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Autore: Bbpeki    12/12/2014    0 recensioni
Silenzio. Solo il lieve frusciare delle gonne delle donne e il lieve rumore del respiro della moltitudine di persone radunate in una piazzetta. Davanti a tutti c’era un palchetto con sopra una catasta di legno, alcuni funzionari della chiesa locale e del tribunale.
“Oggi, 5 Novembre 1413, la Corte e la Chiesa di San Benedetto dichiarano colpevole di stregoneria Helena Elizabeth Lee e la condannano al rogo. Che Dio ci liberi dal Demonio, Amen” Il silenzio fu rotto da queste orribili parole.
***
Questa storia ha come protagoniste Helena (la versione del video) e Vays, che ho deciso sarebbe stata la ragazza bionda che piange in primo piano (sempre nel video). Si aggiungeranno anche i membri della band più avanti.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Ray Toro, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.

Drowning Lessons

 

Vays non avrebbe saputo dire da quanto tempo era lì. Probabilmente non avrebbe neppure saputo dire se era notte o giorno. 

Sapeva solo che era ancora viva, perché se fosse morta avrebbe rivisto il suo angelo.

Non si mosse, con lo sguardo febbrile posato su quella tomba. 

Dopo ore (o erano solo pochi minuti?) congiunse le mani e alzò lo sguardo al cielo. Era sicura che Helena fosse un dolce angelo caduto per errore dal Paradiso nel corpo della sua cameriera. Ricordava il primo giorno in cui era annegata nelle diamantine iridi del suo Amore…

Era un afoso giorno estivo. Il sole spiccava lucente nel cielo azzurro, così azzurro da sembrare finto. Vays odiava profondamente l’azzurro, in particolare la tonalità del cielo di quel giorno. In particolare quella dei suoi occhi. 

Stava attendendo, leggendo in camera sua, che la nuova cameriera arrivasse. Quella prima, Martha, era fuggita con il garzone del fornaio. Un timido bussare interruppe i sui pensieri. Entrò una ragazza abbastanza alta, con la pelle bianca e i capelli color dell’ebano. Teneva il capo chino, sia per riverenza che per timidezza. Le sue gote si tinsero del vivace colore del sole al tramonto

“Milady, sono Helena Lee, la nuova cameriera. Mi è stato detto di salire subito” Vays aveva sorriso dolcemente. Non sembrava una figlia di contadini, le sue movenze erano aggraziate come quelle delle ballerine che aveva visto una volta alla La Scala di Milano. E non aveva la pelle brucata dal sole, al contrario, era bianca come neve

“Io sono la signorina Rush, per te. Per favore, prendimi il vestito di mussola bianca coi ricami azzurri nell’armadio” Helena ubbidì istantaneamente, trovando subito il vestito “Ora aiutami a indossarlo” Helena alzò la testa, permettendole di vedere i suoli bellissimi occhi, in sospeso tra l’azzurro e il verde, simili a pozze di idilliaci stagni cristallini. Si sentì completa, fusa in quello sguardo come due metalli quando formano una lega: una cosa sola.

Ma ora il Fato le aveva sottratto per sempre la possibilità di rivedere quegli occhi meravigliosi. Cominciò a pregare, sapendo che se Helena era un angelo, e di questo era certa, allora esisteva qualcosa in cui pregare. Pregò per ore e ore, senza nemmeno sapere a chi si stesse rivolgendo solo sperando nel Destino. 

Stette in ginocchio così tanto tempo da non sentire più le gambe. Finché non senti li lieve tocco di una mano calda sulla sua spalla. Era l’aiutante giardiniere del cimitero, si chiamava Bill o qualcosa del genere. Era un ragazzo massiccio, dai capelli di uno strano biondo/rossiccio e con due occhi azzurri, placidi ma intelligenti, forse anche un po’ misteriosi, come se nascondesse qualcosa…

“Milady! Che ci fate qui? Vostro padre vi starà cercando e vostra madre sarà in pensiero” La ragazza sgranò gli occhi, stupita che esistesse qualcuno che pensasse a lei, quando il più puro dei fiori era stato reciso. L’uomo era preoccupato per l’espressione stravolta e confusa di lady Rush, cercò di aiutarla ad alzarsi ma era immobile come una lapide

“Lady, si alzi, la accompagno a casa” Anche se riluttante Vays si alzò. Aveva un’ idea: non poteva aspettare che Dio o chiunque altro le restituisse il suo Amore, doveva trovare un modo da se, anche a costo di patteggiare col Diavolo.

Tornò a casa presa dai suoi pensieri. Ad accoglierla fu la madre sconvolta e preoccupata

“Vays! Angelo mio! Dove sei stata?! Appena arrivata eri così tranquilla, poi sei andata da Janette  e sei tornata tutta agitata. Sei sparita per ore! Dio mio ero così preoccupata!” Disse queste parole in tutta fretta e poi la strinse in un abbraccio soffocante. 

Era una bella donna, Emily Rush, con dolcissimi occhi castani che avevano fatto girare la testa a chissà quanti giovanotti. I tratti delicati e cesellati, insieme alla massa capelli oro, erano le uniche caratteristiche che aveva passato a Vays. Di suo padre non aveva molto: era alto e magro, con il naso aquilino e affilato come il becco di un falco. Con due pozzi blu scuro, profondi più dello stesso oceano al posto degli occhi. Da lui aveva preso le labbra sottili e lo sguardo freddo, spesso e volentieri ostile. Ma gli occhi di quel verde chiaro e trasparente, che non sembrava neanche un colore tanto era annacquato, erano di suo nonno. Nel complesso dicevano tutti che era carina ma quando si guardava allo specchio riusciva a scoprire mille piccoli difetti. Come la lieve spruzzata di lentiggini sul naso. O i denti, non troppo bianchi, e leggermente storti. O ancora lo strato di grasso in eccesso sullo stomaco. Ma non era colpa sua se Margaret, la cuoca, faceva delle torte al coccolato così buone. 

Si sforzò di sorridere per rassicurare la madre

“Non preoccupatevi, madre. Janette mi aveva informato della morte di Helena e ne sono rimasta un po’ sconvolta. Ora sono andata al camposanto per pregare per la sua anima. Sembrava una così brava ragazza” La donna batté le ciglia confusa.

“Vays, tesoro, di che parli? Helena è morta? Come è successo?” Granò gli occhi sorpresa. Ringraziò il ragazzo e si sedettero sul divanetto di broccato rosso, coi ricami d’oro.

“Madre, oggi hanno condannato Helena al rogo. Dicono fosse una strega! Non è terribile?” Fu il turno di sua madre sgranare gli occhi. Toccò un campanello d’argento e chiamò la cameriera.

“Jane, portaci qualcosa di forte. Dio mio non ho più l’età per certi colpi” Da parte sua Vays sentiva le lacrime chiedere il permesso di uscire, non vedeva a l’ora di potersi ritirare nelle sue stanze e dar libero sfogo alla sua anima mutilata e sanguinante. 

Jane tornò con un vassoio e due bicchieri colmi di un liquido ambrato che risultò essere whiskey.

Vays sentì la porta aprirsi e subito comparve suo padre. Come al solito elegantissimo in una giacca a due falde, aperta dietro, blu come i suoi occhi, ricamata d’argento e coi bottoni lustri. I pantaloni candidi non esibivano nemmeno l’ombra di una spiegazzatura e le scarpe erano lucide come uno specchio. 

Corrugò le folte sopracciglia argentee, come i capelli, tenuti dietro e dominati da un nastro blu, alla vista di sua moglie e sua figlia sedute su divano a sorseggiare whiskey con aria sconvolta.

“Vays! Dove sei stata? La signorina Wood era seccata per la fretta con cui ti sei congedata”

La ragazza si alzò in piedi

“Padre, vedete, Janette m-mi aveva appena i-informato che H-Helena, la signorina Lee, e-era stata condannata” Balbettò la ragazza con occhi lucidi di tristezza 

“La tua cameriera? Cosa ha fatto per meritare la condanna?” La figlia abbasso lo sguardo e ricacciò le lacrime indietro

“I-il parroco James l’ha c-condannata per s-stregoneria” Disse con voce sempre più tremula. L’espressine di suo padre divenne di pietra: era un uomo estremamente religioso e si fidava ciecamente della Chiesa. 

“Ebbene? Perché ti sei congedata con tanta fretta?” Chiese con voce un po’ più fredda. 

“S-sono andata al c-camposanto per p-pregare per la sua a-anima, padre” L’espressione di suo padre diventò ancora più severa

“Non vedo perché questo dovrebbe giustificare una tale maleducazione verso una tua amica, trattandosi di un semplice cameriera. In più essendo essa una strega, una strega Vays! Lo sai cosa sono quelle immonde creature! Esse non hanno un anima per cui pregare, avendola venduta al Diavolo in cambio di poteri diabolici! Quindi ritengo il tuo gesto sconveniente e stupido, domani ti scuserai con la signorina Wood e dimenticherai quella strega” Il tono di suo padre era gelido e duro come il marmo. Vays non poteva più trattenersi, si congedò dai genitori e corse nelle sue stanze.

Chiuse la porta a chiave e sdraiò, completamente vestita, sul letto scoppiando in lacrime e bagnando il cuscino.

Pensava che dare sfogo al suo dolore avrebbe alleviato il peso insopportabile che sentiva nel petto ma si accorse che più piangeva più il dolore cresceva.

Si addormentò sperando di annegare nelle sue stesse lacrime.

  
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