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Autore: ValeDowney    03/01/2015    4 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Rose of true Love

 
 
 
Capitolo V: Il Patto del Cappello - Seconda Parte



 
Storybrooke
 
Emma, Henry e Rose erano in macchina diretti alla casa del Sindaco. Rose se ne stava seduta dietro, guardandosi a destra e a sinistra, sbuffando. Non voleva rivedere Regina. Le bastava già vederla quando andava a cercare Henry, dopo che questi mancava da casa da un po’. Quindi pensò a qualcosa che avrebbe fatto fermare Emma. Incominciò a dare dei calci al sedile del guidatore.
Dapprima Emma cercò di ignorarla, ma più la bambina continuava e più il fastidio aumentava. Finché voltò lo sguardo e disse: “Devi proprio dare dei calci al sedile?!”
“E’ meglio che guardi avanti, se non vuoi che facciamo un incidente” disse Rose. Emma la guardò malamente, poi ritornò a guardare la strada con sguardo furente. Ma Rose non aveva ottenuto ciò che voleva ed era intenzionata ad andare fino in fondo.
Quindi disse: “Devo andare in bagno.”
“Fra poco saremo arrivati. Potrei farla nel bagno a casa di Henry” disse Emma.
“A me scappa adesso” disse Rose.
“Trattienila ancora un po’” disse Emma.
“Vorrà dire che la faccio qua” disse Rose e, sentendo ciò, Emma frenò di colpo. Aprì la portiera e mise avanti il sedile. Guardò Rose e le disse: “Su, scendi !” Rose scese e camminò . Emma la seguì.
“Avanti, falla” disse Emma. Davanti a loro c’erano dei cespugli. Rose la guardò stranamente dicendole: “Stai scherzando, vero?”
“Tanta gente la fa nei cespugli. Fa' una cosa veloce” disse Emma.
“Ma c’è Henry” disse Rose.
“Allora va dietro i cespugli, così che Henry non ti veda” disse Emma ma Rose, sorridendo maliziosamente, se ne corse via.
Emma la seguì per pochi metri, poi si fermò, dicendo: “Che piccola peste. Spero di non rivederla più.” E rientrò in macchina, chiudendo la portiera. Guardò Henry dicendogli: “Hai degli strani amici.”
“Paige non è ancora amica mia, ma sono sicuro che lo diventerà” disse Henry. Emma scosse negativamente la testa e poi partì.
Rose correva a perdifiato, raggiungendo il Bed & Breakfast di Granny. Per mantenere la nipote aveva affittato quell’edificio, trasformandolo in un posto per dormire e mangiare. Ma gli affari non andavano bene. La gente che ci andava era poca, così come pochi erano i soldi che entravano e, con l’affitto che dovevano dare mensilmente al Signor Gold, avrebbero rischiato di chiudere.
La bambina salì le scale sul retro e, quando arrivò in cima, stava per aprire la porta quando questa si aprì, facendo cadere la giovane Gold a terra. Sulla soglia comparve una ragazza dai capelli lunghi e neri con striature rosse e un vestiario alquanto provocante, soprattutto dalla gonna, anch’essa rossa, molto corta.
“Rose, non dirmi che sei scappata un’altra volta da tuo padre?” domandò la ragazza. Rose alzò lo sguardo e le rispose: “Stavolta no, Ruby.”
La ragazza l’aiutò a rialzarsi, dicendole: “Vieni dentro, prima che qualcuno ci veda.” Dopo che la bambina fu entrata, chiuse la porta. Si trovavano al piano superiore della locanda, dove c'erano tutte le stanze per gli ospiti.
“Allora, cosa hai combinato questa volta?” chiese Ruby mentre camminavano fianco a fianco per il corridoio.
“Niente di che. Volevo solo uscire un po’” rispose Rose.
“L’ultima volta eri scappata da tuo padre, dopo che avevi rotto un prezioso vaso in casa vostra. Come andò a finire? Non me lo ricordo” disse Ruby.
“Stranamente papà non si arrabbiò più di tanto. Mi diede solo una piccola sgridata dicendomi che non dovevo giocare a palla in casa” disse Rose. Ruby la guardò stranamente e quindi Rose aggiunse: “Fuori pioveva e mi stavo annoiando. Dovevo pur trovare un passatempo, no?”
“Se stavolta non c’entra tuo padre, perché sei scappata?” domandò Ruby riguardando avanti.
“Hai presente Paige?” chiese Rose.
“Mai sentita nominare” rispose Ruby.
“E’ una bambina pressappoco della mia età – forse di un anno più grande. Ha i capelli lunghi e biondi. Indossa una sciarpa. Un lungo cappotto un po’ sporco e una cuffia. È un po’ strana, ma è mia amica” spiegò Rose.
“E lei cosa centra?” domandò Ruby.
“Era venuta a casa mia dicendomi che voleva andarsene. Così ho deciso di accompagnarla fino al confine per poi prendere un bus e andare a cercare Henry” spiegò Rose. Ruby si fermò, così come la bambina e guardando stupita chiese: “Avevi veramente intenzione di lasciare la città?!”
“Bè… sì, ma per una buona causa. Ma non ti preoccupare, perché Henry è ritornato prima che potessi farlo” rispose Rose.
“Sicuramente tuo padre si sarebbe infuriato, ma sai cosa ti dico? Ben gli sta” disse Ruby e riprese a camminare.
“Ehi, non è carino quello che hai detto riguardo il mio papà. Lo so che non è molto amato in questa cittadina, ma io non gli spezzerei mai il cuore e sono sicura che tu non farai lo stesso con tua nonna” disse Rose.
“Quella vecchia tira fuori qualsiasi male pur di tenermi qua con lei” disse Rudy.
“Sono sicura che non fa apposta, e poi devi capire che è anziana ed è l’unica famiglia che ti è rimasta. Proprio come io ho solo il mio papà” disse Rose abbassando lo sguardo. Rudy si addolcì e, abbassandosi, mise una mano sotto il mento della bambina, alzandoglielo, e le disse: “Scusami, scricciolo. Non volevo dire delle brutte cose sul tuo papà. È normale per te vederlo come un uomo buono e gentile, visto che ti riempie sempre di regali, coccole e cerca di proteggerti da qualsiasi cosa. Ma per noi altri abitanti è difficile vederlo sotto questo aspetto. Capisci?”
“Sì, capisco. Ma non importa. Basta solo che non vi cacci perché non potrei vivere senza di voi” disse Rose e abbracciò la ragazza. Poi quest’ultima si rialzò dicendo: “Ok, sarà meglio muoverci prima che mia nonna ci scopra.” Ma appena stavano per scendere le scale, da una delle stanze comparve proprio Granny.
“E lei che cosa ci fa qua?!” domandò stupita Granny.
“E’ venuta a trovarmi” rispose Ruby.
“E’ scappata un’altra volta da suo padre, non è così?! Non voglio che il Signor Gold ci aumenti l’affitto solo perché teniamo segregata sua figlia” replicò Granny.
“Non la teniamo segregata, e poi Rose stava giusto per andarsene, vero?” disse Ruby.
“Sì… sì. Ero solo passata per un saluto” disse Rose. Granny la guardò poco convinta. Poi spostò lo sguardo sulla nipote, chiedendole: “E tu invece dove pensavi di andare?”
“Fuori con gli amici” rispose Ruby.
“Lo sai che non puoi uscire a quest’ora” disse Granny voltandosi e scendendo le scale. Ruby e Rose la seguirono.
Ruby sbuffò dicendo: “Non mi fai mai uscire. Per te devo rimanere confinata qua dentro.”
“E’ già tanto che ti permetta di lavorare alla tavola calda. Con tutte le volte che mi hai disubbidito dovresti rimanere veramente confinata qua dentro” disse Granny.
“Il tuo problema è che non ti rendi ancora conto che non sono più una bambina” replicò Ruby, arrivando alla fine delle scale.
“Sei una ragazzina ribelle! Vedrai quando non ci sarò più quanto mi rimpiangerai” disse Granny e si voltò verso le due.
“Ti piacerebbe, e poi non è detto che voglia ereditare questo postaccio e la tavola calda” disse Ruby.
“Non voglio mandare all’aria anni di sacrificio solo perché una ragazzina viziata vuole fare quello che le pare” replicò Granny.
“Perché la suddetta ragazzina viziata è stufa di ascoltare la nonna brontolona” disse Ruby.
“Lo so che non dovrei intromettermi, ma non mi sembra il caso di litigare su queste cose. L’importante è rimanere tutte e due sotto lo stesso tetto come famiglia” disse Rose.
“Sto incominciando a dubitare che sia mia nonna” replicò Ruby.
“Dovrei farti lavare la bocca con il sapone da bucato con tutte le brutte parole che escono da essa!” replicò Granny e Rose si coprì la bocca con le mani. La campanella della porta suonò ed entrò proprio l’ultima persona che Rose voleva vedere.
“Signor Gold, se è venuto per l’affitto, le dico subito che non ho ancora tutti i soldi da darle” disse Granny, voltandosi verso chi era appena entrato.
“Sono consapevole della sua arretratezza nei pagamenti. In compenso sono venuto a ritirare qualcosa di mio. Puoi anche uscire, Rose” disse Gold visto che, nel frattempo che era entrato, la figlia si era nascosta dietro a Ruby.
Rose rispuntò da dietro la ragazza semplicemente dicendo: “Ciao papà.”
“Credo tu abbia già recato troppo disturbo alla Signora Lucas e a sua nipote. E’ ora di ritornare a casa” disse Gold. Rose si voltò verso Ruby: “Grazie per avermi coperta…un’altra volta.”
“Lo sai che puoi venire qua quando vuoi, scricciolo. Ma solo dopo che sai che tuo padre non sarà nei paraggi per un po’” disse Ruby e Rose rise piano. Poi guardò Granny: “Mi scusi se sono entrata qua senza preavviso” disse.
“Oh, non importa. Basta solo che poi tuo padre non ci aumenti l’affitto” disse Granny guardandola.
“Gli dirò di non farlo” disse Rose e, voltandosi, andò dal padre. Gold guardò le altre e disse, rivolto a Granny: “Passerò domani per l’affitto, e stavolta faccia in modo che i soldi ci siano tutti. Non chiuderò un occhio come l’ultima volta solo perché avevate coperto mia figlia” e voltandosi, insieme alla figlia uscì. Salirono sulla Cadillac e partirono.
Il viaggio fu silenzioso e stranamente Gold non l’aveva nemmeno sgridata. Ma Rose sapeva benissimo che, quando suo padre era così calmo, voleva dire esattamente il contrario. Il vero rimprovero sarebbe arrivato solo dopo. Ma la strada che Gold aveva preso non era quella per la loro casa.
“Papà… ehm… dove stiamo andando? Non mi sembra la strada di casa” domandò preoccupata Rose. Che suo padre volesse disfarsi di lei? Cosa improbabile ma non impossibile, visto che nelle ultime settimane lo aveva fatto preoccupare non poco.
“Devo solo fare una piccola sosta” rispose Gold e si fermarono di fronte a una villetta. Mentre suo padre usciva dalla macchina, Rose guardò fuori dal finestrino riconoscendo quella villetta per quella di Lucy. Non aveva voglia di vedere quell’antipatica. Chissà cosa aveva in mente suo padre.
Gold comparve di fronte al finestrino della figlia, dicendole: “Tu rimani qua. Non ci metterò troppo” e voltandosi camminò fino all’ingresso. Suonò al campanello e poco dopo venne ad aprire un uomo. Molto probabilmente si trattava del padre di Lucy. Capì che Gold disse qualcosa all’uomo, perché questi si fece da parte facendolo entrare, per poi entrare anche lui, chiudendo la porta. A Rose non rimase altro che aspettare.
Passarono circa una ventina di minuti, quando Gold uscì e Rose poté vedere sulla soglia della porta il padre di Lucy con un’espressione molto preoccupata tanto che si stava anche pulendo la fronte con uno straccetto dal gran che sudava.
Gold salì in macchina e senza dire nulla ripartì. Ritornarono presto a casa e, come ogni sera, Gold diede la buonanotte alla figlia, mettendola a letto e sistemandole le coperte. Rose era rimasta senza parole dal comportamento del padre. Né un rimprovero. Né una sgridata. Forse era semplicemente solo stanco di farle tutte le volte la ramanzina e per questa volta non le aveva detto nulla.
Era notte fonda quando Rose sentì come un tirarsi le coperte. Aprì gli occhi ma davanti a sé non vide nessuno. Prima che richiuse gli occhi, sentì nuovamente tirare le coperte. Si mise seduta per vedere Excalibur sul letto.
“Excalibur, che cosa ci fai qua?!” disse stupita Rose accarezzando la volpe sulla testa. L’animaletto emise dei versetti. Rose la prese in braccio e, dopo essere scesa dal letto, uscì dalla camera. Camminò per un breve tratto di corridoio per poi entrare nella camera di suo padre, che era adiacente alla sua. Si avvicinò alla parte di letto dove dormiva e, scuotendolo leggermente, disse: “Papà. Papà. Svegliati.”
Gold aprì lentamente gli occhi e vedendo la figlia chiese: “Rose, che cosa ci fai in piedi?” Ma appena la figlia avvicinò Excalibur al suo viso e questi glielo leccò, capì il perché.
“Sai del perché Excalibur si trova in casa nostra?” domandò Rose.
“Ti sei già dimenticata del patto che avevamo fatto?” chiese Gold.
Rose sorrise per poi domandare: “Davvero potrà vivere con noi?”
“Io mantengo sempre i miei accordi. E poi non sei più andata da sola nella foresta e non hai più iniziato una lite che sia finita con qualcuno di ferito. Quindi questa volpe può vivere con noi” spiegò Gold. Rose sorrise e dopo aver messo Excalibur sul letto, lo abbracciò dicendogli: “Grazie. Grazie papà.”
“Rose, mi potrai ringraziare anche domani. Ora ritorna a letto, che è tardi” disse Gold. Rose si staccò dall’abbraccio e andò dall’altra parte del letto, verso la porta. Poi si fermò e voltandosi semplicemente disse: “Papà.”
“Ho capito” disse Gold guardandola e dopo aver spostato la coperta, aggiunse dicendo: “Vieni sotto.” Rose sorrise e andò nel letto, mettendosi accanto al padre che le mise meglio la coperta. Poi entrambi guardarono Excalibur e Gold disse: “Excalibur, scendi.” Ma la volpe se ne rimase sulla coperta.
“Ho detto scendi e dormi sul tappeto” ripeté Gold, ma Excalibur, invece di ascoltarlo, si acciambellò.
“Che testona. Chissà chi le ha dato questo vizio” disse Gold, coricandosi.
“Per stasera lasciamola qua. Si vede che vuole stare in nostra compagnia” disse Rose coricandosi anche lei.
“Da domani voglio che dorma nella cesta in salotto” disse Gold.
“Da quando c’è una cesta per lei in salotto?” chiese Rose.
“Ne avevo una messa da parte. Domani la tirerò fuori, ma ora dormi” rispose Gold e Rose socchiuse gli occhi.

 
Foresta Incantata


“Papà, dove dormirà questa volpe?” domandò Grace. Il padre alzò per un attimo lo sguardo dal cappello che stava fabbricando e guardando la figlia le rispose: “Falla dormire lì accanto al caminetto.”
“Ma avrà freddo, e il Signore Oscuro ha detto che dobbiamo trattarla bene. Se si ammalerà, il Signore Oscuro si arrabbierà molto” disse Grace.
“Il patto che hai stretto con lui prevede che fabbrichi un cappello magico, e ancora non ci sono riuscito” disse l’uomo.
“Ma ci ha anche detto di occuparci, nel frattempo, della sua volpe e sicuramente non vorrà che la trattiamo male. Non è che per stasera può dormire sul letto?” chiese Grace. L’uomo spostò lo sguardo dalla figlia al cucciolo di volpe che lo guardò a sua volte, spostando da un lato lo sguardo ed emettendo dei versetti. Poi riguardò la figlia e sospirando rispose: “Va bene, ma solo per stanotte.”
Grace sorrise e, andando ad abbracciare il padre, disse entusiasta: “Grazie. Grazie, papà. Ti voglio tanto bene.”
“Ti voglio tanto bene anche io, ma ora va a letto che è tardi” disse l’uomo e la figlia, tenendo in braccio il coniglietto di peluche, andò sotto le coperte, mentre il cucciolo di volpe vi saltò sopra.
“Ma che non sia un’abitudine, mi raccomando” disse l’uomo guardandole.
“Intanto rimarrà con noi per altri due giorni. Poi se ne andrà con il suo padrone” disse Grace.
“Già… due giorni” disse l’uomo ritornando a guardare ancora il tanto lavoro che doveva svolgere.
Il giorno seguente l’uomo si svegliò, accorgendosi di essersi addormentato sul tavolo da lavoro. Si guardò intorno chiamando la figlia, ma quando questa non gli rispose, si alzò e si agitò. Non era in Grace uscire di casa senza dirgli nulla e per giunta mancava anche quel cucciolo di volpe.
Aprì la porta e fu lì che vide la figlia che teneva in mano una cesta e il cucciolo di volpe che camminava al suo fianco. A passo veloce andò da loro per poi dire: “Grace! Bambina mia, credevo ti fosse successo qualcosa di brutto” e la strinse forte a sé.
“Papà, ero solo uscita per andare a raccogliere funghi da portare al villaggio. Ho visto che dormivi e non ho voluto svegliarti. Ho portato con me Excalibur, visto che ha un ottimo fiuto” spiegò Grace.
“Non sappiamo se ci possiamo fidare di questo cucciolo di volpe conoscendo il suo padrone. Poteva portarti in qualche posto pericoloso” disse l’uomo ed Excalibur gli ringhiò contro.
“Non mi è successo nulla e con Excalibur ero al sicuro” disse Grace.
“Si vede infatti cosa ti è successo l’ultima volta quando sei stata con lei” disse l’uomo.
“Non è colpa di Excalibur se ero finita in quella trappola” disse Grace.
“Magari era pure d’accordo con il suo padrone e, guardo caso, poco dopo è comparso proprio lui per salvarti e stipulare quel patto” disse l’uomo.
“Papà, perché non continui a fabbricare quel cappello mentre io ed Excalibur andiamo al villaggio a cercare di vendere qualche fungo?” propose Grace.
“Sicura che siano commestibili? Magari questa volpe ti ha fatto prendere funghi velenosi” domandò l’uomo.
“Dobbiamo fidarci di Excalibur” rispose Grace. L’uomo guardò il cucciolo di volpe che abbassò lo sguardo sull’orologio che portava al collo per poi riguardarlo.
“Sì, sì, lo so che ho solo quarantott'ore ore per finire quel cappello. Anzi, mi rimangono meno ore e ancora non so renderlo magico” disse l’uomo.
“Il Signore Oscuro ti ha dato tutto l’occorrente. Qualcosa da rendere magico quel cappello ci deve pur essere, no?” disse Grace. L’uomo sorrise e, mettendo una mano sulla testa della figlia, le disse: “Promettimi che tu e questa volpe starete lontane dai guai.”
“Va bene, papà. Te lo prometto” disse sorridendo Grace e, dopo aver abbassato lo sguardo, aggiunse dicendo: “Andiamo, Excalibur” e voltandosi se ne andò verso il villaggio, seguita dal cucciolo di volpe. L’uomo li guardò, poi rientrò in casa, ritornando al suo lavoro.
Poco dopo, al villaggio, Grace non era riuscita a vendere neanche un fungo. “Non possiamo ritornare a casa senza aver guadagnato nulla. Papà ci rimarrà molto male e noi non avremo neanche pane da mangiare” disse Grace, mentre se ne stava seduta su di un gradino. Excalibur, che stava accanto a lei, la guardò abbassando tristemente le orecchie.
“Forse non ne abbiamo venduto neanche uno perché a nessuno piacciono i funghi o forse perché papà ha ragione” iniziò col dire Grace e, guardando Excalibur, terminò col dire: “Non è che mi hai fatto veramente prendere dei funghi velenosi?”. Il cucciolo di volpe scosse negativamente la testa per poi drizzare le orecchie ed alzare il muso.
 
“Excalibur cosa c’è?” chiese Grace guardandola e il cucciolo di volpe se ne andò correndo. Grace si alzò ma, nella fretta, le cadde il cestino. Tutti i funghi caddero a terra. La bambina si abbassò per raccoglierli e rimetterli nel cestino, quando un’ombra comparì sopra di lei. Alzò lo sguardo per vedere un’anziana mendicante di certo non di bell’aspetto.
“Hai bisogno d’aiuto, piccina?” domandò l’anziana donna.
“No, no grazie, ci riesco da sola” rispose Grace.
“Lascia che ti dia lo stesso una mano. Non voglio che ti sporchi queste belle manine” disse l’anziana, abbassandosi e aiutando la bambina a rimettere i funghi nel cestino. Ci fu un po’ di silenzio, ma l’anziana poi chiese: “Che cosa ci fai qua tutta sola?”
“Non sono da sola. Con me c’è Excalibur” rispose Grace. L’anziana la guardò stranamente, ma fingendo di crederle disse: “Sì sì, infatti mi è parso di vederla” – anche se la mendicante pensava che la bambina si riferisse alla prodigiosa spada che si diceva che fosse ora in possesso del Signore Oscuro.
“Se ne è andata all’improvviso, lasciandomi qua da sola. Non so cosa le sia preso” disse Grace.
“Dammi retta, piccina. Non pensarci più e vedrai che starai meglio” disse l’anziana e finirono di mettere i funghi nel cestino. Entrambe si rialzarono.
“Grazie, è stata molto gentile. Come potrò mai sdebitarmi?” domandò Grace.
“Oh, ma non mi devi nulla. Che ne dici, invece, se ti compro tutti questi funghi?” propose la mendicante.
“Davvero?!” disse stupita Grace. La mendicante sorrise maliziosamente per poi dire: “Ma certo, ma voglio qualcosa.”
“Ha appena detto che non le dovevo nulla” disse Grace.
“Lo so quello che ho detto, ma è anche vero che non posso dare del denaro così per niente. Allora, accetti?” disse la mendicante e Grace la guardò in silenzio.
Nel frattempo, Excalibur aveva seguito la traccia che l'aveva condotta in una locanda. Salì su un barile e guardò dalla finestra. L’interno brulicava di molta gente, perlopiù vecchi ubriaconi o persone di porto. Il suo fiuto continuava a lavorare e fu costretta a entrare nella locanda cercando anche di non farsi calpestare o vedere dalla gente che c'era. Si andò a nascondere dietro a delle casse. Spuntò con la testa e guardò davanti a sé dove, seduti a un tavolo, c'erano due uomini. Da come erano vestiti, probabilmente erano uomini di mare.
“Ed io ti ripeto che quell’uccello esiste veramente. L’ho visto con i miei occhi” disse uno dei due.
“Tu mi vuoi far credere di aver visto il leggendario uccello di Pedra, noto anche come Roc?” chiese l’altro.
“Esattamente. E’ apparso sopra la mia nave mentre navigavamo accanto alle coste arabe. Ho perso alcuni dei miei uomini durante il suo attacco e anche una gamba” rispose il primo mostrando la gamba destra che ora era di legno.
“John, lo sanno tutti che quell’uccello è stato solo un’invenzione per non permettere a quelli come noi di sbarcare sulle coste arabe e rubare gli antichi tesori di quella terra” disse il secondo.
“Nathaniel, mio fedele amico, lo sai benissimo che non ti mentirei mai e non ti avrei raccontato questa storia se non avessi la mia stiva piena di oro e gioielli e queste” disse John e mostrò all’amico due penne dorate. Sia a Nathaniel che a Excalibur luccicarono gli occhi non appena videro quelle penne. Sapeva che il suo fiuto non sbagliava mai e che, in quella locanda, c’era qualcosa di magico.
“Brillano come oro” disse Nathaniel allungando una mano verso le piume, ma John le ritrasse velocemente dicendo: “Ci ho rimesso una gamba per averle e di certo non le darò via così facilmente.”
“Cosa vuoi? Oro? Gioielli?” domandò Nathaniel.
“Come ti ho detto prima, ne ho la stiva piena di quelli, anche se più oro e gioielli non mi dispiacerebbero” rispose John.
“John, siamo solo due umili mozzi. Il capitano non apprezza questi comportamenti scellerati” disse Nathaniel.
“Al diavolo il capitano! Non è grazie a Bones che la stiva sarà piena di oro” replicò John.
“Vuoi dire che la nave con la quale hai fatto rotta verso le coste arabe non era la tua?” chiese Nathaniel.
“No. L’ho rubata” rispose John.
“Questo vuol dire comportarsi da…” iniziò col dire Nathaniel e avvicinandosi all’amico, terminò sussurrando: “….pirati.”
John rise per poi dire: “Amico mio, come hai detto tu non siamo che due umili mozzi. Che futuro mai potremmo avere nella pirateria? Mozzi siamo nati e mozzi moriremo.” Poi guardò una cameriera e gridò: “Altri due boccali di birra! Dobbiamo festeggiare!”
Excalibur li guardò spostando da un lato la testa per poi guardare un’aitante ragazza portare loro delle birre. Prima però che la ragazza andasse a prendere altre ordinazioni, John la prese per un braccio, facendola sedere sul ginocchio sinistro. Anche se la ragazza non era molto contenta, il cuoco e il suo amico sembravano invece gradire molto la sua compagnia.
Mentre erano distratti, il cucciolo di volpe, quatto quatto, si avvicinò al tavolo andando sotto di esso. Si fermò proprio ai piedi della ragazza e, con una zampa, le toccò il vestito. La ragazza, pensando che a toccarla fosse stata John, voltò lo sguardo verso di lui mollandogli uno schiaffo su una guancia.
“Ehi dolcezza, ma cosa ti prende?” disse John, toccandosi la guancia dolorante.
“Screanzato!” replicò la ragazza andandosene. Nathaniel rise e John replicò guardandolo: “Cosa ridi?! Non rideresti così se, al posto mio, avesse schiaffeggiato te!”
“Ma non sono stato io a toccarla” disse Nathaniel.
“E nemmeno io se è per questo” replicò John prendendo in mano il suo boccale di birra. Excalibur si mise ai piedi di Nathaniel, mordendogli e tirandogli i pantaloni. Di conseguenza l’uomo diede inavvertitamente un calcio all’amico facendogli versare addosso un po’ di birra. John guardò malamente Nathaniel che gli domandò: “Perché mi guardi così?”
“Dillo che lo hai fatto apposta” replicò John.
“Fatto cosa?” chiese Nathaniel.
“Farmi versare la birra addosso” rispose John.
“Non so di che cosa tu stia parlando” disse Nathaniel quando John lo prese per la maglietta replicando: “Non fare il finto tonto! La birra non è mi caduta addosso da sola!”
“Forse sei stato solo un po’ sbadato” disse Nathaniel.
“Sai benissimo che non sono un tipo sbadato! Quindi porgimi subito le tue scuse!” replicò John.
“Non porgerò le mie scuse per qualcosa che non ho fatto!” replicò Nathaniel quando ricevette un pugno in faccia proprio da John. Nathaniel indietreggiò toccandosi il naso. Poi alzò lo sguardo e si fiondò su John. I due si picchiarono, rotolarono a terra mentre gli altri presenti li guardavano. Approfittando della ressa, Excalibur uscì da sotto il tavolo tenendosi però a debita distanza dai due che stavano litigando. Di certo non voleva finire con qualcosa di rotto, anche perché poi Tremotino avrebbe dato la colpa a Grace e a suo padre, visto che proprio loro due avevano la responsabilità su di lei.
I due stavano continuando a rotolare per terra quando le due piume sfuggirono dalla mano di John. Excalibur fece un balzo prendendole con la bocca, per poi andarsene verso l’uscita. John e Nathaniel stavano ancora litigando quando John si accorse di non avere più le piume.
“Le piume! Dove sono finite le mie piume?!” replicò John guardandosi intorno. Anche Nathaniel si guardò intorno per poi indicare davanti a sé e dire: “Eccole lì, le tue piume. Le ha quel cucciolo di volpe.”
Sentendosi nominare, Excalibur si fermò e si voltò. Lo sguardo di John divenne furioso. Poi replicò: “Maledetto topo troppo cresciuto con la pelliccia!” E alzandosi, mettendo una mano sul tavolo, prese la sua gruccia e corse dietro al cucciolo di volpe insieme all’amico. Excalibur correva a più non posso, facendosi largo tra la folla.
“Se ti prendo, ti uso come ingrediente in  una delle mie ricette!” replicò John.
“Ora non esagerare” disse Nathaniel.
“Dico davvero. Quella è una volpe morta se non mi ridà subito le mie piume!” replicò John. Ma, quando voltarono l’angolo, del cucciolo di volpe non c'era più traccia. Si guardarono intorno, non trovandola.
“Dove è finita quella bestiaccia?! Non può essere sparita nel nulla!” replicò John.
“Sarà qua nei paraggi. Basta che la cerchiamo bene” disse Nathaniel.
“Non voglio perdere tempo con quel topo troppo cresciuto con la pelliccia, ma non ho altra scelta perché quelle piume sono molto importanti” disse John. Lui e l’amico se ne andarono a cercare il cucciolo di volpe da un’altra parte. Ma Excalibur era sempre stata sotto i loro occhi. Di fatti comparve con la testa da dentro un barile per poi uscirne completamente. Si scosse levandosi tutta l’acqua e poi, emettendo dei versetti simili come se ridacchiasse, ritornò a dove aveva lasciato Grace.
“Allora... la tua risposta, piccola” disse mendicante.
“Io… io…” disse titubante Grace.
“E’ inutile che ci metti così tanto tempo, piccina. Con il denaro che ti darò tu e il tuo papà potrete comprarvi tutto ciò che volete” disse la mendicante e mostrò un sacchetto pieno di monete d’oro.
“Però lei cosa vuole in cambio?” domandò Grace.
“Oh, una sciocchezza. Voglio che…” iniziò col rispondere la mendicante ma venne interrotta dalla bambina che disse: “Excalibur!” Ed entrambe voltarono lo sguardo per vedere il cucciolo di volpe arrivare da loro. La bambina si abbassò accarezzandola sulla testa. La mendicante guardò come schifata quella scena. Come se non le piacessero le cose sdolcinate.
“Sono contenta che tu sia ritornata. Pensavo mi avessi abbandonata” disse Grace. Excalibur guardò la mendicante, ringhiandole contro.
“Excalibur, non fare così” disse Grace, ma il cucciolo di volpe continuava a ringhiare contro l’anziana donna che abbassandosi e allungando una mano disse: “Vieni qui, piccola. Non voglio farti del male.” Ma Excalibur si ritrasse, continuando a ringhiarle.
“Mi scusi, ma non so cosa le sia preso” disse Grace, guardando l’anziana.
“Non ti preoccupare. Allora, riguardo al nostro accordo. Se accetterai avrai tutte queste monete d’oro” disse la mendicante allungando il sacchetto pieno di monete d’oro a Grace. Quest'ultima lo guardò come affascinata e allungò una mano per prenderlo, ma, prima che potesse, Excalibur andò dietro la donna mettendo una zampa sopra al lungo mantello. Sentendosi tirare, l’anziana cadde all’indietro e il sacchetto le volò in aria per poi cadere a terra spargendo tutte le monete.
“Guardate. Oro!” gridò uno dei paesani e tutti accorsero a raccogliere più monete che poterono.
“Excalibur, ma cosa hai fatto?” chiese incredula Grace. Il cucciolo di volpe andò da lei per poi andarsene e facendole capire di seguirla. La bambina guardò la mendicante a terra. Poi guardò i paesani che continuavano a raccogliere le monete d’oro e, infine, riguardando la volpe la seguì.
Passò un altro giorno. Il terzo per la precisione e l’uomo aveva sì terminato il cappello ma non era magico. Era una comunissima tuba.
“Manca poco all’arrivo del Signore Oscuro e non so come rendere magico questo cappello. Farà del male a mia figlia, questo è sicuro” disse l’uomo mentre fissava il cappello davanti a sé. Voltò lo sguardo per vedere la figlia seduta a un tavolino, mentre serviva del tè invisibile a dei pupazzi e a Excalibur, seduta accanto a lei ma non su una sedia come la bambina.
“Altro tè, Mrs Fox?” domandò Grace tenendo in mano una teiera e guardando Excalibur, che abbassò lo sguardo quando la bambina versò il tè in una tazzina che poi mise davanti a lei. Il cucciolo di volpe guardò stranamente all’interno della tazzina, mettendoci fin dentro una zampa per constatare se ci fosse veramente o no qualcosa. Dopo essersi resa conto che non ci fosse nulla,  si alzò camminando verso il letto. Ci saltò su prendendo con la bocca le due piume dorate. Scese da esso andando dall’uomo, fermandosi accanto a lui.
L’uomo abbassò lo sguardo guardandola. “Cosa vuoi? Ritorna a giocare con mia figlia invece di importunarmi” le disse. Ma Excalibur lasciò cadere accanto a lui una delle due piume per poi ritornare a sedersi accanto a Grace. L’uomo si abbassò, raccogliendo la piuma e guardandola. Poi guardò il cappello, prendendolo con l’altra mano. Si alzò.
“Tesoro, sai da dove vengono queste piume?” chiese l’uomo, notando che il cucciolo di volpe ne aveva un’altra in bocca.
“Le ha trovate Excalibur da qualche parte. L'altro Ieri, quando è ritornata da me, le aveva già” rispose Grace, guardandolo. L’uomo guardò la piuma, dicendo: “Chissà a che uccello appartengono. Non avevo mai visto piume così. E poi devono valere una fortuna.”
“Vuoi venderle?” domandò Grace mentre prendeva un biscotto da un piatto che aveva sul tavolino.
“Potrei guadagnarci abbastanza per prenderti tutto quello che vuoi” rispose l’uomo. Grace stava per dare un biscotto a Excalibur quando si sentì una voce: “Se fossi in te non lo farei.” E comparve una nuvola viola che lasciò poi posto a Tremotino. Per l’improvvisa comparsa del Signore Oscuro, all’uomo cadde il cappello, che andò a finire sulla testa di Excalibur.
“Mi scusi, signore” disse Grace guardando Tremotino e rimettendo il biscotto sul piatto.
“Non avrete nutrito la mia volpe con quei biscotti? Spero di no, perché le potrebbe venire un forte mal di pancia” disse Tremotino guardando la bambina.
“Il suo cucciolo di volpe sta bene e non gli abbiamo mai dato quei biscotti” disse l’uomo. Tremotino lo guardò dicendo: “Tic tac, caro mio, il tempo è scaduto. Dove è il mio cappello?”
“Sulla testa della sua volpe, ma non è completo” disse l’uomo, mentre Tremotino, dopo aver abbassato lo sguardo, prendeva il cappello dalla testa di Excalibur.
“Hai avuto tempo tre giorni. Ti ho dato tutto il necessario per fabbricarlo. Non mi piace chi non rispetta un accordo. Farà una brutta fine” replicò Tremotino guardandolo.
“Glielo avevo detto che non avevo mai fabbricato un cappello magico” disse l’uomo.
“Però avevi accettato l’accordo. Vuoi davvero perdere la tua adorata figlia?” chiese Tremotino.
“Può darsi anche che funzioni” rispose l’uomo.
“Allora andiamo fuori a provarlo. Ma se non funzionerà, mi prenderò ciò che hai più caro al mondo” replicò Tremotino  e guardò Grace. I quattro uscirono e Tremotino depositò il cappello a terra. I quattro se ne stavano intorno ad esso.
“Coraggio, cappellaio. Fallo funzionare” disse Tremotino. L’uomo fissò il cappello non sapendo cosa fare. Poi camminò verso di esso e lo prese in mano. Provò a scuoterlo. A farlo ruotare. Ma nulla accadde.
“Lo sapevo. Ho solo sprecato il mio tempo. Di' pure addio a tua figlia, perché non la rivedrai più” disse Tremotino andando accanto a Grace, la quale lo guardò terrorizzata per poi guardare, nello stesso modo, anche il padre. L’uomo guardò la piuma dorata che teneva in bocca Excalibur e si ricordò della piuma che teneva in mano. Provò il tutto e per tutto e la gettò all’interno del cappello. All’inizio non accadde nulla. Poi dal cappello uscì una nube viola. L’uomo lo depositò subito a terra allontanandosi. Il cappello incominciò a girare e girare, sempre più velocemente, fino ad alzarsi in volo. Per la paura, Excalibur si andò a nascondere dietro a Tremotino, che disse ridendo: “Magnifico! Bravo cappellaio! Hai creato il cappello che volevo.” Ed il cappello ritornò a terra.
“Io non capisco. Ho semplicemente messo quella piuma dorata dentro al cappello” disse l’uomo ancora incredulo.
“La stessa che ha ancora Excalibur” disse Grace. Tremotino guardò Excalibur che lo guardò a sua volta tenendo ancora l’altra piuma dorata in bocca. Poi il Signore Oscuro guardò la bambina e le disse: “Ti ricordi che ti avevo detto che la mia volpe aveva fiuto per oggetti portentosi? Si dà il caso che questa piuma dorata, così come quella che si trova ora nel cappello, sia magica.” E prese la piuma dalla bocca di Excalibur.
“Ora che ho fabbricato il suo cappello magico, può anche lasciarci stare” disse l’uomo.
“Sì, hai ragione. L’accordo è finito. Ma la tua adorata figlioletta ha detto che mi avresti dato qualunque cosa” disse Tremotino guardandolo e sorridendo maliziosamente.
“Le ho dato questo cappello” disse l’uomo.
“Voglio qualcosa di più. Da ora in poi diventerai un mio fedele collaboratore. Mi aiuterai a trovare ogni sorta di oggetto magico” disse Tremotino.
“Non vedo come potrei. E poi ha già la sua fedele volpe ad aiutarlo” disse l’uomo.
“E’ vero, ma ci sono oggetti portentosi da molte parti. Mio caro, ora quel cappello è diventato una porta per altri mondi. Potrai viaggiare dove vorrai. Ed io ti ricompenserò con tutto l’oro che vorrai e tu e la tua bambina non dovrete più vivere in povertà. Inoltre tua figlia potrà giocare con Excalibur quanto vorrà” spiegò Tremotino.
“Anche un’anziana mendicante al villaggio mi aveva offerto del denaro, ma Excalibur l’ha fatta cadere e tutte le monete d’oro sono cadute a terra per poi essere prese dagli abitanti” disse Grace.
L’uomo la guardò non dicendo nulla, ma spostò lo sguardo su Tremotino quando questi gli domandò: “Come ti chiami, cappellaio?”
“Jefferson” rispose l’uomo.
“Molto bene, Jefferson. Quando avrò bisogno, verrò a cercarti” disse Tremotino sorridendo e, abbassandosi, prese in braccio Excalibur che guardò tristemente Grace. La bambina si avvicinò mentre teneva in mano un biscotto. Alzò lo sguardo e chiese: “Posso darglielo?” Tremotino alzò gli occhi al cielo. Poi rispose: “Va bene. Ma che sia solo uno. Le volpi non mangiano certe schifezze” e Grace diede il biscotto a Excalibur la quale se lo tenne in bocca. Poi lei e il suo padrone scomparvero in una nube viola.
Jefferson si inginocchiò e prese il cappello tra le mani. Grace si avvicinò a lui dicendogli: “Vedrai, papà. Ora le cose andranno per il verso giusto.” E i due si abbracciarono.





Note dell'autrice: Ed eccovi qua con un altro capitolo finito. Come avrete notato, è stata cambiata anche l'immagine di copertina e per il ruolo di Rose ho scelto Mackenzie Foy, la bambina di twiligh (sperando di aver scelto bene). Nell'episodio ho voluto inserire personaggi nuovi ( john e nathalien provengono, se non lo avete capito, dal romanzo L'Isola dei Tesoro di Stevenson ed in futuro diventeranno degli spietati pirati e quì ancora nn lo sono) ed inoltre l'anziana mendicante (della quale nn ho fatto descrizione) ma che vi dico di pensare chi era la cattiva di Rapunzel nel film disney. Passiamo al cappello. Nella serie nn viene mostrato come è reso magico così ho provato a pensare ad un modo per renderlo così ed anche del perchè in un episodio si vede jefferson lavorare per tremotino. Qualcosa devono aver stipulato no? Ho cercato in giro inerente a qualcosa di magico o comunque mitologico ed ho trovato il Roc un antico ed enorme uccello delle coste arabe e presente nei racconti delle Mille e una Notte. Inoltre in un episodio della serie televisiva a cartoni animati di Aladdin ( se ve la ricordate) alcuni malvibenti usano le piume di questo uccello per creare dei piccoli tornadi e l'idea del cappello che gira mi è venuta proprio da lì.

Va bè, lasciato tutta questa spiegazione volevo ringraziare tutti coloro che seguono e recensiscono la storia. Ringrazio anche la mia fedele (e con la santa pazienza) beta reader Lucia che mi ha anche aiutata a creare la copertina. Inoltre volevo ringraziare Spaponci (elena) che sta creando (e creerà) dei disegni sulla mia fanfict. Se volete passare a vedere un paio di disegni questo è il link: https://www.facebook.com/spaponci


Co questo vi auguro una bellissima e serena nottata. Al prossimo aggiornamento mie cari Oncers

  
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