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Autore: 9dolina0    17/12/2014    6 recensioni
«Il futuro di Chichi è drammaticamente avvolto da una coltre di nebbia attraverso la quale i miei poteri non possono penetrare. Vedo i malvagi incombere sul suo regno; vedo il sangue scorrere lentamente lungo le terre di Furipan e contaminare il vostro fiume; ma non posso vedere cosa ne sarà esattamente di vostra figlia. Perderà, usurpata dai malvagi, il controllo delle sfere del drago, ma che lei sopravviva o meno alla venuta di quegli esseri non posso in alcun modo saperlo. Tuttavia, riesco distintamente a scorgere accanto a lei la figura di un giovane forte e valoroso. Non so chi sia, né da dove venga, né se sarà davvero in grado di proteggerla. Cerca quel giovane e spera che possa davvero fare qualcosa. Ma sta’ attento a non confondere il designato con un malintenzionato: il destino di tua figlia potrebbe essere nelle sue mani.»
Amore, lotta, usurpazione e sentimenti...
Un destino da cambiare e una principessa da salvare.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha, Chichi/Goku
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo XV – Come incastrare una donna

 

Convincere Chichi a concedersi prima una sana colazione non era stato affatto semplice.

La ragazza aveva una fretta tremenda di parlare con Bardack e di scoprire cosa ne fosse stato di Kakaroth. Crilin non aveva avuto il coraggio di toccare l’argomento, ma sapeva perfettamente che la sua amica era innamorata di lui.

Li aveva visti baciarsi e aveva anche colto negli occhi della ragazza un profondo imbarazzo.

Ella, però, non sembrava intenzionata ad aprire quel discorso, e il modo in cui stava non troppo magistralmente evitando l’argomento aveva fatto capire al giovane guerriero che era meglio farsi gli affari propri.

 

Chichi, comunque, non aveva mangiato un granché quella mattina.

Mamanu aveva lasciato sul tavolo della sala da pranzo il ben di dio, come tutti gli altri giorni, ma sembrava che nessuno avesse fatto gli onori alla cuoca facendo colazione.

Era strano, in effetti; al ragazzo, però, non pareva proprio il caso di andarsi a preoccupare anche dell’appetito dei residenti a corte: in fondo, aveva già parecchi problemi da risolvere e, se non avesse provveduto in fretta ad affrontarli, forse per Furipan sarebbero davvero iniziati i guai.

 

«Avanti, andiamo.»

 

«Chichi, per favore. Rilassati un attimo! Dammi il tempo di bere un po’ di succo di arancia!»

 

La ragazza saettò in piedi, ignorando la supplica dell’amico.

 

«Lo berrai dopo. Dobbiamo parlare con Bardack prima che se ne vada.»

 

«Non andrà da nessuna parte. È il guerriero più forte dopo Vegeta e sicuramente rimarrà a guardia del palazzo per verificare che non ci siano strani movimenti.»

 

«Eppure, mi pare che ieri, invece che starsene qui, abbia seguito me e Goku.»

 

Crilin sospirò sconfortato.

La sua amica, ormai, aveva perso il lume della ragione e, tutto sommato, ciò che le stava accadendo era anche comprensibile. Lui per primo sapeva che bisognava parlare faccia a faccia con Bardack per capire quali intenzioni avesse, ma, chissà perché, cominciava ad avere la sensazione che non sarebbe stata una buona idea presentarsi da lui di soprassalto.

A Crilin, il generale di terza classe incuteva un certo timore reverenziale.

Lo ammirava per la discrezione, la forza fisica, l’intelligenza che aveva dimostrato di avere fin da quando aveva messo piede sulla Terra.

Era un uomo di grande equilibrio, oltre che un fenomenale guerriero e il suo modo di muoversi e di parlare lasciavano trasparire un’enorme fiducia in sé stesso.

In un certo senso, l’allievo di Muten era molto curioso di vedere come Bardack avesse preso la notizia del tradimento del figlio. Egli era la seconda personalità in ordine di importanza nella corte dei saiyan – anche se, almeno ufficialmente, tale ruolo spettava a Napa – e di sicuro il comportamento del figlio aveva messo in crisi anche la sua posizione nei confronti di Vegeta.

Crilin non sapeva esattamente cosa avrebbe voluto dirgli.

Da qualche minuto, non faceva che pensarci, ma, per quanto si sforzasse, i timori che aveva nei riguardi del generale gli impedivano di concentrarsi sui suoi ragionamenti.

L’idea più sensata sarebbe stata quella di chiedere indulgenza per tutti i guai provocati e assicurare a Bardack che presto avrebbero rimesso le mani sulle sfere del drago.

Già, ma a che pro?

In fondo, anche il padre di Kakaroth mirava a recuperarle, ma non di certo per preservarle dalla bramosia dei saiyan. Lui stesso apparteneva a quella razza ed era anche una delle personalità più in vista della corte reale.

Forse, la cosa più saggia da fare sarebbe stata semplicemente tastare il terreno e cercare di capire se Bardack sapesse che fine avesse fatto suo figlio. Crilin sapeva che il giovane saiyan sospettava di Yamcha, ma non aveva idea di dove fosse andato a cercarlo.

Come poteva, però, sperare che il generale gli rivelasse davvero le intenzioni di Goku?

Per la verità, era addirittura probabile che il saiyan fosse fuori di sé dalla rabbia e che avrebbe ucciso all’istante sia lui che Chichi non appena li avesse scorti nei suoi paraggi.

 

La principessa, però, ne frattempo si era alzata e, da sola, si stava avviando fuori dalla stanza.

 

«Ehi, aspetta! Dove stai andando così di corsa!»

 

«Lo sai dove sto andando. Vuoi aiutarmi oppure no a cercare Bardack

 

«E va bene, ma fai andare avanti me. È più sicuro!»

 

«Quante storie! Tanto, se vuole farmi fuori, lo farà con o senza di te.»

 

Crilin abbassò la testa sconsolato e si apprestò a superare la ragazza.

Ora capiva perché Kakaroth si era innamorato di lei: la bella principessina aveva la testa più dura di quella di un saiyan.

 

***

 

«Bardack, per favore, vuoi spiegarmi che cosa è successo?»

 

Lo sguardo fulminante che ricevette in risposta avrebbe terrorizzato chiunque, ma non Mamanu. La donna aveva passato gran parte della mattinata a cercare di risvegliare nel marito un briciolo di senso di responsabilità nei confronti di Furipan e della figlia, e ora, con coraggio, stava affrontando il generale Bardack.

Ella non lo temeva più di quanto non avesse paura di un moscerino.

La paura di perdere la vita non l’aveva mai scalfita da quando erano arrivati i saiyan e, tutto sommato, l’idea di sacrificarsi per le sorti di una terra alla quale si era ormai affezionata non le pareva così fuori luogo.

Era vero: nel frattempo, la moglie di Giumaho aveva finito col perdere la testa per quell’uomo estremamente affascinante e carismatico al quale ora stava cercando di carpire qualche informazione; ma ciò non toglieva affatto che lei avrebbe in ogni modo cercato di mantenere gli animi il più possibile sedati.

Il fatto, poi, di sapere effettivamente dove fossero finite le sfere del drago la metteva in una posizione scomoda e, al contempo, privilegiata. Se fosse riuscita a rientrarne in possesso prima che Kakaroth o Chichi intuissero davvero chi fosse il colpevole, forse avrebbe potuto placare un poco la situazione.

Già; ma come avrebbe giustificato di fronte ai saiyan e a suo marito il fatto che lei sapesse?

Avrebbe potuto dire la verità, certo, e confessare come Tensinhan l’avesse messa a conoscenza del suo piano; eppure, era assolutamente certa che nessuno – la principessa in primis – le avrebbe creduto.

Però, magari, Bardack qualche titubanza in merito l’avrebbe avuta.

Anche se il loro rapporto non era andato molto oltre il sesso, Mamanu sapeva quanto il generale fosse astuto e intuitivo. In fondo, se egli l’aveva risparmiata, era proprio perché conosceva la sua grande affabilità e perché la riteneva l’unica in grado di controllare gli abitanti di Furipan con le buone. Forse, lui sarebbe stato l’unico a non mettere la mano sul fuoco circa la colpevolezza della donna.

Forse.

 

Ultimamente, però, Mamanu tendeva sempre meno a fidarsi del proprio istinto.

I sensi di colpa per il tradimento nei confronti di Giumaho e il sapere che Kakaroth avesse scoperto tutto, l’avevano non poco destabilizzata. Anche se, in apparenza, ella stava cercando il più possibile di mantenere una parvenza di controllo, la bella Mamanu sapeva benissimo che la razionalità che l’aveva contraddistinta fino a pochi giorni prima stava pian piano lasciando il posto al ben più pericoloso istinto.

In fondo, l’idea di recarsi da Bardack denotava proprio una certa carenza di lucidità.

Si era intrufolata nella sua stanza da letto come faceva praticamente ogni notte ma, invece che trovarlo accoccolato sul materasso, lo aveva visto in piedi, affacciato alla finestra, con i gomiti poggiati sul davanzale.

Era furioso, ma anche pensieroso.

Nonostante si fosse accorto certamente della sua presenza, non l’aveva cacciata via, né, però, le aveva dato la soddisfazione di guardarla in faccia più di mezzo secondo.

Mamanu sapeva di essere per lui solo un sollazzo. Non si era mai illusa davvero che il potente generale di terza classe perdesse la testa per lei e, probabilmente, nemmeno avrebbe saputo reagire con raziocinio a un ipotetico evento del genere.

Tuttavia, il modo in cui la stava ignorando la infastidiva parecchio. Egli non sembrava intenzionato a prestarle ascolto, rapito da chissà quali elucubrazioni mentali, e pareva proprio che Mamanu stesse sprecando il fiato per parlare con i muri.

 

«Insomma, Bardack, non credo di meritare un simile atteggiamento da parte tua. So che è successo qualcosa. Ti prego, vuoi dirmi di che cosa si tratta? Sai che posso darti una mano, nei limiti delle mie possibilità.»

 

Il guerriero si voltò lentamente verso di lei, per poi tornare a guardare fuori dalla finestra dopo pochissimi istanti.

 

«Sono convinto anch’io di ciò che dici, Mamanu; ma, chissà perché, credo che tu sia implicata in questa faccenda più di quanto non voglia farmi credere.»

 

Le parole del guerriero giunsero taglienti alle orecchie della donna.

La sua era un’accusa senza mezzi termini, l’espressione palese della sua totale mancanza di fiducia in lei. La cosa peggiore era che Bardack, tutto sommato, aveva anche ragione, e l’idea di essere stata in qualche modo scoperta la stava facendo tremare di paura.

Paura di perderlo.

 

Dal canto suo, Bardack sapeva di aver azzardato troppo.

Il generale non aveva mai davvero dubitato della buona fede della sua amante, ma, al contempo, aveva imparato a conoscerla bene e aveva capito che se c’era qualcuno a Furipan in grado di smascherare i tranelli, quel qualcuno era proprio Mamanu.

Voleva metterla alle strette e aveva dovuto anche farlo in fretta.

In fondo, il ruolo strategico che ricopriva la moglie di Giumaho aveva fatto comodo a tutti, a Vegeta in primis, e se davvero quella donna era riuscita a controllare tanto bene la popolazione di Furipan, era assolutamente probabile che ciò fosse avvenuto perché la gente aveva fiducia in lei.

Qualche imbecille doveva pur aver parlato!

Possibile che le sfere del drago fossero sparite nel nulla senza che qualcuno avesse informato anche indirettamente i governanti di Furipan della loro scomparsa?

Se la risposta fosse stata , allora i colpevoli potevano essere soltanto Chichi e suo figlio oppure qualche altro saiyan; ma i suoi commilitoni non sapevano assolutamente come fossero fatte le sfere del drago e, con molta probabilità, nemmeno ne avevano mai sentito parlare.

A parte Napa, ovviamente.

Ma lui – e Bardack di ciò era certo – non si sarebbe mai messo contro Vegeta.

Per questo era necessario obbligare Mamanu a parlare.

Il generale sapeva che quella donna aveva a cuore molto di più la sorte di Furipan che non gli interessi del suo amante; ma, se fino al giorno prima di ciò gli importava poco o nulla, ora la situazione era precipitata in maniera inaspettata e la moglie di Giumaho, volente o nolente, avrebbe dovuto contribuire a tirare fuori dai guai sia lui che Kakaroth.

In fondo, era in gioco anche l’incolumità di Chichi.

D’accordo, quella ragazza non era sua figlia ma, per quanto tra le due donne il rapporto non fosse proprio idilliaco, Bardack sapeva che Mamanu si era affezionata a lei.

 

«Allora, Mamanu, non hai nulla da dire?»

 

Finalmente, Bardack si era preso la briga di voltarsi sul serio.

Avere gli occhi di quell’uomo puntati contro le sue iridi non le faceva poi così male. Si era abituata al suo sguardo feroce e dannatamente razionale e, forse, erano stati proprio quegli occhi a farla innamorare.

Innamorare?

Per un istante, Mamanu si sorprese dello strano pensiero che le era balenato in testa.

Mai, prima di allora, aveva ammesso con sé stessa di provare qualcosa di forte nei confronti del suo amante, e l’idea di averlo fatto proprio nell’unico momento in cui Bardack stava mettendo in discussione la sua buona fede le fece tremare impercettibilmente le membra.

Lei non voleva perderlo.

Avrebbe rinunciato a tutto, anche a quella felicità che il destino le aveva concesso facendo piombare il generale Bardack nella sua vita; ma mai avrebbe voluto perdere l’uomo che aveva risvegliato in lei il senso di libertà. A costo di farsi del male, a costo di subire le ire del saiyan, lei avrebbe fatto di tutto per tenerselo stretto.

Lo amava, anche se ancora non si sarebbe azzardata ad ammetterlo, e se il prezzo da pagare fosse stato la perdita della sua incolumità, Mamanu sarebbe stata ben felice di pagarlo.

Ma dirgli la verità, no; questo non l’avrebbe fatto mai e poi mai.

Il rischio era troppo grande e la donna, per quanto amasse Bardack, non poteva svendere sé stessa e tradire la fiducia che Giumaho aveva riposto in lei. Con quale coraggio avrebbe potuto farlo? Suo marito le era sempre stato vicino.

Sempre.

Non l’aveva mai maltrattata, non l’aveva mai costretta a fare da madre a Chichi, non l’aveva mai implicata volutamente in faccende più grandi di lei.

In queste ultime ci si era messa da sola.

I risultati, tra l’altro, si stavano rivelando pessimi.

 

«No, Bardack. Non finché non mi spiegherai esattamente cosa vuoi che ti dica.»

 

«Semplicemente, dove sono le sfere del drago

 

«E perché dovrei saperlo?»

 

«Non insultare la mia intelligenza, Mamanu. A meno che tu non voglia passare all’altro mondo in anticipo.»

 

Nel pronunciare la sua minaccia, Bardack si era avvicinato a lei di parecchio.

Il modo in cui l’uomo le si era parato davanti e lo sguardo fiero e rovente che stava mostrando erano gli stessi che il generale assumeva quando pretendeva del sesso da lei.

Trovarselo davanti a quella distanza faceva male: Mamanu sentiva la sua lucidità venir meno e aveva la sensazione che il generale stesse volutamente cercando di farla vacillare.

Oppure, per quell’uomo minacciare e fare l’amore erano più o meno la stessa cosa.

La donna si ritrovò inconsapevolmente a pensare che la seconda ipotesi le faceva più paura della prima. Se mai, prima di allora, aveva rimuginato a fondo su cosa significasse per Bardack la loro relazione, in quel momento capì di essere stata fottutamente ingenua  e poco avveduta.

D’accordo, lei sapeva benissimo che il generale non l’amava e che, probabilmente, mai avrebbe nutrito nei suoi confronti un sentimento più forte dell’indifferenza; ma, da donna adulta e matura quale sarebbe dovuta essere, quanto meno avrebbe dovuto riflettere di più prima di concedersi a lui con tanta facilità.

Per la prima volta da quando aveva intrapreso quella relazione sessuale, Mamanu cominciava a pensare di aver gestito molto male la situazione. In fondo, lui era un saiyan e lei la moglie di Giumaho; possibile che fosse stata davvero così stupida da non rifletterci prima?

E perché mai, nonostante tutto, ella desiderava con tutta sé stessa che quella dannata tresca non finisse?

Mamanu sfidò Bardack per l’ennesima volta da quando si erano conosciuti.

Si avvicinò ulteriormente a lui, anticipando ciò che l’uomo aveva in mente di fare. Lei non aveva paura del male che Bardack avrebbe potuto farle: lei temeva soltanto di perderlo e, in un modo o nell’altro, avrebbe impedito che ciò accadesse davvero.

Ma, sulle sfere del drago, doveva temporeggiare.

 

«Sei arrivato al punto di minacciarmi di morte, generale? E cosa farai dopo avermi uccisa? Non risolverai di certo il tuo problema.»

 

«Questo lo so benissimo; ma non lo risolverò nemmeno qualora tu decidessi di tenere la bocca chiusa. E allora, tanto vale che ti tolga di mezzo. Mi saresti solo d’intralcio.»

 

L’espressione di Mamanu, dopo aver udito quelle parole, era impassibile.

Eppure, Bardack sapeva benissimo di averla ferita. Egli aveva imparato a interpretare i più impercettibili cambi di umore della donna e sapeva che un silenzio da parte sua che durasse più di due secondi stava a significare turbamento. Ma, purtroppo per lei, ella era davvero troppo orgogliosa per poterlo ammettere.

Era incredibile quanto poco Mamanu si rendesse conto di essere forte.

Nessuno prima di lei, uomo o donna che fosse, aveva sostenuto con tanta padronanza di sé lo sguardo minaccioso di Bardack. E la scusa che ella non avesse nulla da perdere nemmeno reggeva più di tanto. Mamanu aveva un regno tra le mani, oltre alla sorte degli abitanti di Furipan sulla coscienza, e, per quanto la donna si autodefinisse impotente rispetto ai legittimi governanti del regno, lei stessa sapeva benissimo che in realtà le cose stavano in tutt’altro modo.

E poi, rischiava di perdere lui.

Il saiyan era cosciente di aver fatto in qualche modo breccia nel cuore della bella terrestre. Quella sciocca si era innamorata con estrema facilità, come se fosse la cosa più scontata del mondo. Egli, tutto sommato, non si era mai soffermato troppo sulla questione. Sapeva come andavano certe cose: perdere la testa per qualcuno che sembrava avere tutto ciò che si desiderava per sé stessi era una delle cose più semplici del mondo. Anche a lui era capitato da ragazzino, quando, ancora troppo giovane e debole, non poteva far altro che limitarsi a guardare come i saiyan adulti trascinavano nei corridoi delle basi militari le loro puttane.

Quante volte si era ritrovato a credere di amare una di queste?

E quale soddisfazione aveva provato quando, diventato il guerriero eccezionale che era, le donne che aveva sempre bramato gli si erano concesse con onore?

Ma tutto quell’ardore, tutta quella fame di attenzioni erano solo un’illusoria distrazione.

L’amore non era fatto per albergare nei sentimenti dei guerrieri come lui e, a riprova di ciò, si era sempre spento nel giro di pochi giorni, ammesso che lo avesse mai davvero provato.

Mamanu, purtroppo per lui, stava durando un po’ troppo.

Avrebbe dovuto sbarazzarsi di lei molto prima e rinunciare al suo corpo prima che quest’ultimo diventasse un’ossessione. Sebbene egli riuscisse perfettamente a non darlo a vedere, sapeva che ormai era troppo tardi, che quella donna si era insinuata nella sua anima in maniera troppo profonda e che ormai aveva già piantato le radici nel suo cuore.

La amava?

No, questo no.

Mai!

I saiyan non potevano amare se non per pochi istanti e nei momenti di debolezza.

Eppure, quella maledetta terrestre riusciva a far vibrare i muscoli del suo corpo come mai nessun’altra donna era riuscita a fare, nemmeno la madre dei suoi figli.

 

«Tu non lo farai, Bardack

 

Mamanu stava osando tanto, troppo.

Per la prima volta in vita sua, aveva deciso di lottare per qualcosa e contro qualcuno.

Peccato che quel qualcuno fosse un pericoloso guerriero e che, oltretutto, lei ne era innamorata.

La donna si ritrovò a credere che, evidentemente, il destino per lei non aveva previsto la felicità. E se davvero le cose stavano così, ella avrebbe affrontato a testa alta anche il fato.

 

«Ah, no?»

 

Bardack le mise la mani al collo.

Temporeggiò qualche secondo prima di decidere cosa fare esattamente.

Avrebbe dovuto strangolarla senza pensarci troppo; invece preferì spingerla a letto e poi sovrastare il corpo della donna con il suo.

I loro occhi erano a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, e lo erano anche le loro bocche.

Come ogni volta, ogni fottuta volta, avere quella donna inerme sotto di sé lo stava facendo eccitare. Bardack sentiva la sua erezione crescere e avvertiva gli spasmi del cuore di Mamanu.

 

«Non sfidarmi, sciocca. Ti farai male, dovresti saperlo.»

 

In risposta, la donna portò le mani tra i capelli del guerriero e sorrise beffarda all’ennesima minaccia del saiyan. Era quello che voleva.

Bardack era ciò che ella aveva sempre desiderato e, nonostante sapesse quanto quella relazione fosse rischiosa per la sua incolumità, lei sarebbe andata fino in fondo e avrebbe risolto tutto, anche la faccenda delle sfere del drago.

Sì, ce l’avrebbe fatta, in un modo o nell’altro.

 

«Non ho paura di ciò che potresti farmi, Bardack. Ho paura di perderti.»

 

Quelle parole fecero impercettibilmente sussultare il guerriero.

Alla fine, Mamanu ci era riuscita. La bella terrestre aveva tirato fuori completamente tutto il suo spregiudicato coraggio e aveva anteposto, forse per la prima volta in vita sua, i propri sentimenti alla discrezione.

Gli aveva lasciato una dichiarazione in piena regola e lo aveva fatto pur sapendo il rischio che avrebbe potuto correre.

Di sicuro, lei era la donna più coraggiosa con cui avesse mai fatto sesso; peccato che ella stessa non se ne rendesse conto. Come avrebbe dovuto reagire il generale a quelle parole?

Bardack era consapevole di essere un uomo interessante agli occhi di una donna. Egli non era un idiota e sapeva che la sua figura suscitava fantasie erotiche in tantissime femmine. Che qualcuna, però, osasse dirgli apertamente di volerlo non era mai capitato.

Quale pazza avrebbe azzardato tanto?

Nella società da cui egli proveniva non funzionava di certo così. Le donne non dovevano permettersi il lusso di esternare i loro sogni proibiti poiché il loro compito non era quello di realizzarsi come persone ma soltanto sfornare dei marmocchi.

Tutt’al più, se se la cavano discretamente, potevano ambire a intraprendere una carriera militare di buon livello. Ma, quello di perdere un uomo era un rischio che avrebbero dovuto correre sempre e solo tenendo la bocca tappata.

Chi era Mamanu per permettersi di dire una cosa del genere senza subirne le conseguenze?

Ovviamente – e questo Bardack lo sapeva benissimo – colei che, con le proprie abilità oratorie, avrebbe tolto dai guai sia lui che Kakaroth.

 

Il generale non rispose alle parole di Mamanu.

Si limitò a chiudere gli occhi per qualche istante e a sospirare, quasi rassegnato.

Ella, nel frattempo, aveva preso ad accarezzargli la testa e, pian piano, era scivolata con le mani lungo il suo petto.

Voleva denudarlo.

Voleva che lui la possedesse.

Di nuovo.

Come sempre.

Voleva sentire dentro di sé il calore del suo membro e voleva provare per l’ennesima volta l’ebbrezza di essere violata dall’uomo più potente e affascinante che avesse mai incontrato.

 

Egli avrebbe dovuto alzarsi da lì e lasciarla in balia di sé stessa e dei suoi malsani propositi. Cedere ai desideri di quella donna avrebbe significato sottomettersi a lei. I saiyan non facevano sesso per soddisfare le loro donne: no; loro lo facevano per sé stessi, solo ed esclusivamente per sé stessi.

Eppure, il richiamo di Mamanu era troppo forte e la sua mente, tanto quanto il suo corpo, bramavano di possederla.

 

«Non vuoi, Bardack? Perché non…»

 

«Sta’ zitta.»

 

Con una falcata, il saiyan tirò via alla sua amante la veste che portava indosso e immediatamente si fiondò sulla bocca di lei. Baciarla gli piaceva, così come apprezzava le carezze di Mamanu e i tentativi di lei di privarlo della sua divisa da combattimento.

Dovette aiutarla, ovviamente.

Il guerriero sciolse il bacio che li teneva avvinghiati e si spogliò degli abiti che portava.

Poi la afferrò per il bacino, le tolse gli indumenti intimi e la portò sopra di sé, lasciandole per la prima volta la possibilità di condurre il gioco.

Quella mossa l’aveva spiazzata.

Lei non era abituata a stare sopra e mai si sarebbe aspettata che Bardack le concedesse una cosa del genere, fiero e dominatore com’era.

Lo sguardo sgomento della donna fece ridere di gusto il saiyan.

 

«Che c’è? Non dirmi che adesso non sai cosa fare! Mi deludi, Mamanu»

 

Ella rispose con uno sguardo stizzito.

Bardack era seduto sul letto e lei era a cavallo delle sue gambe. Guardava con ammirazione e un briciolo di rabbia lo sguardo strafottente che il saiyan le stava elargendo.

Lo amava – e quanto lo amava! – e in quel dannato momento, nonostante la provocazione dell’uomo, ella avrebbe fatto di tutto pur di non lasciarsi sfuggire l’occasione di fare sesso con lui e, soprattutto, di farlo da un’altra prospettiva.

Seguì il suo istinto e si posizionò in modo da accogliere dentro di sé il membro dell’uomo. Costui sorrise di rimando.

 

«Non sono una che si tira indietro di fronte alle sfide, sappilo.»

 

«Già» sussurrò il saiyan all’orecchio della donna «peccato che tu abbia cominciato a farlo troppo tardi.»

 

Mamanu si muoveva sopra il suo amante con un certa disinvoltura, nonostante quell’insolita posizione la mettesse piuttosto in imbarazzo. Non le era mai capitato prima di allora di condurre il gioco. Non lo aveva mai fatto né con Bardack, né con gli altri uomini che aveva avuto.

Era questo che il guerriero voleva da lei?

Il generale le stava implicitamente chiedendo di prendere definitivamente in mano la situazione?

Ella non volle rimuginare più di tanto su quei pensieri, preferendo abbandonarsi completamente ai baci e alle carezze che Bardack le stava concedendo.

Paradossalmente, sebbene avesse dovuto temerle, ella si sentiva protetta tra le calde braccia di Bardack e in quel momento aveva quasi la certezza che quel saiyan fosse la cosa più bella mai capitatale in vita sua.

 

Ma l’uomo, improvvisamente, sgranò gli occhi, smise di baciarla e la staccò di forza dal suo corpo scaraventandola sul letto.

 

«Rivestiti immediatamente.»

 

«Cosa… Bardack, io non…»

 

«Rivestiti, ho detto! Fa’ in fretta» proferì il guerriero mentre, a sua volta si sbrigò a recuperare la propria divisa.

 

«Ma che cosa… Che cosa ho fatto, Bard…»

 

In quel momento, Mamanu li sentì.

Erano dei passi, fuori dalla sua stanza.

Qualcuno stava percorrendo il corridoio e aveva tutta l’aria di dirigersi verso la camera del generale.

 

***

 

«Chichi, è una pessima idea, credimi.»

 

«Piantala, stai iniziando a diventare noioso!»

 

«Ragiona, accidenti! Non puoi fiondarti nella sua stanza! Insomma, se qualcuno entrasse nella tua senza preavviso…»

 

«Non mi pare che questa sia la situazione adatta per farsi venire qualche scrupolo, Crilin

 

La principessa stava camminando a passo svelto verso il suo obiettivo.

Avevano cercato in tutto il palazzo, ma di Bardack non c’era traccia. Dove poteva essersi cacciato il padre di Kakaroth?

Possibile che avesse davvero lasciato la corte?

Chichi, per la verità, non si sarebbe stupita affatto di una cosa del genere: per quanto ne sapeva lei, era molto probabile che il generale avesse deciso, anche indirettamente, di dare una mano a Goku nella ricerca delle sfere del drago.

In fondo, in due avrebbero avuto maggiori probabilità di trovarle.

Tuttavia, c’era ancora un luogo in cui i due terrestri non avevano controllato, e quel luogo era la camera del saiyan. A Chichi, in realtà, pareva strano che l’uomo stesse ancora oziando lì dentro; tuttavia, prima di andarlo a cercare altrove, sarebbe stato meglio perlustrare per bene tutte le stanze.

Compresa la sua.

 

Crilin, dal canto suo, aveva tentato con ogni mezzo di fermarla.

Sarebbe stata una catastrofe se la sua amica avesse davvero aperto quella porta.

Ormai erano lì, a pochi passi dalla meta della ragazza, e più il povero Crilin cercava di dissuaderla dal proseguire, più la principessa accelerava il passo.

Gran bel guaio, quello.

Il ragazzo tremava di paura e di imbarazzo.

Lui se ne era accorto, accidenti!

Anche se l’aura di Mamanu era incredibilmente debole, egli, trovandosi a pochi metri di distanza da quella maledetta camera, aveva per un attimo avvertito la sua presenza.

Crilin non volle pensare a cosa stesse facendo lì dentro la moglie di Giumaho.

Aver colto sul fatto Chichi e Kakaroth lo aveva già destabilizzato abbastanza e l’idea che ciò potesse ripetersi anche con Mamanu e Bardack lo faceva letteralmente rabbrividire.

Tanto più che egli non aveva sospettato nulla fino a quel momento e che, se davvero ci fosse stato qualcosa tra l’odiata matrigna di Chichi e il potente generale di terza classe, il povero terrestre e tutti gli abitanti di Furipan avrebbero dovuto definitivamente dire addio a ogni speranza di rimettere a posto le cose.

No, accidenti!

Non dovevano entrare lì dentro!

Da quando erano arrivati i saiyan, l’allievo di Muten era stato travolto dalla sfortuna. Pur senza volerlo, si era ritrovato invischiato in faccende che, teoricamente, avrebbero dovuto essergli estranee e aveva rischiato la pelle già una volta solo per aver involontariamente sorpreso Chichi e Kakaroth a baciarsi. L’ex protettore, comunque, lo aveva risparmiato.

Ma Bardack sarebbe stato altrettanto clemente?

E, soprattutto, lui e Mamanu si stavano limitando a un semplice bacio?

 

La principessa, intanto, era giunta a destinazione, e aveva afferrato la maniglia della porta.

 

«Chichi, ti scongiuro. Lascia perdere!» piagnucolò il ragazzo bloccando il tentativo dell’amica di aprire.

 

«Quante paranoie, Crilin! Io voglio sapere cosa ne è stato di Goku e intendo andare fino in fondo!»

 

«Che diavolo ti costa aspettare che Bardack scenda… Scenda a fare colazione? Dai, andiamo giù. Prima o poi verrà in sala da pranzo!»

 

«Tu hai qualche serio problema, credimi. E adesso, lasciami aprire questa dann…»

 

Le parole di Chichi furono interrotte di colpo.

Il saiyan li aveva preceduti.

Bardack aveva inaspettatamente spalancato la porta della sua camera, trovandosi di fronte un’infuriata Chichi e un terrorizzato Crilin.

Era fatta, ora erano entrambi fottuti.

Il terrestre prese a tremare nel constatare lo sguardo furente del guerriero.

L’avevano fatta grossa, questo era certo, e probabilmente le ire di Bardack sarebbero state ben peggiori delle sue stesse previsioni.

 

«Che diavolo volete voi due?»

 

«Voglio sapere dove si trova Kakaroth. Non ho paura di te, è chiaro? Non so cosa ti abbia raccontato tuo figlio ieri, ma non ho alcun problema a dirti la verità, basta che mi riveli dove diavolo si è cacciat… Ehi, ma…»

 

Crilin indietreggiò di qualche passo e si portò una mano sul volto, come a voler celare alla propria vista ciò che stava accadendo.

Chichi l’aveva vista.

Si era accorta di Mamanu, in piedi accanto alla finestra della stanza.

 

«E tu che cosa… Che cosa ci fai qui?»

 

La principessa aveva pronunciato quelle parole in un sussurro.

Non voleva crederci; non poteva crederci.

Il suo cervello faticava a trovare una risposta alla domanda che ella stessa aveva posto.

Bardack e… Mamanu?

Insieme?

La moglie di suo padre nella camera del generale in persona?

No, quello doveva essere un incubo.

D’accordo, la donna aveva gli abiti indosso ed era in piedi; ma si trovava comunque , in quella dannatissima stanza.

Se avesse potuto, Chichi l’avrebbe uccisa all’istante.

Perché avere pietà di lei, in fondo?

Già prima la detestava, e ora… Ora nel suo corpo non ribolliva altro che la rabbia.

 

«Chichi, sta’ calma, per favore» disse Crilin, cercando ti trattenerla per un braccio.

 

«Lasciami immediatamente!»

 

«Ah, questa poi! Smettetela entrambi di fare i babbei! O preferite che vi zittisca con le maniere forti?»

 

Bardack, tutto sommato, aveva parlato con estrema tranquillità.

Sembrava che il fatto di essere stato sorpreso con Mamanu non lo avesse minimamente turbato.

Probabilmente, era davvero così.

In fondo, egli era un guerriero, uno di quei personaggi che, in cima alle loro preoccupazioni, avevano tutt’altro che qualche tresca amorosa.

Crilin cercava di supplicare pietà con lo sguardo, mentre tratteneva Chichi.

La ragazza era ancora incredula e i toni del generale l’avevano mandata ancora di più in confusione.

 

«Non c’è bisogno, Bardack. Per favore! Io e la principessa volevamo solo parlarti, ma… Be’, ecco…»

 

L’evidente rossore che si tinse sulle gote del terrestre suscitarono nel saiyan una smorfia di disgusto.

Questa poi!

Come se a lui importasse qualcosa di essere stato quasi sorpreso.

Quasi, appunto.

Perché il generale, fortunatamente, si era accorto in tempo del loro arrivo.

Tutto sommato, quello era stato un gran bel colpo di fortuna.

Se avesse giocato al meglio la sua carta, le cose sarebbero potute andare di gran lunga meglio rispetto alle più rosee previsioni.

 

«Se cercate mio figlio, non so dove sia. Per tutto il resto, se ne può discutere.»

 

Sul volto del guerriero si delineò un mezzo sorriso sghembo.

Poi, fece cenno ai due terrestri di seguirli.

 

«Entrate, avanti. Non mi pare il caso di sbraitare in corridoio.»

 

Sia Chichi che Crilin erano sgomenti.

Si trattava forse di una trappola?

Il ragazzo non aveva la benché minima intenzione di entrare in quella stanza, ma sapeva di non avere alternative. La sua amica, oltretutto, non sembrava essersi soffermata molto sull’ipotesi tranello, tanto che, dopo un primo momento di sbigottimento, aveva accettato l’invito del generale e si era precipitata in camera.

Per picchiare Mamanu, però.

Bardack l’aveva fermata in tempo afferrandola per la tunica e sbattendola a terra.

 

«Che diavolo stavi tentando di fare, ragazzina?»

 

«Quello che farei anche a te se non fossi così forte. Ucciderla, con le mie stesse mani!»

 

«Oh, certo, che idiozia! Cerca di rilassarti invece, sciocca!»

 

«Non ti permettere di…»

 

Bardack le si parò davanti con aria minacciosa.

Aveva lo sguardo serio, terribilmente serio. Il modo in cui la stava guardando la zittì all’istante. I suoi occhi le ricordavano in maniera impressionante quelli di Kakaroth. In fondo, quell’uomo era suo padre e, purtroppo per lei, pochi istanti prima aveva dimenticato quel particolare.

 

«Ti ho detto di non sbraitare. Abbassa la voce! Ricordati che Napa e Vegeta sono nei dintorni. Se ci scoprissero adesso sarebbe la fine, per te, per il tuo fottuto regno e per quell’incapace di mio figlio.»

 

Crilin entrò in fretta nella stanza e si frappose tra Bardack e Chichi.

 

«D’accordo, senti. Lascia stare la principessa e discuti con me. Cosa significa quel se ci scoprissero? Ascolta, non sono un idiota come potrebbe sembrare a prima vista e so per certo che io e te abbiamo degli obbiettivi molto diversi, quindi, per favore, non mi prendere in giro.»

 

«Non ti do torto: sicuramente ambiamo a cose incompatibili. Però, mi pare che abbiamo entrambi lo stesso problema, giusto? State o non state cercando le sfere del drago che Kakaroth e la custode si sono lasciati fregare?»

 

«Certo che sì. Ma io non direi che Chichi e Goku se le sono lasciate freg…»

 

«I dettagli non mi interessano. Chiudi quella dannata porta e ascoltami. Mamanu sa chi le ha prese.»

 

Bardack si voltò con fare sprezzante verso la sua incredula amante.

 

«Avanti, dillo anche a loro.»

 

La moglie di Giumaho trattenne a stento l’impulso di accasciarsi a terra e di piangere.

Era stata colta quasi sul fatto e Chichi non gliel’avrebbe fatta passare liscia.

Ma la cosa peggiore era che Bardack aveva meschinamente approfittato della situazione per metterla alle strette.

Il generale, l’uomo più attraente, furbo e pericoloso che avesse mai incontrato le stava offrendo su un piatto d’argento la possibilità di giustificare la sua presenza lì dentro; ma lo aveva fatto estorcendole una confessione che non avrebbe mai potuto carpire in nessun altro modo.

L’aveva incastrata.

 

***

 

Yamcha, Tensinhan e Jaozi erano ormai concordi nel voler lasciare l’isola di Muten.

Rimanere lì ancora per molto sarebbe stato un enorme rischio. Tutti e tre sapevano benissimo che Kakaroth era in grado di percepire le loro aure e, benché fossero stati particolarmente attenti nell’azzerarle, era probabile che comunque il saiyan avesse captato qualcosa.

 

Tensinhan, oltretutto, aveva il fardello delle sfere del drago.

Ne aveva momentaneamente nascoste sei nella foresta di Furipan, mentre una l’aveva portata nella stanza di Muten. Come fortezze, erano tutt’altro che inespugnabili.

Cercando con un minimo di attenzione, chiunque avrebbe potuto trovarle, soprattutto quelle che erano nella boscaglia.

E se le avesse consegnate a Mamanu?

Quell’idea, a dire il vero, non gli sembrava poi tanto inopportuna.

La moglie di Giumaho era insospettabile, tuttavia rimaneva il forte rischio che ella le restituisse ai legittimi proprietari.

Egli doveva scongiurare in tutti i modi un simile evento.

Cosa ne sarebbe stato del suo sogno di gloria?

Certo, se non avesse scoperto il segreto per attivare le sfere, non avrebbe comunque concluso nulla; ma Tensinhan era ormai a buon punto e fare un passo falso in quel momento gli sarebbe costato davvero caro.

 

Una forte folata di vento e il rumore sordo di un pugno lo distrassero dai suoi pensieri.

Il ragazzo si voltò e vide a terra la sagoma di Yamcha.

 

«Ma che diavolo…»

 

Le parole gli morirono in gola quando, a fianco a sé, scorse la figura di Kakaroth.

 

«E tu da dove salti fuori?»

 

«Levati di mezzo, Tensinhan, o come diavolo ti chiami. È il tuo amico che mi interessa, non tu.»

 

CONTINUA

 

Angolo dell’autrice

Ce l’ho fatta! Ho terminato anche questo capitolo! *momento felicità: ON*

Vi avevo promesso che Mamanu e Bardack sarebbero tornati e, be’… eccoli qui. Ho faticato da morire per non sfociare nel rating rosso – e non sono nemmeno certa di esserci riuscita in pieno! – ma questi due mi piacciono troppo e, soprattutto, mi piace il padre di Goku. Anche in questo capitolo ho lasciato molto spazio all’introspezione dei personaggi. Mamanu è alle prese con la realtà dei fatti e, probabilmente, è stata colta di sorpresa più di quanto non si sarebbe aspettata. Le accuse di Bardack l’hanno spiazzata ma, al contempo, hanno contribuito a tirare fuori il suo carattere.

Per quanto riguarda l’ingresso in scena di Chichi e Crilin… Ok, lo so, sono davvero perfida nei confronti di questo povero ragazzo! Tocca sempre a lui scoprire gli arcani! Però mi piace troppo: è talmente pudico e buono di cuore che mi pare il personaggio perfetto per queste situazioni tragicomiche. Bardack ha tentato di salvare il salvabile sfoderando l’arma sfere del drago. In realtà, lo ha fatto più per costringere Mamanu a parlare che non per occultare la sua relazione con quest’ultima; però, così facendo, ha di fatto incastrato la donna.

Kakaroth ha finalmente trovato Yamcha! Riuscirà a scoprire che non è lui il colpevole prima di spedirlo all’altro mondo?

Chi lo sa!

Nel frattempo, vi ringrazio di cuore come sempre per il sostegno che mi date.

Vi adoro, tutti quanti!

 

9dolina0

 

 

Avviso!

 

Come sapete, si sta avvicinando il Natale. Ebbene, ho scoperto con enorme piacere che potrò trascorrere le vacanze in Italia, con la mia famiglia. Inizialmente, temevo che ciò non fosse possibile, ma, per fortuna, mi son dovuta ricredere.

Ciò significa, però, che per tutta la durata del mio soggiorno in Italia non pubblicherò alcun aggiornamento. Lo so, è pessimo da parte mia; ma voglio godermi appieno questa quindicina di giorni e dedicarmi ai miei parenti, ai miei amici, e a tutte le cose che ho lasciato in sospeso trasferendomi all’estero.

Spero comprendiate!

Il prossimo aggiornamento sarà il 7 gennaio.

A presto e…

 

 

Buon Natale!

   
 
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