastro proveniva dalle linee tracciate nell’aria del Piano Astrale, a delineare uno schema sinuoso e intrecciato. Dessran stava elaborando e incanalando in maniera controllata e specifica il suo potere, e anche nel Lato materiale le sue mani dalle lunghe unghie nere si muovevano delicatamente, tracciando una versione in scala ridotta dello strano simbolo.

Naga lo osservava, in silenzio. Capiva che non doveva essere facile per il demone calibrare così attentamente il suo potere, né troppo, né troppo poco. Ma sembrava che stesse riuscendoci alla grande, malgrado tutto.

 

Nella camera a fianco, Zelgadiss si era voltato dall’altra parte quando Amelia era andata dietro al paravento per mettersi in pigiama. La chimera si era tolta il mantello, la casacca a maniche lunghe, i guanti e le scarpe. Il suo pigiama era rimasto nell’altra stanza, per cui avrebbe dovuto dormire vestito.

In preda a pensieri più o meni imbarazzanti, compreso quello che avrebbe detto a Dessran l’indomani, non si accorse che Amelia aveva finito di cambiarsi, ed era uscita da dietro il paravento.

-Zel, tu non ti cambi?-

-Ehm… no, il mio pigiama è rimasto di là… - si lasciò cadere sul letto, cercando di non guardare come la corta camicia da notte di Amelia le ondeggiava attorno alle ginocchia. “Non devo”, si ripeteva, “non devo”. “Anzi, stanotte dormo sulla poltrona”. Peccato che la poltrona presente in precedenza nella stanza era stata preventivamente spostata nell’altra stanza da Dessran, poco prima ^_^!

Quando anche Amelia si sedette sul letto, dall’altra parte, Zelgadiss si alzò, andò verso l’armadio e, dopo avervi frugato un po’, ne estrasse una coperta. Sotto lo sguardo interrogativo di Amelia, ci si avvolse, e si sedette con la schiena poggiata al fianco del letto, volgendole le spalle.

*** (d’ora in poi, i tre asterischi indicano un “contemporaneamente” nel Piano Astrale, n.d.Ilune)

-Mapporc… zuccaccia dura!- sbuffò Dessran. Zelgadiss era molto poco influenzabile dai suoi poteri, il suo fortissimo autocontrollo riusciva ad avere la meglio sui pensieri che i poteri del priest solleticavano. Pur non interrompendo il flusso dell’incantesimo sullo shamano, Dessran decise di concentrarne di più su Amelia, molto più facilmente influenzabile da quel punto di vista. ***

Amelia rimase ferita nel vedere come Zelgadiss avesse deciso di passare la notte. Perché si ostinava a comportarsi così?

Gattonando sul letto fino alla parte opposta, si stese poi per traverso, cingendo con le braccia il collo di Zelgadiss, e poggiando la testa sulla sua spalla. Zelgadiss non reagiva… beh, non era certo quello che lei sperava, ma sempre meglio di quel che invece aveva temuto…

Zelgadiss era immobile, come paralizzato. Dentro di sé, due istinti di base si combattevano: spostarsi, interrompere quel contatto… o ricambiarlo. Nel frattempo, lì, rosso come un pomodoro, sentiva le morbide braccia di Amelia sulla sua pelle di pietra. Aspirava il suo profumo, dolce, leggermente speziato; gli ricordava la fragola e la cannella. Alzò una mano, come a voler ricambiare con una carezza sul braccio quel tenero abbraccio…

***Dess gongolava***

Ma la vista della sua pelle di pietra, con le scaglie più scure in rilievo, lo colpì quasi fisicamente. La pelle di un mostro, pensò amaramente. Lasciò ricadere la mano, come disgustato dalla sua stessa vista. Santo cielo, come faceva Amelia? Come faceva anche solo a tollerare di toccarlo?

Si alzò di scatto in ginocchio, allontanandosi dal letto e dalla coperta…

*SDONK*

*Gocciolone di Zelgadiss*

Quando lui si era spostato, Amelia non aveva fatto a tempo a ritirarsi, e, sbilanciata com’era, era caduta a faccia a terra.

-…ahia…- gemette lei, con una vocina sottile sottile.

Siccome dopo diversi infruttuosi tentativi di rialzarsi, tutto quello che Amelia era riuscita ad ottenere era un naso ancora più dolorante per le cadute a faccia a terra (e qui, sulle cadute, ci metto la mano sul fuoco che c’entra lo zampino di Dessran ^_^ n.d.Ilune), Zelgadiss la prese per le braccia e la tirò su… ommeglio, cercò di tirarla su, perché all’improvviso si sbilanciò anche lui, data la posizione di equilibrio precario, proteso in avanti, che aveva assunto per evitare ad Amelia un’altra capocciata. Non avendo fatto i conti con la forza di gravità (e con una spintarella di Dessran al suo corpo astrale, nel Piano Astrale), sia lui, sia Amelia si ritrovarono a terra!

Amelia pensò per un attimo di essere in Paradiso: un attimo prima, non riusciva a rialzarsi dalla ridicola posizione in cui era caduta; un attimo dopo, ed era lunga distesa su Zelgadiss!

-Ehm… Amelia… puoi spostarti?- Zelgadiss stava diventando molto, mooooolto rosso. Sentiva su di sé il live peso di Amelia, il suo corpo morbido sopra il suo di pietra. Beh, la sua pelle poteva essere di pietra, ma dentro era ancora un uomo, e la reazione che il corpo di qualsialsi uomo avrebbe avuto in un simile frangente lo stava gettando nel più profondo imbarazzo.

Per fortuna, Amelia si spostò un po’, e Zelgadiss si alzò a sedere. Stava per scostare la ragazza, ma lo sguardo di lei, fisso sul suo volto, lo bloccò. Era seria. Seria come raramente, forse mai l’aveva vista. Seria e risoluta. Strano come quell’espressione non stonasse su quel visino dolce, si sorprese a pensare Zelgadiss.

-Zelgadiss, noi dobbiamo parlare. - disse, risoluta, posando la mano sinistra sulla destra di Zel -Parlare di noi due, e di quello che c’è-

-No. Non di quello che c’è. Di ciò che tu pensi ci sia. -

Amelia tacque. Zelgadiss sapeva d’averla ferita, ma doveva mettere le cose in chiaro. -Tu pensi di amarmi; ma è solo un infatuazione; lo sappiamo entrambi. -

-No, Zelgadiss. Non è vero, e tu lo sai. - replicò lei, cercando di apparire sicura, ricacciando indietro le lacrime che già lottavano per uscire.

“E’ vero” disse una vocina detro Zelgadiss “non è un’infatuazione, sono quasi due anni che ti aspetta, rifiutando ogni altro pretendente: tanti, tantissimi uomini belli e affascinanti…”

-La questione è un’altra. - continuava Amelia -Io ti amo, ma voglio, ho bisogno di sapere davvero se TU, almeno un poco… almeno un poco, mi ami…-

Zelgadiss fece per parlare, ma sulle sue labbra appena socchiuse si posarono le dita di Amelia.

-Ti prego… dimmelo solo se ne sei davvero sicuro… non voglio dover soffrire ancora inutilmente…- l’espressione risoluta non era sparita, ma Zelgadiss poteva vedere delle lacrime pronte a sgorgare, negli occhi blu della ragazza.

“Basta” decise “ha ragione, stavolta devo essere sincero, sul serio”. Era ora di finirla con queste frasi lasciate a metà, malintesi, e tutto il resto. E se era davvero vicino alla soluzione del suo problema, allora non poteva e non voleva permettersi di perdere Amelia.

Negli occhi di Zelgadiss, Amelia poteva leggere la risoluzione, ferma e decisa, e per un attimo si chiese se quella era risoluzione a…

Le braccia di Zelgadiss si mossero quasi da sole, a circondare Amelia e a stringerla a sé.

Amelia poteva sentire sotto le dita, attraverso il tessuto sottile della canottiera, la pelle di Zelgadiss. Checché lui ne dicesse, a lei piaceva. Non era fredda come vera pietra, lei poteva sentirla viva… il volto poggiato sul petto di lui, poteva udire il battito del suo cuore, il respiro sui suoi capelli…

-E’ un “si”, Zel?- chiese, speranzosa.

-Amelia, io… voglio essere sincero con te. Ti amo, è vero…- Zelgadiss vide Amelia sussultare, sorridere e stringersi a lui -Ma… non mi sento in grado di renderti davvero felice, finché-

-Finché non avrai recuperato il tuo aspetto umano?- lo interruppe lei -Zel, io non amo la parte esterna di te… cioè, anche quella - arrossì -ma ti amo per come sei dentro. Credi davvero che io sia tanto superficiale da fermarmi all’aspetto esteriore?- sorrise, accarezzandogli il volto, infilando le dita tra le ciocche di capelli, e traendo da essi riflessi color glicine alla luce calda delle candele poggiate sui comodini, che illuminavano dolcemente la stanza. -E poi, io ti trovo fantastico anche così!- sorrise di nuovo.

Zelgadiss arrossì, mormorando qualcosa.

-Mai stata più seria. - fu la risposta di Amelia, appena poco più forte di lui. Posò di nuovo la testa sul petto di Zelgadiss, desiderando che quell’istante durasse per sempre.

-Vedrai, questa sarà la volta buona, Zel. Me lo sento. -

-Lo spero tanto, Amelia. Davvero. Ma non per me… ma per te. Perché ti meriti di più che amare un mostro…- sotto lo sguardo severo di Amelia, Zelgadiss si corresse, prima che la ragazza attaccasse una scherzosa (o forse no?) ramanzina sulla bellezza interiore, e simili .-…anche se dentro sono ancora un uomo. Io non voglio importi nulla, finché non sono sicuro di poterti rendere felice…-

Amelia si alzò un poco, guardandolo dritto negli occhi -Ma allora non è penetrato in questa zucca dura?- fece “toc toc” scherzosamente sulla testa di Zelgadiss, che la fissava con un enorme punto interrogativo, corredato di gocciolina appesa, fisso sulla testa. Amelia sorrise, e Zelgadiss si sentì sciogliere dentro, nella consapevolezza che quel sorriso dolcissimo era per lui, e solo per lui.

-Io sono felice solo se tu sei con me. E non sono le parole di una ragazzina alla prima cotta; sono le parole di una giovane donna innamorata…-

-Oh, Amelia…-

Erano vicini, vicinissimi, tanto che le ciocche di capelli, s’intrecciavano l’une nelle altre…

***-Dai dai dai… dai che ci siamo…-Dessran, dal piano astrale, si sentiva un po’ in colpa a spiarli così, ma d’altra parte non ne potreva più di aspettare. Vedeva davanti a sé anche due sagome traslucide, color biancastro, esili: erano i corpi astrali di Zelgadiss e Amelia. Erano collegati ai corpi materiali dell’altro Lato, e sapeva anche che una piccola spintarella al corpo astrale si sarebbe ripercossa anche nel lato materiale del mondo, sul corpo materiale…***

La distanza si annullò, mentre le loro labbra si incontrarono… dapprima solo esse, poi le bocche che si cercavano,  le lingue che si intrecciavano in una sinuosa danza d’amore…

***-Evvai! Finalmente!- Dessran fece una capriola su sé stesso, battendo le mani soddisfatto. -Bene, direi che adesso possono continuare da soli; lascerò un pochino della mia influenza su di loro, ma adesso torno sul Lato Materiale…-***

Amelia non avrebbe mai neanche potuto immaginare che un bacio potesse essere così dolce, eppure tanto intenso. Sentiva la lingua di Zel sfiorarle i denti e il palato, il suo alito caldo che si mescolava al suo. Si staccarono appena, per riprendere fiato; poi Amelia riprese a baciarlo, con la punta delle labbra, mordicchiando dolcemente il labbro inferiore di lui, per poi insinuare la lingua tra le labbra di Zelgadiss, e tornando a intrecciarla alla sua…

“Come fanno?”, si chiese per un istante Zelgadiss, “come fanno i nostri corpi a sapere cosa fare, quando è la prima volta per entrambi?”, mentre stringeva a sé Amelia, come timoroso che lei gli sparisse tra le braccia. Sentiva le dita sottili della ragazza infilate tra i suoi capelli, che accarezzavano dolcemente la testa, soffermandosi poi a giocherellare con la punta delle orecchie, e scendendo poi sul collo e sulle guance.

Quando poi si staccarono, molti baci e carezze dopo,  Amelia non parlò, ma il suo sguardo, dolcissimo e irraggiante felicità come un piccolo sole, valeva più di mille parole.

 

Nell’altra stanza, intanto…

-Allora? Come è andata?- chiese Naga, quando il corpo di Dessran smise di farsi intermittente a tratti, e il mazoku si rialzò a sedere.

-Alla grande: Zel si è dichiarato, e adesso sono lì che si sbaciucchiano. Missione compiuta, Naga!- Dess fece il segno della vittoria con le dita.

 

Mattino successivo…

Nella camera col letto matrimoniale, la luce entrava attraverso gli scuroni di legno socchiusi. Amelia era sveglia, e sentiva un piacevole tepore. Aprì un occhio, e la prima cosa che vide, fu la schiena muscolosa di Zelgadiss, coperta solo dalla canottiera. Il ragazzo dormiva su un fianco, e Amelia stese il braccio destro, posando sul fianco di Zel.

Nel sonno, lui si girò, voltandosi prima sulla schiena, e poi verso Amelia, che si rannicchiò accanto a lui.

Dopo un poco, però, non riuscendo più davvero a dormire, e notando che non era più proprio prestissimo, decise di svegliare Zelgadiss, sebbene a malincuore, dato che dormiva di gusto.

-Zel… Zel, sveglia… dobbiamo ripartire…- sussurrò piano. Niente da fare: Zelgadiss era, stranamente, addormentato di brutto. Sorridendo con aria maliziosa, la principessina si tirò sù sul gomito sinistro, e cominciò il suo “programma di sveglia dolce”…

Zelgadiss non dormiva profondamente, era in dormiveglia, e quando aveva sentito Amelia parlare, si era svegliato del tutto. Ma non voleva che la giornata cominciasse, e che quel piccolo idillio mattutino finisse, quindi aveva finto di dormire. Adesso poteva sentire le dita di Amelia scorrere sulla pelle di pietra del suo viso, accarezzando dolcemente quelle scaglie in rilievo che lui tanto detestava, sfiorarlo sulle labbra coi polpastrelli, e poi scendere giù lungo il mento, fino al collo e al pomo d’Adamo, per poi risalire fino alle tempie. Era una deliziosa autotortura restare immobile, fingersi addormentato, sotto quel tocco dolce, innocente e sensuale allo stesso tempo. Quando poi sentì le labbra morbide e calde di Amelia sulle sue, ogni sua finzione cadde: ricambiando il bacio, prima a fior di labbra, poi più profondo, la strinse a sé, trattenendola su di sé, e passando le dita tra i nerissimi, sericei capelli.

-Buongiorno, Zel… piaciuta la sveglia?-

-Buo…buongiorno, Amelia…-le sorrise, imbarazzato. -Vorrei potermi svegliare tutti i giorni così…- disse poi, arrossendo delle sue stesse parole. Amelia gli regalò un altro di quei suoi sorrisi dolcissimi, fatti solo per lui, baciandolo sulla guancia -Certo! Sarà ogni mattina così, se tu vorrai, Zel… amore mio…- le ultime due parole le sussurrò, quasi temesse fossero troppo fragili, delicate come le ali di una farfalla, e che dicendole a voce troppo alta si sarebbero frantumate per sempre.

 

 

La sala da pranzo della locanda era inondata dalla luce del sole, che creava delicati giochi di luci e trasparenze con le sottili tendine di garza e fiocchetti alle finestre. Dessran beveva una tazza di tè, mentre Naga spazzolava via una paio di uova, bacon, salsicce e succo di frutta. Si voltò appena quando intravide con la coda dell’occhio Amelia e Zelgadiss scendere le scale. Amelia teneva Zel per mano, e lo shamano pareva un po’ imbarazzato nel farsi vedere così dai due amici. Ma questi si astennero da qualsialsi commento, intuendo che le battutine erano l’ultima cosa ottimale al rapporto tra i due.

-Buon giorno! Venite, adesso chiamo la cameriera, che porti la colazione anche a voi. Appena finito partiamo. - disse tranquillamente Dessran -Ho anche trovato un passaggio su un carro di fieno fino alla prossima città, se ci sbrighiamo. -

Amelia e Zelgadiss si sedettero a tavola, mentre una donna (che, stranamente, non era un clone né di Naga né di Lina) portava altre uova con bacon e salsiccia, succo di frutta, alcuni frutti e del caffè.

Terminata la colazione, pagato il conto e recuperati i pochi bagagli, uscirono in strada, dove il “passaggio” ottenuto da Dessran li stava aspettando abbeverando il mulo.

Era un grosso carro carico di fieno fragrante di montagna, che doveva essere portato fino a una valle vicina dove, a detta di Dessran, il campo di emanazioni positive si indeboliva abbastanza da permettergli di teletrasporare tutti e quattro.

Seduti sul retro del carro, sprofondati nel fieno soffice, parlavano del più e del meno, o osservavano il cielo, di un intensissimo color azzurro calendula.

-Zel, cosa farai, dopo aver recuperato l’aspetto umano?- chiese Naga. Zelgadiss parve pensieroso. Scoccò un’occhiata ad Amelia, che la ricambiò con un tacito messaggio: non ancora.

-Non so… ho passato così tanto tempo a cercare la cura alla maledizione inflittami da Rezo, è stato il mio chiodo fisso per tanto tempo, e tutto il resto pareva tanto piccolo e insignificante, a confronto… chissà, potrei anche stabilirmi da qualche parte, “mettere radici”… anche se non riesco a immaginarmi in versione “pantofolaio”… - ridacchiò al pensiero.

-Sarei davvero curiosa di vederti in veste da camera e pantofole, Zel!- esclamò Amelia, ridendo. Immerse nel fieno, le loro mani si incontrarono, e le dita si intrecciarono.

-Beh, hai ragione, Amelia, sarei davero una strana visione! Non sono mai stato un tipo stanziale e tranquillo, nemmeno da bambino!- si rannuvolò -Non ho mai avuto una vera casa, da bambino. Rezo viveva praticamente nei vari circoli di magia delle più grandi città, per i quali vagava alla ricerca di una cura per la sua cecità. - detto ciò, s’azzittì, rimanendo cupo. Amelia si pentì immediatamente dell’accenno “pantofolaio” che aveva causato quel momento di tristezza. Come a volerlo confortare, si appoggiò a lui, dissimulando tra il fieno cedevole, stringendogli di più la mano.

A quel tocco delicato, ma deciso, Zelgadiss sentì la sua malinconia disperdersi: Amelia era il sole che dissipava le amare nuvole del rimpianto, della tristezza e dei cupi ricordi di un’infanzia trascorsa senza amici, e con pochi conoscenti. Sorrise ad Amelia, che gli sorrise di rimando. Si accostò di più a lei, sprofondando nel fieno profumato e chiudendo gli occhi, godendo del tepore del sole, del profumo dell’aria e della vicinanza di Amelia, che, col suo amore, lo faceva sentire bene come mai, nella sua vita, era mai stato.

 

 

 

 

  
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