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Autore: EnryS    29/12/2014    2 recensioni
Wanda si fidava di lui, lui che continuava a promettere e promettere. L’unica ragione per cui Pietro riusciva a trovare la forza di andare avanti, in quel loro terrificante e infinto vagabondare, era che sua sorella ci credeva davvero che lui sarebbe riuscito a mantenerle, tutte quelle promesse.
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Lui può superare la velocità del suono, lei è in grado di alterare la realtà.
Ma prima degli Avengers, prima della Confraternita di Magneto, prima di diventare Quicksilver e Scarlet Witch, Pietro e Wanda Maximoff erano solo due ragazzini rimasti orfani troppo presto, costretti a vivere alla giornata, attraversando i Balcani nella speranza di raggiungere un luogo da poter, finalmente, chiamare casa.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Confraternita, Erick Lensherr/Magneto, Pietro Maximoff/Quicksilver, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Incest, Non-con, Violenza
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Sightless, unless
    The eyes reappear
    As the perpetual star
    Multifoliate rose
    Of death's twilight kingdom
    The hope only
    Of empty men.


 
 
Infilando le sue poche cose in quella vecchia sacca di cuoio, Wanda realizzava, sospirando, che nessuna di quelle cose era veramente sua.
Cose rubate, trovate, regalate.
Forse per questo le sembravano così preziose.
«Aspetta» disse Anna, accarezzandole una spalla, «non chiuderla ancora.»
Wanda sorrise. Anche la sacca non era sua. Gliel’aveva regalata Anna, insieme alla sua ospitalità, al suo cibo, al calore del suo fuoco, alla sua gentilezza.
La donna le aveva preso la borsa dalle mani e aveva iniziato ad infilarci tutto il cibo che poteva farci entrare. Si muoveva con apprensione, come se stessero per perdere un treno. «Ecco» disse, restituendogliela con aria soddisfatta. Poi si mise le mani sui fianchi, squadrandola con un’espressione di disappunto. «Sei sicura di voler andare via così presto? Lui sembra ancora… beh… non è proprio in forma.»
Si voltarono entrambe verso la finestra.
Pietro era già seduto sul retro del furgoncino: braccia incrociate, testa poggiata all’abitacolo, lo sguardo carico d’odio con cui guardava tutti da quando si era svegliato.
Wanda annuì, alzando le spalle. Non lo avrebbe mai convinto a restare. Era già un miracolo che fosse riuscita a fargli accettare il passaggio fino a Slivnitsa.
Tre giorni, pensò, incapace di scacciare la malinconia. Cos’erano tre giorni, in fondo? Chi erano quelle persone, per lei? Estranei. Gadje, come diceva suo fratello con disprezzo. Eppure quei tre giorni le avevano riscaldato il cuore, ricordandole come fosse trovarsi in compagnia di persone gentili, persone buone.
Anna le aveva lavato e pettinato i capelli. Lei e suo marito Vassil li avevano accolti, le avevano parlato con dolcezza e, soprattutto, si erano presi cura di Pietro. Da sola non avrebbe mai saputo cosa fare con suo fratello in quello stato, e se non lo avessero trovato… Wanda aprì e chiuse le mani, allontanando il pensiero con una scrollata di spalle. Era inconcepibile. Non poteva essere.
«Tuo fratello non vede davvero l’ora di andarsene» disse Vassil entrando in casa, chiudendosi la porta d’ingresso alle spalle e soffiandosi nelle mani per riscaldarle.
«Mi dispiace» rispose lei, in automatico. Era la strategia che aveva adottato: continuare a scusarsi e ringraziare per compensare il comportamento irragionevole di Pietro.
Vassil la rassicurò con un occhiolino e un sorriso e poi, con fare teatrale, si sporse sul tavolo per raggiungere Anna e darle un bacio. Wanda distolse lo sguardo, inseguita dai fantasmi dei suoi genitori.
«Aspetta un attimo!» esclamò d’un tratto Vassil, schioccando le dita. «Ho una cosa da darvi».
Wanda non ebbe il tempo di ribattere che lui era già scomparso nel ripostiglio. Nello stesso momento Ilia, il fratello di Vassil, era entrato in cucina.
«Allora, quasi pronti?» chiese, versandosi del caffè.
Coordinate, Anna e Wanda tornarono a guardare la finestra. Lui le imitò.
«Ah,» commentò, scoppiando a ridere. «Qualcuno ha proprio fretta.»
Wanda incrociò le braccia, accarezzandosi le spalle e rivolgendogli un sorriso imbarazzato.
«Luka è sempre stato un po’… impaziente.»
«Sì, l’ho notato» disse l’uomo, finendo il suo caffè e lasciando la tazza sul tavolo.
A differenza di Vassil, bruno come un orso, Ilia aveva i capelli castani e gli occhi chiari. Non sembravano fratelli, pensò Wanda, chiedendosi se anche lei e Pietro facessero la stessa impressione alla gente.
«Inizio a riscaldare il motore» disse Ilia, dando un bacio sulla guancia a sua cognata. «Grazie di tutto, ci vediamo tra due mesi.»
Wanda seguì attentamente l’uomo con lo sguardo, piena di apprensione che  potesse voler tentare di parlare con Pietro. Era stata arrabbiata con lui perché non aveva fatto che rispondere a monosillabi a quelle persone che lo avevano soccorso, ma in quel momento aveva più paura di quello che avrebbe potuto dire se si fosse deciso a parlare. Per fortuna Ilia non fece neanche il tentativo, andandosi direttamente a sedere al posto di guida.
«Sono un po’ vecchie» disse Vassil, ritornato con delle coperte in mano, «ma fanno ancora il loro dovere. Copritevi bene, che fa freddo, e Sara, tesoro» le disse, inclinando la testa a indicare Pietro, «assicurati che mangi.»
Wanda cercò di sorridere, sentendosi inquieta come ogni volta che ripensava a quello che era successo. «E anche tu, mi raccomando» continuò l’uomo. «Sei uno scheletrino.»
Poi la abbracciò, lasciandola senza fiato per la sorpresa e sopraffatta dalla malinconia. Non poteva sopportare un altro addio. Non poteva viverlo come tale, non ne aveva più la forza.
«Grazie di tutto, davvero» disse con un nodo in gola, incapace di guardare negli occhi lui o Anna per più di qualche secondo, sapendo che non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime ancora a lungo.
La donna la prese per le spalle.
«Stai attenta, Sara. State attenti, tutti e due» disse, con gli occhi lucidi. «E ricordati che potete restare a Slivnitsa quanto volete, prima di ripartire. Prometti che ci penserai?»
Annuì, sentendosi terribilmente meschina. Quella donna si preoccupava davvero per loro, per quanto difficile fosse da credere dopo tutto quello che lei e Pietro avevano vissuto, e in cambio Wanda le aveva raccontato solo bugie.
Non saprà mai neanche come mi chiamo, pensò, piena di amarezza, mentre saliva sul retro del furgoncino, ignorando Pietro che si era sporto per aiutarla.
Lui le rifilò un’occhiataccia, ma lei era determinata a non dargli soddisfazione. Gli si sedette accanto senza dire una parola.
Anna e Vassil, sull’uscio, li salutavano.
«Addio, ragazzi!» disse Vassil.
«Addio!» gli fece eco Anna, per poi aggiungere: «Luka! Prenditi cura di te.»
Wanda trattenne il fiato, spostando lentamente gli occhi su suo fratello, terrorizzata che lui potesse rispondere con uno dei suoi insulti più fantasiosi. Invece Pietro si limitò a fare una smorfia che, per quanto fosse abbastanza indecifrabile, quantomeno non sembrava offensiva.
Le ci volle poco per rendersi conto di quanto fossero importanti quelle coperte: sul retro del furgoncino, benché fosse una bella giornata, il freddo iniziava già a farsi sentire.
«Perché sei così triste?» le chiese Pietro dopo una decina di minuti di viaggio.
«Oh, allora puoi parlare?» rispose lei, acida, mentre si sistemava una delle coperte sulle spalle. «E io che stavo iniziando a godermi i vantaggi di avere un fratello muto.»
Si voltò, intenzionata a squadrarlo con la sua più severa espressione di rimprovero, ma tutto a un tratto quell’aria imbronciata le parve così infantile e, poco a poco, lo sguardo le si addolcì. Negli ultimi mesi Pietro le era sembrato quasi un adulto: era diventato più alto, più forte, si era occupato di ogni cosa. Sempre così sicuro, così serio.
In quel momento, guardandolo, Wanda vide di nuovo soltanto suo fratello.
Giovane, indifeso, spaventato... come lei.
Prese un pezzo di pane dalla borsa.
«Tieni.»
«Sto bene.»
Wanda gli diede un pugno sulla spalla.
«Sei impazzita?» le chiese, degnandosi finalmente di guardarla in faccia.
«Non ti ho chiesto se stai bene. Tieni
Pietro prese il pane soltanto per poi tornare a fissare la strada. Snervata, Wanda incrociò a sua volta le braccia sul petto, rassegnandosi a lasciarlo nel suo risentimento.
«Allora» disse lui, dal nulla, «perché sei così triste? Stavi programmando di farti adottare?»
Represse, non senza un notevole sforzo, la voglia di dargli un altro pugno – magari stavolta in faccia – pur di non sprecare quella possibilità di conversazione. Pietro era livido di rabbia e lei sapeva bene che se lo avesse respinto adesso non avrebbe avuto un’altra occasione tanto presto.
«Sì, è così» rispose, decidendo di giocarsi la carta dell’umorismo. «Mi hai scoperta.»
Ma lui non la trovò divertente.
In realtà non sembrava proprio averla ascoltata. Continuava a rigirare il pezzo di pane fra le mani, esaminandolo come fosse stato un oggetto misterioso.
«Guardami, adesso!» sbottò lei. Se non poteva prenderlo con le buone, tanto peggio per lui.
Pietro si voltò senza neanche fare lo sforzo di mostrarsi interessato.
«Che c’è?»
Lei esitò, tradita dalle parole. In quegli ultimi giorni, seduta accanto al divano su cui Pietro dormiva, così debole da fare spavento, Wanda aveva trascorso ore e ore immaginando di parlare con lui e di tirare finalmente fuori tutte le cose che voleva dirgli. Le era parso così semplice, così naturale. Purtroppo, però, tutti quei discorsi ispirati e toccanti adesso le sembravano soltanto dei ricordi lontanissimi: poteva rievocarne la sensazione ma non la forma.
«Che cosa vuoi, Pietro?» chiese, tagliando la testa al toro. «Che cosa pretendi? Di essere perfetto, di poter avere tutto sotto controllo, di poter fare tutto da solo?»
Pietro si limitò a scuotere la testa, rinunciando in partenza all’idea di riuscire a spiegarle.
«Dimmi un po’» proseguì lei, «lo sai che fanno i ragazzi della nostra età, mh? Te lo dico io cosa fanno: niente. Vanno a scuola. Giocano a calcio o che ne so, imparano a suonare uno strumento!»
Lui la guardò come se avesse appena detto una cosa assurda.
«Forse i ricchi.»
Wanda sospirò. «Non è questo il punto. Il punto è che i nostri coetanei non vivono da soli accampati alla meno peggio fuggendo da una città all’altra! Sei arrabbiato perché non puoi accettare di essere stato, cosa? Debole? Per una volta? Pietro, tu… tu ti sei occupato di tutto per più di un anno e mezzo! Sei stato capace di farci sopravvivere fino a qui, e ci sei riuscito nonostante tutti i casini che ho combinato in giro. E quello che è successo, semplicemente… non potevi prevederlo. Quello che è successo…»
«Quello che è successo, Wanda» disse tutto d’un fiato, gli occhi scintillanti di collera, «è che ho provato a correre come ho corso a Braşov, e non solo è stato un fallimento, ma sono addirittura quasi morto. Di sete!» la fissò scuotendo la testa, per sottolineare l’incredulità. «Che poi, come diavolo è possibile una cosa del genere?»
Wanda non lo sapeva. Sapeva che non ci aveva creduto e aveva continuato a giurare a Vassil che entrambi avevano mangiato e bevuto prima di andare a dormire, terrorizzata che l’uomo potesse confondere i sintomi e sbagliarsi sulle condizioni di suo fratello. Ma alla fine, appena erano riusciti a fargli bere un po’ d’acqua e zucchero lui aveva aperto gli occhi. Solo per un attimo, ma quanto era bastato per far tirare a tutti un sospiro di sollievo e per convincere lei che Vassil aveva ragione: Pietro era davvero gravemente disidratato. Lo aveva visto con i suoi occhi eppure non riusciva a spiegarsi come ci si potesse ritrovare così tanto disidratati da non poter più vedere né camminare in così poco tempo.
Era una cosa impossibile ma, come tante altre cose impossibili, era accaduta.
Pietro voleva sapere come, ma Wanda aveva smesso da tempo di porsi quella domanda. Per lei la sfera del possibile si era già deformata in molti modi. Magari un giorno sarebbe stata così ampia da contenere qualsiasi cosa.
«Quanto idiota posso mai essere?» continuò Pietro. «E se davvero fossi… e se ti avessi lasciata sola?»
«Ma non è successo. E non è stata colpa tua.  Non era qualcosa che potevi sapere. Come avresti potuto? È stato un incidente, non l’hai fatto di proposito.»
«Già, dimenticavo» disse lui, rannicchiandosi e fissandosi i piedi. «Io non faccio mai niente di proposito.»
Le si gelò il sangue nelle vene, sentendoglielo dire.
Come poteva credere… Anche solo pensare
D’istinto si sporse verso di lui per abbracciarlo ma Pietro la bloccò, sollevando il braccio sinistro e voltando la testa dall’altro lato. Wanda si ritrasse, sconvolta da quel gesto.
Non l’aveva mai rifiutata. Mai.
Si rannicchiò a sua volta, stringendosi le ginocchia al petto, riprendendo a guardare la strada che si allungava davanti a loro e iniziando a sentirsi orribilmente in colpa.
Come ho fatto a non rendermene conto?
Lo aveva lasciato solo. Aveva lasciato Pietro da solo in quell’angoscia per tutto quel tempo.
Tu non hai nessuna colpa, pensò, tornando a guardarlo.
Noi non abbiamo nessuna colpa.
Errori, aberrazioni, mostri. Wanda non sapeva cosa lei e suo fratello fossero, né perché. Di una cosa sola si sentiva assolutamente sicura: non ne erano responsabili.
Non è colpa nostra, continuava a ripetersi, sempre più arrabbiata, cominciando ad avvertire il peso della loro innocenza in tutta la sua gravità.
«Non è stata colpa tua» disse, finalmente.
Pietro la guardò. Gli occhi lucidi e le labbra increspate in una smorfia sarcastica.
«Andiamo» disse, con la voce spezzata. «Lo sai.»
«No» lo contraddisse. «Non lo so.»
«Tu vuoi solo... Sei dolce, e apprezzo quello che cerchi di fare, davvero. Ma lo sai, come lo so io, che se non fosse stato per me… non sarebbe successo niente.»
Wanda scosse la testa incredula. Era così ingiusto. E sbagliato, tutto sbagliato. 
Erano arrivati al campo sbraitando e vaneggiando di gioielli rubati, chiedendo che gli fosse consegnato il ragazzino coi capelli chiari che era stato visto rubare dal bancone del fornaio.
Quel mostro, avevano gridato, vogliamo vederlo impiccato.
La baldanza di quei giustizieri si era però immediatamente spenta una volta che Vadja, Django, Toni, Martin e gli altri, fucili in spalla e coltelli in pugno, erano usciti dalle roulottes.
Nessuno poteva immaginare che avrebbero dato fuoco al campo, nella notte.  Un crimine troppo odioso e infame da concepire.
«Eri un ragazzino, Pietro! Quegli uomini… quei… erano dei fanatici e dei razzisti e… Dio, volevano ucciderti! Per aver rubato da una bancarella! Come fai a non vedere la follia di questa storia?»
«Credi che non sappia che cercavano solo un pretesto? Fatto sta che l’hanno trovato, e sono stato io a darglielo.» Pietro alzò le spalle, rassegnato. «Così stanno le cose, Wanda. Questa è la verità. E lo sai.»
No. Quella non era la verità.
La verità era che lei e Pietro erano stati derubati.
Della loro famiglia, della loro casa, della loro infanzia, della loro spensieratezza, del loro futuro. Non c’era modo di recuperare quello che avevano perduto, Wanda lo sapeva bene, ma che suo fratello si trascinasse dietro il peso di quella colpevolezza, questo no. Non lo avrebbe mai permesso.
Non anche questo, continuava a ripetersi. Non ci porteranno via anche l’innocenza.
Gli prese un braccio, obbligandolo a voltarsi.
Quello che scorse in quel momento, riflesso nell’azzurro degli occhi di Pietro, era la cosa più terrificante che avesse mai visto. Eppure non ne ebbe paura. 
Inspirò, senza sapere cosa stesse facendo, guidata esclusivamente da un istinto sconosciuto e allo stesso tempo irresistibile.
Io non voglio che tu ti senta colpevole per mamma e papà, pensò, come esprimendo un desiderio, e un lampo colorò il cielo di rosso.
Pietro sbatté le palpebre un paio di volte e scosse la testa, confuso. Wanda gli lasciò il braccio, improvvisamente terrorizzata che lui stesse per sentirsi male.
«Ti ho fatto male?» domandò, accarezzandogli freneticamente il viso. «Pietro? Scusa! Scusa, mi dispiace.»
«Wanda?» chiese lui, disorientato. «Che hai fatto?»
Lei gli si gettò al collo, stringendolo forte. «Non lo so» fu la sua risposta, l’unica che aveva.
Il furgoncino rallentò, fermandosi sul ciglio della strada.
«Ragazzi!» gridò Ilia sporgendosi dal finestrino. «Avete visto?» domandò, sgomento. «L’avete visto anche voi?»
«Più o meno» rispose Wanda, cercando di usare il suo tono più innocente. «Secondo te cos’era?»
«Dio mi è testimone, mai vista una cosa così. Voi state bene lì dietro?»
«Sì, stiamo bene» confermò, mentre osservava perplessa suo fratello che, nella più totale indifferenza, aveva ripreso a fissare il tozzo di pane che aveva in mano.
«Che hai da mangiare in quella sacca?» le chiese, con la voce quasi totalmente sovrastata dal rumore del motore che si riavviava.
Wanda sorrise, sollevata.
«Hai fame?»
Pietro annuì, addentando il pane con cui aveva giocherellato fino a quel momento.
Lei aprì la borsa: panini, mele, del formaggio, un pezzo di salsiccia secca.
Mangiarono tutto, avvolti nelle coperte avute da Vassil e si addormentarono, acciambellati come due gatti, dopo essersi raccontati ancora e ancora quanto perfetta sarebbe stata la loro vita una volta arrivati in America. Dove sarebbero stati felici.
 
 
   
 
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