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Autore: AkyaWolf    03/01/2015    0 recensioni
"Pensi che sia così facile? Appena vedranno i tuoi occhi sapranno chi sei, e avranno paura, o ti chiederanno di fare miracoli. Devi accettare il tuo destino, oppure nessuno accetterà te"
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mare era calmo quel giorno. Nulla sembrava turbare quell'enorme distesa di acqua, piatta e azzurra come non mai, in quel giorno senza nemmeno un soffio di vento. Ogni nave in quel momento sarebbe stata in stallo, tranne una, che placida attraversava l'oceano senza il minimo rumore, un veliero d'ebano dello stesso colore delle ombre. Era enorme, foggiato a forma di drago, e pareva che nuotasse. La polena scolpita a formare la testa possente, che osservava il mare davanti a sè con occhi saggi, mentre un'espressione neutra era dipinta sul muso tanto animalesco quanto, impercettibilmente, umano; immobile nella sua eternità.
Anche l'albero maestro era un dragone: leggermente più chiaro del resto della nave, si piegava su sè stesso in varie spire, possenti ed eleganti al tempo stesso. Le grandi ali, aperte come se stesse per spiccare il volo, facevano da vele. Una cresta di spine scorreva dalla coda fino alla testa, dal muso aperto in un furioso ruggito, rivolto al cielo. Tra le zampe anteriori stringeva la coffa, con una delicatezza che stonava, paragonata alla furia che mostrava ruggendo contro le nuvole e il sole.
Sebbene questo drago fosse decisamente più piccolo della nave, era molto più dettagliato. Se non fosse stato un mero pezzo di legno, si sarebbe detto che fosse vero.

Sulla testa dell'albero maggiore era seduta una bambina che non dimostrava più di dieci anni. Era piccola, con lunghi capelli ricci di colore verde petrolio. Scrutava l'orizzonte con i suoi occhi ambrati, mentre le sue pupille a forma di rombo si stringevano per adattarsi alla luce del tramonto che stava per arrivare, tingendo di rosso il cielo e le acque. Era vestita con una camicetta e un paio di pantaloni scuri. Due ali grigio-verdi spuntavano dalle scapole, mentre la spina dorsale si protendeva in una tozza, corta coda di drago come le ali e due corna candide spuntavano dietro alle sue orecchie draconiche. Accarezzava la testa su cui era seduta, mormorando qualcosa con affetto come se il legno potesse sentirla.
Una gentile folata di vento le scompigliò i capelli, e fu subito raggiunta da un bambino della sua stessa età. 
Era magro, aveva la pelle chiarissima e lunghi capelli bianchi con sfumature azzurre, perennemente scompigliati. I suoi occhi, di un rosso purissimo, lo identificavano come un Possessore, ma in essi mancava la serietà di un mago.
Fluttuava in aria, sdraiato a pancia in giù come se fosse su un pavimento invisibile, e sorrideva alla bambina agitando su e giù le lunghe orecchie in un'espressione gioiosa.

<< Bello il tramonto, eh? >>

<< Oh, Jona! >> la bambina ricambiò il sorriso e si spostò per fargli spazio.
<< Vieni, siediti!  >>
 Lui fece un cenno con la mano e si accomodò in aria, sistemandosi la giacca senza maniche.
<< no grazie >> Jona si mise a testa in giù e si portò le mani dietro la testa << Cosa stavi facendo? Ti và di esplorare la nave? >>
La piccola mezza umana fece segno di no, prendendo un braccio del mezz'elfo per tirarlo giù. Lui rise, mentre lei tentava di forzarlo a stare sul legno.
<< Insisto che tu ti sieda! Voglio vedere il tramonto insieme al mio migliore amico! >>
L'altro annuì e alzò gli occhi al cielo per poi assecondarla.

Molto più in basso, due donne osservavano i bambini giocare.
La prima era alta e forte, sebbene i muscoli non si notassero sul suo corpo. Una lunga coda da drago spuntava da sotto la camicia, aperta sul collo tanto quanto bastava a lasciar scoperte le scapole, e tagliata sulla schiena in modo da accogliere le grandi ali, nascoste, in quel momento, da un mantello nero come la notte. I suoi occhi gialloverdi come l'erba secca sorvegliavano Raya e Jona, mentre un sorriso affettuoso ma vigile si formava sul suo viso. Si passò una mano nei selvaggi capelli verde chiaro e si girò verso l'altra donna.
Questa era un pò più alta di lei, e sicuramente più femminile. Aveva intensi occhi blu genziana e lunghi capelli neri, che le arrivavano al bacino. Era fasciata in una sobria e lunga tunica marrone, che presentava molti segni di usura : rammendi e pezze erano quasi dappertutto sul tessuto, e testimoniavano quanto tempo fosse passato dalla sua creazione. 
Lidja strise in mano il bastone dorato, che si agitò avvertendo la stretta e mosse la testa verso di lei, sussurrandole qualcosa nell'orecchio. Lei scosse la testa, poi guardò in alto verso i due bambini che volavano sopra le loro teste

<< non capisco perché ti preoccupi così tanto, Kysha. Tua sorella è mezza drago come te... e dovrebbe aver raggiunto l'età per sputare fuoco...? Perdipiù il suo potenziale magico è abbastanza alto, sebbene non come quello del mio allievo.  >>

La donna mezza dragonessa non rispose subito, poi però annuì

<< Non capisci, ma è comprensibile da parte tua. Non hai più nulla da perdere, e questo ti rende il peggior nemico che qualcuno possa farsi. Tu non hai più paura che qualcuno a cui tieni possa non esserci. A me invece qualcosa rimane. A me rimangono Rysa e la nave, e sono ciò che io amo di più. Da quando mia madre è morta, sono io a occuparmi di loro e ho paura di non essere in grado di crescere mia sorella nel modo in cui vorrei. >>

Kysha si avvicinò alla maga, e si appoggiò appena con la sua spalla contro quella dell'altra. Si permise solo quel contatto, perché sapeva che Lidja non amava i contatti, anzi, a volte arrivava ad odiare visceralmente chiunque la toccasse.

<< e poi il fatto che lei giochi proprio con Jona non mi fà impazzire. Lui è piccolo, e non si sa controllare. Tu sai cosa vuol dire non avere pieno controllo su ciò che si è.  >>

<< il mio caso è stato...  >> gli occhi blu della maga si bloccarono sul tramonto.
Rosso come il fuoco.
Rosso come il sangue.
Le sue iridi si strinsero per un secondo al ricordo, poi la sua espressione tornò impassibile.
<< ... particolare...  >>

<< il nostro piccolo, adorabile segreto eh, grande arcimaga? >>
La donna-drago mostrò la sua chiostra di zanne affilatissime in un sorriso di scherno. Lidja la guardò male per un attimo, poi tentò di cambiare discorso.
<< come fai a cambiare così, da un'emozione all'altra, in meno di un secondo? >>

<< Ho sentito la tua paura.  >> disse Kysha, incrociando le braccia. Rispondendo allo sguardo interrogativo dell'altra, continuò, sempre con lo stesso sorriso << istinto draconico, che ne so...  >>

La conversazione venne interrotta dall'apparizione di una figura incappucciata, proveniente dagli alloggi dell'equipaggio, che invitò Lidja a seguirla. La maga acconsentì, mentre Kysha sospirava e si girava di nuovo verso i bambini.

La figura incappucciata condusse la donna dai capelli neri nella sua stanza. Era piccola, e scurissima. Una sola, minuscola finestra quadrata proiettava un raggio di sole, ormai morente. La figura protese una mano verso il fascio di luce, mormorando una preghiera in una lingua incomprensibile, mentre con l'altra si toglieva il cappuccio, rivelando lunghi capelli ramati raccolti in una treccia fermata, alla fine, da alcune sfere verde smeraldo; e grandi occhi color nocciola.
Nonappena il sole toccò la sua pelle essa cominciò a sfrigolare, ma nonostante l'agonia che stava provando, la ragazza non tolse la mano fino a che anche l'ultimo raggio non fu scomparso. Quando, finalmente, il tramonto ebbe dato spazio alla notte, la rossa mise la mano in un secchio d'acqua che aveva di fianco. Lentamente, le narici di Lidja si abituarono all'odore di bruciato che invadeva la stanza, mentre osservava la bruciatura brillare come ferro forgiato nel buio. Anche se nell'oscurità di quel posto non erano visibili, la maga sapeva che la pelle dell'altra era interamente segnata da cicatrici che si era procurata in quel modo, frutti di un culto che portava avanti da millenni. Lidja accese le torce con un semplice movimento del polso, e la ragazza si coprì gli occhi con la mano non ferita.

<< Prima o poi ne morirai, lo sai, non è vero?  >>
Lei annuì, ma si guardò la pelle deturpata con rammarico e orgoglio al tempo stesso. Spostò lo sguardo alla finestrella, poi alla maga << sarei...  >> 
Ansimò 
<< sarei dovuta morire... molto tempo fa...  se muoio ora... almeno morirò col favore della dea del sole...  >>

Lidja inclinò impercettibilmente la testa di lato, ma si sedette sulla branda della ragazza, che le fece spazio, mormorando una preghiera nella sua antica lingua

<< non sei qui per farmi la predica, non è così? Domani notte succederà ancora. E così il mese prossimo. E quello dopo. E tu, tu vuoi una cura... no, non l'ho ancora trovata, mi dispiace.  >>

La maga annuì e posò una mano su quella sana della sacerdotessa. La guardò, e nello sguardo di entrambe, per un attimo solo, fu evidente la disperazione

<< non ho mai voluto questo... voglio morire... odio la notte, e amo il sole. Vorrei tornare a casa mia, nel deserto, ma la mia condizione me lo impedisce... io...  >> prima che la rossa avesse potuto smettere di parlare, la maga era già uscita, ma sulla branda c'erano due boccette piene di sangue. La sacerdotessa ne prese una, la stappò, e cominciò a bere, mentre un raggio di luna colpì il suo viso facendo brillare nell'oscurità della stanza i canini appuntiti.
 
Poi, come se nulla fosse, mise la seconda fiala nel calderone nascosto in un angolo della sua stanza. Sospirò, rendendosi conto che la sua doppia ricerca era praticamente impossibile. 


Dopo qualche ora, un urlo si diffuse per la nave
<< TERRA!!  >>
   
 
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