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Autore: Giulia K Monroe    16/11/2008    10 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Quella mattina a svegliare Sirius non fu una ragazzina sempre allegra e con il sorriso sulle labbra; furono invece i raggi di quel sole che, potente e brillante, aveva scacciato via le nuvole della sera precedente e si era loro sostituito. I fasci luminosi entrarono nella stanza, senza chiedere permesso al padrone di casa, che dormiva scomposto e con le lenzuola ormai rovesciate sul pavimento. Il viso disteso in un’espressione di totale rilassamento era coperto qua e là da qualche ciuffo ribelle di capelli, che calava a coprirgli gli occhi; eppure, questo non impedì ai raggi di raggiungerli e di colpirli, costringendolo a svegliarsi. Le palpebre si sollevarono lentamente e le iridi cercarono di abituarsi a quella luminosità improvvisa, non riuscendoci, vennero coperte da un braccio. Un grugnito innervosito si levò nel silenzio.
Sirius non aveva mai amato svegliarsi presto, neanche quando era ad Hogwarts. Ricordava ancora, con un sorriso amaro, le mattine in cui Remus Lupin, compagno di stanza e grande amico, cercava di tirarlo fuori dal letto e insieme a lui il suo migliore amico, James Potter, che dormiva anche di più.
Quei pensieri lontani e dolorosi lo costrinsero a riprendere conoscenza. Con poca voglia, spostò il braccio dagli occhi e li riaprì, trovandosi a fissare l’antico lampadario che pendeva dal soffitto.
Era ormai completamente sveglio, ma non aveva alcuna voglia di alzarsi. Il solo pensiero di poter incontrare il suo caro elfo domestico, che continuava a masticare tra i denti parole scortesi e poco rispettose ogni qual volta lo vedeva, gli faceva venir voglia di schiantarlo, e svegliarsi di cattivo umore quella mattina non era proprio il caso.
I suoi pensieri, quel giorno, non erano nostalgici o malinconici, come al solito, e non erano occupati dai volti dei suoi migliori amici e dal passato che avevano trascorso insieme. Quella mattina i pensieri di Sirius Black si incentravano su un futuro imminente.
Sebbene ci avesse pensato tutta la notte, davanti al camino della sala da pranzo, non era ancora riuscito a trovare una soluzione sicura per accompagnare Alexis a Diagon Alley. L’unica idea plausibile era trasformarsi in cane e sorvegliarla almeno fino all’arrivo del Nottetempo, che l’avrebbe portata dritta al Paiolo Magico, senza problemi. Una volta lì, arrivare a Diagon Alley sarebbe stato facile. Le avrebbe indicato i negozi più adatti per prendere l’occorrente e le avrebbe dato la chiave della sua camera alla Gringott, per prelevare il denaro – in fondo quella dei Potter l’aveva il figlio maggiore, al momento.  Tutto sarebbe andato per il meglio.
Si riscosse dai suoi pensieri, quando sentì il familiare cigolio della porta che si apriva. Lo sguardo scivolò dal soffitto alla figura appena entrata. Incapace di non farlo, Sirius sorrise, mentre la ragazza gli si avvicinava e si sedeva sulla sponda del materasso.
«Buongiorno» lo salutò, mentre lui si tirava su.
«Buongiorno a te, principessa» rispose Sirius, e le accarezzò una guancia. «Dormito bene?»
Alexis annuì e si accoccolò al suo fianco. Sirius la strinse subito in un abbraccio.
Si sentiva sempre così serena quando era con lui e il pensiero di lasciarlo per un lungo periodo di tempo la preoccupava un po’. Aveva sempre vissuto con lui accanto, era sempre stato il suo faro nella notte, l’appiglio a cui sorreggersi ogni volta che sentiva che stava affondando. E ora, come avrebbe fatto senza di lui? Non voleva nemmeno pensarci né fare in modo che lui si accorgesse dei suoi dubbi e delle sue paure. Sapeva che, se glielo avesse chiesto, Sirius l’avrebbe anche seguita in capo al mondo, mettendo a repentaglio la propria libertà e la propria vita.
Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Lo doveva a James e Lily, era il minimo che potesse fare per loro.
Ma Alexis gli voleva altrettanto bene, tanto che non l’avrebbe mai messo in condizioni di scegliere tra lei e la propria sicurezza.
Sirius sembrò percepire le preoccupazioni di Alexis solo attraverso il contatto delle loro pelli. «Qualcosa non va?» le chiese.
Alexis scosse la testa. «No, tutto bene… Tu? Sei riuscito a riposare almeno un po’?» domandò a sua volta, sviando il discorso.
«Abbastanza» rispose lui, e la osservò con attenzione: Alexis fissava il vuoto davanti a sé, persa in quei pensieri che non sembrava avesse alcuna intenzione di esternare. «So che c’è qualcosa che non va» insistette.
«No, sto bene, sul serio» glissò subito lei, ma il suo corpo, ora intrappolato contro quello di Sirius, si era irrigidito e a lui quel piccolo particolare non era di certo sfuggito.
«Sei preoccupata perché dovrai andare a Diagon Alley da sola?» tentò di indovinare Sirius.
«Un po’…» si arrese Alexis alla fine, anche se quella non era proprio la verità. In realtà la preoccupava doversi separare da lui, ma non glielo avrebbe rivelato neanche sotto Cruciatus, per non metterlo nella posizione di fare qualche pazzia.
«Sta’ tranquilla… andrà tutto bene. Sarà come un’avventura, divertente e spassosa!» cercò di rassicurarla. «Ma se non ti senti sicura, potrei sempre accompagnarti… fino a Diagon Alley, intendo» aggiunse guardingo, stringendola affettuosamente a sé.
Alexis scosse di nuovo la testa, questa volta con più vigore. «Neanche per sogno. È già tanto che ti permetta di accompagnarmi a prendere… a prendere… a prendere cosa?» domandò confusa: in effetti, non sapeva nulla di quello che era il piano del padrino per quella sera.
Sirius ridacchiò, intenerito dalla sua espressione – e soprattutto dal fatto che lei credesse di potergli permettere di fare qualcosa, come se fosse una sua scelta.
Nessuno dà ordini a Sirius Black, ragazzina.
«Ti spiegherò tutto più tardi. Tu pensa solo a preparare la borsa per il viaggio, d’accordo?»
«D’accordo» rispose, ma subito dopo si sollevò sulle ginocchia e gli puntò il dito indice contro il naso. «Però, non mi accompagnerai fino a Diagon Alley! Sarebbe troppo pericoloso» aggiunse risoluta, con uno sguardo che non non ammetteva alcun tipo di replica.
Sirius sbuffò, ma si portò una mano sul cuore, nel tipico segno del giuramento. «Va bene, va bene.» Alzò gli occhi al cielo.
Alexis sorrise soddisfatta e dopo averlo baciato su una guancia, uscì dalla camera, per andarsi a cambiare e lasciare a lui il tempo di fare lo stesso.
 
*
 
Una mezz’oretta dopo si rincontrarono, vestiti e presentabili, in sala da pranzo, che era già stata apparecchiata da Kreacher, con due piatti, due tazze fumanti (una di caffè per lui e una di tè caldo per lei) e alcune brioches dall’aspetto invitante.
«Per stasera» iniziò Sirius, versando un po’ di latte freddo nel suo caffè nero, mentre Alexis afferrava un cornetto, «usciremo a notte fonda, quando ogni lampione della zona sarà spento. Ti accompagnerò fino al secondo incrocio, in forma canina, e lì attenderò con te l’arrivo del Nottetempo.»
Alexis annuì, senza interromperlo. Non aveva idea di che cosa fosse un Nottetempo, ma lo avrebbe scoperto quella sera.
«Il Nottetempo ti porterà al Paiolo Magico, un piccolo pub che si trova nella periferia di Londra. Per la notte alloggerai lì. Poi, la mattina, chiederai la via per Diagon Alley. È tutto chiaro fin qui?»
Alexis annuì di nuovo.
«Bene.» Sirius si frugò nelle tasche dei pantaloni. Ne tirò fuori un bigliettino di pergamena bianco, piegato su se stesso, che porse ad Alexis. Al suo interno, con la grafia di Sirius stesso, c’erano segnati alcuni nomi:
 
Madama Mc Clan – Divise Scolastiche e simili.
Ollivander – Bacchetta magica.
Il Ghirigoro – Libri di testo.
 
«Sono i negozi migliori dove poter comprare ciò che ti occorre» le spiegò Sirius.
Alexis annuì ancora una volta, quasi incapace di parlare: più informazioni lui le dava, più si sentiva agitata ed euforica allo stesso tempo.
Sirius le prese una mano e dentro di essa ci lasciò cadere una piccola chiavetta in oro. Lei se la portò davanti agli occhi, osservandola confusa. «Che cos’è?»
«È la chiave della mia camera blindata alla Gringott, la banca dei maghi. Preleva tutto il denaro che ti serve per compare l’occorrente.»
L’espressione sul viso di Alexis sfumò dalla confusione alla contrarietà. «Non posso accettare, Sirius, quelli sono i tuoi soldi!»
«No, sono anche tuoi. In qualità di tuo padrino, ho il compito di provvedere alle tue spese. Come ho sempre fatto, d’altro canto.»
«Ma…»
«Niente ma! Si fa come dico io e basta» troncò Sirius. «Il numero della camera blindata è il 711.»
«Camera blindata numero 711, me lo ricorderò.»
«Bene.» Sirius si alzò. «Ora, se non ti dispiace, ho alcune faccende da sbrigare prima della partenza.» Si chinò in avanti per lasciarle un bacio sulla testa, poi uscì dalla stanza.
Alexis sospirò e osservò ancora la piccola chiave. Il cuore protestò con un piccolo singhiozzo e lo stomaco le si attorcigliò in un nodo, facendole passare l’appetito.
 
*
 
La giornata passò velocemente e la sera giunse presto. Subito dopo cena, Sirius si era ritirato di nuovo, dicendo di dover rifinire alcuni dettagli, mentre Alexis era corsa in camera, per mettere in borsa le ultime cose.
Dopo una doccia veloce, aveva raggiunto Sirius, che l’aspettava nell’atrio posteriore: non potevano uscire dall’ingresso principale, era troppo pericoloso e rischiavano di essere avvistati.
«Sei pronta?»
Alexis annuì e Sirius le si avvicinò e la strinse a sé. Il suo profumo di rose gli invase le narici, scaldandogli il cuore. Le accarezzò i lunghi capelli per qualche silenzioso minuto.  «Andrà tutto bene… andrà tutto bene…» le sussurrò con dolcezza.
Alexis gli sorrise e Sirius gli fece un occhiolino. Poi, chiuse gli occhi, curvò la schiena e si trasformò in un maestoso cane dalla folta pelliccia nera. Attraverso il suo sguardo di ghiaccio le trasmise tanto calore. Con un cenno del capo, la invitò a seguirlo fuori.
Appena fuori dalla villa, cominciarono a correre, sfruttando il favore delle tenebre per nascondersi nelle ombre. Superarono il primo bivio e raggiunsero il secondo, dove si fermarono.
Alexis si piegò sulle gambe, trafelata.
Rimasero in silenzio a fissarsi, come volessero imprimere nella loro memoria quello sguardo che non avrebbero potuto vedere per due giorni. Non si erano mai separati, da quindici anni, e la cosa risultava strana per entrambi. Ma era necessaria e li avrebbe preparati a quelli che sarebbero stati lunghi mesi di lontananza.
Quando il fine udito di Sirius avvertì lo stridere lontano di qualcosa che si stava avvicinando, rizzò le orecchie e guardò Alexis, indicandole la strada.
Il Nottetempo stava arrivando.
La ragazza si abbassò in fretta e cinse il corpo canino di Sirius, affondando il viso nel suo pelo. «Ti voglio bene, Sirius» gli sussurrò all’orecchio, mentre lui le strofinava il muso su di una guancia. Appena i fari del Nottetempo li illuminarono, fuggì lontano, svanendo tra le siepi.
Con uno stridere fastidioso, una grande autobus blu a tre piani frenò di botto davanti ad Alexis che, ancora a terra, si alzò in fretta e si tolse un po’ di terriccio dalle ginocchia. Nello stesso momento, lo sportello dell’autobus si aprì e un ragazzo fece la sua comparsa: aveva una corporatura esile, il viso rovinato dall’acne adolescenziale e i capelli castani nascosti sotto un berretto blu, abbinato alla divisa che indossava.
«Benvenuti sul Nottetempo, mezzo di trasporto di emergenza per maghi e streghe in difficoltà. Mi chiamo Stan Picchetto e sarò il vostro bigliettaio per questa notte» disse, con voce atona, evidentemente stanco di annunciare qualcosa che doveva aver già ripetuto miliardi di volte. Lo sguardo di Stan percorse la figura di Alexis con interesse e curiosità. «Cosa ci fa una ragazzina come te, in giro a quest’ora?»
«Devo andare al Paiolo Magico» si limitò a rispondere lei.
«D’accordo, ho capito: non sei una tipa di molte parole. Avanti, entra!» Stan le indicò l’interno del bus e, mentre lei saliva le scale, le strappò un biglietto e glielo diede.
Alexis non era mai stata una ragazza fredda, che stava sulle sue, ma, per evitare di essere riconosciuta o di rivelare qualche informazione incriminante, aveva deciso di assumere un atteggiamento indifferente e scostante, e soprattutto di parlare il meno possibile.
Lo stesso avrebbe dovuto fare una volta arrivata ad Hogwarts… doveva pur sempre fingere di essere una Black, in fondo.
All’interno, il bus era davvero strano: non c’erano file di sedili, ma letti disordinatamente collocati, sopra alcuni dei quali dormivano delle persone.
Seguendo le istruzioni di Stan Picchetto, Alexis si sedette su un letto, alla fine del bus. Poi, ad un ordine del bigliettaio, il Nottetempo partì a tutta velocità. Alexis dovette sorreggersi a un palo del letto per non rovinare in terra. Si affacciò dal finestrino e scorse, lontani, due occhi azzurri rassicuranti, che la guardarono con intensità, prima di sparire nel nulla.
Il viaggio sul Nottetempo non fu dei migliori, ma per lo meno arrivò a destinazione sana e salva.
«Il Paiolo Magico» annunciò Stan Picchetto, e indicò fuori dal finestrino.
Alexis seguì la traiettoria del suo dito, fino a trovare, sotto un’insegna con su disegnato un calderone e le scritte “Il Paiolo Magico”, una porta in legno. Si rimise la borsa tracolla e, con tre piccoli salti, scese gli scalini del bus e salutò il bigliettaio e l’autista con un cenno del capo e un breve “grazie”. Il Nottetempo richiuse le sue porte e partì a tutta velocità, sparendo nella notte.
La porta del Paiolo Magico si aprì con un cigolio. Tutti i presenti si voltarono a guardarla, di certo domandandosi che ci faceva una ragazzina, lì, a quell’ora della notte.
Nervosa, Alexis abbassò lo sguardo; poi, si ricordò di quello che le aveva detto Sirius.
Una Black non abbassa mai lo sguardo. Una Black ha un comportamento fiero e altezzoso. Una Black non mostra imbarazzo o paura a nessuno.”
Così scosse la testa e rialzò lo sguardo.
Quando fu sicura che non sarebbe inciampata e che le sue gambe l’avrebbero sorretta, si incamminò verso il bancone in legno e ci si poggiò con le braccia, cominciando nervosamente a tamburellare le dita sul ripiano. In realtà era solo tesa, ma quel gesto sarebbe benissimo potuto passare per irritazione.
L’uomo anziano dietro al bancone si avvicinò e la osservò titubante attraverso un paio di occhiali dalle spesse lenti. «Posso fare qualcosa per lei, signorina?» le chiese, sforzandosi di essere gentile e di non apparire troppo turbato.
«Mi occorre una stanza per la notte.»
L’uomo la guardò spiazzato e sbatté le palpebre. «Ho capito bene, signorina? Vuole pernottare qui?» ripeté non sicuro di aver afferrato il senso delle sue parole. Sperava di aver capito male e che in realtà quella piccolina stesse cercando i suoi genitori, che albergavano lì.
«Esatto» rispose lei con semplicità. Poi, vedendolo ancora indeciso, tirò fuori dalla borsa cinque Falci d’argento, che le aveva dato Sirius per pagare la notte al Paiolo Magico, e li mise sul bancone.
L’uomo la guardò sorpreso, ma percependo la determinazione nel suo sguardo, decise di non fare troppe domande. «Bene…bene…» farfugliò tra sé. Prese i cinque Falci e li ripose nella cassa, per poi afferrare un foglio di pergamena e una piuma nera. «Stanza numero tredici, ti accompagnerà Tom» le disse, e indicò, con un cenno del capo, un uomo brutto e tarchiato che si stava avvicinando. «Posso sapere il suo nome e per quanto tempo ha intenzione di rimanere qui?» aggiunse, cominciando a segnare alcune cose sulla pergamena.
«Mi chiamo Alexandra Black. Resterò qui per una sola notte.»
All’udire quel cognome, tutto il pub si congelò nel silenzio più totale. Sirius l’aveva avvertita che una reazione del genere fosse probabile, ma l’aria pesante che si era creata attorno a lei le calò lo stesso sul corpo come un macigno.
Si sforzò di restare calma, per evitare al panico di impadronirsi di lei, eppure, dentro di sé, il cuore aveva preso a battere frenetico. Sentiva tutti gli occhi puntati addosso, che le trafiggevano la schiena come mille e acuminate lame di ghiaccio.
Dopo la prima sorpresa, l’uomo si riprese e si affrettò a segnare nome e durata del pernottamento sulla pergamena. «La prego di scusarmi se ci ho messo tanto tempo, signorina Black! Ecco la chiave della sua stanza, le auguro la migliore delle permanenze presso la mia umile osteria» disse in fretta e a disagio, e le porse una chiavetta. Aveva d’un tratto assunto un atteggiamento così ossequioso che Alexis quasi temette di vederlo prostrarsi in una riverenza.
Lo guardò sconcertata.
Possibile che i membri della famiglia Black facciano questo effetto? Che mai hanno fatto per instaurare nella gente tanto terrore?
L’uomo tarchiato, che il proprietario del locale aveva detto chiamarsi Tom, le fece cenno di seguirlo, senza mai incrociare il suo sguardo, e con fretta cominciò a salire la scala che li avrebbe condotti al piano superiore. Alexis lo seguì, osservando di sottecchi la sala che si era ammutolita: tutti erano apparentemente concentrati su ciò che avevano di fronte, gli occhi fissi su piatti, bottiglie e ripiani di tavoli vuoti.
Una volta arrivata in camera, si chiuse la porta alle spalle e vi si poggiò sopra, sospirando stanca. Si trascinò accanto al letto e lasciò cadere la borsa sul pavimento, quindi si distese e si raggomitolò in posizione fetale.
Tutti quegli sguardi timorosi, tutto quel gelo: era questo che si sarebbe dovuta aspettare, una volta arrivata a Hogwarts? Che cosa avrebbe pensato la gente di lei, sapendo che era una Black e, ancora peggio, la presunta sorella minore di colui che tutti credevano un pluriomicida? I suoi compagni di scuola l’avrebbero guardata con disprezzo, disgusto, paura? Avrebbe dovuto sopportare tutto ciò? Non era sicura che sarebbe riuscita a farcela. Specialmente quando, incontrando suo fratello, avrebbe incrociato il suo sguardo carico di odio, che spettava alla sorella di colui che credeva avesse ucciso i suoi genitori. Come avrebbe fatto a resistere? Lontana da Sirius, oltretutto, che era l’unico in grado di risollevarle il morale e di farla stare bene. Cosa ne sarebbe stato di lei?
Non seppe mai quale fosse la risposta a tutte quelle domande – e, soprattutto, se ce ne fosse una. Qualche secondo dopo, vinta dalla stanchezza, si era addormentata.
   
 
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