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Autore: Gru    15/12/2014    5 recensioni
"Ma noi non siamo pericolosi! E se... e se lo spiegassimo? Potremmo dire loro che siamo bravi, eh papà? Veniamo fuori sotto una grande coperta e... e poi diciamo che... no, anzi, scriviamo un bigliettino! Scriviamo un biglietto e lo spingiamo verso il primo umano che passa, così lui capirà e lo dirà agli altri umani, e potremmo uscire! Eh papà?"
Raccolta di drabbles su quanto la vita sia ingiusta con le persone sbagliate.
(La cronologia disordinata dei capitoli è ispirata ad una fanfiction in lingua inglese che ho letto tempo fa. Spero di non venire arrestata per questo.)
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Età: 12 anni



L’astronave sfrecciava velocissima, schivando con precisione gli asteroidi e le mille luci pulsanti che costellavano lo spazio circostante e sparivano rapidamente dietro le pareti convesse della navicella. 
Leo perse quasi di vista i comandi rimanendo a bocca aperta davanti a quello spettacolo di colori e luminescenze al di là dello schermo anteriore. Sapeva di stare andando più veloce di quanto l’astronave L’Intrepido fosse solita muoversi, ma d’altronde quella era una missione di emergenza, e non avevano avuto scelta. Nonostante l’urgenza della situazione, però, non riusciva a controllare il fremente entusiasmo che lo animava mentre armeggiava tra una serie di pulsanti colorati che si illuminavano ad intermittenza e levette di dimensioni diverse seduto al suo posto di comando.
“Ottimo lavoro, Soldato!”
Leonardo si voltò in direzione della nota voce. Alle sue spalle, il Capitano Ryan lo scrutava con la consueta espressione sicura di sé che sapeva infondere coraggio in tutto l’equipaggio. 
Il complimento lo agitò abbastanza da doversi sforzare per mantenere un atteggiamento neutro: conosceva bene il metodo che aveva il Capitano per ripristinare il controllo di sé dei membri della sua squadra.
Ryan si rivolse di nuovo a lui: “Leo, svegliati!”
L’astronave e tutto l’equipaggio erano scomparsi.
“LEO!”
“Fa’ piano, Mikey! Vuoi che si svegli anche il maestro Splinter?”
“Ma cosa sta biascicando?”
Leonardo si sentì scuotere rudemente una spalla, e aprì gli occhi sobbalzando. Sul lato del letto verso il quale era girato due facce occupavano nella penombra il suo campo visivo. Istintivamente allontanò di scatto la testa, cercando di mettere a fuoco.
Raffaello e Michelangelo lo stavano guardando aspettando che si svegliasse completamente, con un’espressione vagamente elettrizzata. 
“Ma che…” fece confuso, notando oltre le loro teste la terza figura di Donatello, in piedi sulla porta, mentre teneva una torcia accesa puntata sul pavimento e lanciava occhiate ansiose all‘esterno della stanza. Indossavano tutti e tre le loro maschere, e per un attimo Leo si chiese se non fosse già mattina. Scattò a sedere: “Che ore sono? Sono in ritardo per l’allenamento?”
“Lascia perdere l’allenamento” rispose Raph “Donnie, vieni qui”.
“Sono le due del mattino!” trillò Mikey saltellando sul posto, visibilmente su di giri.
“Vuoi fare silenzio, testa di legno?” bisbigliò Raph tirando al fratello uno scappellotto dietro alla nuca.
“Mi spiegate cosa accidenti sta…”
“E’ stata un’idea di Raph!” esplose Donatello avvicinandosi al letto dopo aver dato un’ultima occhiata al corridoio “Io gli ho detto che ci saremmo messi nei guai, il maestro Splinter non ha mai voluto, lo scoprirà e ci punirà!”
Raffaello alzò gli occhi al cielo “Donnie, non sarà pericoloso, vuoi capirlo?”. Poi finalmente si rivolse a Leonardo con un sorriso entusiasta “Vogliamo uscire dal rifugio!”

“E vi aspettate che sia d’accordo?”. Leonardo in realtà era rivolto solo a Raffaello, in piedi davanti a lui con le braccia incrociate. Gli altri due fratelli si erano spostati su un lato della stanza, avendo captato l’imminente discussione, per niente inclini a mettersi in mezzo.
La tartaruga in rosso, da parte sua, non aveva alcuna intenzione di cedere. “Sarà solo un giretto, non ci allontaneremo più di tanto. Percorreremo il tunnel che imbocca Sensei quando esce a fare rifornimento di cibo, poi potremmo esplorare una delle sue diramazioni, niente di che. Andiamo, chi vuoi che ci veda! Torneremo presto.”
Sì, certo. Leo sapeva come sarebbe finita. Avrebbero esagerato, la situazione sarebbe sfuggita loro di mano, e si sarebbero cacciati tutti in un guaio. Ma questa volta sarebbe successo al di fuori delle mura sicure della loro casa, e le conseguenze sarebbero state ancora peggiori.
“Non possiamo, Raph”.
Mikey abbassò lo sguardo, deluso. Donatello non osò far trasparire alcuna reazione continuando a far spostare il cerchio di luce della torcia sul pavimento della camera.
L’espressione di Raffaello si indurì. “Beh, non ce lo puoi impedire. Noi ci andremo con o senza di te: tu resta pure qui a fare la brava tartaruga, magari per fare la spia al maestro, eh?”
Leonardo strinse i pugni, ma sapeva che il fratello cercava di provocarlo: non glielo avrebbe permesso. “Accidenti, Raph, sai benissimo che lo dico per voi! Se il maestro Splinter ce lo ha sempre vietato ci sono delle buone ragioni… Perché non rifletti prima di prendere iniziative avventate?”
“Perché invece tu non impari a rischiare per qualcosa? Non dirmi che non vuoi sapere cosa c’è fuori da questo posto, che preferisci startene chiuso rinchiuso qui dentro ancora per chissà quanti anni! Lo so che Sensei lo fa per noi” aggiunse quando il fratello fece per ribattere “ma io non sto più nel guscio, Leo. Voglio vedere. E anche tu lo vuoi.”
Leo si sentiva addosso tre sguardi in attesa, mentre un desiderio compresso in un angolo della sua mente si faceva largo tra i pensieri razionali ingigantendosi e sussurrandogli all’orecchio preghiere imploranti.

Corsero.
Dopo aver attraversato il rifugio servendosi di tutti gli insegnamenti di Splinter per fare meno rumore possibile (“Donnie, non puntarmela in faccia, illumina per terra!”) erano arrivati allo sbocco su un binario morto. Prima di oltrepassare il confine del rifugio in tutto ciò che quell’atto avrebbe rappresentato, si erano guardati emozionati e col fiato grosso dalla paura e dal desiderio. Solo il mutante con la maschera blu si era girato un’ultima volta indietro, tormentato dal senso di colpa e dall’incapacità di resistere a quella pericolosa debolezza.
Avevano guardato con la torcia fin dove potevano nel tunnel abbandonato, constatando che procedesse in linea retta per un bel pezzo. E poi corsero.
All’inizio il passo era incerto e titubante, in quel territorio sconosciuto e pieno di possibili insidie, così familiare come ambiente ma al contempo così freddo e silenzioso. Avevano iniziato a correre ma sempre con diffidenza, timorosi di fare rumore o di imbattersi in una minaccia comparsa all’improvviso.
Ma poi il coraggio e l’entusiasmo si erano sostituiti alla paura e avevano aumentato la velocità.
Corsero, come non avevano mai potuto correre, senza dover fermarsi e tornare indietro a causa di una parete, sentendo l’aria sulla faccia e le code delle maschere sventolare senza mai ricadere sul collo. Andarono sempre più veloci, la gioia che cresceva ad ogni respiro.
Raffaello, che si era messo in testa al gruppo fin dall’inizio dell’esplorazione, annaspava più felice che mai, con la testa alta a godersi il vento inesistente in quel luogo sotterraneo; Michelangelo, subito dietro di lui, rideva come un matto, incurante della discrezione, e sembrava quasi in procinto di tirare fuori la lingua: sarebbe stato meglio di qualunque finestrino abbassato in autostrada, ne era sicuro. 
Donatello andava più piano dei suoi fratelli, perdendosi con lo sguardo su qualunque particolare che riusciva a cogliere della galleria male illuminata, la bocca socchiusa dallo stupore per quel che stavano finalmente facendo e gli occhi spalancati intenti a non perdersi neanche un istante di quel viaggio meraviglioso. Fu infatti superato in fretta da Leonardo, il quale non poteva credere al quel che stessero facendo né tanto meno al fatto che poco tempo prima stesse per negarsi quell’esperienza.
Leo corse senza barriere, senza porsi nemmeno un problema. Senza rimorsi né dubbi. Si dimenticò di tutto e di tutti, dimenticò la disciplina e l’obbedienza, dimenticò la responsabilità.
Dimenticò il pericolo.
Rallentarono, finalmente, e si fermarono ansimando, piegati in due e appoggiati sulle ginocchia. Raph si riprese per primo e si rialzò guardandosi intorno. Gli spiragli tra le mattonelle gocciolavano di tanto in tanto per l’umidità e le luci tremule illuminavano il tunnel di un riflesso verdastro e cupo, ma l’atmosfera lievemente spettrale non smorzò la curiosità dei ragazzi. Poco più avanti si apriva un’altra galleria meno ampia e più corta, dal momento che sul fondo si intravedeva una fioca fonte di luce. “Ascoltate” sussurrò Mikey avvicinandosi all’entrata di questa ma fermandosi poi per assicurarsi che i fratelli fossero dietro di lui. 
Tutti e quattro si sporsero verso l’interno: dal fondo arrivavano dei suoni attutiti e seguiti da un’impercettibile eco, suoni che sembravano vagamente familiari senza essere mai stati ascoltati davvero. 
Donatello trattenne il respiro. “E’…” 
“Una strada!” soffiò Raffaello, folgorato dalla scoperta.
Dopo qualche secondo di esitazione, in cui gli sguardi erano stati involontariamente rivolti verso Leonardo, il quale però non sembrava più sicuro dell’iniziativa di loro, avanzarono circospetti ed eccitati verso la fonte della luce e del rumore. Era un’apertura nel muro che chiudeva il tunnel a forma di semicerchio, chiusa da una grata di sbarre verticali e posta sul livello del marciapiede, quindi alta circa quanto loro.
Quando arrivarono presero un respiro tremante e si alzarono in punta di piedi (tutti tranne Donatello, che raggiungeva tranquillamente quell’altezza) per sbirciare tra le fredde sbarre di metallo.
Non era propriamente una strada: il marciapiede era piccolo e cosparso di pozzanghere nelle quali si rifletteva la luce tremula dell’unico lampione; sembrava più un vicolo, delimitato dalla parte opposta da un edificio sgangherato e coperto da graffiti.
Dimenticarono quasi di respirare, fermi in un unico, lungo istante pieno di mondo, un mondo molto più grande e vario dell’angolo in cui vivevano loro anche soltanto a partire da quel vicolo buio e angusto. Sollevandosi ancora un po’, poi, potevano vedere uno scorcio della strada principale a cui si collegava la diramazione, da dove veniva quel miscuglio omogeneo di suoni di auto, di voci e forse anche di musica. 
Mentre guardavano, avidi di particolari, alcune voci si fecero più distinte, più alte, e prima che i quattro mutanti se ne accorgessero, un gruppo di uomini entrò nel vicolo.

Non ebbero neanche il tempo di reagire. L’improvvisa comparsa degli esseri umani li impietrì sul posto e, benchè i quattro piccoli cuori avessero iniziato battere all’impazzata, non riuscirono a muovere un muscolo, raggelati dal terrore e incapaci di distogliere gli occhi dalle alte figure, storditi dalla loro improvvisa concretezza. 
Erano in tre, e stavano ridendo sguaiatamente, aggrappandosi l’uno all’altro e facendo tintinnare qualcosa che tenevano in mano e che scintillava appena con la scarsa illuminazione.
Quella luce, però, non era abbastanza fioca da impedire quello che successe subito dopo. All’improvviso il viso di uno degli uomini barcollanti e che emanavano un odore sconosciuto e pungente si volse nella direzione delle tartarughe, movimento che fece sussultare, seppur minimamente, queste ultime. 
Con un bagliore, lo sguardo sbiadito dell’essere umano sembrò riacquistare un po’ di lucidità mentre questo smetteva di ridacchiare e si fermava per un attimo cercando goffamente di mettere a fuoco quel piccolo spostamento che era riuscito ad attirare la sua attenzione.

Il tempo ricominciò a scorrere, questa volta più velocemente, e scattarono. Prima di rendersene conto correvano di nuovo, ripercorrendo in un lampo la piccola galleria e imboccando il binario principale scivolando sulle mattonelle umide durante la curva. Corsero scompostamente e col cuore in gola senza badare ai polmoni in fiamme, urtandosi di tanto in tanto tra di loro, il ritmo del battito cardiaco che faceva a gara con quello del sinistro rimbombare dei passi veloci.
Un secondo prima di superare l’ingresso della tana nella fretta di fuggire frenarono bruscamente e si catapultarono dentro. 
Rimasero lì, al centro dell’ampia stanza centrale, ad ansimare con le espressioni ancora terrorizzate puntate l’una sull’altra. Michelangelo tremava aggrappato al braccio di Donatello, e quest’ultimo, dopo aver guardato entrambi gli altri due fratelli ed essersi assicurato che le ginocchia reggessero, passò un braccio sulle sue spalle e insieme si diressero verso le camere.
Leo e Raph li guardarono allontanarsi, senza saper dire né fare niente. Il mutante con la maschera blu si volse a guardare il fratello, che fissava un punto sul pavimento in lontananza, in stato catatonico. “Raph…?” fece rauco.
Raffaello si riscosse, e intercettando l’occhiata preoccupata del fratello abbassò di nuovo gli occhi irrigidendosi: “Non è successo niente” mormorò avviandosi a grandi passi in camera sua.

Solo nella penombra, Leonardo cercò di capire cosa fosse successo, e i sensi di colpa lo assalirono. 
Avrebbe potuto impedirlo. Avrebbe potuto obbedire al Sensei.
Ma era successo una sola volta…

Una sola volta sarebbe bastata.

Il panico gli mozzò il fiato, e chiuse gli occhi.

Ottimo lavoro, Soldato…






ANGOLO PREOCCUPATO DELL'AUTRICE:
Esattamente, ho deciso di dire "pane" al pane e "autrice" all'autrice. Perchè rinnegare lo spirito femminista che c'è in me (?)?
Per chi non conosca la serie del 2012 (io non conosco molto le altre, ma penso che questa cosa non ci sia), il Capitano Ryan e il suo equipaggio fanno parte della serie televisiva di fantascienza preferita di Leo, almeno nella prima stagione, ma penso che Ryan resti il suo eroe fino alla fine dei suoi giorni... Non giudichiamolo: non siamo forse tutti qui riuniti per lo stesso motivo? u.u
Mi dispiace di aver influenzato un po' troppo il futuro delle tartarughe con questa avventura, volevo mantenermi nella narrazione di episodi marginali, in slice of life, appunto... spero che non vi dispiaccia troppo, ma se così non fosse fatemelo sapere! 
Con questa drabble ho "osato" un po', e ho il terrore che non mi sia uscita molto bene... devo lavorare sul campo dell'azione...
Buone notizie! Ho imparato ad usare l'html del sito, e ne approfitto per ringraziare l'artefice di tale insegnamento, una mia carissima amica che tra l'altro mi ha anche introdotta nel magico mondo delle fanfiction (no, dai, adesso non odiatela!)... so che stai leggendo, accidenti a te...
Fatemi anche sapere se i dialoghi e i flussi di coscienza sono idonei alle età che ho dato man mano ai personaggi, eh!
Boh, penso di aver finito... so di aver dimenticato qualcosa, ma amen... Ciao!!
Gru


 
   
 
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