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Autore: Salmcroe    29/12/2014    4 recensioni
Dopo lo scontro alla prigione, vediamo Beth e Daryl soli. Un racconto della storia fino a quando non si ricongiungeranno col resto del gruppo. Dal testo: "Quando fu talmente vicino che lei riuscì a specchiarsi nei suoi occhi, e non vi trovò più il blu che ormai le sembrava tanto familiare, finalmente le lacrime caddero a rigarle le guance. Si sentì sussurrare, -Daryl, no.. - "
Spero vi piaccia, è una mia rivisitazione della storia :) SPOILER QUARTA STAGIONE
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte sesta Agguato

 

Cadde dal divano e picchiò la testa. Dalla stoffa logora del tappeto si alzò un sbuffo di polvere. Il colpo attutito la snebbiò dallo stordimento del sonno, scacciò via ogni minima traccia di torpore che poteva averle lasciato, e appena aprì gli occhi sentì i timpani scoppiare.

Girò appena la testa, bloccata sul pavimento dalla paura degli spari che trapassavano le assi di legno e spaccavano i vetri delle finestre, e vide Daryl, accovacciato con lei e protetto dal divano stringeva in mano l'unica pistola che era rimasta loro dopo essere scappati dalla prigione. Il sudore gli imperlava la fronte, attaccandogli i capelli al volto. Lui la guardava, in preda al panico, per una volta era anche lui davvero spaventato. Beth non trovava la forza di muoversi e tanto meno di dire qualcosa, erano immobili immersi nel rumore degli spari, che le martellava in testa come se ad ogni sequenza di colpi il cervello colpisse le ossa del cranio. Poi gli spari cessarono, e Daryl si risvegliò da quella sensazione di impotenza che si era sentito sulle spalle fino a quel momento. Potevano aver finito i colpi, come invece chiunque fosse potesse aver deciso di entrare nel rifugio. Qualunque fosse stata la loro prossima mossa, lui e Beth avrebbero dovuto muoversi, e in fretta. Strinse con più convinzione l'arma tra le dita scivolose di sudore, e allungandosi oltre sua compagna raggiunse la sacca nera che portavano sempre con loro. Si rivolse poi alla ragazza, con un sussurro che lei a stento riuscì a percepire: - Figli di puttana. Dobbiamo muoverci verso le altre stanze, non possiamo rimanere qua a far loro da tiro a segno. - le prese la mano aiutandola a tirarsi su, poi alla sua presa sostituì la pistola, facendogliela scivolare tra le dita. Non le disse nient'altro, indicò solo il corridoio, e lei annuì. Si guardarono per qualche secondo, e prima che si muovessero pensò solo che a quel punto non sarebbe potuta finire così.

 

Daryl scattò, da semi accovacciato si alzò. Beth fece altrettanto, rendendosi a malapena conto di quello che la stanza intorno a lei era diventata. Nell'aria si era alzata talmente tanta polvere da farle quasi lacrimare gli occhi. Appena uscirono dal loro nascondiglio gli spari riniziarono, con la sola differenza che mentre prima erano causali, ora miravano due precisi punti in movimento. Daryl raggiunse in fretta la parete, e pochi secondi dopo ci sarebbe arrivata anche lei, se la pallottola non l'avesse intercettata. Una striscia di dolore le esplose sul fianco, bloccandola addosso al muro più vicino. Il sangue già scendeva, lo sentiva caldo sulla maglietta, mentre scivolava sul muro e si riaccasciava a terra.

Tutto era sfocato e vorticava, ma conscia del fatto che non potesse rimanere li, non seppe neanche lei dove trovò la forza di spingersi con le braccia fin dentro la piccola cucina e chiudersi la porta alle spalle.

Il panico nel giro di pochi minuti l'aveva di nuovo presa. Si tolse in fretta la maglietta, percependo sulla schiena il legno ruvido della porta, con le mani la strappò per ricavarne due strisce. Abbassò lo sguardo su quella che era la ferita, e gli occhi le si riempirono di lacrime. Scesero calde sulle guance, copiose si seguivano mentre la ferita pulsava e sanguinava. Il bianco dell'osso risaltava tra la carne squarciata, divisa perfettamente in due lembi di muscoli e pelle, e questo la sconvolse. Se poco prima con quel briciolo di determinazione che credeva di avere cercava di pensare a come gli insegnamenti di suo padre potessero aiutarla, ora prese solo a tremare. Fremiti incontenibili che la scuotevano completamente. Strinse la stoffa della maglietta tra le mani, arrotolandovi la dita e cercando di non singhiozzare troppo rumorosamente. Guardava il sangue che si espandeva sotto la gamba dei jeans e gocciolava costante sul pavimento sporco. Mosse le mani, se le strinse sulla bocca prevenendo quel lamento forte che si sentiva nel petto, poi le portò ai capelli. Li strinse, li tirò, alla fine li sciolse e ne rifece una coda stretta, come se quello potesse aiutarla a riprendere il controllo. Cercò di controllare il respiro, ora più accelerato che mai. Prese la maglia, piegandola come meglio riusciva la premette contro la ferita, stringendo tra i denti l'altra per soffocare un urlo. Si assicurò che la stoffa coprisse interamente lo squarcio, poi prese l'altra e se la legò attorno come una cintura, stretta affinché tenesse insieme quella che doveva servire da bendatura, e che già si stava colorando di rosso.

 

Gli spari riniziarono appena superò la parete del corridoio. Imbracciò la balestra, che aveva recuperato prima di ripararsi dietro il muro, poi si voltò, aspettandosi di vedere Beth dietro di lui. Dopo aver gridato come troppe volte aveva sentito in passato, la ragazza era caduta a terra, a pochi metri da lui, scivolando contro la parete, lasciandosi dietro una striscia di sangue sul legno bianco della porta della cucina. Aveva abbassato la testa e basta, era caduta, e a Daryl cadde addosso il mondo. La vita di merda con cui si erano ritrovati a convivere non poteva avergli giocato un colpo così basso, non ora che sembrava che le cose si stessero rimettendo al loro posto.

Era incapace di muoversi, con un mezzo respiro fermo nel petto. Solo quando lei si mosse Daryl si sbloccò, e mentre piano la porta della cucina si apriva, e la sua compagna scivolava all'interno della stanza, lui corse fino alla camera da letto, e vi scomparve dentro.

 

Piegò la testa all'indietro, chiuse gli occhi. Sopravvivi Beth Greene, puoi farcela. Respirava, respiri profondi, che dopo poco cominciarono a farle girare la testa. Però aveva funzionato, un minimo di calma era riuscita a recuperarla. Sentiva la pelle d'oca sulle braccia e sulla schiena, ma soprattutto si accorse del silenzio. Nessuno sparo, in nessuna zona della casa; si sarebbe potuto pensare che gli uomini o donne che fossero e che li avevano attaccati avessero abbandonato la causa e li avessero lasciati li. La pistola. Quella non l'aveva più, doveva esserle scivolata quando l'avevano colpita, era quindi rimasta di là, oltre la porta. Respirò ancora, piano, poi spalancò gli occhi, in preda al panico, non appena quel pensiero l'aveva raggiunta. L'avranno preso e portato chissà dove pensando che fossi morta. L'hanno portato via, o magari l'hanno ucciso. L'hanno ucciso! Daryl, Dio, l'hanno ucciso! E nel frattempo la testa le si faceva leggera, e le palpebre si chiudevano. Si piegò in avanti, come per convincersi di dover fare qualcosa, alzarsi e andar via, scappare, magari andare a cercare il suo compagno, ma l'unica cosa che ottenne fu una fitta che la fece gridare e cadere altre lacrime. Si strinse con le dita la bendatura provvisoria, sentendo come tra le dita il sangue stesse colando appiccicoso. Si accasciò su se stessa, scivolando, accartocciandosi come una pallina di carta che viene bruciata. Tutto si offuscò, perse i sensi.

 

Prese fiato, per un secondo soltanto, poi veloce si liberò dei pesi, la balestra e la sacca nera. Si passò le mani sulla stoffa ruvida dei pantaloni, asciugandole dal sudore, ed iniziò ad issarsi sulla parete, incastrando i piedi tra le assi umide della parete esterna della baracca. Si escluse dai rumori che lo circondavano, non aveva tempo. Arrivò al davanzale, distante dal terreno più di un metro e mezzo, molto più delle altre finestre per l'irregolarità del terreno. Tutto scricchiolava, con una spinta di braccia Daryl si ritrovò quasi schiacciato contro il vetro; saldò la sua presa con una mano ed il braccio sul davanzale, mentre con l'altra apriva la finestra. Vi si inserì con le braccia, poi la testa, e quando fu con il busto dentro per metà e le gambe penzoloni, piegò la testa all'indietro, ed il forte sospiro che aveva in gola per lo sforzo si bloccò.

Davanti agli occhi la canna lucida di una pistola indicava proprio il centro della sua fronte.

 

-Ora entri con calma amico, se non vuoi che ti pianto una pallottola nel cervello. - Gli fece cenno con la pistola, e Daryl obbedì. Non aveva nessuna intenzione di complicare una situazione del genere. Cadde con le spalle sul pavimento, facendo non poca fatica per oltrepassare il telaio stretto della finestra. Si tirò su, e quando fu in ginocchio, il giovane armato che lo teneva sotto tiro gli parlò di nuovo. -Bene, ora, rimani lì, qualunque mossa avrà una conseguenza, hai capito?- L'unica risposta fu uno sguardo carico di odio. Il ragazzo si avvicinò, puntò l'arma che nel frattempo aveva abbassato di nuovo sulla testa dell'arciere – Figlio di puttana ti ho chiesto se hai capito! - Sbraitò spingendo la bocca della pistola sulla sua fronte. -Si, ho capito. - la situazione era decisamente fuori dal suo controllo. Spostò lo sguardo dal viso del ragazzo, decisamente più giovane di lui, e si accorse degli altri due uomini che erano stipati nello stanzino, fuori dalla porta altri quattro guardavano in silenzio. Tutti erano armati. Il panico arrivò solo quando l'uomo si accorse della striscia di sangue che colorava il pavimento, portava fuori dalla cucina. Beth.

 

Doveva fare qualcosa, doveva. Si rivolse al giovane, ma appena aprì la bocca per parlare il dolore gli esplose in faccia. Il calcio della pistola aveva incontrato il suo zigomo. - Ti ho detto che puoi parlare? Ho per caso detto nulla del genere?! - Gli urlò talmente vicino al viso che Daryl allungando la mano avrebbe potuto afferralo e dargli quello che si meritava. Ma non fece nulla, rialzò solo la testa, e riprese a fissare il suo aguzzino. - Se decidi di collaborare, porteremo con noi la ragazza, che forse non morirà. Altrimenti è già cibo per morti.- gli fece segno con l'arma –Alzati, e qualunque cosa, dico qualunque, avrà una conseguenza.- L'uomo si alzò, senza fretta, calcolando bene i movimenti. Attraversò la cucina, camminando davanti a tutti, sentendo costantemente la presenza della canna della pistola sulla sua nuca, entrò in sala, e si fermò. La pistola spinse tra i capelli, ma lui non poteva camminare. Non ci riusciva. -Cammina– lo esortarono. Dovettero spingerlo per fargli muovere altri passi. Ma si fermò ancora, opponendo tutta la sua forza alla spinta che riceveva da dietro. -Scavalcala.- La fissava, riversa com'era nel sangue e buttata sul pavimento in quella posizione innaturale. Era seminuda, la pelle d'oca le ricopriva le braccia e la schiena, e sotto di lei spuntava la striscia di maglietta che doveva aver tentato di usare come bendatura. Sembrava morta, morta per davvero. Il contrasto tra lo scuro del sangue ed il pallore spaventoso della sua pelle la faceva sembrare ancora più piccola ed ossuta. -Non ci vuole nulla amico, forza, muoviti. - Vederla così, non poteva sopportarlo. Cadde sulle ginocchia, di fianco a lei. Alzò polvere e si sporcò di sangue, ma gli fu vicino.

Lo presero per le spalle, in due, e lo sollevarono. Lo fecero riprendere a camminare verso la porta d'entrata, con la sola differenza rispetto a prima che ora aveva due armi puntate contro. -Beth!- urlò, divincolandosi per quanto fosse possibile nella stretta salda che quegli uomini avevano su di lui, - Beth!- urlò ancora, ma il risultato che ottenne fu solo di ricevere un pugno allo stomaco. Si accartocciò su se stesso, i capelli gli si riversarono davanti agli occhi, e a testa bassa fu portato fuori dal rifugio.

 

- Clay, prendi la ragazza. Se è già morta la lasciamo qui. - Clay obbedì, e raccolse Beth dal pavimento della sala, portandola tra le braccia fino ad oltre la porta. La testa ciondolava molle, così come le braccia e le gambe. Si fermò quando fu davanti a Milo, il giovane armato con cui Daryl aveva avuto a che fare fin'ora. Le prese il polso, le aprì gli occhi. Fece tutto con calma professionale, per ultimo spostò la sua attenzione sulla ferita. - ...osso. Si può fare, caricala nel bagagliaio. - Daryl aveva sentito solo metà della frase, ma gli era bastato per capire che era viva. Venne fatto salire in un furgoncino, incappucciato, e lasciato solo. Gli altri entrarono tutti di nuovo in casa per prendere tutto quello che potevano, vestiti, cibo, armi. Passò minuti a cercare di individuare nel silenzio il respiro della sua compagna, talmente flebile che ci riuscì appena. Quando i loro rapitori tornarono, carichi di refurtiva, il motore si avviò, e loro furono portati via. 




Salve a tutti <3
Come vedete non sono morta, e tantomeno vi ho abbandonato... MI scuso per aver pubblicato così tardi, ma l'ispirazione proprio non voleva arrivare, capitemi. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perchè io mi sono davvero sbizzarrita per scriverlo, anche se questa volta l'ho sudato un bel po'. Per qualunque cosa non esistiate a chiedere, errori, cose che non si capiscono, scritture confuse , così posso rimediare e correggere subito :) spero che leggiate in molti anche questo pezzo della storia, e soprattutto che mi scriviate, perchè da questa storia ho bisogno di conferme ragazze/i, motivazioni per portarla avanti al meglio. Grazie di aver letto, e se mia avete seguito fino a questo capitolo dall'nizio non so cosa dirvi, siete fantastici. 
Ancora grazie, buone feste, a presto (spero) <3 






 

  
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