Capitolo XV – Come incastrare una donna
Convincere
Chichi a concedersi prima una sana colazione non era
stato affatto semplice.
La
ragazza aveva una fretta tremenda di parlare con Bardack
e di scoprire cosa ne fosse stato di Kakaroth. Crilin non aveva avuto il coraggio di toccare l’argomento,
ma sapeva perfettamente che la sua amica era innamorata di lui.
Li
aveva visti baciarsi e aveva anche colto negli occhi della ragazza un profondo
imbarazzo.
Ella,
però, non sembrava intenzionata ad aprire quel discorso, e il modo in cui stava
non troppo magistralmente evitando l’argomento aveva fatto capire al giovane
guerriero che era meglio farsi gli affari propri.
Chichi,
comunque, non aveva mangiato un granché quella mattina.
Mamanu
aveva lasciato sul tavolo della sala da pranzo il ben di dio, come tutti gli
altri giorni, ma sembrava che nessuno avesse fatto gli onori alla cuoca facendo
colazione.
Era
strano, in effetti; al ragazzo, però, non pareva proprio il caso di andarsi a
preoccupare anche dell’appetito dei residenti a corte: in fondo, aveva già
parecchi problemi da risolvere e, se non avesse provveduto in fretta ad
affrontarli, forse per Furipan sarebbero davvero
iniziati i guai.
«Avanti,
andiamo.»
«Chichi, per favore. Rilassati un attimo! Dammi il tempo di
bere un po’ di succo di arancia!»
La
ragazza saettò in piedi, ignorando la supplica dell’amico.
«Lo
berrai dopo. Dobbiamo parlare con Bardack prima che
se ne vada.»
«Non
andrà da nessuna parte. È il guerriero più forte dopo Vegeta e sicuramente
rimarrà a guardia del palazzo per verificare che non ci siano strani
movimenti.»
«Eppure,
mi pare che ieri, invece che starsene qui, abbia seguito me e Goku.»
Crilin
sospirò sconfortato.
La
sua amica, ormai, aveva perso il lume della ragione e, tutto sommato, ciò che
le stava accadendo era anche comprensibile. Lui per primo sapeva che bisognava
parlare faccia a faccia con Bardack per capire quali
intenzioni avesse, ma, chissà perché, cominciava ad avere la sensazione che non
sarebbe stata una buona idea presentarsi da lui di soprassalto.
A
Crilin, il generale di terza classe incuteva un certo
timore reverenziale.
Lo
ammirava per la discrezione, la forza fisica, l’intelligenza che aveva
dimostrato di avere fin da quando aveva messo piede sulla Terra.
Era
un uomo di grande equilibrio, oltre che un fenomenale guerriero e il suo modo
di muoversi e di parlare lasciavano trasparire un’enorme fiducia in sé stesso.
In
un certo senso, l’allievo di Muten era molto curioso
di vedere come Bardack avesse preso la notizia del
tradimento del figlio. Egli era la seconda personalità in ordine di importanza
nella corte dei saiyan – anche se, almeno
ufficialmente, tale ruolo spettava a Napa – e di
sicuro il comportamento del figlio aveva messo in crisi anche la sua posizione
nei confronti di Vegeta.
Crilin
non sapeva esattamente cosa avrebbe voluto dirgli.
Da
qualche minuto, non faceva che pensarci, ma, per quanto si sforzasse, i timori
che aveva nei riguardi del generale gli impedivano di concentrarsi sui suoi
ragionamenti.
L’idea
più sensata sarebbe stata quella di chiedere indulgenza per tutti i guai
provocati e assicurare a Bardack che presto avrebbero
rimesso le mani sulle sfere del drago.
Già,
ma a che pro?
In
fondo, anche il padre di Kakaroth mirava a
recuperarle, ma non di certo per preservarle dalla bramosia dei saiyan. Lui stesso apparteneva a quella razza ed era anche
una delle personalità più in vista della corte reale.
Forse,
la cosa più saggia da fare sarebbe stata semplicemente tastare il terreno e
cercare di capire se Bardack sapesse che fine avesse
fatto suo figlio. Crilin sapeva che il giovane saiyan sospettava di Yamcha, ma
non aveva idea di dove fosse andato a cercarlo.
Come
poteva, però, sperare che il generale gli rivelasse davvero le intenzioni di
Goku?
Per
la verità, era addirittura probabile che il saiyan
fosse fuori di sé dalla rabbia e che avrebbe ucciso all’istante sia lui che Chichi non appena li avesse scorti nei suoi paraggi.
La
principessa, però, ne frattempo si era alzata e, da sola, si stava avviando
fuori dalla stanza.
«Ehi,
aspetta! Dove stai andando così di corsa!»
«Lo
sai dove sto andando. Vuoi aiutarmi oppure no a cercare Bardack?»
«E
va bene, ma fai andare avanti me. È più sicuro!»
«Quante
storie! Tanto, se vuole farmi fuori, lo farà con o senza di te.»
Crilin
abbassò la testa sconsolato e si apprestò a superare la ragazza.
Ora
capiva perché Kakaroth si era innamorato di lei: la
bella principessina aveva la testa più dura di quella di un saiyan.
***
«Bardack, per favore, vuoi spiegarmi che cosa è successo?»
Lo
sguardo fulminante che ricevette in risposta avrebbe terrorizzato chiunque, ma
non Mamanu. La donna aveva passato gran parte della
mattinata a cercare di risvegliare nel marito un briciolo di senso di responsabilità
nei confronti di Furipan e della figlia, e ora, con
coraggio, stava affrontando il generale Bardack.
Ella
non lo temeva più di quanto non avesse paura di un moscerino.
La
paura di perdere la vita non l’aveva mai scalfita da quando erano arrivati i saiyan e, tutto sommato, l’idea di sacrificarsi per le
sorti di una terra alla quale si era ormai affezionata non le pareva così fuori
luogo.
Era
vero: nel frattempo, la moglie di Giumaho aveva
finito col perdere la testa per quell’uomo estremamente affascinante e
carismatico al quale ora stava cercando di carpire qualche informazione; ma ciò
non toglieva affatto che lei avrebbe in ogni modo cercato di mantenere gli
animi il più possibile sedati.
Il
fatto, poi, di sapere effettivamente dove fossero finite le sfere del drago la metteva in una
posizione scomoda e, al contempo, privilegiata. Se fosse riuscita a rientrarne
in possesso prima che Kakaroth o Chichi
intuissero davvero chi fosse il colpevole, forse avrebbe potuto placare un poco
la situazione.
Già;
ma come avrebbe giustificato di fronte ai saiyan e a
suo marito il fatto che lei sapesse?
Avrebbe
potuto dire la verità, certo, e confessare come Tensinhan
l’avesse messa a conoscenza del suo piano; eppure, era assolutamente certa che
nessuno – la principessa in primis –
le avrebbe creduto.
Però,
magari, Bardack qualche titubanza in merito l’avrebbe
avuta.
Anche
se il loro rapporto non era andato molto oltre il sesso, Mamanu
sapeva quanto il generale fosse astuto e intuitivo. In fondo, se egli l’aveva
risparmiata, era proprio perché conosceva la sua grande affabilità e perché la
riteneva l’unica in grado di controllare gli abitanti di Furipan
con le buone. Forse, lui sarebbe stato l’unico a non mettere la mano sul fuoco
circa la colpevolezza della donna.
Forse.
Ultimamente,
però, Mamanu tendeva sempre meno a fidarsi del
proprio istinto.
I
sensi di colpa per il tradimento nei confronti di Giumaho
e il sapere che Kakaroth avesse scoperto tutto,
l’avevano non poco destabilizzata. Anche se, in apparenza, ella stava cercando
il più possibile di mantenere una parvenza di controllo, la bella Mamanu sapeva benissimo che la razionalità che l’aveva
contraddistinta fino a pochi giorni prima stava pian piano lasciando il posto
al ben più pericoloso istinto.
In
fondo, l’idea di recarsi da Bardack denotava proprio
una certa carenza di lucidità.
Si
era intrufolata nella sua stanza da letto come faceva praticamente ogni notte
ma, invece che trovarlo accoccolato sul materasso, lo aveva visto in piedi,
affacciato alla finestra, con i gomiti poggiati sul davanzale.
Era
furioso, ma anche pensieroso.
Nonostante
si fosse accorto certamente della sua presenza, non l’aveva cacciata via, né,
però, le aveva dato la soddisfazione di guardarla in faccia più di mezzo
secondo.
Mamanu
sapeva di essere per lui solo un sollazzo. Non si era mai illusa davvero che il
potente generale di terza classe perdesse la testa per lei e, probabilmente,
nemmeno avrebbe saputo reagire con raziocinio a un ipotetico evento del genere.
Tuttavia,
il modo in cui la stava ignorando la infastidiva parecchio. Egli non sembrava
intenzionato a prestarle ascolto, rapito da chissà quali elucubrazioni mentali,
e pareva proprio che Mamanu stesse sprecando il fiato
per parlare con i muri.
«Insomma,
Bardack, non credo di meritare un simile
atteggiamento da parte tua. So che è successo qualcosa. Ti prego, vuoi dirmi di
che cosa si tratta? Sai che posso darti una mano, nei limiti delle mie
possibilità.»
Il
guerriero si voltò lentamente verso di lei, per poi tornare a guardare fuori
dalla finestra dopo pochissimi istanti.
«Sono
convinto anch’io di ciò che dici, Mamanu; ma, chissà
perché, credo che tu sia implicata in questa faccenda più di quanto non voglia
farmi credere.»
Le
parole del guerriero giunsero taglienti alle orecchie della donna.
La
sua era un’accusa senza mezzi termini, l’espressione palese della sua totale
mancanza di fiducia in lei. La cosa peggiore era che Bardack,
tutto sommato, aveva anche ragione, e l’idea di essere stata in qualche modo
scoperta la stava facendo tremare di paura.
Paura di perderlo.
Dal
canto suo, Bardack sapeva di aver azzardato troppo.
Il
generale non aveva mai davvero dubitato della buona fede della sua amante, ma,
al contempo, aveva imparato a conoscerla bene e aveva capito che se c’era
qualcuno a Furipan in grado di smascherare i
tranelli, quel qualcuno era proprio Mamanu.
Voleva
metterla alle strette e aveva dovuto anche farlo in fretta.
In
fondo, il ruolo strategico che ricopriva la moglie di Giumaho
aveva fatto comodo a tutti, a Vegeta in
primis, e se davvero quella donna era riuscita a controllare tanto bene la
popolazione di Furipan, era assolutamente probabile
che ciò fosse avvenuto perché la gente aveva fiducia in lei.
Qualche
imbecille doveva pur aver parlato!
Possibile
che le sfere del drago fossero
sparite nel nulla senza che qualcuno avesse informato anche indirettamente i
governanti di Furipan della loro scomparsa?
Se
la risposta fosse stata sì, allora i
colpevoli potevano essere soltanto Chichi e suo
figlio oppure qualche altro saiyan; ma i suoi
commilitoni non sapevano assolutamente come fossero fatte le sfere del drago e, con molta probabilità,
nemmeno ne avevano mai sentito parlare.
A
parte Napa, ovviamente.
Ma
lui – e Bardack di ciò era certo – non si sarebbe mai
messo contro Vegeta.
Per
questo era necessario obbligare Mamanu a parlare.
Il
generale sapeva che quella donna aveva a cuore molto di più la sorte di Furipan che non gli interessi del suo amante; ma, se fino
al giorno prima di ciò gli importava poco o nulla, ora la situazione era
precipitata in maniera inaspettata e la moglie di Giumaho,
volente o nolente, avrebbe dovuto contribuire a tirare fuori dai guai sia lui
che Kakaroth.
In
fondo, era in gioco anche l’incolumità di Chichi.
D’accordo,
quella ragazza non era sua figlia ma, per quanto tra le due donne il rapporto
non fosse proprio idilliaco, Bardack sapeva che Mamanu si era affezionata a lei.
«Allora,
Mamanu, non hai nulla da dire?»
Finalmente,
Bardack si era preso la briga di voltarsi sul serio.
Avere
gli occhi di quell’uomo puntati contro le sue iridi non le faceva poi così
male. Si era abituata al suo sguardo feroce e dannatamente razionale e, forse,
erano stati proprio quegli occhi a farla innamorare.
Innamorare?
Per
un istante, Mamanu si sorprese dello strano pensiero
che le era balenato in testa.
Mai,
prima di allora, aveva ammesso con sé stessa di provare qualcosa di forte nei
confronti del suo amante, e l’idea di averlo fatto proprio nell’unico momento
in cui Bardack stava mettendo in discussione la sua
buona fede le fece tremare impercettibilmente le membra.
Lei
non voleva perderlo.
Avrebbe
rinunciato a tutto, anche a quella felicità che il destino le aveva concesso
facendo piombare il generale Bardack nella sua vita;
ma mai avrebbe voluto perdere l’uomo che aveva risvegliato in lei il senso di
libertà. A costo di farsi del male, a costo di subire le ire del saiyan, lei avrebbe fatto di tutto per tenerselo stretto.
Lo
amava, anche se ancora non si sarebbe azzardata ad ammetterlo, e se il prezzo
da pagare fosse stato la perdita della sua incolumità, Mamanu
sarebbe stata ben felice di pagarlo.
Ma
dirgli la verità, no; questo non l’avrebbe fatto mai e poi mai.
Il
rischio era troppo grande e la donna, per quanto amasse Bardack,
non poteva svendere sé stessa e tradire la fiducia che Giumaho
aveva riposto in lei. Con quale coraggio avrebbe potuto farlo? Suo marito le
era sempre stato vicino.
Sempre.
Non
l’aveva mai maltrattata, non l’aveva mai costretta a fare da madre a Chichi, non l’aveva mai implicata volutamente in faccende
più grandi di lei.
In
queste ultime ci si era messa da sola.
I
risultati, tra l’altro, si stavano rivelando pessimi.
«No,
Bardack. Non finché non mi spiegherai esattamente
cosa vuoi che ti dica.»
«Semplicemente,
dove sono le sfere del drago.»
«E
perché dovrei saperlo?»
«Non
insultare la mia intelligenza, Mamanu. A meno che tu
non voglia passare all’altro mondo in anticipo.»
Nel
pronunciare la sua minaccia, Bardack si era
avvicinato a lei di parecchio.
Il
modo in cui l’uomo le si era parato davanti e lo sguardo fiero e rovente che
stava mostrando erano gli stessi che il generale assumeva quando pretendeva del
sesso da lei.
Trovarselo
davanti a quella distanza faceva
male: Mamanu sentiva la sua lucidità venir meno e
aveva la sensazione che il generale stesse volutamente cercando di farla
vacillare.
Oppure,
per quell’uomo minacciare e fare l’amore erano più o meno la stessa cosa.
La
donna si ritrovò inconsapevolmente a pensare che la seconda ipotesi le faceva
più paura della prima. Se mai, prima di allora, aveva rimuginato a fondo su
cosa significasse per Bardack la loro relazione, in
quel momento capì di essere stata fottutamente ingenua e poco avveduta.
D’accordo,
lei sapeva benissimo che il generale non l’amava e che, probabilmente, mai
avrebbe nutrito nei suoi confronti un sentimento più forte dell’indifferenza;
ma, da donna adulta e matura quale sarebbe dovuta essere, quanto meno avrebbe
dovuto riflettere di più prima di concedersi a lui con tanta facilità.
Per
la prima volta da quando aveva intrapreso quella relazione sessuale, Mamanu cominciava a pensare di aver gestito molto male la
situazione. In fondo, lui era un saiyan e lei la
moglie di Giumaho; possibile che fosse stata davvero
così stupida da non rifletterci prima?
E
perché mai, nonostante tutto, ella desiderava con tutta sé stessa che quella
dannata tresca non finisse?
Mamanu
sfidò Bardack per l’ennesima volta da quando si erano
conosciuti.
Si
avvicinò ulteriormente a lui, anticipando ciò che l’uomo aveva in mente di
fare. Lei non aveva paura del male che Bardack
avrebbe potuto farle: lei temeva soltanto di perderlo e, in un modo o
nell’altro, avrebbe impedito che ciò accadesse davvero.
Ma,
sulle sfere del drago, doveva
temporeggiare.
«Sei
arrivato al punto di minacciarmi di morte, generale?
E cosa farai dopo avermi uccisa? Non risolverai di certo il tuo problema.»
«Questo
lo so benissimo; ma non lo risolverò nemmeno qualora tu decidessi di tenere la
bocca chiusa. E allora, tanto vale che ti tolga di mezzo. Mi saresti solo
d’intralcio.»
L’espressione
di Mamanu, dopo aver udito quelle parole, era
impassibile.
Eppure,
Bardack sapeva benissimo di averla ferita. Egli aveva
imparato a interpretare i più impercettibili cambi di umore della donna e
sapeva che un silenzio da parte sua che durasse più di due secondi stava a
significare turbamento. Ma, purtroppo
per lei, ella era davvero troppo orgogliosa per poterlo ammettere.
Era
incredibile quanto poco Mamanu si rendesse conto di
essere forte.
Nessuno
prima di lei, uomo o donna che fosse, aveva sostenuto con tanta padronanza di
sé lo sguardo minaccioso di Bardack. E la scusa che
ella non avesse nulla da perdere nemmeno reggeva più di tanto. Mamanu aveva un regno tra le mani, oltre alla sorte degli
abitanti di Furipan sulla coscienza, e, per quanto la
donna si autodefinisse impotente rispetto ai legittimi governanti del regno,
lei stessa sapeva benissimo che in realtà le cose stavano in tutt’altro modo.
E
poi, rischiava di perdere lui.
Il
saiyan era cosciente di aver fatto in qualche modo
breccia nel cuore della bella terrestre. Quella sciocca si era innamorata con
estrema facilità, come se fosse la cosa più scontata del mondo. Egli, tutto
sommato, non si era mai soffermato troppo sulla questione. Sapeva come andavano
certe cose: perdere la testa per qualcuno che sembrava avere tutto ciò che si
desiderava per sé stessi era una delle cose più semplici del mondo. Anche a lui
era capitato da ragazzino, quando, ancora troppo giovane e debole, non poteva
far altro che limitarsi a guardare come i saiyan
adulti trascinavano nei corridoi delle basi militari le loro puttane.
Quante
volte si era ritrovato a credere di amare una di queste?
E
quale soddisfazione aveva provato quando, diventato il guerriero eccezionale
che era, le donne che aveva sempre bramato gli si erano concesse con onore?
Ma
tutto quell’ardore, tutta quella fame di attenzioni erano solo un’illusoria
distrazione.
L’amore
non era fatto per albergare nei sentimenti dei guerrieri come lui e, a riprova
di ciò, si era sempre spento nel giro di pochi giorni, ammesso che lo avesse
mai davvero provato.
Mamanu,
purtroppo per lui, stava durando un po’ troppo.
Avrebbe
dovuto sbarazzarsi di lei molto prima e rinunciare al suo corpo prima che
quest’ultimo diventasse un’ossessione. Sebbene egli riuscisse perfettamente a
non darlo a vedere, sapeva che ormai era troppo tardi, che quella donna si era
insinuata nella sua anima in maniera troppo profonda e che ormai aveva già
piantato le radici nel suo cuore.
La
amava?
No,
questo no.
Mai!
I
saiyan non potevano amare se non per pochi istanti e
nei momenti di debolezza.
Eppure,
quella maledetta terrestre riusciva a far vibrare i muscoli del suo corpo come
mai nessun’altra donna era riuscita a fare, nemmeno la madre dei suoi figli.
«Tu
non lo farai, Bardack.»
Mamanu
stava osando tanto, troppo.
Per
la prima volta in vita sua, aveva deciso di lottare per qualcosa e contro
qualcuno.
Peccato
che quel qualcuno fosse un pericoloso
guerriero e che, oltretutto, lei ne era innamorata.
La
donna si ritrovò a credere che, evidentemente, il destino per lei non aveva
previsto la felicità. E se davvero le cose stavano così, ella avrebbe
affrontato a testa alta anche il fato.
«Ah,
no?»
Bardack
le mise la mani al collo.
Temporeggiò
qualche secondo prima di decidere cosa fare esattamente.
Avrebbe
dovuto strangolarla senza pensarci troppo; invece preferì spingerla a letto e
poi sovrastare il corpo della donna con il suo.
I
loro occhi erano a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, e lo erano anche
le loro bocche.
Come
ogni volta, ogni fottuta volta, avere quella donna inerme sotto di sé lo stava
facendo eccitare. Bardack sentiva la sua erezione
crescere e avvertiva gli spasmi del cuore di Mamanu.
«Non
sfidarmi, sciocca. Ti farai male, dovresti saperlo.»
In
risposta, la donna portò le mani tra i capelli del guerriero e sorrise beffarda
all’ennesima minaccia del saiyan. Era quello che
voleva.
Bardack
era ciò che ella aveva sempre desiderato e, nonostante sapesse quanto quella
relazione fosse rischiosa per la sua incolumità, lei sarebbe andata fino in
fondo e avrebbe risolto tutto, anche la faccenda delle sfere del drago.
Sì,
ce l’avrebbe fatta, in un modo o
nell’altro.
«Non
ho paura di ciò che potresti farmi, Bardack. Ho paura
di perderti.»
Quelle
parole fecero impercettibilmente sussultare il guerriero.
Alla
fine, Mamanu ci era riuscita. La bella terrestre
aveva tirato fuori completamente tutto il suo spregiudicato coraggio e aveva
anteposto, forse per la prima volta in vita sua, i propri sentimenti alla
discrezione.
Gli
aveva lasciato una dichiarazione in piena regola e lo aveva fatto pur sapendo
il rischio che avrebbe potuto correre.
Di
sicuro, lei era la donna più coraggiosa con cui avesse mai fatto sesso; peccato
che ella stessa non se ne rendesse conto. Come avrebbe dovuto reagire il
generale a quelle parole?
Bardack
era consapevole di essere un uomo interessante agli occhi di una donna. Egli
non era un idiota e sapeva che la sua figura suscitava fantasie erotiche in
tantissime femmine. Che qualcuna, però, osasse dirgli apertamente di volerlo non era mai capitato.
Quale
pazza avrebbe azzardato tanto?
Nella
società da cui egli proveniva non funzionava di certo così. Le donne non
dovevano permettersi il lusso di esternare i loro sogni proibiti poiché il loro
compito non era quello di realizzarsi come persone ma soltanto sfornare dei
marmocchi.
Tutt’al
più, se se la cavano discretamente, potevano ambire a intraprendere una
carriera militare di buon livello. Ma, quello di perdere un uomo era un rischio che avrebbero dovuto correre sempre
e solo tenendo la bocca tappata.
Chi
era Mamanu per permettersi di dire una cosa del
genere senza subirne le conseguenze?
Ovviamente
– e questo Bardack lo sapeva benissimo – colei che,
con le proprie abilità oratorie, avrebbe tolto dai guai sia lui che Kakaroth.
Il
generale non rispose alle parole di Mamanu.
Si
limitò a chiudere gli occhi per qualche istante e a sospirare, quasi
rassegnato.
Ella,
nel frattempo, aveva preso ad accarezzargli la testa e, pian piano, era
scivolata con le mani lungo il suo petto.
Voleva
denudarlo.
Voleva
che lui la possedesse.
Di
nuovo.
Come
sempre.
Voleva
sentire dentro di sé il calore del suo membro e voleva provare per l’ennesima volta
l’ebbrezza di essere violata dall’uomo più potente e affascinante che avesse
mai incontrato.
Egli
avrebbe dovuto alzarsi da lì e lasciarla in balia di sé stessa e dei suoi
malsani propositi. Cedere ai desideri di quella donna avrebbe significato sottomettersi
a lei. I saiyan non facevano sesso per soddisfare le
loro donne: no; loro lo facevano per sé stessi, solo ed esclusivamente per sé
stessi.
Eppure,
il richiamo di Mamanu era troppo forte e la sua
mente, tanto quanto il suo corpo, bramavano di possederla.
«Non
vuoi, Bardack? Perché non…»
«Sta’
zitta.»
Con
una falcata, il saiyan tirò via alla sua amante la
veste che portava indosso e immediatamente si fiondò sulla bocca di lei.
Baciarla gli piaceva, così come apprezzava le carezze di Mamanu
e i tentativi di lei di privarlo della sua divisa da combattimento.
Dovette
aiutarla, ovviamente.
Il
guerriero sciolse il bacio che li teneva avvinghiati e si spogliò degli abiti
che portava.
Poi
la afferrò per il bacino, le tolse gli indumenti intimi e la portò sopra di sé,
lasciandole per la prima volta la possibilità di condurre il gioco.
Quella
mossa l’aveva spiazzata.
Lei
non era abituata a stare sopra e mai
si sarebbe aspettata che Bardack le concedesse una
cosa del genere, fiero e dominatore com’era.
Lo
sguardo sgomento della donna fece ridere di gusto il saiyan.
«Che
c’è? Non dirmi che adesso non sai cosa fare! Mi deludi, Mamanu»
Ella
rispose con uno sguardo stizzito.
Bardack
era seduto sul letto e lei era a cavallo delle sue gambe. Guardava con ammirazione
e un briciolo di rabbia lo sguardo strafottente che il saiyan
le stava elargendo.
Lo
amava – e quanto lo amava! – e in quel dannato momento, nonostante la
provocazione dell’uomo, ella avrebbe fatto di tutto pur di non lasciarsi
sfuggire l’occasione di fare sesso con lui e, soprattutto, di farlo da un’altra
prospettiva.
Seguì
il suo istinto e si posizionò in modo da accogliere dentro di sé il membro
dell’uomo. Costui sorrise di rimando.
«Non
sono una che si tira indietro di fronte alle sfide, sappilo.»
«Già»
sussurrò il saiyan all’orecchio della donna «peccato
che tu abbia cominciato a farlo troppo tardi.»
Mamanu
si muoveva sopra il suo amante con un certa disinvoltura, nonostante quell’insolita
posizione la mettesse piuttosto in imbarazzo. Non le era mai capitato prima di
allora di condurre il gioco. Non lo
aveva mai fatto né con Bardack, né con gli altri
uomini che aveva avuto.
Era
questo che il guerriero voleva da lei?
Il
generale le stava implicitamente chiedendo di prendere definitivamente in mano
la situazione?
Ella
non volle rimuginare più di tanto su quei pensieri, preferendo abbandonarsi
completamente ai baci e alle carezze che Bardack le
stava concedendo.
Paradossalmente,
sebbene avesse dovuto temerle, ella si sentiva protetta tra le calde braccia di
Bardack e in quel momento aveva quasi la certezza che
quel saiyan fosse la cosa più bella mai capitatale in
vita sua.
Ma
l’uomo, improvvisamente, sgranò gli occhi, smise di baciarla e la staccò di
forza dal suo corpo scaraventandola sul letto.
«Rivestiti
immediatamente.»
«Cosa… Bardack, io non…»
«Rivestiti,
ho detto! Fa’ in fretta» proferì il guerriero mentre, a sua volta si sbrigò a
recuperare la propria divisa.
«Ma
che cosa… Che cosa ho fatto, Bard…»
In
quel momento, Mamanu li sentì.
Erano
dei passi, fuori dalla sua stanza.
Qualcuno
stava percorrendo il corridoio e aveva tutta l’aria di dirigersi verso la
camera del generale.
***
«Chichi, è una pessima idea, credimi.»
«Piantala,
stai iniziando a diventare noioso!»
«Ragiona,
accidenti! Non puoi fiondarti nella sua stanza! Insomma, se qualcuno entrasse
nella tua senza preavviso…»
«Non
mi pare che questa sia la situazione adatta per farsi venire qualche scrupolo, Crilin.»
La
principessa stava camminando a passo svelto verso il suo obiettivo.
Avevano
cercato in tutto il palazzo, ma di Bardack non c’era
traccia. Dove poteva essersi cacciato il padre di Kakaroth?
Possibile
che avesse davvero lasciato la corte?
Chichi,
per la verità, non si sarebbe stupita affatto di una cosa del genere: per
quanto ne sapeva lei, era molto probabile che il generale avesse deciso, anche
indirettamente, di dare una mano a Goku nella ricerca delle sfere del drago.
In
fondo, in due avrebbero avuto maggiori probabilità di trovarle.
Tuttavia,
c’era ancora un luogo in cui i due terrestri non avevano controllato, e quel
luogo era la camera del saiyan. A Chichi,
in realtà, pareva strano che l’uomo stesse ancora oziando lì dentro; tuttavia,
prima di andarlo a cercare altrove, sarebbe stato meglio perlustrare per bene
tutte le stanze.
Compresa
la sua.
Crilin,
dal canto suo, aveva tentato con ogni mezzo di fermarla.
Sarebbe
stata una catastrofe se la sua amica avesse davvero aperto quella porta.
Ormai
erano lì, a pochi passi dalla meta della ragazza, e più il povero Crilin cercava di dissuaderla dal proseguire, più la
principessa accelerava il passo.
Gran
bel guaio, quello.
Il
ragazzo tremava di paura e di imbarazzo.
Lui
se ne era accorto, accidenti!
Anche
se l’aura di Mamanu era incredibilmente debole, egli,
trovandosi a pochi metri di distanza da quella maledetta camera, aveva per un
attimo avvertito la sua presenza.
Crilin
non volle pensare a cosa stesse facendo lì dentro la moglie di Giumaho.
Aver
colto sul fatto Chichi e Kakaroth
lo aveva già destabilizzato abbastanza e l’idea che ciò potesse ripetersi anche
con Mamanu e Bardack lo
faceva letteralmente rabbrividire.
Tanto
più che egli non aveva sospettato nulla fino a quel momento e che, se davvero
ci fosse stato qualcosa tra l’odiata matrigna di Chichi
e il potente generale di terza classe, il povero terrestre e tutti gli abitanti
di Furipan avrebbero dovuto definitivamente dire
addio a ogni speranza di rimettere a posto le cose.
No,
accidenti!
Non
dovevano entrare lì dentro!
Da
quando erano arrivati i saiyan, l’allievo di Muten era stato travolto dalla sfortuna. Pur senza volerlo,
si era ritrovato invischiato in faccende che, teoricamente, avrebbero dovuto
essergli estranee e aveva rischiato la pelle già una volta solo per aver
involontariamente sorpreso Chichi e Kakaroth a baciarsi. L’ex protettore, comunque, lo aveva risparmiato.
Ma
Bardack sarebbe stato altrettanto clemente?
E,
soprattutto, lui e Mamanu si stavano limitando a un
semplice bacio?
La
principessa, intanto, era giunta a destinazione, e aveva afferrato la maniglia
della porta.
«Chichi, ti scongiuro. Lascia perdere!» piagnucolò il
ragazzo bloccando il tentativo dell’amica di aprire.
«Quante
paranoie, Crilin! Io voglio sapere cosa ne è stato di
Goku e intendo andare fino in fondo!»
«Che
diavolo ti costa aspettare che Bardack scenda… Scenda a fare colazione? Dai, andiamo giù. Prima o
poi verrà in sala da pranzo!»
«Tu
hai qualche serio problema, credimi. E adesso, lasciami aprire questa dann…»
Le
parole di Chichi furono interrotte di colpo.
Il
saiyan li aveva preceduti.
Bardack
aveva inaspettatamente spalancato la porta della sua camera, trovandosi di
fronte un’infuriata Chichi e un terrorizzato Crilin.
Era
fatta, ora erano entrambi fottuti.
Il
terrestre prese a tremare nel constatare lo sguardo furente del guerriero.
L’avevano
fatta grossa, questo era certo, e probabilmente le ire di Bardack
sarebbero state ben peggiori delle sue stesse previsioni.
«Che
diavolo volete voi due?»
«Voglio
sapere dove si trova Kakaroth. Non ho paura di te, è
chiaro? Non so cosa ti abbia raccontato tuo figlio ieri, ma non ho alcun
problema a dirti la verità, basta che mi riveli dove diavolo si è cacciat… Ehi, ma…»
Crilin
indietreggiò di qualche passo e si portò una mano sul volto, come a voler
celare alla propria vista ciò che stava accadendo.
Chichi
l’aveva vista.
Si
era accorta di Mamanu, in piedi accanto alla finestra
della stanza.
«E
tu che cosa… Che cosa ci fai qui?»
La
principessa aveva pronunciato quelle parole in un sussurro.
Non
voleva crederci; non poteva crederci.
Il
suo cervello faticava a trovare una risposta alla domanda che ella stessa aveva
posto.
Bardack
e… Mamanu?
Insieme?
La
moglie di suo padre nella camera del
generale in persona?
No,
quello doveva essere un incubo.
D’accordo,
la donna aveva gli abiti indosso ed era in piedi; ma si trovava comunque lì, in quella dannatissima stanza.
Se
avesse potuto, Chichi l’avrebbe uccisa all’istante.
Perché
avere pietà di lei, in fondo?
Già
prima la detestava, e ora… Ora nel suo corpo non ribolliva altro che la rabbia.
«Chichi, sta’ calma, per favore» disse Crilin,
cercando ti trattenerla per un braccio.
«Lasciami
immediatamente!»
«Ah,
questa poi! Smettetela entrambi di fare i babbei! O preferite che vi zittisca
con le maniere forti?»
Bardack,
tutto sommato, aveva parlato con estrema tranquillità.
Sembrava
che il fatto di essere stato sorpreso con Mamanu non
lo avesse minimamente turbato.
Probabilmente,
era davvero così.
In
fondo, egli era un guerriero, uno di quei personaggi che, in cima alle loro
preoccupazioni, avevano tutt’altro che qualche tresca amorosa.
Crilin
cercava di supplicare pietà con lo sguardo, mentre tratteneva Chichi.
La
ragazza era ancora incredula e i toni del generale l’avevano mandata ancora di
più in confusione.
«Non
c’è bisogno, Bardack. Per favore! Io e la principessa
volevamo solo parlarti, ma… Be’, ecco…»
L’evidente
rossore che si tinse sulle gote del terrestre suscitarono nel saiyan una smorfia di disgusto.
Questa
poi!
Come
se a lui importasse qualcosa di essere stato quasi sorpreso.
Quasi,
appunto.
Perché
il generale, fortunatamente, si era accorto in tempo del loro arrivo.
Tutto
sommato, quello era stato un gran bel colpo di fortuna.
Se
avesse giocato al meglio la sua carta, le cose sarebbero potute andare di gran
lunga meglio rispetto alle più rosee previsioni.
«Se
cercate mio figlio, non so dove sia. Per tutto il resto, se ne può discutere.»
Sul
volto del guerriero si delineò un mezzo sorriso sghembo.
Poi,
fece cenno ai due terrestri di seguirli.
«Entrate,
avanti. Non mi pare il caso di sbraitare in corridoio.»
Sia
Chichi che Crilin erano
sgomenti.
Si
trattava forse di una trappola?
Il
ragazzo non aveva la benché minima intenzione di entrare in quella stanza, ma
sapeva di non avere alternative. La sua amica, oltretutto, non sembrava essersi
soffermata molto sull’ipotesi tranello,
tanto che, dopo un primo momento di sbigottimento, aveva accettato l’invito del
generale e si era precipitata in camera.
Per
picchiare Mamanu, però.
Bardack
l’aveva fermata in tempo afferrandola per la tunica e sbattendola a terra.
«Che
diavolo stavi tentando di fare, ragazzina?»
«Quello
che farei anche a te se non fossi così forte. Ucciderla, con le mie stesse
mani!»
«Oh,
certo, che idiozia! Cerca di rilassarti invece, sciocca!»
«Non
ti permettere di…»
Bardack
le si parò davanti con aria minacciosa.
Aveva
lo sguardo serio, terribilmente serio. Il modo in cui la stava guardando la
zittì all’istante. I suoi occhi le ricordavano in maniera impressionante quelli
di Kakaroth. In fondo, quell’uomo era suo padre e,
purtroppo per lei, pochi istanti prima aveva dimenticato quel particolare.
«Ti
ho detto di non sbraitare. Abbassa la voce! Ricordati che Napa
e Vegeta sono nei dintorni. Se ci scoprissero adesso sarebbe la fine, per te,
per il tuo fottuto regno e per quell’incapace di mio figlio.»
Crilin
entrò in fretta nella stanza e si frappose tra Bardack
e Chichi.
«D’accordo,
senti. Lascia stare la principessa e discuti con me. Cosa significa quel se ci scoprissero? Ascolta, non sono un
idiota come potrebbe sembrare a prima vista e so per certo che io e te abbiamo
degli obbiettivi molto diversi, quindi, per favore, non mi prendere in giro.»
«Non
ti do torto: sicuramente ambiamo a cose incompatibili. Però, mi pare che
abbiamo entrambi lo stesso problema, giusto? State o non state cercando le sfere del drago che Kakaroth
e la custode si sono lasciati
fregare?»
«Certo
che sì. Ma io non direi che Chichi e Goku se le sono
lasciate freg…»
«I
dettagli non mi interessano. Chiudi quella dannata porta e ascoltami. Mamanu sa chi le ha prese.»
Bardack
si voltò con fare sprezzante verso la sua incredula amante.
«Avanti,
dillo anche a loro.»
La
moglie di Giumaho trattenne a stento l’impulso di
accasciarsi a terra e di piangere.
Era
stata colta quasi sul fatto e Chichi non
gliel’avrebbe fatta passare liscia.
Ma
la cosa peggiore era che Bardack aveva meschinamente
approfittato della situazione per metterla alle strette.
Il
generale, l’uomo più attraente, furbo e pericoloso che avesse mai incontrato le
stava offrendo su un piatto d’argento la possibilità di giustificare la sua presenza lì dentro; ma lo aveva fatto
estorcendole una confessione che non avrebbe mai potuto carpire in nessun altro
modo.
L’aveva
incastrata.
***
Yamcha,
Tensinhan e Jaozi erano
ormai concordi nel voler lasciare l’isola di Muten.
Rimanere
lì ancora per molto sarebbe stato un enorme rischio. Tutti e tre sapevano
benissimo che Kakaroth era in grado di percepire le
loro aure e, benché fossero stati particolarmente attenti nell’azzerarle, era
probabile che comunque il saiyan avesse captato
qualcosa.
Tensinhan,
oltretutto, aveva il fardello delle sfere
del drago.
Ne
aveva momentaneamente nascoste sei nella foresta di Furipan,
mentre una l’aveva portata nella stanza di Muten.
Come fortezze, erano tutt’altro che inespugnabili.
Cercando
con un minimo di attenzione, chiunque avrebbe potuto trovarle, soprattutto
quelle che erano nella boscaglia.
E
se le avesse consegnate a Mamanu?
Quell’idea,
a dire il vero, non gli sembrava poi tanto inopportuna.
La
moglie di Giumaho era insospettabile, tuttavia
rimaneva il forte rischio che ella le restituisse ai legittimi proprietari.
Egli
doveva scongiurare in tutti i modi un simile evento.
Cosa
ne sarebbe stato del suo sogno di gloria?
Certo,
se non avesse scoperto il segreto per attivare le sfere, non avrebbe comunque concluso
nulla; ma Tensinhan era ormai a buon punto e fare un
passo falso in quel momento gli sarebbe costato davvero caro.
Una
forte folata di vento e il rumore sordo di un pugno lo distrassero dai suoi
pensieri.
Il
ragazzo si voltò e vide a terra la sagoma di Yamcha.
«Ma
che diavolo…»
Le
parole gli morirono in gola quando, a fianco a sé, scorse la figura di Kakaroth.
«E
tu da dove salti fuori?»
«Levati
di mezzo, Tensinhan, o come diavolo ti chiami. È il
tuo amico che mi interessa, non tu.»
CONTINUA
Angolo dell’autrice
Ce
l’ho fatta! Ho terminato anche questo capitolo! *momento
felicità: ON*
Vi
avevo promesso che Mamanu e Bardack
sarebbero tornati e, be’… eccoli qui. Ho faticato da morire
per non sfociare nel rating rosso – e non sono nemmeno certa di esserci
riuscita in pieno! – ma questi due mi piacciono troppo e, soprattutto, mi piace
il padre di Goku. Anche in questo capitolo ho lasciato molto spazio
all’introspezione dei personaggi. Mamanu è alle prese
con la realtà dei fatti e, probabilmente, è stata colta di sorpresa più di
quanto non si sarebbe aspettata. Le accuse di Bardack
l’hanno spiazzata ma, al contempo, hanno contribuito a tirare fuori il suo
carattere.
Per
quanto riguarda l’ingresso in scena di Chichi e Crilin… Ok, lo so, sono davvero perfida nei confronti di
questo povero ragazzo! Tocca sempre a lui scoprire gli arcani! Però mi piace
troppo: è talmente pudico e buono di cuore che mi pare il personaggio perfetto
per queste situazioni tragicomiche. Bardack ha
tentato di salvare il salvabile sfoderando l’arma sfere del drago. In realtà, lo ha fatto più per costringere Mamanu a parlare che non per occultare la sua relazione con
quest’ultima; però, così facendo, ha di fatto incastrato la donna.
Kakaroth
ha finalmente trovato Yamcha! Riuscirà a scoprire che
non è lui il colpevole prima di spedirlo all’altro mondo?
Chi
lo sa!
Nel
frattempo, vi ringrazio di cuore come sempre per il sostegno che mi date.
Vi
adoro, tutti quanti!
9dolina0
Avviso!
Come sapete, si sta
avvicinando il Natale. Ebbene, ho scoperto con enorme piacere che potrò
trascorrere le vacanze in Italia, con la mia famiglia. Inizialmente, temevo che
ciò non fosse possibile, ma, per fortuna, mi son dovuta ricredere.
Ciò significa, però,
che per tutta la durata del mio soggiorno in Italia non pubblicherò alcun
aggiornamento. Lo so, è pessimo da parte mia; ma voglio godermi appieno questa
quindicina di giorni e dedicarmi ai miei parenti, ai miei amici, e a tutte le cose
che ho lasciato in sospeso trasferendomi all’estero.
Spero comprendiate!
Il prossimo
aggiornamento sarà il 7 gennaio.
A presto e…
Buon Natale!