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Autore: yllel    14/12/2014    3 recensioni
Considera la somma di tutte le cose e rifletti: se togli un elemento, quello che rimane e' ancora accettabile?
Questo e' il seguito di "Broken".
Post terza stagione e sherlolly. Di nuovo.
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E lentissimamente è arrivato anche questo capitolo!!!
E ci siamo quasi, ve lo assicuro... altri due o tre al massimo dopo questo.
Ringrazio martiachan, Erule e Anne Elliot per il commento al precedente e vi assicuro che mi impegnerò per aggiornare al più presto, anche se non credo proprio che succederà prima del nuovo anno per cui...
Auguri di Buone Feste a tutti!
 
LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

CAPITOLO SEI
 
St. Bart’s
Ore 10.35 am
 
“La ringrazio molto per aver telefonato, Professor Morrison”
Molly si passò una mano sugli occhi stanchi, mentre con l’altra continuava a impugnare il  telefono del suo ufficio.
“Si figuri, Dottoressa Hooper. Quando abbiamo sentito quello che era successo ci siamo molto preoccupati, fortunanatamente il St. Bart’s è stato in grado di rassicurarci velocemente sulle Sue condizioni”
Lei emise un sospiro.
“Si, è stato davvero un incidente spaventoso e mi ritengo molto fortunata...”
“Mi domando quanto ancora ci metteranno a scoprire cosa sia successo”
Molly si irrigidì: la stampa e il web speculavano sulle vere cause dell’incidente in ogni direzione possibile, ma non era ancora stato rilasciato un comunicato ufficiale e, naturalmente, lei non era autorizzata a divulgare nessuna informazione.
“Sono sicura che ci saranno degli sviluppi quanto prima” commentò piano, cercando di mantenere un tono di voce normale.
Il suo interlocutore sembrò capire la sua esitazione.
“Ma certo. So che probabilmente in questo momento ha altri pensieri, ma sappia che il Suo intervento al convegno era molto atteso e, come Le ho già accennato, avrei colto l’occasione per incontrarLa e approfondire i dettagli del nuovo studio che siamo in procinto di intraprendere  a Montreal”
Molly si morse il labbro.
“Si, ne sono consapevole e... Le sono grata per aver pensato al mio nome. Sarebbe certamente un onore far parte del Suo gruppo di ricerca, anche se mi era parso di capire che tutti i posti fossero già stati assegnati”
“Era cosi, infatti... ma sarò sincero, le Sue credenziali sono ottime e non possiamo proprio permetterci di non prenderLa in considerazione. So che non posso pensare di convincerLa per telefono, ma per lo meno dia un’occhiata al materiale che Le ho inviato e magari poi potremmo risentirci... ho in previsione un viaggio a Londra la settimana prossima, mi farebbe piacere incontrarLa e sentire il suo parere. Non Le nascondo che Lei è la persona che avevo in mente per la posizione che Le ho proposto”
“Ho già guardato quello che mi ha inviato. Le premesse sono davvvero notevoli, il piano di lavoro è ambizioso e impegnativo, io... Io sono lusingata che abbia pensato a me”
Il Professore scoppiò a ridere.
“La ringrazio mia cara! Sappia che io so essere molto testardo, quando voglio... Ci pensi su e Le farò sapere la data del mio viaggio, cosi potremo incontrarci e potrò convincerLa a dirmi di si”
Dopo aver salutato, Molly riattaccò il telefono e rimase a guardarlo pensierosa.
Il Canada.
Certo era quando di più impossibile potesse immaginarsi, un cambiamento davvero grande che non era sicura di volere o potere affrontare, nonostante la sua risoluzione nel desiderare di lasciare Londra... ma in fondo, perchè no? Non l’aveva davvero presa in considerazione perchè non sembrava che ci fossero più  posti disponibili, ma l’opportunità era davvero preziosa e non c’era nulla che la trattenesse in Gran Bretagna, nulla che
Le mani di Sherlock, che dolcemente la sfioravano e si prendevano cura delle sue ferite.
Scosse la testa con forza per scacciare il ricordo che l’aveva assalita improvvisamente, non avrebbe permesso a quel momento cosi surreale e delicato di influenzarla o farla dubitare, perchè le cose erano andate proprio come si era aspettata.
Perchè Sherlock l’aveva medicata senza mai parlare.
Perchè quando aveva finito non l’aveva più guardata e si era rialzato, facendo un cenno con il capo al personale di Mycroft che era venuto per riaccompagnarla a casa.
Perchè se ne era andato senza salutarla o dirle qualcosa, lasciandola seduta in mezzo alle macerie a domandarsi per qualche secondo se non fosse stato tutto un sogno, fino a che non si era riscossa  e si era alzata.
Perchè erano passati quattro giorni, e non l’aveva più visto o sentito (era stato Greg ad aggiornarla sulle scoperte delle sostanze presenti nel corpo del capo treno e l’autopsia era stata solo una procedura dovuta, del composto chimico si stavano occupando gli specialisti del governo. E probabilmente Sherlock... ma non al laboratorio, come invece avrebbe fatto un tempo).
Quello di quattro giorni prima era stato un singolo, prezioso momento... niente altro.
In sostanza, non era cambiato nulla.
Ma in fondo, perchè qualcosa sarebbe dovuto cambiare?
Il segnale di un sms in entrata la distrasse da quei pensieri: con un sospiro, prese il cellulare e aprì il messaggio appena arrivato.
Fantastico, pensò non appena ebbe letto il testo.
 
***
 
221/B Baker Street
Due ore prima
8.30 am
 
Il materiale appeso al muro nell’appartamento parlava chiaro  e, al contempo, sollevava una miriade di domande a cui non riusciva a dare risposte.
E questo lo irritava oltremodo.
Alla parete erano state aggiunte le fotografie del disastro ferroviario e i risultati dell’autopsia del capotreno, affiancati ad una copia dell’analisi del composto che l’aveva ucciso prima che potesse correggere l’aumentata velocità del mezzo. A lato, alcune note scarabocchiate di fretta costellate da punti interrogativi, cancellazioni e correzioni.
Gli parve di cogliere un collegamento, ma lo eliminò velocemente per provarne un altro ed un altro ancora, fino a che non si diede per vinto e non si avvicinò alla finestra; inutile tentare, in quel momento la posta in gioco era talmente alta da inficiare ogni sua capacità di giudizio e questo non era naturalmente accettabile.
Scosse la testa con irritazione.
“Problemi a concentrarti, fratello caro?”
Mycroft  si voltò verso la soglia per accogliere le parole sarcastiche e la pungente osservazione che Sherlock aveva appena fatto, e fu accolto da uno sguardo annoiato.
“Questa è casa mia, se non sbaglio. E non mi sembra di avervi invitato, nè tantomeno di averti chiesto di esaminare il mio materiale”
Il maggiore dei fratelli Holmes fece un sorriso a labbra strette e non diede l’impressione di essere in qualche modo dispiaciuto o imbarazzato per l’intrusione che aveva operato,  Anthea si limitò a continuare a digitare sui tasti del telefonino sul divano dove si era seduta.
“Mrs. Hudson è stata cosi gentile da farci salire perchè potessimo aspettarti qui” Mycroft inclinò la testa e non smise di sorridere con aria tesa “e perdonami se sono in errore, ma questo materiale ti è stato per lo più fornito dal governo, per il quale stai lavorando. Stavo solo facendo il punto della situazione in attesa che tu decidessi di rientrare da uno  degli innumerevoli vagabondaggi con cui ci stai deliziando in questi giorni. Dimmi, che cosa ne pensa l’Agente Donovan di questo tuo vagare per la città?”
Sherlock non si diede la pena di rispondere ed entrò definitivamente nell’appartamento, poi si prese del tempo per togliersi il cappotto e sedersi in poltrona.
“L’agente Donovan è stata informata a tempo debito di ogni mio spostamento” disse infine il consulente investigativo “ma insiste nell’indagare nella direzione degli omicidi attribuiti ai fratelli Kybransky. Non posso certo continuare a perdere tempo con la sua testardaggine e la sua inadeguatezza”
“Il che significa vagare in ogni tugurio e covo di drogati della città?” chiese suo fratello stizzito.
Sherlock alzò le spalle.
“Vedi? Tu sapevi esattamente come mi stessi muovendo, anche se le tue modalità di controllo sono state molto discrete, devo ammetterlo”
Mycroft scosse piano la testa.
“Saperti con il Dottor Watson ha di gran lunga placato i miei dubbi e le mie preoccupazioni, anche se non devo essere io a ricordarti che lui era presente, quando hai deciso di uccidere un uomo a sangue freddo e di macchiarti di un crimine per il quale non sei ancora stato perdonato”
L’espressione di Sherlock rimase impassibile, ma le sue mani si contrassero sui braccioli a testimonianza del nervosismo che le parole del fratello erano riuscite a generare. Lo scrutò per qualche istante, poi congiunse le mani all’altezza del mento e un sorriso di scherno gli apparve sul volto.
“Sono colpito” disse con ironia “la tua preoccupazione è talmente alta da inibire le tue capacità di analisi. Sei rimasto davanti a quella parete per quanto? Quindici, venti minuti... e in verità non sei giunto a nessuna conclusione accettabile”
L’altro si voltò di nuovo verso la finestra, era inutile negare le sue difficoltà, anche se Sherlock le stava mettendo a nudo solo per nascondere le proprie.
Era sempre stato così, fra loro due... perchè rischiare di essere sinceri quando potevano invece trincerarsi dietro il disdegno e le loro  menti brillanti?
“I risultati definitivi del composto trovato nel corpo del capotreno...” inziò in tono pensieroso.
“Danno alcuni dati per lo meno contrastanti” disse Sherlock con sicurezza.
Mycroft  annuì piano.
“Concordo con te. Il composto è stato creato in laboratorio e presenta alcune caratteristiche specifiche che sono riconducibili ai fratelli Kybransky...”
“Ma non del tutto”
“Esatto. Loro hanno una sorta di firma personale, sostanze che preferiscono usare invece di altre... qualcosa non quadra”
Sherlock emise un grugnito e si alzò di scatto dalla poltrona.
“Lieto di sapere che finalmente qualcuno comincia a pensarla come me” disse sarcasticamente.
Suo fratello scosse la testa.
“Tuttavia abbiamo la conferma che sono entrati nel paese. Abbiamo l’uso di sostanze chimiche nell’attentato al treno...”
“No, non è abbastanza” il consulente investigativo cominciò a camminare velocemente per la stanza “Ci ho lavorato sopra in questi giorni e”
Mycroft ebbe un moto di impazienza e lo interruppe.
“Perdonami fratellino, ma credo che tu non possa pretendere che aspettiamo la tua epifania. Le tue idee vanno in una direzione totalmente diversa da quella che indicano i fatti, anche se devo ammettere che in questa storia ci sono delle grosse incongruenze. Stiamo portando i protocolli contro gli attacchi bio terroristici a livello massimo”
Una smorfia di fastidio accolse la sua dichiarazione.
“Non sono sicuro che sia necessario andare in quella direzione!”
Sul viso di Mycroft apparve un’espressione irritata.
“Mi scuso per dover seguire una gerarchia e delle direttive...” disse “sappiamo bene entrambi che non è una cosa a cui sei abituato, ma vediamo anche dove tutto ciò ti ha portato!”
I due fratelli avevano entrambi alzato la voce nelle loro ultime affermazioni, ma poi nella stanza calò il silenzio e rimasero a fissarsi.
“Sai che ho ragione io” riprese infine Sherlock guardandolo dritto negli occhi.
L’uomo che talvolta era il governo in persona fece trasparire per un attimo sul suo volto il suo turbamento interiore: voleva dare credito al fratello, ma la posta in gioco era troppo alta, aveva bisogno di fatti certi.
“Che cosa hai scoperto?” chiese ritornando ad un tono di voce normale ma distaccato.
“Ho un’idea e in questi giorni ho seguito diverse piste che mi hanno portato alla definizione di alcuni scenari”
Mycroft strinse le labbra: alcuni scenari significava semplicemente nessuna certezza e questo purtroppo non gli bastava.
“Uno di questi prevede accettare che Moriarty sia davvero ancora vivo?”
Con un gemito di frustrazione, Sherlock ricominciò a camminare a passi agitati lungo l’appartamento.
“NO! Quell’uomo è morto!” esclamò con insofferenza “Davanti a me! Che vi prende a tutti quanti? Sembrate quasi sperare in un grande ritorno che semplifichi le cose! Diamo tutta la colpa al grande consulente criminale, per lo meno sapremo cosa dobbiamo affrontare!”
“E tu invece lo sai, Sherlock, che cosa dobbiamo affrontare?” sussurrò Mycroft.
Suo fratello si fermò di botto e lo fissò, realizzando che la discussione stava per prendere un’altra piega.
“Che cosa vuoi, Mycroft?” chiese in tono guardingo.
“Sono morte delle persone su quel treno...” continuò il maggiore dei fratelli Holmes “e nulla fa pensare che si sia trattato di un episodio isolato. E la Dottoressa Hooper era fra i passeggeri...”
“Questo è assolutamente irrilevante” lo interruppe il consulente investigativo irrigidendo tutta la sua postura.
“Il tuo comportamento in seguito all’incidente sembrerebbe provare il contrario”
Sherlock strinse la mascella al pensiero che il suo momento con Molly fosse stato spiato: era stata una decisione improvvisa, giusta e sbagliata allo stesso tempo... un momento privato che naturalmente suo fratello non aveva ritenuto tale.
“Perchè non provi a parlare chiaro, Mycroft?”
L’altro inspirò a fondo.
“Ho bisogno di sapere che sei effettivamente in grado di condurre questo caso, Sherlock.  Ho bisogno di essere certo che altre cose non ti stanno distraendo o portando nella direzione sbagliata.”
Come spesso gli era successo dal momento dell’incidente, l’immagine di Molly seduta su quella sedia da campeggio in mezzo alle macerie si ripresentò prepotentemente davanti agli occhi di Sherlock.
La accolse con una smorfia di fastidio, ma non tentò di mandarla via perchè ormai sapeva che era impossibile: da giorni lo tormentava, insieme al ricordo di tutte le sensazioni che aveva provato prima di essere sicuro che lei stesse bene dopo il deragliamento del treno, che non le fosse successo niente di grave.
Prima di essere sicuro di non averla persa per sempre.
Da un punto di vista prettamente scientifico, quello che il suo corpo aveva sperimentato era stato abbastanza chiaro: battiti del cuore aumentati per l’ansia, sudorazione e respiro leggermente affrettato, fatica a distogliere il pensiero dall’idea che Molly potesse essere in difficoltà.
Ricordava di aver provato le stesse sensazioni quando John si era trovato in situazioni di pericolo, o quando tempo più addietro Mrs Hudson era stata aggredita.
Sherlock Holmes aveva ormai ammesso da tempo con sè stesso di avere una cerchia di persone a cui teneva particolarmente, non era quello il problema.
Il problema era quello di riuscire ad archiviare quelle sensazioni, metterle al sicuro perchè non tornassero a tormentarlo e distrarlo... il problema era stato quella necessità incombente di tornare da Molly e medicarla, per essere sicuro che stesse bene e perchè sembrava che ogni singola fibra del suo corpo avvertisse  il bisogno di toccarla, di stabilire un contatto fisico come unico modo per rilassarsi e scacciare la sua stessa ansia.
Toccare Molly Hooper l’aveva fatto stare bene.
Era inaccettabile, naturalmente... una debolezza che andava combattuta, soprattutto alla luce del fatto che Molly stava per andarsene e che la separazione fisica non poteva ovviamente fornire alcuna possibilità di ulteriori contatti; sarebbe stata lontana e quindi questa necessità non avrebbe più trovato risposta, arrivando ad estinguersi.
Era una buona cosa, giusto?
Si rese conto che Mycroft stava aspettando un commento alle sue affermazioni.
“Adesso mi stai insultando” cominciò in tono glaciale “dovresti conoscermi abbastanza bene da sapere che la Dottoressa Hooper e la sua imminente partenza non costituiscono per me alcun motivo di distrazione. Quello che vuole fare della sua vita è affar suo e non mi riguarda, francamente comincio a trovare noiosa questo continuo ripetermi. In verità tu dovresti essere contento, visto che hai fatto di tutto perchè lei realizzasse quanto la mia presenza nella sua esistenza sia deleteria”
Il movimento degli occhi di Mycroft fu impercettibile, ma naturalmente il consulente investigativo lo intercettò.
Si voltò di scatto verso Anthea, che aveva smesso di digitare sui tasti del telefono e lo stava ora fissando.
“Oh. Non tu fratello, a quanto pare” disse inclinando la testa mentre cominciava ad osservare la donna “vedo che dopo tutto non sei capace di seguire i tuoi stessi consigli e ti sei trovato un pesce rosso tutto tuo... non pensavo che fossi il tipo di uomo che si fa influenzare dalla sua assistente... o c’è qualcosa che mamma dovrebbe sapere? Sempre se i particolari non sono troppo piccanti da non poter essere condivisi. Dubito che la nostra cara genitrice avrebbe voglia di sentire quanto si estende la qualità dell’assistenza che la tua segretaria ti procura. Tranquillo, neanche io sono curioso di sapere quali delle sue innumerevoli abilità ti ha convinto  a seguire le sue richieste”
Anthea impallidì notevolmente alle implicazioni di Sherlock e al suo tono sarcastico e accusatorio, tuttavia dopo qualche attimo si riprese e si alzò in piedi e gli si avvicinò.
“Lei è un idiota, Signor Holmes’ dichiarò con lentezza e sicurezza.
Sherlock spalancò la bocca sorpreso.
“Mia cara...” tentò di intromettersi Mycroft, ma lei alzò una mano per interromperlo.
“Si sbaglia, la decisione di far sentire la registrazione alla Dottoressa Hooper è stata unicamente di Suo fratello. Pensava che fosse il momento per lei di andare avanti come non era ancora riuscita a fare, era davvero il suo modo di ringraziarla ma vede... io invece pensavo che Lei, Signor Holmes, si sarebbe meritato una seconda possibilità al Suo ritorno”
Sherlock aggrottò la fronte confuso e Anthea scosse la testa con commiserazione.
“Crede davvero che Mycroft l’avrebbe fatta morire in quella missione senza intervenire?” gli chiese con un sorriso amaro “il messaggio di Moriarty o chi per lui ha solo anticipato i tempi. Era già pronto un piano per riportarLa a casa ed è davvero triste che Lei non se ne sia reso conto, che non abbia davvero realizzato quanto la Sua perdita avrebbe spezzato il cuore di Suo fratello”
“Anthea...” il tono del suo capo era alquanto riluttante.
“NO!” lo interruppe di nuovo lei con uno sguardo furioso negli occhi “ora mi rendo conto di aver fatto un errore, un grave errore di valutazione e nel sentire le Sue parole, Signor Holmes, ho deciso di porvi rimedio... credo che, dopo tutto, sia ora che smettiamo di impedire a Molly Hooper di avere quello che vuole”
Anthea tornò ad osservare il cellulare e con rapidi gesti inviò una mail.
Sherlock la scrutò per qualche istante: se le sue parole erano vere (e non dubitava che lo fossero, visto con quale irruenza le aveva pronunciate abbandonando il suo impeccabile aspetto compassato di sempre) Anthea in questo periodo aveva fatto in modo che Molly non avesse comunque la possibilità di ricevere offerte interessanti. Vero, la patologa gli aveva assicurato che sarebbe rimasta fino alla soluzione del caso, ma nulla le stava impedendo di guardarsi comunque intorno e l’assistente di suo fratello aveva in qualche maniera bloccato ogni possibile opportunità.
Almeno fino a quel momento.
“Che cosa hai fatto?” le chiese improvvisamente inquieto.
Anthea  gli restituì uno sguardo deciso.
“Ho appena dato alla Dottoressa Hooper la sua possibilità di essere felice. Aspetterò in macchina” terminò rivolta a Mycroft prima di lasciare l’appartamento.
Mycroft e Sherlock rimasero in un silenzio carico di tensione e imbarazzo per qualche minuto, poi il maggiore prese anch’egli la direzione verso la porta.
“L’avresti fatto davvero?”
Un mezzo sorriso si era stampato sul suo volto mentre si voltava per rispondere alla domanda di suo fratello.
“Che cosa?”
“Mi avresti davvero salvato?”
“Si”
Sherlock fece vagare lo sguardo per la stanza.
“Ti sarebbe costato molto” commentò a bassa voce.
L’altro alzò le spalle con noncuranza.
“Non così tanto, se fossi riuscito ad attribuire la tua miracolosa salvezza alle tue grandi capacità di cavartela o all’inettitudine di chi aveva programmato la missione. Avrebbero potuto avere dei sospetti, ma non delle prove”
Dopo qualche secondo, entrambi si misero a ridacchiare ma poi Mycroft tornò serio.
“Non parlerai più in quel modo ad Anthea, sono stato chiaro?”
Sherlock annuì piano, conscio del fatto che suo fratello aveva fatto una scelta seria, aveva scelto di legarsi a qualcuno nonostante tutte le sue precedenti convinzioni.
Il pensiero della possibilità di questa cosa gli procurò un nodo allo stomaco.
“Chiarissimo” disse, scacciando la sensazione “Magari però la tua assistente in futuro potrà evitare di insultarmi? Pensa altrimenti alle situazioni che si potrebbero venire a creare quando comincerà a partecipare alle nostre riunioni di famiglia...”
Mycroft fece una smorfia e si schiarì la voce in evidente imbarazzo, poi raddrizzò le spalle.
“Sono sicuro che Anthea riuscirà a moderarsi. È una donna intelligente e capace... ma su una cosa evidentemente si sbagliava.”
“E sarebbe?”
“La questione non è se tu ti meriti o no una seconda possibilità... forse dopo tutto tu non la vuoi davvero”
O forse sei proprio un idiota, fratellino, aggiunse tra sè Mycroft Holmes mentre lasciava Baker Street e raggiungeva la macchina che lo stava aspettando.
 
***
 
Casa di John e Mary Watson
10.15 am
 
“Altro caffè?”
“Ehm... no, grazie Mrs Watson”
“La prego mi chiami Mary, Agente Donovan”
Sally sorrise nervosamente, la moglie di John era la prima persona facente parte della cerchia di Holmes che era davvero gentile con lei, se non si considerava Lestrade.
Quel clima familiare era un po’ inquietante e strano, visto che si trovavano nell’appartamento dei coniugi Watson per fare il punto della situazione sulle indagini, ma John era stato chiaro: aveva trascorso gli ultimi quattro giorni a rincorrere Sherlock per Londra e ora aveva davvero bisogno di stare vicino a sua moglie per qualche ora, cosi avevano convenuto di trovarsi a casa sua e ora stavano sorseggiando caffè e mangiando i pasticcini di Mrs Hudson, in attesa del consulente investigativo.
“Solo se tu mi chiami Sally” rispose l’agente speciale, prendendo un altro dolcetto e considerando che il sorriso di Mary Morstan Watson era davvero angelico, e che la maternità le conferiva un’aurea luminosa e pacifica.
Poteva capire perchè suo marito avesse bisogno di starle accanto in quel momento.
La porta si aprì e Sherlock Holmes fece la sua apparizione, le mani infilate nel cappotto e uno sguardo penetrante che preannunciava un commento alquanto secco sull’inutilità di fare uno spuntino in un momento come quello.
Con suo sommo stupore, Donovan lo osservò stringere le labbra e rilassare impercettibilmente i muscoli del viso in un tentativo di sorriso: era davvero cambiato, una volta non avrebbe evitato di rimarcare il suo fastidio, ora lo vide battere le mani e annuire.
“Bene, caffè. Mary, nero due zollette, per favore”
E chiedeva anche per favore.
“Prenditelo da solo”
L’agente speciale del governo si voltò stupita verso la donna che aveva appena pronunciato la frase in tono glaciale: sul suo viso continuava ad aleggiare un sorriso serafico, ma i suoi occhi facevano trasparire una grossa, grossa irritazione.
Nella stanza si sentì chiaramente l’esclamazione disperata di John Watson.
“Oh cielo”
Sherlock dal canto suo si limitò a fissare per un attimo la moglie del suo migliore amico, poi socchiuse gli occhi.
“Mary?”
La donna ricambiò la sua espressione.
“Sherlock?”
Lui emise un sospiro di impazienza misto a rassegnazione e le si avvicinò, prendendola gentilmente ma con fermezza per un gomito.
“Vogliate scusarci” disse agli altri presenti nel salotto, prima di indirizzare Mary verso la cucina e chiudersi dentro insieme a lei, mentre Lestrade si lasciava andare ad un
“Glielo hai detto, vero John?”
abbastanza preoccupato.
Sherlock stava ancora chiudendo la porta quando fu aggredito da uno strofinaccio sbattuto a più riprese sulla sua spalla.
“Ehi!” commentò annoiato.
Mary si mise le mani sui fianchi, uno sguardo furioso negli occhi.
“Hai intenzione di far si che dopo la nascita della bambina la mia sia un’esistenza triste e solitaria, Sherlock Holmes?”
“Di che diavolo stai parlando?” le chiese lui altrettanto irritato.
“Del fatto che stai rovinando tutte le mie amicizie! Pensi che quando avrò partorito avrò molte opportunità di uscire nei primi tempi? John avrà il lavoro e naturalmente continuerà a seguirti,  ma io?
Sarò qui da sola con un esserino che so già di amare con tutta me stessa ma che, ammettiamolo, non sarà una compagnia molto interattiva! E non avrò nessuna amica con cui sfogarmi, perchè tu le stai facendo scappare tutte da Londra!”
Sherlock incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla porta.
“Sei diventata amica di Janine solo perchè era l’assistente personale di Magnussen” la accusò con una smorfia eloquente.
Mary sbattè le palpebre due o tre volte, ma non si perse d’animo.
“Beh, senti chi parla... tu le hai chiesto di sposarti per lo stesso identico motivo. Ma si dà il caso che lei mi piacesse molto comunque! E io e Molly stavamo finalmente imparando a conoscerci meglio e sono sicura che potremmo essere buone amiche”
Sherlock fece per replicare, ma Mary gli mise una mano davanti alla bocca.
“Sta zitto, lo so che lei sa che cosa ho fatto. Non è una stupida,  ma nonostante questo ha continuato ad essere gentile con me e non mi ha fatto domande... ti dico che devi convincerla a restare!”
Lui roteò gli occhi con insofferenza.
“Perchè altrimenti che fai, mi spari di nuovo?”
Mary arretrò leggermente sotto il peso di quelle parole e Sherlock se ne pentì all’istante.
“Mi dispiace, scusa...” disse, mentre la sua mano raggiungeva i suoi capelli per arruffarli in preda alla frustrazione “Ma lei non vuole rimanere, Mary. John si è dimenticato di raccontarti questa parte della conversazione?”
Il tono amaro dell’amico fece scuotere piano la testa alla donna.
“Lei non vuole perchè pensa che a te non importi... ma sappiamo entrambi che non è cosi”
Sherlock scosse improvvisamente la testa con rabbia e si allontanò dalla porta.
“Siete tutti così sicuri di sapere cosa sia meglio, vero? A nessuno viene in mente che la partenza di Molly Hooper sarebbe un bene? Che finalmente potrebbe vivere la vita che desidera e che si merita?”
“Lontana da tutto ciò che ha costruito qui? Da tutto ciò che potrebbe avere qui?” chiese Mary dispiaciuta.
Lui fece un mezzo sorriso.
“Lontana da me” fu la sua risposta sussurrata.
Il suono del cellulare che segnalava un sms arrivò ad interromperli prima che uno dei due potesse aggiungere altro.
Sherlock prese il telefono e sul suo viso arrivò un’espressione determinata.
“Ci siamo” esclamò, uscendo a razzo dalla cucina.
“John, apri la porta!”
Il suo amico lo guardò perplesso.
“Ma non ha bussato ness”
Qualcuno bussò alla porta.
Il Dottor Watson sbuffò e andò ad aprire.
Billy Wiggins in una delle sue tenute migliori era sulla soglia e teneva per un braccio un tizio basso e fragilino, con due fondi di bottiglia al posto degli occhiali.
Il tizio in questione non sembrava molto contento di trovarsi dove era e guardava ostentatamente per terra, ma Billy sembrava avere su di lui una presa molto salda.
“Dottore” salutò rispettosamente, prima di far vagare lo sguardo per la stanza e intravedere Mary.
“Signora” annuì “La trovo in splendida forma.... non nel senso naturalmente che è formosa, questo no, perchè Le assicuro che non lo è. Certo, in verità lo è, essendo incinta, ma solo nelle parti giuste... voglio dire...”
“Billy” la voce di Sherlock interruppe il discorso e il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
“Si, Shezza. Certo”
“Shezza?” chiese Lestrade inarcando un sopracciglio.
“Soprannome tra compagni di avventure chimiche” disse a denti stretti John, il quale non era molto contento di quell’improvvisata a casa sua.
“Avventure chimiche nel senso di...” si intromise Donovan.
“ORA BASTA, TUTTI QUANTI! ZITTI!”
Nel soggiorno calò il silenzio.
Sherlock si avvicinò ai nuovi arrivati e scrutò con freddezza il compagno di Billy.
“Parla” comandò seccamente.
L’altro per tutta risposta mugugnò qualcosa, ma poi ritornò muto.
Billy gli diede uno strattone.
“Il Signor Holmes ti ha chiesto di parlare,  Jason. Puoi scegliere di farlo con le buone o aspettarti che si arrabbi un pochino. In quel caso ti assicuro che non sarai molto contento”
“Ehi...” si intromise Lestrade a quella minaccia.
Sherlock non se ne curò e si avvicinò ulteriormente.
“Jason. Ho passato quattro giorni a cercarti, devo dire che ti sei nascosto molto bene... non possiamo fartene un torto, visto che le altre due persone che hanno eseguito  il tuo stesso lavoretto non hanno fatto una buona fine...”
All’occhiata perplessa di Donovan, John decise di aggiungere qualche spiegazione.
“Sherlock ha elaborato una teoria per la quale il composto che ha ucciso il capotreno è stato sintetizzato in diverse fasi a cui hanno partecipato differenti persone, tra cui a quanto pare il nostro amico qui. In questi giorni ci siamo dati parecchio da fare per trovarlo... mai visto così tanti posti malfamati in una volta” indicò con il dito il tizio che stava ancora zitto.
“Le altre due persone sono state Loggins e quell’altro chimico che è stato ucciso dopo di lui?” chiese Donovan, che stava velocemente cominciando a fare i collegamenti necessari per assumere poi  un’aria perplessa “Ma perchè i fratelli Kybransky avrebbero avuto bisogno di far elaborare il composto chimico a qualcun altro?”
“Non ne avrebbero avuto bisogno, in effetti... se fossero stati davvero coinvolti. Ma come ho già detto, erano solo uno specchietto per le allodole” disse Sherlock senza distogliere lo sguardo da Jason.
“Allora?” tornò a chiedere.
L’altro emise un gemito.
“Voglio l’immunità! Io non sapevo assolutamente di cosa si trattasse! Ho fatto solo un pezzo di lavoro!”
Gli occhi di Sherlock si ridussero a una fessura.
“Quello che posso darti, Jason, è la rassicurazione che non ti farò tornare in strada fra due minuti senza una scorta o una protezione. Attualmente, questo è uno dei luoghi più protetti del Regno, ma quanto pensi che potresti durare prima di riuscire a tornare nel tuo lurido ma non perfettamente camuffato  nascondiglio?”
“Non lasceresti che mi uccidano davvero!” piagnucolò esterefatto l’altro.
“Non mettermi alla prova, Jason” sibilò Sherlock, mentre l’immagine di Molly sul luogo del disastro gli tornava di nuovo alla mente.
“Mi ha pagato un sacco di soldi! Non sapevo che l’avrebbe usato su quel treno!” gridò disperato il chimico.
“Ha? Non erano in due?” chiese Donovan ancora dubbiosa.
Jason scosse la testa.
“Era un uomo, uno solo. Mi ha dato un grosso anticipo, ma quando gli ho consegnato il composto ha tirato fuori una pistola e mi ha sparato. Non so come non mi ha beccato, allora l’ho colpito con la prima cosa che mi è venuta sotto mano e sono scappato. Mi nascondo da cinque giorni...”
“L’hai colpito con un’asse al braccio sinistro?”
Jason guardò stupito Sherlock.
“E lei come lo sa?”
Il consulente investigativo assunse un’aria eccitata ed estrasse una fotografia dalla tasca del cappotto.
“Era questo l’uomo?” domandò con impazienza.
“Accidenti, si!”
Donovan si sporse per osservare la foto e riuscì ad esprimere un unico commento.
“Merda”
 
***
 
St. Bart’s
10.45 am
 
Molly Hooper lesse e rilesse il messaggio che le era arrivato, poi scosse piano la testa.
In fondo, non poteva evitare l’incontro che le era richiesto all’infinito e, forse, era meglio sbrigare la faccenda al più presto, togliersi il pensiero... anche se le spiaceva davvero che le cose dovessero andare a quel modo.
Aprì la funzione dei messaggi e digitò poche parole.

SARO’ DA TE VERSO LA PAUSA PRANZO.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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