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Autore: Gaia Bessie    05/01/2015    3 recensioni
N è riuscito a cambiare il mondo, esattamente come aveva programmato. O, almeno, è riuscito a cambiare Unima: la regione è adesso attraversata dal Muro, che divide gli uomini dai Pokémon. In un governo del terrore, dove ogni abitante vive nell'incertezza e nella possibilità di essere preso e usato come cavia per spaventosi esperimenti, N si trova troppo in alto per mollare ogni cosa e fuggire.
Touko è una ragazza in fuga. Oltre il Muro c'è una realtà che l'attrae come una calamita, una pace che a Unima non si prova più da tempo. Ma è in fuga anche dalle idee, da quel regime che le nega la sua vera essenza, quella di Allenatrice.
N continua a temere quella fitta al cuore, che gli annuncerà che lei è morta. Che non arriva. E lui vorrebbe soltanto andare a cercarla. Non sapendo che, in realtà, Touko è fin troppo vicina.
[Ferriswheelshipping]
Genere: Angst, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Nuovo personaggio, Touko
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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Note iniziali (che consiglio vivamente di leggere):

  • Sul contesto: questa storia è una sorta di "what if" distopico. Conseguenzialmente, non segue nessuna ambientazione specifica, in quanto parte da un mondo che non è presente nell'anime, nel videogioco e nel manga. Come base, in linea teorica che non credo svilupperò, in quanto i prequel non sono il mio pane, dovrebbe partire dall'ambientazione manga/videogioco. Ma, in ogni caso, non la segue. Quindi, non aspettatevi di trovare una canonica Unima. 
  • Sui personaggi: questa storia pretende anche di essere una Ferriswheelshipping, senza nemmeno troppe pretese. Quindi, va da sé che i personaggi protagonisti siano N e Touko. Ovvio OOC diffuso: non vorrei spoileare a manetta, ma causa psicologia spicciola e meccanismi di azione-reazione... insomma, c'è OOC. Imputabile al corso degli eventi. Ma c'è.
  • Sulle tematiche, linguaggio ecc: ovviamente sono tenuta a dire che verranno trattate tematiche molto forti e che potrebbero turbare il lettore. Parlo, nell'ordine, di riferimenti continui a: tortura (scene descrittive), stupri (attualmente un accenno, ma non si può mai sapere), antropofagia e via dicendo. Se non ve la sentite, non leggete. Io non le reputo scene pesantissime, ma ognuno ha concezioni diverse. A tratti, il linguaggio diventerà relativamente volgare, tratterà i sopracitati argomenti in una maniera che io non condivido affatto ma, a quanto pare, i miei personaggi hanno volontà propria. Per quanto riguarda il rating, attualmente è arancione con rischio di successivi cambiamenti. Vi terrò aggiornati.
  • Sul titolo: qui mi avrete presa per matta. "N Sinfonia" sembra un grande strafalcione. Ma, vi giuro, non è così. Ci sta dietro uno dei miei classici meccanismi da stramboide. Ecco, pensavo alle Sinfonie. "X Sinfonia", "XII Sinfonia" e numeri romani a seguire. Ora, non volevo scrivere qualcosa come "Sinfonia di N" perché era sinceramente orribile. Così, stendendo la trama, sono giunta a una conclusione spoilerosa che capirete verso metà storia (e io sarò lì a ridere). Quindi, sì, N in questo momento è un numero. Se avrete voglia di continuare a leggere, o di ricevere spoiler, lo scoprirete relativamente presto. Il sottotitolo, ovvero il titolo della storia, è "Primo movimento" in quanto wikipedia mi dice che la sinfonia è divisa in quattro parti. A sua volta, i titoli dei capitoli sono divisi in cinque sottogruppi (e qui entra in gioco il mitico #) a causa della divisione in 3+2 del primo movimento. Mi sono fatta una cultura.
  • Sugli aggiornamenti: conto di aggiornare il lunedì, una volta ogni due settimane, puntualità permettendo.
  • Sui riferimenti: le citazioni e vari riferimenti a periodi storici si trovano a fine capitolo.

 

 



 

N Sinfonia

Primo movimento

Introduzione (#1) - Murata viva

 

 




I passi risuonarono nella notte, attutiti dalla terra bruciata, attutiti dall'attenzione che prestava Touko a non calpestare l'erba secca, arsa. Il Muro era maledettamente vicino, una manciata di passi appena e sarebbe arrivata. Le venne da sorridere, appena cominciò a scorgere la premessa di un altro cielo, di un altro mondo. Venne brutalmente strattonata, per la vita, da mani scivolose – alla luce del sole si sarebbe accorta che erano scivolose di sangue – che le si appigliarono sulla maglietta, facendola rabbrividire. Si ritrovò a pregare, Touko, che si limitassero a ucciderla. Che la uccidessero perché sempre di liberazione si trattava, per favore, dovevano ucciderla.
L'uomo la lasciò andare, improvvisamente, e lei crollò a terra. Non ci provò nemmeno, a correre via. Se avesse mosso soltanto un passo, quello l'avrebbe acchiappata per i capelli e torturata, con grande, grandissimo piacere. Oh, sì. Lo sapevano tutti di che pasta erano fatte le squadre punitive, le Reclute, lo sapeva ogni persona che vivesse nella Nuova Unima. C'era sempre qualcuno disposto a raccontare di stupri, violenze, pestaggi e omicidi. Come se murarsi vivi in casa, per paura, fosse stata una scelta accettabile. Per Touko non lo era mai stata. Il Muro era un confine verso cui tendere, per natura, e oltrepassarlo sarebbe anche stato semplice, se soltanto non fosse stato per le Squadre di Sorveglianza. Sarebbe bastato arrampicarsi e scavalcare, c'era erba morbida dall'altro lato, e nessuno pronto a tagliarti la gola. Sarebbe stato facile, se soltanto non l'avessero presa. Artigliata per i capelli, Touko fu costretta ad alzarsi, per venire trascinata lontano dal Muro, dalla sua fuga.
La Sentinella rise appena, indovinando le sue paure: non l'avrebbe uccisa. Quelle come lei non le uccidevano mai. Quelle come lei le sbattevano al muro – era qui che volevi andare, eh, troia? Era proprio qui che volevi andare, no? Che male può farti? – finché non imploravano pietà. Quelle come lei finivano sempre stese sul terriccio, con la schiena bucherellata dalle pietre aguzze del Muro, con una Sentinella sopra. Quelle come lei andavano spezzate, non uccise, per insegnare a tutti gli altri una lezione che vale sempre la pena di imparare: dall'inferno non si scappa. Al primo colpo, uno schiaffo che la gettò contro il Muro, Touko era già venuta a patti con il proprio destino: le avrebbero tolto ogni cosa, finché non sarebbe diventata una cosa piccola e spezzata, un fantasma di carne e di sangue che si sarebbe gettata in un fiume, prima o poi, insegnando a non contrastare il Regime. E lei non gliel'avrebbe data, quella soddisfazione. Si rifiutava. Tutto, nel suo corpo, cercava una via di fuga. Ma il suo cervello, quello si era già rassegnato: almeno la sua sanità mentale, quella l'avrebbe murata viva fra le pareti della scatola cranica, se solo fosse servito a farla rimanere sé stessa.
La nonna di Ellie, una delle prime ragazze che si era gettata nel fiume dopo aver provato a scappare, una volta, aveva dichiarato che è impossibile sopportare uno stupro e rimanere mentalmente stabili.
Touko rabbrividì nella pelle squamata dal freddo, ruvida. Non importava quanto fosse brava a nascondersi nella sua testa, in ogni caso, l'avrebbero presa comunque. Alla fine, pregavano tutte. Si mettevano in ginocchio e pregavano, piangevano, pregavano, piangevano e piangevano. Non serviva a nulla. Se eri una di quelle, finivi gettata sul terreno, come una bambola disarticolata. E, il momento dopo, ti fottevano il cervello. Perché di quello, alla fine, si trattava: non era tanto una tortura fisica, ma una violazione psicologica. Un'intrusione che ti faceva sentire lacerata a metà e non solo da dolore, nuda come un neonato. E ti faceva davvero desiderare di murarti viva da qualche parte.

Dopo il secondo urto, dopo il primo rivolo di sangue che le graffiava la schiena, Touko cominciò ad estraniarsi. Come se non fosse veramente intrappolata nel suo corpo, ma stesse quasi assistendo dall'alto, dall'altro lato del Muro. Lo vedeva, l'uomo che la teneva per i capelli, per quella lunga coda castana che, a ogni strattone, sembrava potersi staccare dalla testa. Lo vedeva, ma non lo sentiva quasi più. La sua voce era quasi uno sfarfallio fastidioso e, se avesse potuto, avrebbe chiuso gli occhi. Se soltanto non fosse arrivato uno schiaffo rovente come un'ustione – apri gli occhi, puttana – che le deturpava la pelle. In un certo senso, non fu una resa. Fu l'inizio della sua sopravvivenza: se si fosse ostinata a chiudersi, a murarsi viva, l'avrebbe distrutta. L'avrebbe resa una bambola senza arti, senza bocca e senza lingua. L'avrebbero gettata nel fiume con le vene aperte. Non lo fece. Si distaccò completamente, contando i secondi, guardando oltre le spalle della Sentinella.
La luna sembrava opaca, vista da lì, ed era la cosa peggiore: c'era un tremendo odore di pioggia, un effluvio pungente intrappolato nella vegetazione morta a metà.

Touko si lasciò sfuggire un sospiro che si condensò nell'aria fredda, diventando vapore. Magari non avrebbe piovuto, avrebbe nevicato. Il che era anche peggio: un tempo troppo triste perfino per la pioggia. La Sentinella, finalmente, la lasciò andare, di botto, e lei crollò sul terreno. Non provò a rialzarsi – a cosa sarebbe servito? – ma non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi. Fu lui, con un gesto secco, brusco, a sollevarle il viso. E ad allontanarsi, come scottato.
«Jim?» sbraitò, verso un punto indefinito. «Jim!».
Rumore di passi pesanti, un'altra Sentinella scivolò sul terreno, accanto al suo collega. Touko abbassò lo sguardo, continuando a contare i secondi. Non in due. Uccidetemi, si ritrovò a pensare. Ma non in due.
«Guardala, Jim... potrebbe?».

Touko sobbalzò, quando Jim schiaffeggiò l'altra Sentinella, rosso in viso, facendolo cadere. «Idiota» sibilò, senza nemmeno aiutarlo ad alzarsi. «Certo che è lei, cosa credi?» si guardò attorno, con aria preoccupata. «Te la sei scopata?» sbraitò, con le mani che fremevano. «Se mi fai entrare in questa storia, ti ammazzo. E la porti da solo, al Palazzo!» si passò una mano nella chioma.
Nella luce lunare, Touko indovinò la sua diffidenza. Si chinò, circospetto, per guardarla meglio in viso.
«Ragazzina» sussurrò appena, tendendole una mano, per aiutarla ad alzarsi. «Stai bene?».

Lei non rispose. Si guardò attorno, spaesata, focalizzandosi sull'altra Sentinella, stesa sul terriccio, a massaggiarsi il naso sanguinante. Guardò l'altra Sentinella, come per chiedersi se davvero avrebbe potuto fuggire. Lui sbuffò, con aria esasperata, e l'afferrò per la vita, sollevandola e caricandosela in spalla come una bisaccia qualunque.
«Fammi il piacere di stare buona» sibilò, semplicemente. «Altrimenti non ci metto niente a buttarti a terra e a completare il lavoro di Andy, te lo assicuro» rise amaramente. «Anche se Lui probabilmente mi scuoierebbe vivo anche solo per averlo pensato. Ma sarà il nostro segreto, non è vero, ragazzina?».
Lei non ebbe nemmeno la forza di rispondere. Jim rise forte.

 

***

 

Touko non seppe mai dove la trovò, Jim, la forza di marciare per tutta la notte con lei in spalla. Non si fidò mai abbastanza per lasciarla camminare, semplicemente, o forse cercò soltanto di circoscrivere i danni. Di fatto, si fermò solo davanti al Palazzo, sede del nuovo Governo, quando la mise giù la prima volta. E la bendò con un fazzoletto stracciato, senza troppi complimenti.
«Se ti sento respirare troppo rumorsamente, mi fermerò solo per tagliarti la gola. Sono stato chiaro?» la scrollò, forte. «Sono stato abbastanza chiaro, ragazzina?».
Lei annuì appena, mentre lui se la caricava nuovamente in spalla, senza alcuna fatica. Dopo un tempo che parve infinito, si fermò e la scaricò, senza alcuna delicatezza, su una superfice dura. Sul pavimento. Touko trattenne il fiato, nella sua oscurità forzata, mentre la Sentinella confabulava con qualcuno.

Touko si sforzò di captare qualcosa, qualunque cosa.
«Lasciala ai Guardiani» sibilò l'interlocutore di Jim. «E vedi di tacere sulla faccenda. Se
Lui lo sapesse, andrebbe tutto in rovina. Non dire a nessuno che è lei, mi raccomando. Mi fido della tua discrezione».
«Se Lui lo venisse a sapere, non penso che potrei garantire il mio silenzio, signore» biascicò Jim, incerto. «Insomma, se lo venisse a sapere ci scuoierebbe vivi per quel che stiamo per fare. Non so se sono pronto a rischiare la pelle in questa maniera per un errore di Andy».
«Non lo scoprirà, non la vedrà nemmeno, non deve vederla» promise la voce, senza intonazione. «Piuttosto la farei murare viva e morire d'inedia. Sono pronto a farlo».
«E allora perché non la facciamo fuori, signore?» biascicò. «Non sarebbe molto più facile? La lanceremmo oltre il Muro e nessuno lo saprebbe mai».
«Ma Lui lo verrebbe a sapere. Capisce sempre quando qualcosa non va» rispose la voce. «Affidandola ai Guardiani, almeno, scavalchiamo il problema».
Jim sollevò nuovamente, sbuffando. Una risata lo accompagnò nel suo cammino, con Touko che si appigliava a tutte quelle informazioni, senza riuscire a dare un senso, un ordine. Forse, essere spezzata, sarebbe potuto essere preferibile. Non riuscì a non pensarci.
Cose indicibili, sosteneva la nonna di Ellie, accadevano al Palazzo. E lei non voleva prenderne parte, assolutamente. Avrebbe voluto urlare, per la prima volta in quelle ore, di lasciarla andare. Di gettarla oltre il Muro, sarebbe stata bene. Non lo fece. Si morse la lingua, a sangue, ma non lo fece. Si limitò a non inzuppare di lacrime il fazzoletto attorno agli occhi, mentre Jim la trascinava via, senza delicatezza.

«Non una parola, Jim» si raccomandò la voce, su quella che Touko immaginò essere la soglia. «Mi raccomando. Non deve venirlo a sapere, se vogliamo vivere entrambi».
Jim annuì, con uno scatto nervoso che fece sobbalzare Touko. «Non lo saprà» disse, semplicemente. «Non da me, almeno. Ci tengo, alla pelle».
E cominciò a camminare, velocemente, sballottando la ragazza come una bisaccia sulle spalle. Si fermò dopo quelli che, a Touko, sembrarono secoli. Condensati in pochi minuti, però, dove lui le slegò la benda dagli occhi, prima di gettarla sul pavimento, di nuovo.
«Cerca di non morire subito, ragazzina» disse, ridendo. Aveva due occhi azzurro ghiaccio che inquietavano. Touko non ebbe il tempo di dire nulla, non che avesse qualcosa da dire: il buio se lo inghiottì.

 

***

 

E poi fu attesa. Contò ogni singolo secondo passato in quella stanza, Touko, senza arrivare poi a chissà quale conclusione. Contò ogni singola piastrella del pavimento, trentadue in senso verticale e venticinque in orizzontale, ogni singola crepa sul muro. Misurò la stanza a passi, in attesa. Di cosa fosse in attesa, non lo sapeva nemmeno lei, però. E desiderò non saperlo nemmeno, nel momento in cui entrarono.
Erano solo due, e nemmeno così alti, o massicci per cui avrebbe dovuto razionalmente averne paura. Erano due così completamente identici che, per i primi venti secondi, Touko credette di vedere doppio. Ma, quando la presero per le braccia, e furono due coppie di mani, capì che era tutto reale. Erano due. Era doppia anche la loro voce, tremendamente acuta.
«In piedi, su, mia lady» strillò il primo, mentre il secondo apriva una porticina adiacente all'ultima riga di mattonelle.
Entrambi scossero le teste corvine, vedendo che Touko barcollava, come ubriaca.
«Su, su, miss» esclamò il secondo. «Mia piccola miss, dobbiamo far presto, non indugiamo ancora!».
La fecero camminare solo per pochi passi, comunque, prima di spingerla su uno sgabellino. Touko alzò lo sguardo, perplessa, per incontrare quello dei due fratelli. Sobbalzò, nel vedere che l'iride era dello stesso nero dei capelli, petrolio liquido.

«Devi aver commesso un crimine grave, piccola lady» osservò il primo fratello. «Altrimenti non ti avrebbero portata da noi, sai? Siamo i Guardiani, mia lady, non Sentinelle qualsiasi».
I Guardiani di Teste sorrisero, in sincrono. Avevano denti affilati come rasoi, notò Touko. Denti che sembravano pronti a squarciarti a metà con un singolo morso. Erano loro, dunque. Touko represse un sospiro. I Guardiani, li conoscevano tutti. I due gemelli senza nome, che potevano scuoiarti a piacimento, per un ordine del Governo.
«I-Io non ho fatto nulla» biascicò Touko, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quei visi così ferini.
Loro sorrisero, accomodanti.

«Di questo ce ne sincereremo noi, miss» disse uno dei due.
Touko notò una B incisa sulla tunica, a differenza della A dell'altro gemello.
«Cerca di non gridare. Hai una bella bocca, mi dispiacerebbe dovertela sfregiare. Dopo, diventano tutte meno carine». Rise, insieme al fratello, mentre Touko si rifiutava di tremare.
Avrebbe preferito che la Voce la murasse viva, piuttosto che consegnarla ai due Guardiani.

«Ti prego, non chiederci di ucciderti» disse A, mentre armeggiava con una bisaccia. «Non siamo autorizzati a farlo: abbiamo avuto istruzioni ben precise. Più o meno».
B le mise le mani sulle spalle, costringendola a piegarsi, in modo tale che la fronte toccasse le ginocchia.
«Resta così» le sussurrò, all'orecchio.
Il rumore di qualcosa di meccanico, come un piccolo motore, la fece sobbalzare, ma cercò di non muoversi troppo.
«Brava bambina» mormorò B, sfiorandole il viso, come una carezza. «Brava bambina obbediente. Continua così e non ci sarà bisogno di farti troppo male».

Touko non rispose, era troppo impegnata a imporsi di non piangere. Qualcosa cominciò a raschiarle la nuca. Si lasciò sfuggire un grido soffocato malamente, solo a quel punto, con la testa stretta fra le ginocchia. Si lasciò sfuggire una lascrima quando portò finalmente una mano sulla testa. Le avevano tagliato tutti i capelli.

 

***

 

Quel pomeriggio stesso – sempre che fosse pomeriggio: Touko aveva già perso completamente la cognizione del tempo – le portarono uno specchio. Un frammento di vetro scheggiato appeso alla parete, abbastanza in alto affinché lei non pensasse di poterlo rompere per aprirsi le vene e morire in pace. Rimase un bel po' ad osservarsi, Touko, la testa tosata dai due fratelli, senza troppi complimenti. Un graffio obliquo sulla testa, l'unica volta in cui si era permessa di sobbalzare. Touko non riusciva a non guardarsi, riflessa nello specchio, un'estranea con occhi troppo grandi per il suo viso. Continuava a toccarsi il capo, in un riflesso involontario, come per convincersi che davvero era lei, quella bambola priva di parrucca. Ed era lei. Touko se ne rese conto solo quella sera stessa, quando i Guardiani si presentarono alla sua porta, prendendola per i gomiti con fare affabile.
«Qui, miss, se si vuole qualcosa bisogna guadagnarsela. Tu hai fame, sì?» B rise, senza intonazione. «Non indugiamo oltre, dunque».

La fecero stendere sopra una sorta di tavola, di legno crepato e scheggiato, sorridendo con aria materna nel vederla sobbalzare.
«Ti ci abituerai» osservò A, scrollando le spalle. «Fidati, piccola
lady, fra qualche sera lo troverai il più comodo dei giacigli».
B sorrise, alle parole del fratello. Poi si sedette sulla sponda della tavola, coprendola con il suo corpo. Le posò due dita sulle palpebre, con delicatezza.
«Forse è meglio se chiudi gli occhi,
miss» suggerì. «Andremo un po' per le lunghe».
Dietro di lui, A armeggiava con qualcosa di fumoso, che emanava un calore quasi insopportabile. Poi, Touko si costrinse a chiudere gli occhi. «Brava bambina» disse B, facendosi passare qualcosa dal fratello.
Con le dita fredde le alzò la maglietta, fino a scoprire il reggiseno. Se A non l'avesse tenuta per le braccia, Touko si sarebbe coperta in un riflesso inevitabilmente involontario. Le scostarono anche il reggiseno, senza malizia, con l'attenzione di un medico. Doveva essere un ferro rovente o qualcosa dal genere perché, quando Touko se lo sentì premuto sulla carne tenere del seno, urlò senza riuscire assolutamente a trattenersi. B rise appena e lei spalancò gli occhi.

Per tutto il resto della sera, non li chiuse più.

 



Riferimenti:
  • Dalla storia tedesca: "Il Muro", le Squadre di Sorveglianza (o SS) e l'idea di base degli esperimenti sono presi da una storia che, purtroppo, conosciamo tutti fin troppo bene. Il Muro è chiaramente scaturito da alcuni studi sul Muro di Berlino, l'acronimo delle Squadre di Sorveglianza parla da sé.
  • Dal meraviglioso film "V for Vendetta": i capelli rasati a zero (e chi non ricorda Natalie Portman mentre viene rasata?) e una buona parte delle torture che vedremo sono liberamente ispirate a questo film.

Non ho la forza di scrivere anche l'angolo dell'autore. Per qualunque cosa, contattatemi: sarò lieta di rispondere.
   
 
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