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Autore: Tecla_Leben    11/12/2014    4 recensioni
Tutti pensano che la vita ad Hogwarts sia tutta rose e fiori. Per chi, come me, non è mai stato amante della scuola Babbana, corrisponde più o meno alla definizione di "Paradiso". Però ecco la fregatura: Hogwarts, fino a prova contraria, non esiste. O forse sì?
Dal testo:
"L’eco di Hogwarts. Così avrebbe potuto chiamarsi un ipotetico giornalino scolastico. E, sempre ipoteticamente, io avrei potuto essere una sorta di inviato speciale per qualche inedita chicca. Già, perché l’ufficio della Sprite e la sua relativa posizione era cosa ignota ai più, perché mai menzionato in precedenza, e di conseguenza avrebbe potuto costituire un discreto scoop. Ma quella volta, quando ci andai con la prof che mi spingeva spiccia ogni volta che mi soffermavo davanti a un bivio, pensavo solo alla colossale sfiga che sembrava avermi preso di mira, ben decisa a non mollarmi neanche un secondo."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Ho sempre vissuto la mia vita pensandola come un anime giapponese, di quelli la cui trama si accanisce con sadica insistenza sulla protagonista, che di fatto non ne combina mai mezza buona, anche volendo. A quasi quattordici anni, però, dovetti smettere di fantasticare sulla speranza di una svolta nella mia vita, perchè finalmente era arrivata. Adesso, a distanza di molti anni, mi sento pronta per raccontarla. Il problema è il seguente: la mia storia, se torno con la mente a quei mesi, è così straordinaria, incredibile e terribile, che nessuno mi crederebbe, se gliela sbandierassi apertamente. Ecco perchè ho deciso di rivelarla sotto forma di fanfiction, su questo sito. Molti di voi leggeranno questa storia, ci rimugineranno un po' su e se avrò fortuna esprimeranno qualche impressione positiva, ma fatto ciò chiuderanno la loro schermata di navigazione e continueranno a vederla come tale: una pura e semplice storiella, creata con il solo scopo di intrattenere. Eppure, ragazzi, ve lo giuro sulla mia cravatta di Tassorosso, una storia non lo è affatto...




Mollo tutto, me ne vado ad Hogwarts”. Almeno una volta, questa frase l’avete detta tutti. Ammettetelo. Anche io, non lo metto in discussione. Però, mai in vita mia avrei immaginato che succedesse veramente. E, anche peggio, mai e poi mai avrei immaginato di pentirmene. Voglio dire, all'inizio non potevo credere alla fortuna immane che avevo avuto... ma poi, col passare dei giorni, mi resi conto che la vita ad Hogwarts non era facile come pensavo sarebbe stata. Continuando con il paragone con una serie tv animata, se dovessi collocare la storia delle mie avventure, probabilmente lo farei nella seconda stagione, ossia gli anni del liceo. Di solito “gli anni del liceo” corrispondono a varie cose: nuovo ambiente, difficoltà a fare nuove amicizie, studio e primi amori. E in effetti, anche se non nel modo in cui mi sarei aspettata, non si allontanano particolarmente dal senso comune che hanno.

Ecco come andarono le cose: a scuola, la giornata era cominciata male e finita pure peggio. In primo luogo, il prof di filosofia aveva reso le verifiche. Un bagno di sangue. Almeno, per quanto riguarda la sottoscritta, che aveva preso quattro spaccato. Seconda ora. A lezione di chimica feci scena muta, così la prof mi rispedì a posto con un bel due tondo ( fatemi esprimere, tra parentesi, il mio disappunto sul fatto che degli innocenti quattordicenni debbano avere a che fare con ioni trilobati, legami chimici e compagnia bella ). A storia ( terza e quarta ora ), mentre il prof biascicava la sua tiritera sulla rivoluzione francese, stavo scarabocchiando distrattamente sul quaderno, facendo qualche pausa di tanto in tanto per lanciare uno sguardo sconsolato fuori dalla finestra. Anche se il cielo era color grigio piombo non potei fare a meno di pensare a come sarebbe stato bello scavalcare il davanzale in sella a una Firebolt e puntare oltre le nubi. Così, invece di appuntarmi le prodezze di Danton e affini, disegnai una caricatura di me stessa a cavalcioni di un manico di scopa che filava via dal tetto della scuola, con quei babbei dei miei compagni increduli affacciati alle finestre.

Lo scarabocchio mi sfuggì da sotto la penna e alzando lo sguardo vidi che l’aveva sequestrato il professore, che esibiva un cipiglio severo che a confronto, Piton avrebbe potuto passare per un angioletto.

Il prof iniziò il suo sermone. L’aveva ripetuto già tre volte, quel mese, perciò feci solo finta di ascoltarlo e mi rintanai in un angolo della mente, l’angolo che affacciava su un immenso castello diroccato nel cuore della Scozia.

<< Insomma Tecla! Hai sentito? Ti ho chiesto…- il prof sospirò pesantemente, come a raccogliere la pazienza, richiamandomi alla realtà - Ti ho chiesto, cosa diavolo sarebbe questa roba? >>

Io lo guardai con un misto di sorpresa ed esasperazione. Possibile che, dopo tutti gli scarabocchi sequestrati, glielo dovessi spiegare ancora? Sospirai spazientita, dondolandomi con decisione sulla sedia, appoggiando repentinamente i piedi sul banco e incrociando le braccia, mostrando al mondo la bellezza delle mie gambette tozze fasciate dai jeans. Lo fulminai dal sotto in su con l’aria più strafottente che potei e gli risposi a tono:

<< Non si capisce? Sono io che me la batto in sella a una Firebolt da questo schifo di posto, mollando quei beoni dei miei compagni di carcere al loro triste destino! >>

Il prof rimase un attimo senza parole, impietrito dalla mia insolenza. In classe piombò un silenzio così spesso e pesante che avrei potuto tagliarlo con un coltello.



Qualche minuto dopo ciondolavo davanti alla porta chiusa della presidenza, dietro alla quale il prof di storia stava riversando tutto il suo sermone addosso a mia madre. Presi a fissare la mia immagine riflessa nel vetro giallino di un idrante a muro: la mia faccia mi restituiva un'espressione seccata da sotto una matassa informe di capelli castani, che cascavano lisci come spaghetti scotti ai lati del viso, insulsi ed anonimi come gli occhi verde oliva incastonati di pagliuzze marroni che mi restituivano un cipiglio imbronciato da dietro due spesse lenti quadrate bordate di metallo.

<< Signora, sua figlia è davvero ingestibile! Risponde male agli insegnanti, quelle volte che non dorme in classe non sta affatto attenta, ed è già la quarta volta che la colgo sul fatto mentre fa disegnini deliranti su ragazzini che volano via dalla finestra in sella a un.. a un manico di scopa! >>

Fissai storto la porta laccata scura, digrignando i denti e sibilando: << Una Firebolt, vecchio scemo! Non un manico di scopa qualunque! >>

Tornata a casa, me ne andai per direttissima in camera mia, ignorando la voce di mia madre che mi intimò un minaccioso “Niente computer, signorina!” dall’ingresso.

E sai che me ne faccio, del computer! pensai, buttandomi a pesce sul letto.

Se solo fossi ad Hogwarts... questo fu il mio pensiero appena prima di addormentarmi. Se fossi ad Hogwarts.. la vita sarebbe molto più facile…







Angolo autrice:

Beeeene, eccoci qua. Questa è la seconda volta che pubblico questa fanfiction. La stesura precedente non mi ha soddisfatto appieno: rileggendola a freddo mi sono accorta di tanti piccoli errorucci ( di distrazione, di stile e in qualche caso di grammatica ) disseminati qua e là, e che alcune parti non erano ben dettagliate come avrei voluto che fossero. Perciò ho deciso di riscriverla di sana pianta, sperando questa volta di non dimenticarmi capitoli o pezzi di capitoli a caso. Naturalmente questa era solo l'introduzione, ma spero davvero che apprezziate. Detto ciò, mi auguro come sempre che, per chiunque sia arrivato a leggere fin qui, che sia stata una lettura se non proprio piacevole, almeno sopportabile, e nel caso questo mio primo capitolo vi sia piaciuto spero davvero che me lo facciate sapere. In ogni caso ringrazio a priori chiunque abbia anche solo aperto la mia storia, augurandomi di rivederlo al prossimo capitolo.

Tecla_Leben


  
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