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Autore: _diana87    15/12/2014    4 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Lentamente allunga il braccio dall’altra parte del letto. Passa la mano sulla parte vuota e sente una stretta al cuore.
Rotola per raggiungere il cuscino e lo stringe a sé, immaginando di abbracciare lui in quel momento.
C’è ancora il suo odore impresso sulle lenzuola, e non sa se questo la consoli, la faccia star meglio, oppure la faccia soffrire. In ogni caso, si dice, cosa importa. Meglio provare un sentimento negativo che non viverlo.
Si addormenta così, abbracciata al cuscino, macchiandolo di lacrime mescolate con il mascara, che pigramente, non ha rimosso dal volto.
L’aroma del caffè la fa svegliare. Apre un occhio, poi l’altro, getta uno sguardo alla sveglia vedendo che sono quasi le otto. Questo non le provoca niente. Ha deciso che per un paio di giorni non andrà al distretto, quindi ha spento il cellulare per stare lontana dal mondo esterno.
Svogliatamente, torna ad abbracciare il cuscino, volgendo le spalle alla sveglia.
“Buongiorno Katherine. Dormito bene?” la voce dolce di Martha, però, la fa girare di nuovo.
Le sorride timidamente, cercando di ricomporsi, scuotendo i capelli arruffati. Poi si ferma, rendendosi conto che è stupido vergognarsi che tua suocera ti veda così mal sistemata. È mattina e si è appena svegliata, è normale che stia così.
Mentre la diva le poggia la tazza col caffè sul comodino, Kate si imbarazza quando nota il mascara colato sul cuscino e tenta di nascondere il misfatto rigirandolo. Si mette seduta, poggiando la schiena sul muro.
“Ci ho provato. Grazie.”
La tazza è calda. La stringe tra le mani e chiude gli occhi sentendo l’aroma dolce.
“Per così poco, è solo un po’ di caffè.”
Martha le fa intendere che non è solo un po’ di caffè, e le risponde facendole l’occhiolino complice.
Quella donna ha già fatto tanto per lei, accogliendola nella sua casa e nel letto di suo figlio, senza chiedere mai perché fosse comparsa sulla porta piangendo e in pessime condizioni. Riposa la tazza sul comodino. Ha bevuto il caffè tutto d’un fiato e sente di star bene adesso.
Poggia entrambe le braccia davanti a lei e si raccoglie i capelli in una coda.
“Dov’è Alexis?”
“E’ in cucina.”
“Devo parlarle.” Fa Kate, alzandosi di colpo per recuperare i suoi vestiti.
Percependo la tensione, la diva le posa una mano sulla spalla. “Non c’è bisogno che ti stressi, cara. Ora devi solo riposare la mente.”
“Ma io devo spiegarle, Martha. Devo dirle che è colpa mia se non sono riuscita a riportare suo padre a casa.”
Kate trova Alexis nel salotto con le gambe raggomitolate sotto il sedere, intenta a leggere il giornale sulla poltrona dove di solito si sedeva suo padre.
La detective si blocca, restando a contemplare quell’immagine. È così simile a Castle. Entrambi hanno quegli occhi che brillano appena leggono qualcosa.
“Ciao.” Inizia la conversazione salutandola. Un modo semplice a cui lei non può sottrarsi.
Alexis non apre bocca e continua a leggere. Fa finta di non notarla. Kate si avvicina portando le mani dietro la tasca dei jeans e si morde il labbro.
“Mi dispiace.”
La zucchina alza leggermente gli occhi dal giornale e guarda fisso davanti a sé. La detective azzarda di nuovo: un altro passetto in avanti e allunga le mani per posarle sull’altra poltrona, quella posizionata vicino ad Alexis. Lo sguardo della ragazza è glaciale, appena si gira verso Kate.
“Mi fidavo di te. Me l’avevi promesso.” Comincia. Le prime parole sono apparentemente calme, poi alza la voce e si alza anche lei dalla poltrona. Le punta il dito contro. “Avevi promesso di riportare mio padre a casa!”
Il braccio inizia a tremare tutto e il tremolio segue il dito. Il corpo è come posseduto e la collera si impossessa di lei.
Kate rimane immobile, osservandola con gli occhi sbarrati. Il magone le sale su e prende a torturarsi le mani.
E poi, la giovane si avventa su di lei. La colpisce coi pugni contro il torace, ma la detective non si muove.
“L’avevi promesso, l’avevi promesso!” urla con la testa contro il suo petto.
Martha fa capolino nella stanza. È una scena che ha già visto in molte sue opere teatrali, ma qui non si sta recitando.
Beckett riesce a prendere le mani di Alexis per tenerla ferma; la giovane Castle alza la testa e c’è uno scambio di sguardi tra loro, seguito da lacrime di rabbia, delusione, e senso di colpa. Senza dir nulla, la donna l’abbraccia; la ragazza smette di dire e fare qualunque cosa, per ricambiare.
Si abbracciano così, in silenzio, mentre Martha deve coprirsi la bocca con la mano per evitare di unirsi al loro grido disperato.
È rimasta solo lei a dare un sorriso di speranza in famiglia.
 
Per pura curiosità, dopo la lunga giornata, accende il cellulare. Venti chiamate e una decina di messaggi. Controlla i mittenti: Lanie, Esposito, Ryan, la Gates, l’agente Jones, Hayley e perfino la Finch. Tutti messaggi di preoccupazione. Tutti che vogliono sapere che fine abbia fatto, e se ha voglia di parlare, ma nessuno che le chieda come si senta realmente.
Spegne di nuovo il telefono, per paura che in quel breve minuto possa arrivare un’altra chiamata. Quindi si reca nell’ufficio di Castle.
Rimasto immacolato, controlla col dito la libreria e nota un filo di polvere. È come se quella stanza aspettasse il suo ritorno.
Cammina verso la scrivania e si siede lì davanti. Accende il computer e vede l’immagine di loro due come salvaschermo. Ha una fitta al cuore. Toglie lo sguardo dal monitor e chiude gli occhi, coprendoli con entrambi le mani, sentendosi colpevole. Perché lo ha fatto?
Stupida, stupida, stupida.
Il bip incessante sullo schermo cattura la sua attenzione. È un puntino rosso. Ci clicca sopra e vede che viene da Skype. Una videochiamata in arrivo da un numero che non conosce. Forse un internazionale.
Accetta la chiamata, e si apre la schermata davanti a lei. Corruccia la fronte, concentrata su ciò che l’immagine distorta le propone. Qualcuno dall’altra parte dello schermo, sta cercando di assicurarsi che il segnale sia buono.
L’immagine si fa più nitida e ha un tuffo al cuore.
Davanti a lei, dall’altra parte dello schermo, c’è Castle.
Il suo Rick Castle.
Ha il volto provato. Vorrebbe toccarlo e tracciare tutte le cicatrici e i lividi con le dita, invece ha quel monitor che la separa. E qualche centinaio di chilometri.
Si copre la bocca, gioendo. Le lacrime non si trattengono più.
“Kate, sono Rick” dice, sospirando. Ma quel tono di voce è insicuro. Lo vede deglutire e cerca di capire dove si trovi.
“Sei proprio tu. Sei libero? Non sei in cella?” parla sottovoce per non svegliare Martha e Alexis. Intorno a Castle vede una parete scura, forse costellata da mattoncini. Non nota finestre. È tutto buio e tetro.
“Sì, c’ero ma, mhm, mi hanno lasciato uscire dopo una missione andata a buon fine.” Di nuovo quel tono di voce incerto, ovattato.
Kate corruccia la fronte e si mette comoda. “E se ti scoprono mentre parli con me?”
“Tranquilla, non c’è pericolo.”
“Mi manchi.”
Non resiste. Doveva dirglielo. Si copre di nuovo la bocca con la mano, coprendo quelle lacrime di gioia che ormai continuano a scendere ininterrottamente. Quanto vorrebbe riabbracciarlo. La reazione che ottiene, però, non è quella che Kate sperava.
Lui resta impassibile e la blocca freddamente, ammonendola con una mano alzata. “Senti, Beckett...”
Beckett. Quando la chiama per cognome, sa che non anticipa nulla di buono.
“Non posso tornare a New York.”
Balza indietro sullo schienale e per un attimo resta a fissarlo. Ridacchia. “È uno scherzo.”
Subito dopo, si rende conto che Rick non sta affatto scherzando. La guarda freddamente. Dal suo viso non riesce a esprimere nient’altro se non indifferenza. Cosa gli è successo?
“Mi sono ambientato e non intendo andarmene.”
Kate sente come se lui le avesse strappato il cuore dal petto e gettato a terra, per poi pestarlo duramente, fino a ridurlo in mille pezzi. Deglutisce, cercando di non urlare. Alza leggermente il tono di voce, ma Rick riesce a percepire il suo stato di collera.
“Stai dicendo un mucchio di stronzate... ti conosco!”
“Sono serio, Beckett.”
C’è una pausa. Prendono a studiarsi.
Lei si mordicchia il labbro inferiore, struggendosi, arrovellandosi la mente. Lui abbassa lo sguardo, sentendosi colpevole.
“Hai conosciuto un’altra? È così?”
“Non c’è nessuna donna. Questa è la mia casa ora. Sono musulmano.” Le risponde, alzando la testa e mostrandole un piccolo corano.
Lei scuote la testa e si avvicina di più allo schermo, come se sentisse la necessita di stritolarlo. Un po’ per risentire la sensazione di averlo tra le sue braccia, e un po’ perché se la sta prendendo in giro, è meglio che smetta di farlo.
“Non puoi lasciarmi così, Castle!” la voce è tremolante “Sono venuta per te laggiù... per salvarti e riportarti a casa dalla tua famiglia!”
“Non mi importa più di nessuno.”
Kate fa una smorfia. Non ci crede. Non vuole credere alle sue orecchie. Volta lo sguardo dall’altra parte, verso la finestra dello studio, e scuote la testa. Poi torna a fissare l’uomo sul monitor con sguardo di sfida.
“Questo scherzo sta durando anche troppo. Mi stai prendendo in giro. Alexis, Martha e io ti stiamo aspettando!”
“Ti ripeto che sono serissimo, Beckett. Non voglio tornare.”
Lui è serissimo. Adesso ci crede.
Nominare i membri della sua famiglia non gli ha provocato nessun effetto. Neanche un battito di ciglia. Quegli occhi di ghiaccio sono così freddi, e tutto intorno a lui è uguale e cupo. Una prigione priva di emozioni. Forse deve arrendersi all’evidenza. Lui non vuole più tornare.
Dopo tutto quello che lei ha fatto per lui...
“E non pensi a me? Come farò senza di te?”
“Ti rifarai una vita. Troverai qualcun altro.”
“Ma io ti amo, Rick.” Glielo dice piangendo, ma ancora non riceve nessuna risposta.
Lui è lì, lo vede. Esita.
Poi, sgancia la bomba.
“Io invece non ti amo più. Dimenticami e lasciami in pace.”
Kate riaggancia la conversazione. Chiude il computer, sbattendolo. Lo allontana da sé, allunga le gambe, si sistema sullo schienale e si porta le mani sul volto. Un fiume di lacrime in discesa. Afferra un fazzoletto bianco per pulirsi gli occhi.
Rick non la vuole più nella sua vita. Doveva aspettarselo. Già a Beirut lui le aveva dato quell’impressione.
Si dà pugni sulla testa, come una pazza. Come ha fatto ad essere così stupida? Le lacrime cessano per un momento.
Poggia un gomito sulla poltroncina e resta a guardare un punto indecifrato davanti a sé.
Si dice che nel momento prima di morire, ripercorri tutta la tua vita in quell’attimo. Per Kate è proprio così.
Rick non è morto, ma lei si sente così per lui.
 
Dopo che lei gli ha riagganciato la conversazione in faccia, Rick getta la maschera.
Chiude anche lui Skype e resta per qualche istante a testa in giù, con entrambe le mani a coprire il viso. Emette dei gemiti, facendo attenzione a non farsi sentire dalle guardie poco più in là. Si dondola per qualche secondo, mentre è seduto a terra di quell’orrenda cella. La puzza di chiuso e di putrefazione si fa sempre più intensa. Un topolino gli passa accanto, per poi scomparire in un piccolo buco del pavimento, ma lui non ci fa caso.
Quando torna con lo sguardo a fissare il computer spento, il suo viso è colmo di lacrime. Gli occhi sono arrossati, le fosse sotto di essi sono diventate profonde. Sente il mugolo tornargli su, quindi copre la bocca per evitare di scoppiare di nuovo. Passa un’ultima volta la mano sul volto per togliersi le ultime lacrime rimaste.
Sospira profondamente. Sa di aver fatto la cosa giusta. Doveva richiedere un computer e l’ha detto a Yoel, che glielo ha portato con una scusa. Si fida solo del suo ex addestratore in quel luogo spaesato, prigioniero per ragioni che neanche lui ancora comprende a pieno. Ha pregato. Lo ha fatto come mai in vita sua, e si è calato nella parte, seguendo le istruzioni di sua madre, prima di ogni performance teatrale. Dopo essersi assicurato di essere freddo, taciturno e distaccato, ha aperto Skype e lo ha fatto in modo che Nasir rintracci il suo video, l’unica prova per mostrargli che ora è dalla sua parte. Sa che lui lo controlla, quindi perché non dargli prova di fiducia con la sua interpretazione?
Ha visto Kate sul monitor; l’ha vista splendente mentre la guardava. Bella anche quando è sfinita. E avrebbe voluto abbracciarla e accarezzare i suoi capelli, sentendo quel profumo di ciliegia. Invece doveva fingere. Ancora una volta. Proprio come aveva fatto a Beirut.
Facendole credere che non l’amasse più, l’ha allontanata impedendole che Al-Qaida le faccia del male. Nasir lo aveva minacciato già; se non sarebbe stato dalla sua parte, la sua famiglia e tutto il Dodicesimo ne avrebbero pagato le conseguenze.
Vuole che Nasir si fidi completamente di lui. Deve essere il protagonista della sua ultima missione.
Anche se questo vuol dire uccidere vite innocente. Anche se questo vuol dire passare la vita in prigione. È un prezzo altissimo da pagare.
Passare la vita a fare il cattivo o morire degnamente nel proprio paese?
Senza la sua messinscena, Rick morirebbe con nessuna possibilità di ritorno.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Dovrebbero dare un Golden Globe a Rick, seriamente! E lo darei anche a Nathanone se lo facessero recitare in questo modo :p
Ci sono quasi cascata alle sue parole :( ( dico 'quasi' perché sono l'autrice :p) 
Alla fine Kate e Alexis si sono confrontate, e dalla rabbia la piccola Castle si è unita alla disperazione della donna, capendo che lei aveva fatto di tutto per riportare indietro suo padre...
Ora le donne di casa Castle sono convinte che lui non voglia più tornare... :(
E invece lui ha dovuto mentire per proteggerle :( che uomo, dico io! 
Chiudo qui l'angoletto e purtroppo niente Castle Monday :(
Alla prossima!
D.
   
 
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