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Autore: Nausika    16/12/2014    12 recensioni
*Aggiornamento 1/10/2021, storia ripresa dopo anni.
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Rin è cresciuta, Sesshomaru l'ha aspettata ed è sempre andato a trovarla. Come procederà la loro vita? Come procederanno i loro viaggi? Quanto ancora si evolverà Sesshomaru?
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Dal cap. 1
Aveva odiato il padre per essersi innamorato di un’umana, perdendo addirittura la vita per lei, privandolo del piacere di scontrarsi con lui. Tuttavia quell’orgoglio, quell’odio che da sempre lo attanagliava in una morsa, col passare degli anni perse la propria importanza.
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Dopo quest'accenno, vi lascio al mio personale seguito. Le mescolanze fantasy del periodo storico Medievale saranno inevitabili. Spezzerò la routine delle ridondanze Nipponiche, quindi preparatevi.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaken, Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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XII

La battaglia

(prima parte)
 



Le sue mani diafane erano ferme, i respiri bassi, rilassati, composti.
Meyhes uscì dal palazzo e attese pazientemente la rappresaglia di colui che le aveva recato offesa.
I suoi servitori distinsero sul volto della loro padrona un'espressione fiera, allietata e non se ne stupirono affatto, poiché in seicento anni di servizio erano sempre stati complici di quelle malefatte d’odio che lei si divertiva a perpetrare in qualunque posto si recasse. Vedere gli altri inveirle contro in preda all’odio, al dolore per la perdita di una persona cara di cui lei stessa ne era stata causa la deliziava. E in tutti quei secoli il suo animo mai si era piegato alla compassione, né era stato colpito dalle storie livide che leggeva nella mente delle sue sfortunate vittime.

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Sesshomaru che si trovava in una delle sue ronde di ricerca sgranò gli occhi, quando riuscì ad avvertire in modo nitido una quantità cospicua di aure demoniache. Era arrivato il momento, Meyhes aveva scoperto le carte. In pochi istanti mutò le sue sembianze corporee in essenza e si diresse da lei.

Intravide un lungo fiume curvo, le foreste che ne fiancheggiavano i lati erano marce, i colori dell’ambiente circostante sfumavano sulle tonalità del marrone e del nero. Fiutò l'aria e sentì le viscere rivoltargli, quando tra tutti gli odori che percepì emerse il tanfo di Meyhes.

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L’intero accampamento dello stregone era in fermento. Tutti i presenti avevano visto il cielo stellato ammantarsi di un cumulo di nugoli neri. E quelle, che ad un occhio inesperto potevano sembrare masse gassose di nuvole d’acqua, vennero da loro identificate come energia oscura. L’aria cominciò lentamente a farsi pesante, Amir protese il braccio e strappò una foglia dall’albero alla sua destra portandola sulle labbra. La melodia che generò il suo soffio riverberò in pochi istanti dalla radura, alle vallate, alle montagne, fino a che non venne udita dagli uccelli magici a cui lui chiedeva aiuto.
- Wer, Tyn, Hud – li richiamò lo stregone. – Svelti mandate giù– disse estraendo dalla tasca dei suoi pantaloni tre fiale, che parevano cambiare colore continuamente, dal rosso, al blu, dal giallo al viola e via dicendo.
Jaken, Hud e Tyn le fissarono con aria ammaliata, mentre Wer completamente immune a tali fattori ne afferrò una.
- A cosa servono maestro? – gli chiese Wer.
- Vi renderanno immuni all’aria maligna delle terre di Meyhes, mantenendo il vostro stato mentale vigile, in più aumenteranno la vostra resistenza. Prendetele subito tutti quanti, perché non abbiamo tempo da perdere. 
- Ehi! – esclamò Jaken. - A me non dai niente? - gli chiese accigliato.
- Bada a come parli - lo redarguì Wer, che mal sopportava il suo atteggiamento arrogante.  – Sappi, che in questo mese ho avuto molta pazienza con te. – Questo piccolo demone è veramente insopportabile. Non mi stupisce, che nemmeno il suo padrone lo voglia tra i piedi.
- Jaken - lo chiamò Amirdauzer dopo aver lanciato un'occhiata di rimprovero a Wer per i suoi modi scontrosi.  – Tu sei un demone. Ragion per cui, che male potrebbero mai farti delle aure maligne? – gli chiese inarcando un sopracciglio.
Il minuto demone annuì nel sentire quelle parole, ma la paura l’aveva condotto a fare quella bizzarra richiesta.
I tre ragazzi si voltarono quando udirono le urla degli uccelli richiamati dal loro maestro. Era uno stormo di esemplari di dimensioni due volte superiori a quelle di Ah Un. Due di loro, uno bianco e l’altro nero atterrarono nel campo aperto,che si trovava a qualche decina di metri dal gruppo. Amirdauzer raggiunse i due volatili alfa che detenevano il comando sugli altri e carezzò le loro piume come saluto.
- Wer, Hud salite su quest’uccello bianco – disse lo stregone. – Tyn, tu andrai con Jaken in groppa ad Ah Un – gli fece un cenno di saluto montando in groppa del volatile nero.
- Jaken muoviti! – esclamò Tyn, mentre allungava il braccio per aiutarlo a salire in groppa al demone drago. C'era da aspettarselo che il maestro avrebbe lasciato a me l’incombenza di proteggere  questo piccolo demone debole e petulante.
In poco tempo il gruppo di Amir raggiunse quelle terre disastrate. Una trapunta oscura si ergeva sopra di loro.
L’aria che accolse la loro venuta era satura del tormento di migliaia di creature maligne.
Gli occhi dello stregone ruotarono alla ricerca di quella demone, ma subito dovette tornare a guardare davanti a sé, poiché si ritrovò assediato da un’ondata di bestie.
Eor, che l’aveva riconosciuto all’istante non ci aveva messo molto a impartire quell’ordine alle sue creature.
Jaken deglutì, allorché si rese conto della mole di demoni al servizio di Meyhes. Ma d’altronde, quell’antica demone aveva secoli d’esperienza alle spalle. E se un mezzo demone come Naraku era riuscito a far danni, figurarsi cosa poteva fare una vera demone.
Amirdauzer dopo aver ponderato la gravità della situazione, mormorò una richiesta al suo uccello che emise un grido acuto. In men che non si dica lo stormo si separò, intento a metter fine alle vite di quelle bestie demoniache.
Atterrarono nei pressi di un rigagnolo di acqua salmastra.
I tre ragazzi sguainarono le loro armi contro i demoni bestiali, aiutati dallo stormo d’uccelli magici. Jaken restò in groppa ad Ah Un e si guardò intorno, il suo pensiero ora era per il suo padrone, doveva raggiungerlo. 

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Sesshomaru era al cospetto di Meyhes, la guardava con negli occhi un baluginio da predatore.
- Ho appena infranto la barriera ed eccoti qui! – proferì Meyhes con un sorriso sardonico sulle labbra - Ti stavo aspettando.-
- Lei dov’è? - le chiese Sesshomaru con tono gelido.
- Un demone maggiore come te che preferisce un’umana a una demone - disse Meyhes derisoria.
Sesshomaru si limitò ad assottigliare lo sguardo, ma senza risponderle, nell’attesa che la sua richiesta fosse esaudita.
- Quanto sei noioso con il tuo mutismo, se proprio vuoi vederla ti accontento.-
Mia cara vieni da me, le ordinò  la demone con l’uso della telepatia.
Pochi istanti dopo quel richiamo una sagoma apparve nel sentiero che si stagliava alle spalle della demone. Gli stivali di quella figura affondavano nel terriccio reso morbido dalla pioggia caduta la notte precedente. Il suo volto era celato dall’ampio cappello del suo mantello, che aderiva perfettamente al suo corpo. La fessura aperta sul davanti rivelò il resto del vestiario: dei pantaloni aderenti, una maglia nera. Non c’era alcun dubbio era una donna. La squadrò dalla testa ai piedi incredulo, poiché lei non emanava nessun odore e, probabilmente se non l’avesse vista, non avrebbe nemmeno creduto a quella presenza.
– Ti stai forse prendendo gioco di me? - chiese Sesshomaru, fissando la demone. - Non avverto su questa femmina nessuna traccia olfattiva. -  
- Già - rispose Meyhes sempre più divertita. - Non avevo considerato un oggetto. -
Dammi il mio medaglione, le disse nella mente.
La figura ruotò il capo verso la demone e abbassò il cappuccio, lasciando che la sua fluente chioma le ricadesse libera sino al bacino. Con un aggraziato movimento sfilò l’amuleto dal suo collo, posandolo sul palmo aperto della mano di Meyhes. E a quel punto passo un attimo prima, che la fragranza della misteriosa figura si liberasse nell’aria.
Sesshomaru sentì i battiti del cuore accelerare, quando il suo odore raggiunse le sue narici, perché ora non aveva più alcun dubbio.
Quello era l’odore di Rin.
Avvertì un calore intenso irradiarsi in tutto il suo essere nel vederla lì, davanti a lui, viva.
Lei volse il capo nella sua direzione, bella, delicata come un giglio. E quel calore provato pochi istanti prima svanì non appena i loro sguardi si incrociarono.
Sesshomaru continuò a fissarla constatando la triste realtà, Rin non lo riconosceva, lo stava osservando con sguardo vacuo. Era chiaro che fosse stata completamente soggiogata da quella demone.
Jaken raggiunse il suo padrone e restò incredulo a vedere quella scena.
- Tu maledetta - ringhiò Sesshomaru rivolgendosi a Meyhes. - Che cosa le hai fatto? - 
- Che hai da lamentarti ancora, l'ho fatta venire qui, non la riconosci? – gli chiese Meyhes, posando una mano sul volto. - Fino ad ora ti facevi beffe di me. Ti fa male constatare che a lei non gliene importi nulla? -
- Lei non è in sé – rispose minaccioso, facendo un passo avanti nella sua direzione.
- Mia signora - la chiamò Rin con voce morbida, schermando la figura della demone con il suo corpo. - State indietro, vi proteggerò io - proferì, guardando con veemenza quello che pensava essere il suo nemico.
- Prego mia cara difendimi - le rispose Meyhes, ghignando quando incrociò gli occhi di Sesshomaru.
Un vento gelido si frappose tra i due amanti in quel momento.
- Dannato demone - disse Rin, fissando il volto di Sesshomaru. - Non osare nemmeno pensare di far del male alla mia signora! - esclamò infuriata.
Gli occhi di Sesshomaru saettarono sulla coda laterale di Rin, un dettaglio che ancora non aveva scorto.
- Mio giovane padrone - disse Jaken, notando la medesima cosa. – Che sia quello il segno da abbattere? -
- Questo lo verificherò subito – sibilò Sesshomaru, sollevandosi in aria e allungando i suoi artigli. Balzò davanti a Rin e in un movimento fulmineo tagliò la sua coda argentea.
Rin per pochi secondi si guardò intorno stordita, ma quel suo repentino ritorno alla realtà non durò quanto sperato, poiché quei capelli appena recisi crebbero qualche attimo dopo.
Meyhes ridacchiò con gusto. – Come sei ingenuo – disse sarcastica rivolgendosi a Sesshomaru. - Per chi mi hai presa? Pensavi che bastasse così poco per estirpare il mio potere? – 
Sesshomaru la guardò impassibile. Doveva riacquistare la dovuta calma, consapevole come non mai che uno stato alterato dei sensi l’avrebbe condotto ad essere un facile bersaglio emotivo.
- Sai, ne ho fin sopra i capelli della tua aria supponente – riprese Meyhes. – Rin liberami da quest’essere. -
- Sarà fatto mia signora - le rispose Rin, interamente assoggettata al suo volere.
- Ma che cosa stai dicendo Rin! - esclamò il piccolo demone in un impeto istintivo. – Non è con noi che devi prendertela! -
Rin ghermì con entrambe le mani i coltelli della cintura, che aveva legata sulla vita. I suoi occhi bruciavano pronti allo scontro, come se questo significasse la sua unica ragione di vita.
La malvagia demone dopo aver letto nella sua mente, era venuta a conoscenza dell’abilità della ragazza nell’usare l’arco e, data la notevole mira, non ci aveva messo molto a capire che sarebbe stata anche in grado di adoperare altre armi da lancio. Per circa una settimana, Rin si era allenata assieme ai suoi servitori. Ed ora l’idea che lei potesse ferire a morte proprio colui, che non le avrebbe mai alzato un dito contro esaltava l’animo contorto di Meyhes.
Poiché, che cosa c’era di meglio del vedere quel potente demone maggiore del tutto inerme dinanzi alla sua amata umana?
Completamente succube dei suoi comandi, Rin cominciò senza remora a scagliare pugnali contro il suo compagno.
Sesshomaru schivò il primo pugnale, poi il secondo, ma il terzo non riuscì ad evitarlo e una ciocca dei suoi lunghissimi capelli argentei venne recisa.
Jaken sgranò gli occhi, quando vide quell’azione, poiché Rin era riuscita a colpire seppur di striscio il suo signore.
- Pa...Pa...Padron Sesshomaru allontanatevi da lei! – urlò il piccolo demone allarmato, quando ebbe raccolto i suoi capelli da terra. – I pugnali di Rin annullano i vostri poteri – disse, sollevando il braccio che teneva la sua ciocca, ora divenuta nera.
Sesshomaru osservò i capelli, che il piccolo demone stringeva convulsamente tra le mani riconoscendo su di loro il tipico odore umano.
E mentre Rin raggiungeva la corteccia dell’albero per liberare i suoi coltelli incastonati, Ruh richiamato telepaticamente dalla sua signora, compariva ai margini del sentiero con al fianco cinque esseri umani.
- Credi che sia così vulnerabile? - le chiese Sesshomaru, quando sentì Meyhes sogghignare. – Dei semplici umani non possono farmi nulla.-
– Vedremo – rispose la demone risoluta. – Dato che ora perfino la tua compagna può farti del male.-
- Forse dimentichi chi hai davanti. – le fece notare Sesshomaru. Che cos’ha in mente quest’essere superfluo? 
- Miei fidi seguaci avanti - ordinò Ruh. – Mettete fine alla vita di questo demone.-
Sesshomaru a quel punto estrasse Bakusaiga dal fodero, che con il suo chiarore illuminò il terreno circostante.
In un attimo i samurai gli furono addosso. Con poco sforzo il grande demone parò i loro colpi nell’attesa fremente di vedere quei deboli corpi sciogliersi al contatto con la sua lama, e restò basito nel constatare, che non accadeva nulla.
Ma che succede ora? Si chiese Sesshomaru prima di parare un altro colpo.
La sua Bakusaiga aveva perso luminescenza, sembrava una spada qualsiasi, che ormai priva del suo potere magico cozzava con i fendenti dei tre uomini. Uno di loro azzardò un salto in avanti, ma il demone fece appena in tempo a schivarne il colpo. Era chiaro che fossero state quelle spade ad annullare la forza della sua zanna.
Non poteva distrarsi, doveva fare attenzione, dato che effetto devastante avrebbero potuto causare sulla sua pelle.
I movimenti di quegli umani erano rapidi, scattanti. Tutto il contrario del loro sguardo perso nel vuoto.
Scrutò i loro volti e poi ne intravide la ragione. Meyhes aveva impresso delle rune demoniache sulle loro fronti, incrementando a dismisura la loro forza. Quei samurai paravano ogni suo colpo senza alcuno sforzo.
E quelli che un tempo furono valenti guerrieri, nobili d’animo, ora si erano trasformati in spietati assassini assetati di sangue, morte.
Cercò di mutare le sue sembianze umanoidi nella sua vera forma, ma non ci riuscì, poiché la vicinanza di quelle spade aveva indebolito il suo potere. Seccato da quella conseguenza generò delle fruste di luce dai suoi artigli, ma il loro effetto venne annullato all’istante da una delle spade degli uomini.
I fendenti di questi esseri umani hanno annichilito i poteri del sommo Sesshomaru, ed ora che cosa succederà? Si chiese Jaken inquieto.
Rin si mise di nuovo in posizione d’attacco, accostando la sua figura a quella dei samurai.
Il demone bianco si voltò di scatto, quando le sue narici fiutarono la fragranza di lei, che ora si era avvicinata troppo a quello scontro di lame.
Non poteva permettere che si ferisse. Generò di nuovo delle fruste di luce dai suoi artigli e bloccò il movimento repentino di Rin sollevandola in aria, facendola atterrare il più lontano possibile da lui e da quella demone.
Meyhes ben consapevole del fatto che lui non avrebbe lasciato il terreno dov’era la sua umana, salì a cavallo di una delle sue bestie. Sesshomaru non si accorse di quell’assenza, poiché il ciondolo di quella demone occultava il suo odore e quello della bestia, che adesso la trasportava in aria.
Jaken cercò di aiutare il suo padrone, ma senza alcun successo, poiché quei guerrieri erano troppo forti. E se fosse rimasto lì avrebbe non solo rischiato la vita, ma anche intralciato lo scontro. Concluse quelle riflessioni, decise di tornare dal gruppo di Amirdauzer.
Sesshomaru balzò a destra, poi a sinistra così da evitare i colpi di quelle spade. Una rotazione su se stesso e disarmò l’avversario, ma di nuovo accigliò lo sguardo nel vedere quell’arma sull’erba emanare una rete d'energia, che proteggeva il corpo del samurai. E in quel momento dovette ammettere, che quella demone gli stesse dando del filo da torcere. Il suo animo ora era scisso su due frontiere: l’elettrizzante istinto da guerriero e la frustrazione per lo stato accecato di Rin.

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Altri demoni dalle sembianze bestiali si avventarono sul gruppo dello stregone. Un incedere sempre più violento di spade, alabarde e lance. I tre giovani sconfissero la prima ondata, poi la seconda, sembravano non finire mai. E, quando si accorsero che altri non erano, che gli stessi demoni abbattuti poco prima, restarono di sasso.
- Maledizione! – imprecò Wer inferocito, annaspando nel terreno insanguinato. – Per caso ho le visioni? Questo demone l’avevo eliminato, come ha fatto a rialzarsi? - Fortuna che abbiamo bevuto quelle pozioni.
Jaken urlò terrorizzato, quando una bestia spalancò le fauci al suo cospetto, scaraventando il suo bastone dall’altro lato del campo di battaglia.
E’ arrivata la mia ora. E nemmeno il padrone potrà più riportarmi in vita, si disse, chiudendo gli occhi.
- Muori bestiaccia! – esclamò Tyn stizzito, trapassando il corpo del rettile che stava per uccidere Jaken. - Che ci fai di nuovo qui? - gli chiese incrociando gli occhi lucidi di Jaken in quell'attimo riconoscente. – Credevo che tu fossi tornato dal tuo padrone. - 
Tyn parò un'altro demone che gli era venuto addosso, i suoi capelli solitamente dorati erano macchiati talmente di sangue da sembrare arancioni.
- Non ero di alcun aiuto al sommo Sesshomaru, anzi gli ero d'intralcio. Persino lui sta avendo difficoltà.-
- Jaken va a raccogliere il tuo pezzo di legno e cerca di guardarti le spalle - gli disse Tyn. - Ci sono troppi demoni, ti proteggerò finché posso, ma fai anche tu la tua parte.-
Jaken lo guardò commosso, forse sarebbe riuscito a cavarsela ancora una volta.
- Maestro! - esclamò Hud. – Cosa possiamo fare? Le nostre armi magiche non li uccidono. - Diamine, non abbiamo un attimo di pace. Si rimettono in piedi dopo pochi minuti.
- No, non è esatto - considerò Amirdauzer, mentre colpiva l’ennesima bestia demoniaca. - Loro sono già morti - Questa è magia nera, non può essere che abbiano addosso. E’ ora di chiarire quest’enigma.
Le iridi smeraldine di Amirdauzer dopo un impercettibile sibilo di parole assunsero un colore ghiacciato, poiché quello era l’unico modo per aumentare la sensibilità della sua vista, che ora avrebbe individuato ciò che a occhio umano pareva invisibile. Seguì le figure demoniache assottigliando lo sguardo nella spasmodica ricerca di quel sospetto già insito nei suoi pensieri, di quella conferma, che potesse giustificare quell’insolito fattore. Si accigliò, quando l’ebbe trovata, poiché sul dorso di quelle bestie era presente un unguento iridescente. Chiuse le palpebre il tempo di permettere alla magia di regredire.
Chi c’è dietro tutto questo? Si chiese lo stregone, aggrottando la fronte. Meyhes controlla le rune, la mente, ma non è in grado di usufruire di tale incantesimo. Una cosa è certa, la sostanza che hanno addosso viene dai monti di Erdenae dove tutt’ora errano i cadaveri dei non morti.
- Amirdauzer! - esclamò il piccolo demone ansante, riuscendo finalmente a essergli abbastanza vicino.
- Jaken che nuove porti? - gli chiese lui prima di fendere il corpo del demone, che gli era apparso davanti. 
– Il mio padrone sta combattendo con i seguaci di Meyhes, c’è anche Rin la in mezzo ed è completamente fuori di sé. - continuò. - Non ci ha riconosciuti, sembra nutrire un’eccessiva devozione per quella demone. -
- C’era da aspettarselo - gli rispose per niente sorpreso. - Per quanto riguarda i seguaci di Meyhes, un demone maggiore potente come Sesshomaru non può essere messo in difficoltà da cinque umani, anche se da quello che dici immagino li abbia rinforzati con delle rune. –
- Sì e hanno delle strane spade – riprese il minuto demone. - La sua Bakusaiga non appena ne ha sfiorata una ha smesso di funzionare, ora sembra una spada comune. E come se non bastasse i poteri del mio padrone ne hanno risentito. Come facciamo? – gli chiese turbato. Fortuna che l’ho raggiunto, al fianco di questo stregone mi sento molto più al sicuro.
Amirdauzer bofonchiò sdegnato, pensando: La sua zanna potrebbe riuscire ad eliminare queste bestie definitivamente. Da quanto mi disse una volta ciò che viene distrutto con il suo fendente non può tornare. Con i miei incantesimi non riuscirei ad eliminarli tutti, sono troppi. Meglio dosare quelli giusti. Ed ora che è in questa situazione, tocca a me fare qualcosa. A mali estremi. 
- Jaken! - lo richiamò all'improvviso. - E' meglio che tu ti copra gli occhi ora – proferì in tono risoluto.
Il piccolo demone fece come gli aveva chiesto, notando sulla pelle dei brividi. Un po' di luce attraversava le fessure delle sue minute mani. Amirdauzer emanava un'energia spaventosa.
La magia era esplosa nel corpo di Amir, tanto forte da riscaldargli i palmi delle mani, come se lui stesso fosse diventato fuoco. Un incredibile potere attraversava tutto il suo essere.
- Non permetterò che tu compia quello che hai in mente – proferì la voce graffiante di una demone.
Amirdazuer puntò gli occhi si chi aveva parlato, notando una donna dai capelli rossi, gli occhi cangianti e un'armatura a fasciarle il corpo.
- Beart - la chiamò lo stregone, tornando al suo aspetto umano.
-Zer - replicò lei con un sorriso privo di calore sulle labbra. 
- Erano secoli, che nessuno pronunciava il mio nome abbreviato. Dunque è così che ti sei ridotta, fai da zerbino a quell’infida demone?-
- Non siamo tutti fortunati come te, che discendi da una razza di stregoni di alto rango – rispose Beart. – Essere d’aiuto a Meyhes mi ha consentito di vivere a lungo e poi parli tu, che sei divenuto alleato di quel demone cane.-
- Come osi parlare così del sommo...- cercò di dire Jaken prima di ricevere un’occhiata, che non ammetteva repliche dallo stregone.
- Che cosa vuoi fare, Beart? – le chiese Amirdauzer in tono sprezzante. – Non sei stata in grado di mettermi in difficoltà, quando avevo solo quindici anni, figurarsi ora. Provo quasi tenerezza per l’ingenuità della tua mente. -
- Questi due secoli mi hanno consentito di sviluppare altre qualità. - rispose Beart.
- L’esperienza da te acquisita non può nulla al mio confronto e questa volta non ti concederò la pena che mi facesti all'epoca. -
- Ti svelerò un segreto - disse Beart. - Sono stata io ad aiutare Meyhes a far perdere le tracce di sé quel giorno - proferì. - Poiché sapevo a chi appartenesse il corpo di cui si era impossessata.-
- Sei una spregevole vigliacca – la giudicò lo stregone con una nota di disprezzo nella voce.
- Io a quel tempo ti odiavo con tutte le mie forze. – riprese Beart. - Tu mi hai umiliata e guardata sempre dall’alto in basso. – continuò. - Che cosa c’è? - gli chiese. – Dopo tutto hai vissuto per più di cinquant’anni con quell’odiosa ragazzina, tutta fiori e sghembi sorrisi.-
Questa demone vuol proprio morire,  pensò Jaken.
Beart lo provocò fino al punto di non ritorno, cedendo a quei complessi di inferiorità, che da sempre provava nei suoi confronti. Desiderava colpirlo dov’era più debole così d’avere una sorta di riscatto morale. Cosciente del rischio che stava affrontando, ma incapace di rinunciare al veleno che portava dentro.
Amirdauzer inclinò il capo, i suoi lunghi capelli cominciarono a ondeggiare in alto così come il suo mantello. E quello che si stava preparando a compiere doveva essere l’ultimo assalto a colei, che non era degna di avere il fiato della vita.
Beart sollevò l’indice della mano sinistra pronunciando parole nella sua lingua, lasciando che la mano si colorasse di una strana aura grigia. Le sue dita artigliate si scurirono sotto quella strana energia diventando nere come pece. I suoi lunghi artigli viola spezzavano il colore scuro delle sue mani. 
Lo stregone si preparò a contraccambiare accostando le mani a coppa. Tra i suoi palmi comparve una sfera d’energia da dove come piccoli lampi, saettavano raggi dorati. I due scagliarono le loro forze uno contro l’altra e per un attimo Amirdauzer sembrò in difficoltà, come avesse avvertito la spinta eccessiva di quella forza. Beart ghignò divertita e fece un passo avanti mantenendo il controllo su quell’incantesimo, ma il suo stato d’euforia svanì nel vedere l’espressione dello stregone, che ora la fissava gelido. Il bianco della sua sfera d’energia si stabilizzò in una luce intensa. E in quel momento era come se il tempo si fosse fermato, poiché tutti coloro che combattevano dovettero fermarsi per schermare gli occhi da quel bagliore che li feriva. 
Consapevole di non riuscire più a sfuggirgli l'istante prima che Amirdauzer la colpisse fatalmente Beart disse qualcosa che lo colpì.
- Ci sono delle cose che non sai e che starebbero a cuore, ma io le porterò all'inferno con me - per un solo istante Amirdauzer la guardò perplesso, ma sentendo il suo potere pressante poiché impaziente di fuoriuscire fece la sua mossa conclusiva, scagliando la forza che trasformò l'attimo dopo Beart in un cumulo di polvere. 

L'attimo dopo Amirdauzer estrasse la sua spada dal fodero, sussurrando delle parole magiche, il fendente a quel punto si caricò e divenne nero. Con un movimento rapido lo conficcò nel terreno, causando uno squarcio che si propagò nel raggio di alcune miglia. Un fiume di lava incandescente scorreva al suo interno.
- Jaken va ad avvisare il tuo signore - disse lo stregone. - Le armi di quei samurai dovranno essere gettate direttamente qui dentro. - continuò indicando l'apertura. - Questa non è lava qualsiasi, Sesshomaru dovrà compiere quest'azione prima, che la depressione nel terreno si richiuda.–

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Meyhes in quello stesso momento si piegò su se stessa, poiché la morte di Beart le aveva dato degli spasmi lancinanti. Si sentì come se una quantità cospicua di spade lacerasse ogni centimetro del suo essere. Quella sensazione devastante ebbe la durata di pochi attimi e, quando si riprese capì che era giunto il tempo di chiudere una questione.
Ruh,  lo chiamò la demone collegando la sua mente a quella del suo servitore.
Comandate padrona, rispose il suo vassallo, quando sentì la voce della sua signora rimbombare nella sua testa.
Fa fuori quell’umana, gli ordinò. Uccidi Rin.
Ruh annuì nella mente prima di cadere per l'improvviso movimento sismico del terreno. Non sapeva cosa fosse esattamente successo, ma la temperatura pareva essersi alzata, e un fiume giallo aveva preso il posto del rigagnolo che gli era vicino.

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Sesshomaru sentì il terreno crepitare sotto i piedi, subito la cercò con lo sguardo e la vide, era caduta a terra. Fece un sospiro rilassato, quando constatò che la portata dell’urto non poteva averle fatto molto male.
- Pa..Pa..Padrone! – urlò Jaken in groppa al demone drago. – La lava che scorre in quella lacerazione può distruggere le armi di quegli umani. E' stato lo stregone a causarla, non durerà a lungo. Approfittatene prima che l'effetto del suo incantesimo volga al termine. -
Il grande demone dopo aver udito quelle parole rimirò le distanze. Non poteva perdere altro tempo ora che aveva una soluzione. Quando ebbe calcolato ogni fattore, decise di fare una prova e, con un manrovescio disarmò il primo dei cinque uomini. La lama di quest’ultimo volteggiò in aria per alcuni metri, fino a che non lambì direttamente la lava incandescente sprofondando in essa. Quel contatto provocò una nube densa di fumo. Ce l'aveva fatta.
Frattanto il samurai disarmato gli si avventò addosso in un impulso suicida e lui non lo uccise, ma si limitò a tirargli un pugno, perché provò per quell'umano qualcosa di simile alla pena. I suoi occhi non lo temevano, il suo spirito non c’era. Era come vedere un fantoccio errare nell’oblio onirico dei sensi.
Quando il secondo avversario lo raggiunse adottò su di lui la stessa tattica usata con il primo. Così fece di nuovo con il terzo. A mano a mano, che quelle spade venivano incenerite dalle lingue di fuoco, sentiva la forza aumentare. E poi avvertì pulsare; il potere della sua zanna stava tornando. Quello stregone aveva risolto la questione, non c’era alcun dubbio, ancora una volta si era confermato degno di tutto il suo rispetto.
Infine Sesshomaru riuscì a disarmare tutti i guerrieri. Gli umani che mise al tappeto continuavano a contorcersi dal dolore, rotolando da un lato all’altro sul terreno. Li aveva risparmiati. La dipartita di quella demone avrebbe rappresentato il loro nuovo inizio. Si sorprese da solo nel constatare quanto fosse diventato misericordioso d’animo, poiché in passato non avrebbe manifestato un simile atteggiamento. Gli vennero in mente le parole che Totosai gli aveva detto, quando era riuscito a generare l’arto e la spada. Consapevole di aver compiuto un ulteriore passo avanti in quell’emotività, che per secoli si era forzato a occultare dietro infinite maschere.
Il suo passato in quel momento gli sembrò troppo lontano.
E si sentì fiero di quello che era diventato, dei suoi agiti, delle decisioni che aveva preso. 


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Rin sollevò le palpebre ritrovandosi in un paesaggio brumoso, fitto quanto l'oscurità. Si chiese dove fosse finita la sua signora. Fece un lungo respiro e continuò il suo percorso. Seguì il sentiero tenendo gli occhi fissi sul terreno, il fumo velava ogni cosa. Sentì un calore intenso farsi spazio prepotentemente sul volto e, istintivamente portò la manica della sua veste davanti agli occhi, che avevano preso a lacrimare. Si fermò sgomenta, quando si accorse di esser troppo vicina a quella pericolosa voragine che si era aperta, chissà come nel terreno. In un movimento veloce voltò le spalle e accelerò l’andatura, doveva allontanarsi il più possibile, dato che ora aveva preso anche a tossire.
Ruh dopo diversi minuti di ricerca intravide la figura di Rin nel sentiero della foresta morta e le si avvicinò malevolo; lei del tutto ignara delle sue intenzioni lo raggiunse riconoscendo in lui un alleato.
- Ah, finalmente non sono più da sola. – disse Rin. - Dov’è andata la nostra signora? – gli chiese apprensiva.
- Non è più cosa che ti riguardi. - le rispose acido.
- Che diamine stai dicendo! – esclamò prima, che Ruh le afferrasse il braccio. – Ma che fai? – gli chiese accigliata.
Si ritrovò bloccata nella replica di quella notte in cui aveva tentato la sua fuga, ma senza ricordarsene. In pochi attimi il demone la trascinò a terra incombendo su di lei con negli occhi una nota di perversione. Era pronto a violare il corpo dell’umana, che da più d’un mese inondava i suoi pensieri lascivi. Voleva sporcare quell’animo puro, che lo disgustava ed ora poteva farlo. Le serrò entrambi i polsi nel palmo della mano e si inebriò del suo odore fruttato. L’avrebbe uccisa nel modo a lui congeniale, portando a compimento il suo pernicioso desiderio latente.
Rin fu invasa dalla paura, quando avvertì la mano callosa di quel mostro farsi strada sotto la sua maglia. Scalciò all'improvviso cercando invano di liberarsi del suo peso.
- Lasciami andare! - urlò. - Mia signora! – la chiamò disperata. – Mia signora mi sentite? Aiutatemi! - gridò con tutto il fiato, che aveva in gola.

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Il grande demone si guardò intorno con frenesia. Dov’era finita Rin? I fumi provocati dalla combustione di quelle armi avevano annebbiato l’intero panorama e confuso tutti gli odori. Sempre più allarmato la cercò in ogni dove e poi d’un tratto assottigliò lo sguardo, quando un refolo di vento diradò i fumi rivelando ai suoi occhi quello, che stava avvenendo. La sentì urlare in quel momento e scattò fulmineo, non appena ebbe chiara la situazione. Quel demone la teneva a terra, stringendole rudemente i polsi.
Sesshomaru sollevò il corpo di quell’essere indegno da quello di lei, scaraventandolo violentemente sul terreno. Ma come aveva osato toccarla?
Ruh indietreggio intimorito, quando si rimise in piedi, poiché non pensò nemmeno per un attimo di poter aver la meglio contro una creatura così potente. Gli occhi dorati di Sesshomaru spiccavano nell'oscurità di quei fumi, come due stendardi avvolti dalle fiamme. In un movimento fluido il grande demone sferrò i suoi artigli, che come un cozzo implacabile sprofondarono nel petto di Ruh ora inondato del suo veleno letale, che lentamente scioglieva le sue carni. L’infimo demone protese le braccia sulla mano di Sesshomaru nel tentativo di estrarla dal suo corpo, ma non ci riuscì. La sua gola si contrasse in uno sfogo d’agonia e, un getto di sangue evase dalle sue labbra. L'immagine finale che videro le sue iridi grigie fu quella che ogni vittima di Sesshomaru portava impressa sulla cornea: il ghigno spietato di colui che gli stava togliendo la vita. 
Rin ancora preda della suggestione osservò la scena con un’indifferenza disarmante, senza nessun sentimento di riconoscenza. Sebbene quel demone bianco l’avesse salvata, ai suoi occhi restava sempre il nemico della sua signora. Pensava solo a lei, a dove fosse finita.
Sesshomaru lasciò andare il corpo di quel demone non appena ne ebbe constata la morte. E a quel punto i suoi occhi si posarono sul volto di Rin, che non lo degnava di uno sguardo.
Ma cosa si aspettava? Che lei si fosse improvvisamente liberata da un maleficio così potente?
Sospirò seccato e cercò di confortarsi, poiché non era il momento di mettersi a fare simili ragionamenti di biasimo.
Rin era completamente andata, l’unico modo per farla tornare in sé risultava essere quello di uccidere quella creatura immonda, futile.

Quando constatò che non ci fossero pericoli nelle immediate vicinanze si sollevò da terra e, con un leggero movimento di braccia sferzò l’aria. Il potere magico della sua zanna era tornato completamente.
Una nota positiva,  si disse.
Percepì l’odore dell’uccello demoniaco a cui Meyhes lasciava parte della sua essenza.
Non mi sfuggirai questa volta, pensò.
Quell’ammasso di carne volante sarebbe stato il primo a perire, non avrebbe tralasciato niente, aveva già fatto quell’errore in passato, e lui non era certo il tipo da ripetersi.
Eor dopo aver assistito alla scena dall’alto, cercò di rallentare il percorso di Sesshomaru, così da impedirgli di raggiungere la sua signora. E fu così, che in pochi istanti il grande demone venne attaccato da un’orda di bestie voraci.  
- Sparite dalla mia vista- soffiò Sesshomaru irritato, scagliandogli addosso la sua Bakusaiga.
In quell'istante sia Jaken che i seguaci di Amirdauzer levarono lo sguardo in aria, poiché avvertirono la forza prorompente della spada del demone. Il folgore generato dal suo fendente, cominciò a propagarsi su tutti i corpi di quei demoni non morti, illuminando all’improvviso il colore scuro della volta notturna.
- Il mio padrone ce l’ha fatta! – esclamò Jaken tronfio d'orgoglio.
- La sua zanna ha ripreso a funzionare, siamo a cavallo ora. - disse Tyn ai suoi amici.
- Li ha inceneriti totalmente, fantastico! - esclamò Hud entusiasta.
- Dov’è  il maestro? - chiese Wer allarmato.
 
     

                                                        


Angolo della scrittrice Nausika.

Salve lettori/recensori, ed ecco che ritorno con questo lungo e cruento capitolo. La battaglia è iniziata, la realtà di Rin è stata completamente distorta da Meyhes. Il nostro caro Jaken si è attaccato a modi ventosa allo stregone, Sesshomaru continua ad evolversi emotivamente e c'è una bella alleanza. Ci sono state delle svolte e ben due dipartite.

* Nota. 
Le rune demoniache - com'è scritto nei trattati di demonologia - vengono usate dai demoni o dagli stregoni neri per rinforzare l'incantesimo nella mente dei loro schiavi. La magia demoniaca generalmente produce energia Arcana, ma in base al genere d'incantesimo potrebbe variare notevolmente, in questo caso i nostri esseri umani sono stati resi potenti quanto un demone completo. Io mi ispiro a quei trattati per descrivere i demoni e non al fumetto. Difatti per la complessità e la potenza del mio caro Sesshomaru, mi sono dovuta inventare delle lame magiche che annichiliscono i poteri del demone, dato che a quanto sembra questi demoni maggiori sono immuni a quasi tutto: veleni, ecc. Il capitolo di snoda in dualismi di bianco e nero, se c'è un potere magico, c'è anche qualcosa che lo toglie o indebolisce, come pure se c'è un veleno, c'è l'antidoto e via dicendo.


 
Curiosità sulla razza a cui appartiene Meyhes.
Che cos'è un demone minore?
E´ un´entità che i Padri Oscuri riconoscono meritevole di disseminare catastrofe sul piano materiale, ma  a differenza del demone maggiore, deve prima impossessarsi di un corpo già presente sulla terra o di un'altra creatura demoniaca. Scinderà  l’essenza a secondo della convenienza in corpi diversi.  Tuttavia, a meno che  l’ospitante appartenente alla razza umana non sia depresso ecc.. quindi in uno stato alterato, il demone minore impiegherà diverso tempo a impadronirsi del suo corpo, attuando una lotta con l’anima del povero sfortunato. Esempio moglie dello stregone; mentre la donna che trova nel palazzo  già voleva uccidersi, quindi Meyhes ha impiegato poco tempo a sopprimerne lo spirito. Nella storia dello stregone situata nel capitolo 12, Meyhes è in cerca di un corpo nuovo, perché quello di cui si era impadronita aveva perso i capelli. E questo, perché gli involucri di cui si impossessano via, via si consumano, perdono capelli e peli. Difatti nella storia di Amirdauzer, Meyhes prima di rapire Utren, indossa un turbante. Gli involucri dei posseduti una volta privi dell'anima, verranno rinforzati con zanne, artigli e forza sovrumana. Il demone tutelerà lo stato del suo involucro, poiché le ferite gli impedirebbero di migrare altrove.
Questa creatura maligna ricorderà le emozioni della vittima pur rimanendo di allineamento esclusivamente negativo, riuscirà a comprendere i sentimenti, molto spesso sfruttandoli a proprio piacimento. In questo caso, data la sua umanizzazione, non disdegnerà rapporti fisici atti a trovar puro piacere.
   
 
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