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Autore: JeckyCobain    16/12/2014    2 recensioni
Himeros è la passione del momento, il desiderio fisico presente e immediato che chiede di essere soddisfatto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Langdon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I can't pretend

Love, I have wounds // Amore, ho delle ferite
Only you can mend, // Che solo tu puoi ricucire
You can mend. // Tu puoi ricucire.

I guess that’s love, // Credo che sia amore
I can’t pretend, // Non posso fingere
Can’t pretend. // Non posso fingere.

Feel, my skin is rough // Senti, la mia pelle è ruvida
But it can be cleansed, // Ma può essere purificata
It can be cleansed. // Può essere purificata.

My arms are tough // Le mie braccia sono dure
But they can be bent, // Ma possono essere piegate
They can be bent. // Possono essere piegate.

And I wanna fight // Ed io voglio combattere
But I can’t contend. // Ma non posso lottare.

I guess that’s love // Direi che è l’amore
I can’t pretend, // Non posso fingere
Can’t pretend. // Non posso fingere.

Quando Robert si svegliò non capiva se tutto ciò che era successo la notte prima fosse stato frutto della sua fantasia o meno. All’inizio pensò che fosse tutto un enorme sbaglio, che era stato tutto un sogno. Ripensò ai suoi pensieri della notte precedente: davvero era arrivato alla conclusione di essere consapevole di essere innamorato di Alice? No, non poteva essere. Poi ripensò a come l’aveva abbracciata teneramente la notte prima e gli sorsero ancora più dubbi a riguardo. A come si era sentito felice, eccitato, e teneramente amato tra quelle piccole braccia, a come era piacevole quel respiro lieve ma profondo sulla sua pelle e anche a tutte le cose belle che aveva passato assieme a lei. Era davvero più di una semplice allieva, lei aveva qualcosa di particolare rispetto agli altri studenti: fosse il suo comportamento così freddo e indipendente, che celava un cuore caldo e buono come il cioccolato; fossero i suoi capelli biondi, o i suoi occhi color ghiaccio nei quali si sentiva sprofondare ogni volta che la vedeva, e sostenere il suo sguardo diventava una prova di coraggio; fosse il suo portamento, la schiena dritta e il mento sempre leggermente sollevato, non dall’aria altezzosa, ma semplicemente sicura di sé; fossero i suoi sogni, i suoi interessi, o la sua premura verso di lui; tutto questo Robert non lo sapeva, ma si rese conto per la seconda volta, con un sorriso sulle labbra, quanto le piaceva. E ogni dubbio svanì quando sentì una voce dall’altra stanza.

In un primo momento non capiva di cosa si trattasse, ma ad un secondo ascolto più attento capì che era quella voce che tanto amava: Alice stava cantando una piacevole melodia.

Si era ripresa totalmente dalla febbre e si stava facendo una doccia nel suo bagno. Robert si costrinse a calmarsi. Con un bel respiro uscì dalle coperte, e si immerse nel freddo gelido di quella mattina. Afferrò la sua vestaglia e si diresse verso il bagno per udire meglio quella voce soave. Alice cantava sotto la doccia con una passione travolgente: le note sembravano uscire così candide e delicate come se l’acqua le stesse lavando, facendole apparire vergini e cristalline. Non aveva mai udito suono più bello. Rimase ad ascoltarla per un tempo indeterminato, di cui nemmeno lui si rese conto finché lei non uscì dal bagno. La prima cosa che fece fu urlare, ovviamente.

«Robert!» esclamò Alice, vestita solo con un asciugamano «Mi hai spaventata!»

«Scusami» disse lui voltandosi, rosso in viso. Le spiegò la situazione, e le disse quanto gli dispiacesse fosse successa una cosa del genere. Lei rise, e dopo poco lui seguì il suo esempio.

«Non si preoccupi» rispose Alice «Ora però vado a cambiarmi, non mi spii per favore» concluse facendogli una linguaccia. Lui rise divertito, e mentre la ragazza si cambiava andò a preparare la colazione.

Ad Alice quanto accaduto quella notte sembrava impossibile. Aveva dormito con Robert Langdon, il suo professore nonché unico e vero amore. Quante ragazze avrebbero voluto essere al suo posto! Pensò divertita. Anche se si erano solo abbracciati, lui la aveva stretta e accarezzata teneramente, come un fratello maggiore protegge la sua sorellina durante un incubo. Certo, era felicissima di questo, ma si sentiva anche abbastanza imbarazzata. Non riusciva a sostenere lo sguardo di Robert pensando a ciò che era successo, anche se era consapevole non fosse niente di così importante, ma per lei è come se avessero fatto l’amore. La sensazione che provava era quella: felice, ma abbastanza imbarazzata. Soprattutto perché lui era il suo professore, non suo fratello, o un amico. Si vestì in fretta, prese le sue cose e si preparò ad uscire di casa: doveva tornare all’appartamento, prendere le sue cose e tornare alle sue lezioni. Quello era stato un sogno bellissimo, ma era ora di tornare alla vita di sempre.

Quando arrivò in salotto, si diresse verso la porta, ma venne fermata da Robert «Dove stai andando?»

«A casa» rispose lei, sorpresa di quella domanda. La risposta le sembrava più che ovvia.

«Sì ma almeno fai colazione prima» rise divertito il professore.

«Sono già stata abbastanza di disturbo, professore» disse lei, tirandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli «è meglio che vada»

Lui le prese la mano e la trattenne. «Ti prego, resta» disse. «Insisto».

Alice divampò di colpo, e non riuscì a non dirgli di no. Così chiuse la porta, e si diresse verso la cucina.

Lì l’aspettava una tavola preparata con tutto ciò che di buono poteva esserci, e Robert, avvicinandosi al frigo le chiese cosa avrebbe preferito mangiare.

Alla fine rimasero a chiacchierare tranquilli, come se tutto ciò che era successo non lo fosse stato affatto, come se fossero alla caffetteria come ogni mattina. Una volta finito Robert la accompagnò alla macchina e le diede appuntamento a dopo, a lezione.

«Senta professore» Alice frugava nella borsa in cerca di qualcosa «Posso chiederle un favore?» gli chiese prima di andarsene.

«Dimmi pure» rispose lui con un sorriso.

«Possiamo fare una foto assieme?» la richiesta di Alice imbarazzò il professore, ma lo rese al contempo molto felice. La ragazza infatti teneva in mano una macchinetta in stile Polaroid, di quelle che fanno le foto istantanee. Era rosa e piena di adesivi. Lui le domandò curioso il perché. «Mi piace avere un ricordo di cose belle» fu la risposta di Alice «E in questi giorni mi sono trovata molto bene qui, e non potrò mai ringraziarla abbastanza.» Concluse «Inoltre» aggiunse poi «Voglio avere anche io una foto con lei, come quelle che ha lei con la signorina Vetra» fu abbastanza doloroso per lei dire queste ultime parole, ma sapeva che lo avrebbe smosso, acconsentendo alla sua richiesta. E infatti fu così. Alice allungò il braccio e fece un autoscatto perfetto di lei e Robert. In pochi secondi la foto si materializzò sulla carta ed entrambi sorrisero felicemente.

Quando Alice tornò a casa dovette raccontare ogni cosa a Bet, che era curiosa come una comare pettegola, e preoccupata come una madre. La abbracciò e baciò felice di rivederla, che stesse bene e che tutto era andato secondo le più rosee aspettative. Fu felicissima di quanto era successo, e le disse che Robert non solo era un uomo favoloso per averla ospitata, ma era anche andato personalmente a cercarla per avvertirle che Alice stava bene, nonostante fosse stanco e distrutto.

Dopo tutti i convenevoli con Bet, Alice si cambiò e si diresse con la musica più gioiosa nelle orecchie verso la lezione di iconografia religiosa, verso il suo principe azzurro.

Ma le cose non erano come si sarebbe aspettata. Robert, nonostante ogni tanto le lanciasse occhiate dolcissime (almeno secondo lei), sembrava molto più freddo di quanto era stato fino a poche ore prima. Alice pensò fosse solamente perché erano a lezione, e non poteva farsi vedere così interessato ad una studentessa. Pensò che una volta usciti di lì avrebbero fatto la strada assieme come al solito, avrebbero parlato e tutto sarebbe tornato come prima, se non in meglio.

Ma non fu affatto così. Una volta fuori dall’aula lo fermarono un sacco di studenti per chiarimenti riguardo la lezione, e Alice non poteva aspettare perché doveva correre ad un’altra lezione. Lo cercò con lo sguardo, almeno per salutarlo, ma lui parve non notarla. A pranzo non lo vide in caffetteria, e non lo vide nemmeno per il resto della giornata. Tutto ciò che le rimaneva per consolarsi era la foto che si erano fatti assieme la mattina. La guardò, la rigirò tra le mani per un sacco di volte, e la stringeva al petto con tenerezza.

Non poteva certo sapere che quella era probabilmente l’ultima mattina che avrebbe parlato con Robert.

Quando la mattina dopo andò in piscina a cercarlo, lui non c’era. Lo aspettò per ore, ma non si fece vivo. Ripercorse ogni cosa che facevano ogni mattina, ma nulla: non lo trovò nemmeno in classe.

Un collaboratore scolastico entrò proprio in quel momento con una brutta notizia: il professor Robert Langdon quella mattina non avrebbe tenuto la sua lezione. La classe cadde nello sconforto più generale: c’era chi esultava per il fatto che non ci sarebbe stata lezione, chi sbuffando uscì dall’aula dicendo che era si era svegliato presto per niente, e altre ragazze si lamentavano che per quella mattina non potevano ammirare il loro bel professore. Alice invece trattenne a stento le lacrime. Dove poteva essere Robert? Perché non le aveva detto niente? In preda allo sconforto più totale si diresse verso casa: non se la sentiva affatto di continuare le lezioni quella mattina.

Casa sua era vuota: Bet era a lezione, tutto ciò che c’era di nuovo nella stanza erano un biglietto lasciato dalla stessa e la posta. Alice lesse il biglietto, che riportava quanto segue:

 

Ehi Alice! Stamattina sono a lezione, quindi mi fermo la a pranzo. Visto che oggi torni a casa prima di me per favore, vai a fare la spesa tu, ti ho lasciato qualche spicciolo nel piattino se ti può servire e la lista la trovi qui dietro. Ah, stasera non torno a casa per cena, vado dal mio ragazzo.

A domani!

Bet

P.s: C’è della posta per te e un biglietto speciale da qualcuno di cui non farò il nome eheheh!

 

Alice si illuminò a quelle parole, e cercò subito tra la posta, finché non trovò un biglietto diverso dagli altri: la busta era rossa, e con una calligrafia elegante e inconfondibile c’era scritto “Per Alice” firmato Robert Langdon.

Senza pensarci un minuto di più Alice la afferrò e ne lesse il contenuto:

Cara Alice,

questa mattina, come forse già ti è stato riferito, non sarò a lezione. Ti porgo le mie più sincere scuse per non essere riuscito ad avvertirti prima, e probabilmente quando leggerai questo biglietto sarai già tornata dalla lezione e non mi avrai trovato nemmeno in piscina. Purtroppo non sono riuscito a salutarti come si deve, ma sono stato chiamato con urgenza a Washington per un lavoro importante che riguarda il mio libro: a quanto pare il mio amico Peter Solomon (ti ricordi la storia che ti avevo raccontato riguardo la mia avventura lì, no?) ha voluto che tenessi una conferenza per parlare appunto del libro. Partirò alle ore 11.00 di questa mattina, se leggi questo messaggio prima che io parta, ti prego di poter venire al parco del campus, quello a nord rispetto alla piscina intorno alle 10.00: vorrei salutarti adeguatamente visto che non so per quanto tempo questa cosa mi porterà lontano da Harvard.

Non farne parola con nessuno, ti aspetto.

Firmato Robert Langdon

Alice non credeva ai suoi occhi, e con mano tremante guardò l’orologio: erano le 9.50, più che in ritardo!

Senza indugiare si rimise il cappotto e di corsa uscì di casa, sbattendo la porta alle sue spalle: correndo forse sarebbe riuscita ad arrivare per tempo.

Corse così tanto che quando arrivò al parco non aveva più fiato nemmeno per chiamare Robert, che nel frattempo sembrava deciso di andarsene.

Quando la vide il suo sguardo si illuminò e le corse incontro, abbracciandola non appena la vide.

«Sono corsa subito non appena ho letto il tuo messaggio!» disse Alice ansimando. «Cosa succede?»

Robert le spiegò tutto, e le disse che questo lavoro lo avrebbe tenuto lontano dall’università per diverso tempo, al momento indeterminato. Alice si rattristò parecchio, ma lui la rassicurò. Le sollevò il mento e pose il suo sguardo a contemplare il suo.

«Non preoccuparti, tornerò il prima possibile» disse sorridendo. Lei contraccambiò il sorriso, e fece per allontanarsi, quando le parole di Robert la fermarono.

«Mi mancherai»

Lei si bloccò, si girò a guardarlo e, con gli occhi che trattenevano appena le lacrime, gli sorrise di nuovo. «Anche tu» sussurrò piano.

Non aggiunsero altro, e si lasciarono così.

Robert voleva portarla con sé, ma se già era impensabile il fatto che lui si era innamorato di lei, portarla via non era sicuramente la scelta migliore. E per quanto il suo cuore la desiderasse ardentemente ed era ubriaco di lei, la sua mente era lucida e sapeva esattamente cosa doveva fare. Comportarsi da gentiluomo, e prima di tutto confessarle i suoi sentimenti. Pensò che quella di partire sarebbe stata la scelta giusta: ormai aveva capito quali erano i suoi sentimenti verso di lei, ma aveva bisogno di certezze, e lo stare lontano da lei per un po' le avrebbe confermate. Il tour per la presentazione del libro era capitato proprio a fagiolo. Per quanto riguarda Alice invece, si sentì distrutta da quella notizia. Non aveva idea di quanto sarebbe stato via, dove sarebbe andato dopo Washington, e sopratutto con chi sarebbe stato. Doveva ancora partire e già sentiva la sua mancanza. Si sforzò di restare seria e di mostrarsi forte, ma dopo che Robert se ne fu andato scoppiò a piangere come non aveva mai fatto. Perché niente andava mai come voleva? Non era la prima volta, e sapeva che non sarebbe di certo stata l'ultima. Tutto ciò che le avevano dato gli altri erano sofferenze e delusioni. Aveva delle ferite sanguinanti, ma sapeva che solo lui poteva guarire le sue ferite.  Si era illusa, e lo sapeva sin dall'inizio che lo sarebbe stato, dell'amore per Robert nei suoi confronti. Ma era stata l'illusione più bella: svegliarsi la mattina consapevoli di quel volto che ti avrebbe guardato, di quelle mani che banalmente avrebbero stretto le tue, di quelle premure che indirettamente coglievi, anche se magari erano inesistenti. E negli ultimi mesi tutto era diventato così bello, così radioso da farle credere che forse quelle illusioni non erano solo la sua fantasia. Ma ora tutto se ne stava andando, come quando di una ferita rimane solo una cicatrice, o quando rimangono solo cenere e fumo di un amore bruciato.

Fu in quel momento, dopo aver versato tutte le lacrime possibili, e aver riflettuto a lungo su quegli ultimi momenti passati insieme, che Alice si decise: non avrebbe più pensato a Robert. Mai più. E non si sarebbe mai più innamorata di nessun altro, perché, ormai lo sapeva, l'amore è soltanto un'infinita delusione. Un'enorme cazzata, proclamata da scrittori, poeti, artisti che la cercavano, invano. Pensava che forse solo lui avrebbe potuto guarire le sue ferite, ma si sbagliava. Mai più Robert, per sempre.

Si asciugò le lacrime con la manica della felpa e se ne tornò a casa, stanca e abbattuta.

 

Nel frattempo Robert era in viaggio per Washington. Anche lui si costrinse a non pensare ad Alice, ma tutto ciò che riusciva a immaginare, prima di prendere sonno, era il suo sguardo di ghiaccio che si scioglieva dinanzi a lui, quel cuore apparentemente freddo che con un tocco andava in fiamme. Immaginò il suo ritorno: lei gli sarebbe corsa in contro, lui l'avrebbe finalmente baciata, confessandogli i suoi sentimenti, e finalmente avrebbero fatto l'amore. Sinceramente, dolcemente, senza ripensamenti, lasciandosi tutto il mondo alle spalle. 
Era completamente e follemente innamorato di lei, non poteva più fingere.

 

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Ciao a tutti! *v*
Mi dispiace se non ho più aggiornato, ma il mio computer è stato rotto per un po', e poi sono stata molto impegnata con la scuola! ><
Mi scuso davvero tanto per l'assenza, tra l'altro speravo ci sarebbe stata qualche recensione dell'ultimo capitolo ma niente, vabbe' dai xD
spero che questo possa piacervi un po' di più magari :3
Bene, non ho altro da aggiungere, questa canzone è la mia preferita comunque u.u
Un abbraccio,

Alice!

   
 
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