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Autore: porcelain heart    17/12/2014    4 recensioni
Ci sono dei brevi momenti di lucida malinconia in cui mi chiedo dove sarei, adesso, e che genere di persona sarei se – quasi quattro anni fa, io non avessi avuto l'immensa fortuna di vivere quello che in molti considerano un sogno irrealizzabile. Sarei ancora io? I miei occhi sarebbero della stessa sfumatura di castano, e la mia pelle della stessa pallida limpidezza? Al di là dei costosi vestiti che sicuramente non indosserei, e delle persone che ovviamente non conoscerei, sarei ancora la stessa ragazza? Crederei ancora in qualcosa, o sarei soltanto l'ennesima che – insieme alla speranza, ha peso perfino il coraggio di tentare?
seguito di "something I can't stop.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il sole, ormai destinato a tramontare nel giro di pochi minuti, screziava il cielo cupo, donando ai pesanti nuvoloni grigiastri delle venature rossastre e dorate, che si confondevano poi nella pesante aria rarefatta di città. L'euforia natalizia aleggiava tra i sorrisi tirati dei passanti che affollavano le strade di Londra, in quel pomeriggio di dicembre, rivelando un'ipocrisia di fondo nella forzata festività che pareva quasi imposta loro dai giochi di luce e dalle decorazioni cui erano state addobbate le principali arterie d'asfalto. La pioggia, riversatasi copiosa durante la notte, aveva lasciato una sorta di tregua agli abitanti della capitale, permettendo loro di dedicarsi agli ultimi acquisti prima dell'inizio delle feste, quasi come a voler contribuire in qualche modo al regolare svolgimento della serie di eventi che si sarebbero sviluppati fino al giorno di Capodanno. Il traffico, al contrario, opprimeva le strade centrali, e decine di auto se ne rimanevano incolonnate, e pressoché immobili. 
Tra queste, una Mini Cooper color blu notte se ne stava incastrata tra altre due utilitarie, in attesa di poter svoltare sulla sinistra all'incrocio ad appena cento metri dal punto in cui si trovava; al suo interno, una ragazza dai lunghi capelli castani tamburellava le esili dita della mano destra sul volante, mentre un'altra – al suo fianco, osservava distrattamente il paesaggio fuori dal finestrino, perdendosi tra le fronde degli alberi che costeggiavano la strada, dando l'impressione di accarezzare le nuvole, in uno strano gioco di equilibri. In sottofondo, la voce graffiante di Sky Ferreira in un certo senso si proponeva come colonna sonora di quell'infinita giornata trascorsa insieme, tra negozi e regali da acquistare all'ultimo minuto; avevano chiacchierato, ed anche riso, ma nessuna delle due aveva ancor avuto il coraggio di trattare l'argomento che più di tutti le aveva portate a concedersi un po' di tempo da trascorrere insieme. July aveva tentato un paio di volte di comprendere, di sentire quella storia raccontata per una volta guardando l'amica negli occhi, ma al solo sentir nominare il ragazzo, lo sguardo di Daphne si velava di una sorta di palpabile tristezza, che la trascinava verso l'ammutolimento, e la disconessione dalla realtà. Per questo, quando finalmente scattò il verde, fu quasi un sollievo per entrambe riuscire a divincolarsi nel traffico, spostandosi su un percorso alternativo e più scorrevole, che in un certo senso ostacolava il permearsi di quel pesante silenzio.
"Non credi sia assurdo quanto in fretta riescano a cambiare certe situazioni?" Domandò d'improvviso la ragazza al volante, spostando la mano sinistra sulla leva del cambio, e scalando la marcia. "Un istante sei talmente felice che senti il cuore scoppiarti di gioia, e quello dopo ti rendi conto di aver stretto tra le mani soltanto polvere, illudendoti che fossero stelle."
July si voltò verso di lei, sorpresa da quelle parole; schiuse le labbra, presa totalmente alla sprovvista, cogliendo in quella semplice considerazione un malessere che aveva pregato non avesse ancora afflitto la relazione tra i due. "Si risolverà tutto, in un modo o nell'altro." Sospirò, passandosi una mano tra i capelli castani. "Non puoi davvero credere che tutto ciò che avete costruito sia improvvisamente andato distrutto, è.. impensabile, D."
La riproduzione casuale lasciò che fosse Lorde a sostenere il peso di quella conversazione, mentre l'auto si fermava sotto casa di Harry, dove July si era ormai trasferita da qualche mese. "Tu ed Harry avete una storia che ha attraversato gli anni; lo conosci più di quanto chiunque potrebbe mai arrivare a desiderare, e sai che qualunque cosa accadrà, lui tornerà sempre da te." Portò lo sguardo nel suo, con una tenerezza a render miele il sorriso. "Quello che è accaduto tra me e Niall è solo una casualità, un imprevisto: per qualche motivo a me sconosciuto, lui rimane sempre al di là di un muro invisibile, ed io non riesco a raggiungerlo." Confessò, abbassando appena il capo, intimorita dalla sua stessa consapevolezza; subito dopo si sporse appena in avanti, osservando la finestra della cucina, dietro la quale scorse Harry. Lo salutò con un cenno della mano, rivolgendosi di nuovo alla ragazza. "Non farlo aspettare." Suggerì, aprendo il portabagagli dall'interno, grazie ad una leva posta poco sotto il volante, ed attendendo poi che la ragazza recuperasse le proprie buste, con gli acquisti della giornata. Le sorrise, guardandola allontanarsi ed assicurandosi che superasse l'uscio della porta principale – a quel punto, ingranò la retromarcia e fece manovra, immettendosi nuovamente nel traffico, stavolta diretta verso casa di Niall, dove viveva ormai da sola da giorni. Sapeva che avrebbe dovuto semplicemente recuperare i propri averi ed andar via, ma non riusciva a rassegnarsi all'idea di fuggire come una codarda; l'avrebbe fatto, prima o poi sarebbe scomparsa, ma avrebbe atteso almeno di rivederlo un'ultima volta. In fondo, si ripeteva, meritava almeno questo. 

Infilò la chiave nella serratura, dopo aver maldestramente frugato nella borsa nera che era ormai scivolata fino al gomito, con l'intenzione di dare due mandate in senso antiorario e poter avere accesso all'appartamento ma, con sua immensa sorpresa, le bastò compiere mezzo giro di chiave perchè la porta si sbloccasse. Il sangue le si gelò nelle vene, mentre varcava l'uscio e lo sguardo si posava sulle tre luci dell'allarme, verdi anziché rosse; lasciò scivolare le buste sul pavimento dell'ingresso, avanzando poi quasi timorosa, raggiungendo la cucina – vuota. Il leggero rumore delle converse bianche che calpestavano il parquet scuro si confondeva con il respiro della ragazza, leggermente accelerato a causa del proprio nervosismo e dell'adrenalina che aveva preso a pulsarle nelle vene, quasi come fosse veleno. "Avrei preferito non trovare più nulla di tuo, Daphne." La voce di Niall echeggiò nel soggiorno, atona ed imperturbabile, colpendo la ragazza quasi come uno schiaffo in pieno viso, bruciandole la pelle candida; si fermò, quasi paralizzandosi, congiungendo le mani all'altezza dell'addome ed abbassando il capo, vittima di quel rimprovero. 
"Niall, io.." Cercò di articolare, fissando le proprie dita che si muovevano nervosamente. "..sei stato via una settimana, non ti sei fatto neanche sentire." Boccheggiò, trovando il coraggio di alzare nuovamente lo sguardo su di lui che, seduto sul divano con un braccio sopra lo schienale, la guardava, un'espressione severa a contrargli i lineamenti del volto. "Dove sei stato, cos'hai fatto?" Le domande scivolavano fuori dalle labbra pallide della ragazza, che tentava in ogni modo di comprendere, di sapere, di scrollarsi via di dosso l'ingombrante paranoia che le aveva tolto il sonno ogni notte, ad ogni squillo a vuoto del cellulare, ad ogni messaggio visualizzato ed ignorato. 
"Credevo di essere stato abbastanza chiaro al riguardo, no?" Il ragazzo increspò le labbra in un leggero sorrisetto amareggiato, abbassando appena il capo. "Nulla di quello che posso o non posso aver fatto ti riguarda direttamente – o hai talmente bisogno di controllarmi, da non poterti arrendere all'idea che tra noi è finita?" 
Quelle parole affondarono tra le viscere di Daphne, che sentì mancare il respiro quasi d'improvviso; si portò una mano sull'addome, costretta quasi a subire quel colpo emotivo quasi come fosse fisico. "Non farmi questo, te ne prego.." Sussurrò, a fil di voce. Avanzò, nonostante il rifiuto del ragazzo, raggiungendolo e fermandosi in piedi davanti a lui. "Tu non.. non puoi dirmi così." 
Niall si alzò, superando così in altezza di qualche centimetro quella che fino a pochi giorni prima era l'amore della sua vita; attese qualche istante, prima di poggiare delicatamente la mano sotto l'orecchio della ragazza, accarezzandole la guancia con il pollice. "Non posso perchè mi ami, giusto?" Si lasciò sfuggire un impercettibile ghigno, prima di scuotere la testa. "Non posso perchè non sopporteresti l'idea di dover tornare alla vita che conducevi prima di conoscermi?"
"Non guardarmi così." Riuscì a rispondere la ragazza, in realtà intrappolata dalla presa del ragazzo, sostenendo quegli occhi d'un azzurro improvvisamente cupo, come un cielo in tempesta. "Non guardarmi come se non significassi niente per te – non osare provar pena per questa stupida ragazza che, nonostante tutto, ha ancora il coraggio di credere che tu sia diverso." Sibilò, rendendosi conto che qualcosa tra loro doveva essersi incrinato, minando l'armonia che invece aveva caratterizzato la loro idilliaca relazione negli ultimi due anni. "So chi sei, Niall. So quanto sei diverso da come ti poni in pubblico, e quanto tu possa essere perverso, e cinico – ho imparato a distinguere la persona dal personaggio ben prima che tu ti sforzassi di impegnarti in questa relazione." Sorrise, piegando il capo da un lato. "So che hai un gran cuore, ma so anche cosa saresti disposto a fare per uscire vincitore da tutte quelle situazioni che interpreti come una sfida.." Le dita del ragazzo affondarono sulle pelle di Daphne, che si abbandonò per un istante ad una smorfia di dolore. "..e nonostante tutto, ho scelto di amarti. Quindi risparmiami la pietà, e conservala per chi ancora crede che tutto ciò che ti riguarda possa davvero luccicare." Le parole vennero scoccate velenosamente, impregnate di una rabbia antica; forse, quel muro, la ragazza l'aveva abbattuto mesi fa, ma aveva continuato a nascondersi dietro le macerie per paura di ciò che aveva trovato al di là.
Colpito, sorpreso e stupefatto da quella rivelazione che aveva ormai perso ogni sfumatura di dorato splendore, il ragazzo non poté fare a meno che schiudere le labbra, in cerca di parole che potessero ribattere a quelle accuse. "E' questo quello che pensi di me, quindi? Mi ritieni una persona così doppiogiochista?" 
"Non sei doppiogiochista – sei solo umano." Si limitò a rispondere, portando le dita intorno al polso del ragazzo, cercando di rendere meno invasiva la sua presa sul proprio capo, inutilmente. "Sei umano, e vorrei che tu accettassi l'idea di non essere infallibile."
Il ragazzo si inumidì le labbra, rivolgendole uno sguardo indecifrabile; i loro volti erano talmente vicini che poteva distinguere il ritmo del respiro di Daphne sulla propria pelle, e scandire il battito del suo cuore, che adesso pompava sangue all'impazzata. Sembrava in un certo spaventata, ed al contempo sul piede di guerra – nessuno dei due era intenzionato a retrocedere di un passo, e questo rendeva quel confronto vano, eppure necessario, per quanto sembrasse paradossale. "Che cosa vuoi da me, Daphne?" Domandò infine, riducendo gli occhi in due fessure, cercando quasi di studiarla, di interpretare l'impercettibile movimento delle sue ciglia scure, ed il fremere delle sue labbra. 
"Voglio che tu mi dia la possibilità di amarti, Niall – e di raggiungerti." Sospirò. "Voglio che il tuo unico pensiero, quando sarai ubriaco e dall'altra parte del mondo, sia poter tornare a casa da me." Si inumidì le labbra, confusa. "Voglio che tu mi dimostri che – in qualche modo, tu tieni ancora a me."
Non rispose, decidendo in quell'istante di dover porre fine a tutto prima che lei riuscisse ancora una volta a dimostrargli che immenso errore fosse tentare di vivere lontani. Le sue mani si spostarono sui fianchi della ragazza, oltre il tessuto della camicia che indossava, a sfiorarne la pelle tesa; le dita, agili ed esperte, presero a disegnare invisibili costellazioni sul suo addome, appena sotto l'ombelico – al contempo, i suoi occhi chiari la tenevano inchiodata, impedendole di scostarsi o anche solo di compiere un qualunque movimento che esprimesse il suo rifiuto. Chinò il capo sul collo lasciato nudo dai capelli raccolti sulla nuca, schiudendo le labbra sulla giugulare pulsante della ragazza; la tirò a sé, con una leggera pressione esercitata sulla schiena dalla mano destra spostatasi tra le fossette di Venere, facendo aderire il proprio corpo al suo. Daphne poggiò una mano sul petto del ragazzo, provando il desiderio contraddittorio di respingerlo ed al contempo di tenerlo a sé, consapevole che quella distrazione non sarebbe stata sufficiente per rimettere in ordine i pezzi di ciò che avevano appena mandato in frantumi – ma non ne ebbe il coraggio, e si ritrovò a sospirare piano quando i bottoncini della sua camicia vennero schiusi uno alla volta, metodicamente, ed il suo corpo si ritrovò libero di quel tessuto, rabbrividendo appena sotto il suo tocco. Il ragazzo si chinò appena sulle ginocchia, prendendola di peso e portandola con sé nella camera da letto, la cui porta era stata lasciata aperta quella stessa mattina. La depositò sul letto, e la raggiunse, in ginocchio accanto a lei; le labbra sottili si sciolsero in una serie di schiocchi sulla clavicola destra, mentre i jeans raggiungevano il pavimento, lasciando quella creatura improvvisamente indifesa tra le lenzuola, fiocamente illuminata dalla luce proveniente dalla finestra alla loro destra. Si riservò un istante per osservarla, impassibile, e si rese conto di non provare nulla, di sentire solamente l'eccitazione defluire tra le proprie gambe ma nulla a convincerlo che potesse valerne ancora la pena; non le permise di spogliarlo, ma lui stesso si abbassò i jeans neri che indossava, fin sotto al ginocchio, quel tanto che bastava per lasciargli possibilità di movimento. Si insinuò in lei, puntando i palmi delle mani sul letto, ai lati della sua testa, mantenendo lo sguardo altrove, perso tra pensieri più intimi del contatto che stavano avendo. Daphne, per la prima volta dopo parecchio tempo, avvertì un dolore lancinante nelle viscere, causato dal modo in cui il ragazzo era scivolato in lei, quasi senza curarsene; portò una mano sulla sua guancia, costringendolo a guardarla ma, quando incrociò il suo sguardo, non poté ignorare le lacrime che le riempirono gli occhi: lui era lì, ma era in mille altri posti contemporaneamente – perso tra le amanti di luoghi lontani, ed il desiderio di un contatto fisico che prescindeva ormai la sua presenza. La ragazza distolse lo sguardo, voltando il capo e lasciando che fossero le assi del pavimento la sua unica visuale possibile in quel momento; lo sentì muoversi dentro di lei, quasi con rabbia, pregustando un piacere che lei non riusciva ad avvertire, addittura infastidita ed intorpidita da quel rapporto che stava rivelando lo squallore cui ormai sembravano essere giunti. Fu una liberazione sentirlo raggiungere l'apice del piacere, rimanendo dentro di lei ed accasciandosi sul suo corpo praticamente immobile, riprendendo rapidamente respiro; distinse ogni suo singolo movimento, mentre lui si alzava e rivestiva in fretta, recuperando poi la biancheria della ragazza e poggiandola al lato del letto, quasi come fosse d'impaccio in mezzo alla stanza. 
A sua volta, Daphne si alzò, indossando i propri indumenti, con lentezza e totale assenza, ignorando la presenza di Niall, che adesso controllava alcune lettere poggiate sul proprio comodino, come se nulla fosse mai accaduto. Legò i lunghi capelli scuri in una treccia che lasciò ricadere sulla spalla sinistra, indossando subito dopo le scarpe; aprì l'armadio, recuperando una t-shirt degli Arctic Monkeys ed indossandola, con fare totalmente distratto. Si sentiva umiliata, come se in quel modo Niall avesse voluto dimostrargli una volta per tutte quanto poco contasse nella sua vita – si chiedeva dove fosse avvenuta quella frattura, e cosa fosse cambiato dal momento in cui lui aveva acquistato per lei l'anello che avrebbe dovuto sancire il loro fidanzamento, ad ora.
"Ti ho permesso di avvicinarti a me, Daphne, e questo non me lo perdonerò mai." Interruppe il silenzio. "E' stato un mio errore, pensare che mostrandomi vulnerabile non ne sarei rimasto ferito – ho lasciato che tu ti insinuassi in ogni mia più profonda paura, concedendoti di risvegliarti al mio fianco dopo ogni incubo." Non la guardava, ma si manteneva di spalle, le mani tremanti nascoste nelle tasche dei jeans. "La verità è che io ti amo, ti amo in un modo che mi fa male ogni giorno che passa, ma non posso permettere a me stesso tanta debolezza." Sorrise, fissando le venature del legno del comodino. "Avevo comprato l'anello tre mesi fa, ed aspettavo solo il momento giusto per dartelo; ma poi ho pensato a quanto stupido sarei stato a rovinare tutto con il matrimonio, ed allora mi sono detto che mi meritavo ancora un po' di divertimento.." Si voltò verso di lei, guardandola, per la prima volta vulnerabile. "..solo che non sono stato in grado di fermarmi, capisci? Non sono più stato capace di trovare un solo motivo per cui avrei dovuto trascorrere il resto della mia vita con te." Si passò l'indice davanti le labbra appena dischiuse. "Considera quello che è appena successo come il mio ultimo gesto di infinito amore nei tuoi confronti: voglio che tu mi ricordi così, come un manipolatore senza cuore – perchè tutto quello che mi hai detto prima corrisponde alla verità, ed io non posso permetterti di distruggere la personalità che ho costruito con tanta fatica."
La ragazza rimase immobile, immagazzinando ogni parola con estrema attenzione. "Hai scelto il modo peggiore per dirmi addio, Niall, ed io per questo non ti perdonerò mai." Si limitò a rispondere, prima di poggiarsi con la schiena contro il muro, incrociando le braccia al petto. Niall, nel frattempo, recuperò la propria felpa grigia dalla sedia, indossandola. "Allora, vuol dire che sono riuscito nel mio intento." Rispose, sorridendole; poi le passò davanti, rivolgendole un ultimo sguardo pieno di un amore che sarebbe morto una volta scattato il prossimo minuto. "Ti lascio un paio di giorni per portar via le tue cose, fammi sapere se trovi un posto dove stare o se devo pensarci io." Furono le sue ultime parole, prima che varcasse nuovamente la porta del proprio appartamento, ancora una volta, lasciando alle proprie spalle un vuoto pressoché incolmabile.



Angolo Scrittrice.
Immagino cosa starete pensando, e ci tengo dunque a spendere due parole su questo capitolo tanto sofferto - per me. Sicuramente non sarete abituate a vedere Niall in queste vesti, e probabilmente vi starete convincendo del fatto che io l'abbia trasformato in un personaggio letterario solo perchè lo stereotipo di "bello e dannato" attira l'attenzione.. in realtà, non è così. Il mio più grande desiderio è quello di rendere questa fanfiction realistica e di sdoganarmi dal punto di vista di una persona che lo adora; per questo, mi sono basata sul suo modo di comportarsi, sul suo spesso essere distante dalla famiglia e su ciò che i ragazzi dicono di lui - ovvero che é quello ad avere una doppia vita, eccetera. Per questo, mi sono convinta del fatto che, dopo due anni di relazione, Daphne potrebbe aver conosciuto un Niall più umano, diverso da quello delle riviste patinate - in sintesi, penso che lui sia anche questo, e penso sia giusto rendere giustizia alla complessità di una persona / per quel che riguarda invece l'accaduto, in realtà è una trasposizione di un'esperienza personale per me molto dolorosa, per questo mi scuso di non essere riuscita ad essere più precisa o coerente, ma per me non è stato facile.
confido in qualche recensione, un bacio.

 
  
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