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Autore: hiromi_chan    06/01/2015    22 recensioni
“Non temere, piccoletto,” disse Arthur, accarezzando distrattamente l'uovo adagiato sulle sue gambe. “Non permetterò mai che mammina ti metta nome Norberto, fosse anche l'ultima cosa che faccio.”
Merlin alzò un sopracciglio, fulminandolo con un'occhiataccia. “Mammina?”
“Non posso farla mica io la donna, ti pare?” disse il Grifondoro, oltraggiato.
Merlin si strizzò il ponte del naso tra le dita.
E il preside pretendeva anche che lui salvasse l'osso del collo di quell'individuo.

HP!AU in sei capitoli.
[Prima classificata al contest "AU- Wherever we are" indetto da Emmastarr sul forum di EFP.]
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Merthur a Hogwarts'
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VI. Settimo anno – La nascita

 

 

 

 

Lo specchio restituiva il riflesso di un Merlin accigliato; sua madre gli aveva tagliato i capelli a spazzola ma aveva esagerato con le forbici e il taglio era venuto molto corto (le sue orecchie erano sempre state così tanto sporgenti?). Per rimediare al danno, prima tentò di appiattirsi la frangia e poi, constatato il fallimento di quella mossa, si tirò su alcune ciocche nere, scoprendosi la fronte.

“Papà sta per arrivare, non sei contento di rivederlo?” disse, volgendosi verso l'uovo sul cuscino.

“Tesoro, è arrivato Arthur!” lo avvisò in quella Hunith, chiamandolo dal piano inferiore.

Merlin scoppiò in un sorriso entusiasta. Afferrò l'ovetto e si precipitò giù per le scale scricchiolanti, saltando come di consueto il terzultimo gradino malandato.

Superò di corsa sua madre, che scosse la testa e tornò in cucina; poi frenò all'ultimo momento davanti alla porta, prese un grosso respiro e girò il pomello d'ottone scolorito: Arthur, dall'altra parte, aveva il pungo alzato a mezz'aria, pronto per bussare.

“Un'ora di ritardo, come un vero principe,” disse il Serpeverde, ma gli angoli delle labbra non volevano saperne di abbassarsi.

Arthur ghignò a sua volta. “Mi pare logico,” disse.

Era abbronzato e sembrava che il sole gli avesse pure schiarito un po' i capelli. Merlin notò con piacere che i suoi occhi non erano cerchiati da nessuna linea di stanchezza.

“Grazie per avermi anticipato due turni. Portare l'uovo con me in Tunisia sarebbe stato un problema,” disse il Grifondoro, avvicinandosi.

Oh... Era anche cresciuto in altezza. Ormai non aveva più bisogno di sollevare il mento per guardare Merlin negli occhi.

“Mi hai davvero appena detto grazie? Troppo sole ti avrà dato alla testa,” riuscì a dire il Serpeverde, seppure impegnato nel suo attento scrutinio.

Arthur arricciò la bocca in una delle smorfie più seccate del suo repertorio ma, prima che potesse ribattere, la madre di Merlin li raggiunse.

“Arthur, che bello vederti!” esclamò, stringendolo calorosamente.

Il biondo rimase rigido tra le braccia di Hunith e Merlin lo guardò, sorridendo del suo imbarazzo. Qualcosa iniettò in lui un tepore morbido, che lentamente gli invase ogni arto.

“Non rimaniamo qui sull'uscio. Arthur, caro, entra e fa' come fossi a casa tua,” disse Hunith, accarezzandogli la testa.

“La ringrazio,” disse educatamente Arthur, tutto rosso.

Merlin gongolò; Arthur aveva conquistato sua madre e sua madre aveva conquistato Arthur. Gli piaceva che fosse entrato fino a quel punto nella sua vita – no, anzi, sentiva che fosse semplicemente giusto così.

“Che hai da guardare?” disse Arthur, dando un esempio perfetto della sua abilità di metter su il broncio. Poi, recuperato l'uovo dalle mani di Merlin, procedette a sferrargli un pungo sull'avambraccio.

“Ahi! Testa di fagiolo che non sei altro!”

“Tenere sempre alta la guardia, Merlin. Tenere sempre alta la guardia.”

 

 

Dopo che Hunith ebbe rimpinzato a dovere Arthur, i ragazzi raggiunsero la stazione, dove l'Espresso per Hogwarts li attendeva. Non era mai successo che si ritrovassero a fare quel percorso insieme ancora prima di salire in treno, visto che Arthur passava sempre da lui a ritirare o ad affidargli l'uovo una settimana prima dell'inizio delle lezioni. Merlin la trovò una variazione molto piacevole.

Anche il viaggio in treno fu piacevole, tanto che il Serpeverde pensò che fosse andato tutto fin troppo liscio e che quindi, senza dubbio, per compensare sarebbe accaduto qualcosa di brutto. Fu proprio così che disse ad Arthur dopo che la strega con il carrello dei dolci ebbe lasciato il loro vagone.

“Rilassati, idiota. Sei veramente troppo paranoico,” gli rispose il biondo, sbocconcellando una Cioccorana.

Gwain e Percy, seduti insieme a loro, scossero all'unisono la testa.

“Be', scusami se sono paranoico,” brontolò Merlin. “Ci sono diventato per forza di cose.” All'occhiataccia scettica di Arthur, aggiunse: “È dal terzo anno che sono impegnato a salvarti la vita, se non l'hai notato.”

L'altro ci pensò un po' su. “Il quarto anno non hai fatto nulla del genere, però,” disse alla fine, con l'aria di aver valutato la questione a lungo. “Sono stato io a salvare te nella Foresta Proibita.”

“Sto seriamente considerando l'ipotesi di trasfigurarti in un rospo, adesso,” lo avvisò Merlin.

“Così poi dovrai baciarlo per farlo tornare un principe,” intervenne Gwaine, sogghignando.

Sia Merlin che Arthur stavano per ribattere qualcosa, ma Percy li precedette. “Chissà come mai ci hanno fatto portare anche un abito elegante, quest'anno,” rifletté ad alta voce.

Gwaine scoppiò a ridere. “Forse il preside vuole organizzare una sfilata per raccogliere fondi... Di qualunque cosa si tratti, penso che sarà un evento davvero col botto.”

Merlin, sospirando stancamente, si perdette nel riflesso di Arthur sul finestrino del treno. Le parole pronunciate da Morgana mesi prima gli tornarono alla mente, minacciose e incredibilmente tangibili, e sperò che non si trattasse sul serio di qualcosa col botto.

 

 

Il preside Kilgharrah sorrise, se si poteva definire sorriso quella piega storta e compiaciuta che avevano assunto le sue labbra. “Arthur Pendragon,” annunciò, mostrando a tutti il biglietto che era uscito dalle fiamme sprigionate dal Calice di Fuoco.

Un boato si levò per la Sala Grande e Merlin chiuse gli occhi, il cuore che si depositava sul fondo dello stomaco con un tonfo.

Arthur si alzò in piedi, confuso e accigliato, mentre la professoressa Isolde lo invitava a raggiungere gli altri maghi selezionati. Merlin lo vide sistemarsi tra Elyan di Durmstrang e Mithian di Beuxbatons, rigido, e stringere loro la mano con gesti meccanici.

I due studenti stranieri erano tesi ed eccitati insieme, orgogliosi di poter rappresentare le loro scuole in quella competizione – competizione potenzialmente mortale, si ripeté Merlin nella sua testa.

Arthur continuava a fissare in modo torvo un punto indistinto davanti a sé.

“Insomma, scherziamo?” sibilò Will all'orecchio di Merlin tra i fischi e gli applausi. “Pendragon Campione di Hogwarts?”

“Credimi, non ne sono più felice di te,” mormorò laconico lui.

Il Serpeverde attese che i preamboli del caso si esaurissero con un piede che batteva a terra senza sosta.

Il preside spiegò la serietà e la pericolosità (ovvio) delle tre prove, al momento ancora sconosciute, in cui avrebbero dovuto misurarsi i partecipanti al Torneo. Di essi sarebbe stato testato il coraggio, la sagacia, la forza e il cuore, disse.

Merlin si chiese se fosse stato possibile testare il cervello, ma quello degli organizzatori dell'evento.

Alla fine i professori si ritirarono dando spazio ai ragazzi per andare a congratularsi con le vittime sacrificali. Tra i primi a schizzare verso il trio vi fu Gwen, che corse ad aggrapparsi alle spalle di suo fratello, il Campione di Durmstrang.

Uno dei professori di Beuxbatons, un signore con la barba e il viso rotondo, andò ad abbracciare Mithian.

Vivian, alla testa del gruppetto della fans di Arthur, assistette alla scena e fece “Eww.”

Una ragazza di Beuxbatons intercettò il suo versetto e le sopracciglia le s'infossarono in modo incredibile sugli occhi. “Il professore è il padre di Mithian,” sferzò con un forte accento francese.

Merlin se la prese comoda; attese che le fans di Arthur si fossero disperate al suo capezzale, tirandogli baci adoranti e fazzolettini di pizzo come portafortuna (Vivian pianse a gran voce ma si poté udire benissimo il suo “Il destino ti punisce per avermi lasciato”).

Sophia di Serpeverde si assicurò di essere l'ultima. Prese tra le mani il polso di Arthur, stringendolo brevemente, e poi gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia, molto vicino all'angolo delle labbra.

Arthur rimase imbambolato. Forse non si era nemmeno accorto di essere stato baciato.

“Allora,” inspirò Merlin una volta rimasto solo con lui, le braccia dietro la schiena. “Il Torneo Tremaghi. Non mi sorprende affatto, sai? L'unica cosa che mi ha colto alla sprovvista è che è per questo, che non potrai diventare capitano.”

“Non dirmelo,” fece il Grifondoro, assente e funereo. “La cosa peggiore è che hanno disdetto il Quidditch.”

“La peggiore, già,” disse il Serpeverde, annuendo in modo esagerato. “E dimmi, Arthur, ti diverte proprio tanto rischiare costantemente l'osso del collo? No, perché è una curiosità che ci terrei a chiarire.”

Merlin,” tentò di frenarlo lui.

“Sai, credevo che ti bastasse finire in infermeria in media due volte al mese e avere alla calcagna un gruppo di estremisti che vuole farti tirare le cuoia-”

Merlin,” sbottò Arthur, sempre più infastidito.

“... Ma a quanto pare mi sbagliavo. Senza contare che mpfff-”

Merlin,” disse Arthur, piano, una mano sulla sua spalla e una a tappargli la bocca. “Non ho messo io il mio nome nel Calice. Non so come sia possibile che sia stato estratto perché, sinceramente, non avevo intenzione di partecipare al Torneo. Qualcuno deve aver inserito il mio nome al posto mio.”

Perfetto, davvero.

 

 

“Questa cosa mi ucciderà o, in alternativa, ucciderà te,” disse Merlin, esasperato. Per sottolineare il suo stato d'animo, applicò un cerotto sul naso di Arthur con eccessivo impeto. “E se ciò non succederà, be', ormai lo sai... sarò io a uccidere te, alla fine,” concluse.

Il Grifondoro ruggì di noia, andando a ricadere contro lo schienale del letto. “Se hai davvero voglia di eliminarmi, ricucire ogni graffio e rinsaldarmi ogni osso è un tantino controproducente,” gli fece notare.

“È per far pratica,” replicò lui, indifferente. Poi andò a tastargli un'altra volta le costole, per sicurezza.

Nel corso delle prime due prove, Arthur gli aveva dato un quantitativo spaventoso di opportunità per portare avanti il suo praticantato da Guaritore (poco importava che, di fatto, fosse ancora troppo giovane per cose del genere... Tra qualche mese avrebbe lasciato Hogwarts e, comunque, Gaius gli aveva messo a disposizione l'infermeria, stufo delle loro più che frequenti visite).

“Grazie alla prima prova, il duello magico, ho imparato come togliere un paio di fatture coi fiocchi e pure una Maledizione senza Perdono,” ricordò Merlin, corrucciando le sopracciglia. “Terribile, quella Mithian, davvero. Non vorrei mai trovarmela contro.”

Arthur emise un “mmh” gutturale d'approvazione, probabilmente ripensando allo stato in cui l'aveva ridotto la ragazza di Beuxbatons. Alla fine era uscito vincitore dal duello, ma lei l'aveva conciato davvero male, facendo poi, di conseguenza, disperare Merlin in modo impressionante.

Il Serpeverde sospirò, tirando su la manica destra del pigiama rosso e oro di Arthur. Il taglio sul braccio pareva completamente rimarginato, ma sarebbe rimasta la cicatrice. “Penso che la chirurgia estetica non sia proprio il mio campo, dopotutto,” constatò.

“Nah,” disse il Grifondoro. “Hai fermato l'emorragia quando sembrava che sarei finito morto dissanguato. Direi che è abbastanza.”

“È un mezzo complimento?”

Arthur sorrise, ma lo sguardo era puntato al soffitto. “Un pochino, forse, te lo meriti.”

Qualcosa si accese dentro di lui, scaldando tutti gli arti che erano rimasti congelati quando poche ore prima Elyan, a cavallo del suo Ippogrifo, aveva disarcionato Arthur. C'era stato davvero il pericolo che l'animale, imbizzarrito per l'eccitazione dello scontro, dopo essere salito sopra al braccio del biondo gli cavasse anche un occhio.

Scontri a cavallo di Ippogrifi come seconda prova... Sul serio, se Merlin ne avesse avuto i mezzi, avrebbe denunciato gli organizzatori del Torneo.

Automaticamente andò a lisciare il colletto della maglia di Arthur, perso nelle sue elucubrazioni silenziose. Morgana aveva davvero avuto ragione: quell'anno si era susseguita una serie di pericoli pazzeschi – e non era ancora finita.

“Sento girare le rotelle del tuo cervello e inizio a vedere il fumo che esce dalle orecchie,” disse Arthur, piatto. “A che pensi?”

La bocca del mago si tese in una linea asciutta. E glielo chiedeva anche! Stava per dirgli quanto la sua zucca fosse vuota, ma poi incontrò i suoi occhi chiari e stanchi e le parole gli morirono sulle labbra.

“Penso che devi stare attento,” sussurrò allora, le mani ancora appoggiate sul colletto del suo pigiama. “Non sapremo niente della terza prova fino al giorno stesso in cui si svolgerà e, a rigor di logica, deve trattarsi di qualcosa di ancora più terribile e insensato di quanto abbiamo già visto. Quindi, stai attento e basta.”

Più che come un ammonimento, uscì simile a una preghiera, ma Merlin non aveva tempo e nemmeno motivo di sentirsi imbarazzato. Era ciò che desiderava più di tutto, in fondo: che Arthur stesse bene. Non era un segreto per nessuno e non aveva bisogno di spiegazioni.

Forse.

Il Grifondoro lo guardò a lungo, imbambolato. A poco a poco, però, la sua espressione divenne simile a quella che aveva sempre su durante le lezioni con Muirden – e non era molo incoraggiante, visto che Arthur era un vero fiasco in Pozioni e detestava la materia. Alla fine se ne uscì con un “Sul serio?”

Non sembrava per niente convinto, quasi che l'idea che Merlin tenesse tanto alla sua vita lo confondesse.

“C'è da chiederlo?” disse il Serpeverde. La presa sulla stoffa rossa e oro si strinse appena.

“Con te sì, visto che mi fai credere una cosa e poi un'altra,” sbottò l'altro con forza.

Una nota tagliente nel suo tono piccato suggerì a Merlin che si fosse tenuto dentro quella lamentela per molto tempo. Lui, però, non capiva proprio dove fosse il problema.

“Idiota, devo proprio spiegarti tutto!” esclamò Arthur, passandosi una mano sulla fronte. Sulle sue guance stava iniziando a diffondersi un lievissimo rossore... Che gli stesse venendo la febbre? Merlin, preoccupato, fece salire le dita sul suo collo, fredde a contatto con la pelle tiepida.

“Senti,” iniziò il biondo, ringhiando, “prima mi mandi quel biglietto, facendomi pensare che tu...” e roteò un palmo in aria, convinto, evidentemente, che non ci fosse bisogno di ulteriori dettagli. “Poi litighiamo e dopo andiamo d'accordo... Poi mi inviti a Hogsmeade a San Valentino. A San Valentino, Merlin! E quando mi convinco che... Insomma, hai detto che quello che voglio non è più possibile dal terzo anno! Allora mi dico di lasciar perdere... di rinunciarci... esco con delle ragazze... Sophia mi ha pure chiesto di portarla al Ballo del Ceppo e io le ho detto ok, si può fare, perché tanto non avevo niente da perdere! Ma tu continui a mandarmi tutti questi segnali contraddittori, cavolo!”

Sembrava molto arrabbiato, adesso, e se avesse potuto incenerire qualcosa con lo sguardo, l'angolo del muro sui cui si era fissato sarebbe stato ridotto in polvere.

Vederlo così agitato e scoraggiato faceva girare la testa a Merlin, che optò per far salire ancora di più le mani, portandogliele con decisione a coppa sulle guance.

Il Grifondoro si immobilizzò.

“Arthur, non so proprio cosa siano queste chiacchiere a proposito di certi miei segnali contraddittori,” disse con sincerità, guardandolo negli occhi. “So soltanto che una volta non mi faceva paura niente oltre me stesso... invece, adesso, ho solo paura per te.”

La Serpe dell'incubo che era stato la canzone del Cappello non era nulla – nulla, se paragonata alla possibilità impensabile di perdere Arthur.

Il cuore era talmente gonfio di quella verità che la voce si strinse improvvisamente, riducendosi a un mormorio. “Ho sempre paura per te.”

Il Grifondoro, allora, staccò la schiena dai cuscini, andandogli incontro. Si avvicinò a lui tanto che guardarlo senza che il suo viso diventasse un'immagine sfocata era difficile.

Di colpo c'erano solo le sue iridi azzurre, le ciglia chiarissime che le contornavano, la linea tesa della bocca rosa, il pomo d'Adamo che saliva e scendeva...

C'era solo Arthur. Alla fine, c'era sempre stato solo lui. Non era affatto strano volerlo baciare. Era... giusto; la giusta conseguenza, il traguardo alla fine del percorso a ostacoli compiuto fino a quel momento – volerlo baciare e stringere senza lasciarlo più.

Era vicino ma non lo era ancora abbastanza. Merlin realizzò che gli era sempre stato accanto fino a entrargli sottopelle e desiderare di sentirselo addosso era solo il normale completamento del loro legame.

Qualcosa nell'aria era cambiato. Il respiro di Arthur era il ritmo accelerato di entrambi, lo schioccare secco della labbra di Merlin fu la molla. Il biondo appoggiò il palmo sulla sua guancia, piano, prendendogli tutto un lato del volto.

Le palpebre di Merlin si abbassarono, i polpastrelli premettero lievemente sulla pelle e sui capelli dell'altro, e Merlin non era molto sicuro di sapere cosa stesse succedendo o perché stesse succedendo ora e non fosse accaduto molto prima – in ogni caso, sapeva che gli piaceva un sacco. Ma proprio un sacco. E che ne voleva ancora. Possibilmente, per sempre.

Arthur piegò il viso, Merlin chiuse gli occhi; il bacio arrivò sulla guancia, timido, talmente potente nella sua tenerezza da far sciogliere le ginocchia di Merlin (e per fortuna che era seduto).

Arthur indugiò su di lui. La punta del naso gli sfiorò lo zigomo e il Serpeverde deglutì.

Con il pollice, Arthur lambì delicatamente il suo orecchio facendogli accelerare il battito, perché era così bello ricevere in quel modo un segno del suo affetto... Merlin non aveva mai nemmeno immaginato di poter avere questo da Arthur. Adesso, però, non avrebbe più potuto farne a meno.

Non stavano fermi: entrambi muovevano appena i volti, cercando qualcosa senza guardare, avanti, di lato, i gesti accennati, due, tre volte...

Un... altro... po'... solo un altro po'...

E poi, qualcosa tirò. Forte.

Lo percepirono tutti e due, allontanandosi con un sobbalzo e un respiro profondo. Merlin, reclutante a lasciare Arthur e a sentir cedere la sua presa, si guardò intorno. C'era... qualcuno... un richiamo... non era spiacevole, solo... pressante.

“Dio,” esalò, chiudendo un attimo gli occhi. Il cuore gli batteva troppo forte, non riusciva a concentrarsi.

Arthur dovette averlo capito, oppure era proprio ciò che stava succedendo a lui, perché rise sommessamente, una pallida imitazione del suo ghigno da spaccone, e gli accarezzò la testa. “Che succede?” disse, chiaramente emozionato. “È... l'uovo? È... è ora, Merlin?”

Lo sguardo del Serpeverde cadde sull'ovetto appoggiato sopra il comodino, accanto al letto. Era stato avvolto nelle loro due sciarpe, rosso e oro e argento e verde intrecciati insieme e... stava oscillando. Si muoveva!

“Per tutti i draghi,” mormorò Merlin.

Arthur raddrizzò le spalle, lasciando che le sue mani scivolassero sui gomiti di Merlin. Insieme, ancora mezzi abbracciati, non poterono fare altro che rimanere a guardare mentre l'uovo si schiudeva.

Perché proprio ora? Cosa succederà adesso? Queste erano le domande che si susseguivano senza sosta nella mente di Merlin. Ma non erano importanti, niente contava se non il fatto che un drago stesse nascendo in quel momento, davanti a loro.

Fu magico. La crosta scricchiolò e crepò appena, dal guscio si aprì una piccola fessura che poi venne allargata dai colpetti di qualcuno che si agitava al suo intero. Merlin e Arthur si sporsero in avanti e poi, quasi dal nulla, quasi per caso, comparve una testolina.

Due occhietti lucidi e piccini videro per la prima volta la luce del giorno, e il draghetto spinse via con una determinazione notevole il resto del guscio. Era minuscolo e tutto bianco; le squamette rilucevano lungo la piccola coda e il dorso frastagliato. Sulla testolina c'era un accenno di corna.

Il drago spalancò le minuscole fauci e ne uscì un sibilo simile a uno sbuffo d'aria, tanto ridicolo quanto adorabile. Poi fece per avanzare, ma non riuscì a coordinare bene le zampe e rotolò su se stesso per qualche millimetro.

Merlin rise, però la sua risata uscì più come un singhiozzo visto che, si accorse, stava piangendo dalla gioia e dalla commozione. Era più forte di lui... Quella era la creatura che aveva tenuto tra le braccia per tutto quel tempo, che aveva cullato, coccolato, accarezzato... Con lei aveva parlato anche senza bisogno di ricevere risposta, da lei aveva tratto incoraggiamenti muti e rassicurazioni...

Ed era una lei.

“Oh, Arthur,” disse, la voce che gli tremava. “Il nostro drago.”

“Mmh,” fece il Grifondoro, schiarendosi la gola. “È proprio il nostro drago: maestoso come me, scoordinato come te.”

“Aithusa,” disse solo Merlin, ipnotizzato da quello spettacolo meraviglioso. “Aithusa,” ripetè, alzandosi per andare verso il piccolo animale.

Aithusa mossa la codina, quasi in segno di riconoscimento. Il mago allungò con attenzione le dita verso di lei, lasciò che gliele annusasse e poi la raccolse nel palmo della mano, delicatamente.

“Hai scelto quel nome, allora,” disse Arthur, che l'aveva raggiunto alle spalle. La sua voce era roca e malferma. “Luce del sole.”

“Era l'unico decente tra quelli che avevi proposto,” rispose, senza che gli occhi si staccassero dalla cucciola rannicchiata nella sua presa. “Lois Lane, Maestro Splinter, Sailor Mars, Zoro... Guarda che adesso lo so che erano quasi tutti di personaggi di fumetti. Siamo arrivati a studiare la cultura popolare, a Babbanologia.”

“Oh,” fece Arthur, sbattendo le palpebre. Nemmeno lui pareva in grado di esprimersi in modo più coerente. “Aspetta, aspetta. Cosa avevi detto quella volta a proposito dei draghi? Dobbiamo dargli cosa? Brandy e...”

“Un secchio di brandy mescolato a sangue di pollo,” recitò il Serpeverde. “Hai ragione, meglio andare a procurarci questa roba. Penso che molto presto Aithusa avrà fame e sentirà il bisogno di iniziare ad alimentare le sue... braci.”

Come avevano pianificato in caso di un evento simile, i due, anzi, i tre, si diressero nelle Cucine (“Non essere ridicolo, Merlin, vengo anch'io. Non sono ridotto così tanto male da dover saltare il primo pasto di Aithusa.”). Gwen aveva mostrato a Merlin come fare per arrivarci, visto che erano situate vicino alla Sala Comune di Tassorosso. I ragazzi uscirono dall'infermeria e raggiunsero la scalinata di marmo che si trovava all'ingresso.

Un paio di fantasmi incrociati nel tragitto rivolsero ad Aithusa i più mielosi complimenti nel linguaggio che gli adulti, per qualche misterioso motivo, utilizzano sempre con i bambini. Aithusa, per tutta risposta, tentò invano di morderli; il Serpeverde pescò Arthur a guardarla morbidamente, già tutto fiero di lei e del suo caratterino.

Passata la piccola rampa di scalini di pietra, superarono il quadro con la pera alla quale bisognava fare il solletico. Quando gli elfi domestici delle Cucine li videro entrare, molti sobbalzarono per la sorpresa. Altri, nel giro di qualche secondo, avevano già preparato per loro un vassoio d'argento carico di leccornie.

“Oh, no,” disse Merlin, sistemando Aithusa sopra a uno dei quattro tavoli che corrispondevano a quelli delle Case posti in Sala Grande. “No, grazie. Non vogliamo niente per noi, ma solo del brandy e del sangue di pollo per lei.”

“Veramente...” iniziò Arthur allungandosi verso un vassoio, ma Merlin lo zittì con un'occhiata significativa al suo girovita.

Aithusa, curiosa come solo i piccoli sanno essere, parve stufarsi presto del suo giaciglio. Mentre gli elfi preparavano il necessario per lei, dispiegò le ali lucide per prepararsi all'esplorazione, poi mosse il fondoschiena per darsi lo slancio. Un salto le permise di raggiungere il gomito di Merlin, sul quale si aggrappò con gli artigli appuntiti.

“Ahi,” si lamentò debolmente lui. Ma avrebbe anche potuto dire “Ti adoro,” visto che la stava rimirando con gli occhi dell'amore più totale.

“Piantala di fare la ragazzina,” lo riprese subito Arthur. Con una mossa incerta staccò Aithusa dalla sua pelle e se la appoggiò sulla spalla. Lei parve gradire la posizione privilegiata, visto che prese a sbattere allegramente la codina sul suo petto.

“Lo sai che è sessismo bello e buono, questo? Tu che mi dici ragazzina e tutto il resto,” disse Merlin.

“E tu lo sai che sei un piagnucolone?” rimbeccò il Grifondoro, sedendoglisi accanto.

Inspiegabilmente, da qualche parte durante il battibecco, o forse molto prima, le loro dita avevano finito con l'intrecciarsi. Le loro mani, appoggiate sulla panca, erano legate in una presa salda e dolce. Merlin seppe che non avrebbe desiderato avere accanto nessun altro, in quel momento.

“Al ballo non ci vado con Sophia,” disse Arthur quando il Serpeverde, bloccati gli inchini ossequiosi di un'elfa, aveva preso ad imboccare il drago. “Anzi, non ci vado per niente. Abbiamo da fare, comunque. Dobbiamo pensare ad Aithusa.”

“Mmmh,” convenne Merlin. Poi passò il cucchiaio ad Arthur perché continuasse lui e stette semplicemente ad osservarli, appoggiando la fronte sulla spalla del Grifondoro: Arthur e Aithusa.

Le due cose più importanti.

 

 

Successe che, alla fine, Arthur al Ballo del Ceppo ci andò, e ci andò proprio con Sophia.

Merlin, del mese che cominciò a partire dal giorno dopo la nascita di Aithusa, avrebbe preferito dimenticare... tutto. In realtà, purtroppo, la sua crescente irritazione gli impediva di comportarsi in modo distaccato, come invece avrebbe tanto desiderato.

In qualche modo, Sophia riuscì a far breccia nel cuore di Arthur. Forse l'aveva già fatto ed era stato solo il Serpeverde a non essersene reso conto – forse ciò che era quasi accaduto tra loro, quel momento un po' speciale in infermeria... ecco, forse quello non sarebbe dovuto succedere affatto.

Quale fosse stata la causa scatenante Merlin non lo capì, ma ciò non diminuì la fitta di delusione che lo colpì quando, allungati gli occhi verso il tavolo di Grifondoro per far sventolare una zampina in segno di saluto ad Aithusa, vide Sophia.

Sophia che aveva le labbra molto incollate a quelle di Arthur.

Da quella volta non fu difficile incontrare la coppietta intenta a scambiarsi liquidi salivali un po' ovunque, visto che parevano non fare altro che baciarsi contro ogni superficie verticale disponibile a Hogwarts.

“Non è tanto normale,” disse un preoccupato Gwaine a Merlin alla soglia della prima settimana di tubamenti della nuova coppietta. “Insomma, Arthur non lo farebbe mai. Mettersi con quella lì, intendo... proprio adesso...” disse, lasciando il discorso in sospeso.

Merlin, intento a fare esperimenti nel laboratorio di Pozioni per racimolare qualche credito extra, rispose con un vago suono.

“Voglio dire,” insistette Gwaine, “proprio adesso che voi due... sì, insomma...”

“Sophia è molto carina,” constatò Merlin. “Gli è devota e non lo fa pensare ai suoi problemi, credo. E poi ha il seno grosso.”

Gwaine alzò un sopracciglio, per niente convinto.

“Senti, a me va benissimo,” disse il Serpeverde. “Fin tanto che Arthur è felice e continua ad occuparsi di Aithusa, mi va bene.”

Anche se aveva preso ad ignorarlo in modo incredibilmente palese, riservando per lui solo qualche asciutto saluto quando dovevano passarsi Aithusa al termine del turno.

“È perfetto. Va tutto benissimo. Alla grande,” disse ostinatamente Merlin.

Aithusa, proprio in quel momento, alzò la testa dal suo cestino imbottito con la copertina azzurra e rosa, guardò storto Merlin e lanciò una piccola zaffata di fuoco verso il suo calderone. La pozione su cui stava lavorando esplose in una gran nuvola di fumo, lasciando il mago con la pelle del viso verdognola per tutta la giornata.

 

 

“È che ad Aithusa Arthur manca molto, va bene?” sbottò Merlin.

L'ufficio del preside era più oscuro e umido che mai. Il silenzio che vi regnava quella sera (la sera del Ballo del Ceppo, il ventitré Dicembre), era particolarmente impressionante, visto che l'intera scuola era al momento impegnata a scuotere il sedere in Sala Grande.

“Manca al piccolo drago, certo,” disse spiritosamente il preside Kilgharrah. Maledetto, saccente Vecchio Drago.

“Penso che si fosse abituata a sentirci vicini. Anche quando ci prendevamo cura di lei mentre era ancora dentro l'uovo, abbiamo sempre passato tantissimo tempo insieme, mentre ora...”

Le parole si affievolirono pian piano e Merlin si morse il labbro, odiandosi un po' per non essere riuscito a nascondere del tutto il proprio dispiacere.

“Va bene soffrire, giovane mago,” disse il preside, allungandogli sulla scrivania un piattino d'argento traboccante di Tuttigusti+1. Che strano... Non aveva mai avuto niente di simile, prima. Un qualcosa di tanto confortante stonava moltissimo nella grotta del Vecchio Drago.

“Soffrire andrà anche bene, ma non voglio che ciò che provo io condizioni gli altri,” ammise Merlin. Stranamente, gli riusciva molto facile confidarsi con il preside.

Non era un uomo affidabile, tutt'altro; il fatto che sapesse trasformarsi in un drago, però, lo rendeva simpatico al Serpeverde.

“Non voglio che Aithusa percepisca che c'è qualcosa che non va... e neanche Arthur. Lui... non mi deve niente, alla fine. Non deve niente a nessuno se non a se stesso, e se è felice...”

In cambio non vuoi nulla, ma ne soffri nel tuo cuore; fino a qui si spinge la portata spaventosa del tuo...” cantilenò l'uomo, appoggiando il mento sopra le dita intrecciate.

La testa di Merlin scattò in alto.

La canzone del Cappello Parlante.

“Quanto sei cresciuto, giovane mago,” esalò il preside, qualcosa di simile all'orgoglio nella voce. “O forse dovrei chiamarti semplicemente Merlin.”

“Signore...” si affannò lui, stropicciandosi i pantaloni con le dita. “La canzone del Cappello... è una cosa che non sono mai riuscito a spiegarmi. L'ho sempre considerata una sorta di profezia e con le profezie non ho un rapporto molto buono.” Senza contare che in testa gli girava anche quella nefasta sul secondo tradimento che Arthur avrebbe ancora dovuto sperimentare. “Non ho chiaro se devo fidarmi o meno della Divinazione, nonostante tutto ciò che ho passato... una profezia è qualcosa di assolutamente sicuro che non lascia scampo, secondo lei?”

Il preside sogghignò, piegando le labbra in un modo sottilmente pericoloso. “Mio buon ragazzo, una profezia è vera solo se gli attori di essa la considerano tale e si adoperano affinché si avveri.”

Merlin si aprì in un sorriso amaro.

“Non rammaricarti. Se hai sempre fatto ciò che ritenevi giusto, non puoi rimproverarti nulla. E ora prendi un dolce,” lo invitò di nuovo. I suoi occhi brillarono di luce dorata e il piattino d'argento si avvicinò ancora fino ad arrivare sotto il naso del Serpeverde.

Lui afferrò un dolcetto, reclutante. Aveva lo stomaco chiuso ma, per educazione, lo ingoiò comunque.

“Una strega va fermata,” disse d'improvviso il preside. Le sillabe si levarono per l'ufficio-grotta, imperiose, pressanti, e gli rimbombarono nelle orecchie, quasi fosse stato desiderio del preside. “Una Sidhe va fermata.”

“Cosa?” avrebbe voluto dire il mago.

Ma non ci riuscì, perché di colpo aveva molto sonno e le sue palpebre avevano iniziato ad abbassarsi, piano...

 

 

Merlin aprì gli occhi; davanti a sé c'era solo acqua. A destra, acqua e una Gwen addormentata e appesa per un piede a una roccia con una corda. A sinistra, acqua e quel professore di Beuxbatons, il padre di Mithian.

Un'ondata di panico invase il Serpeverde. Che diavolo stava succedendo e dove si trovava? Tentò di nuotare verso l'alto ma si accorse che anche lui era legato alla roccia come gli altri due prigionieri dei flutti oscuri.

Ma com'era possibile che riuscisse a vedere – e, soprattutto, a respirare?

Il mago si impose di rimanere calmo, anche se non era affatto facile. La mano volò alle tasche dei pantaloni; erano vuote. Si voltò freneticamente, tentando di scuotere Gwen e il professore; fu del tutto inutile. I capelli dell'amica galleggiavano nell'acqua come delle alghe, inquietanti, e l'uomo non dava alcun segno di vita.

Merlin ingoiò a vuoto per la frustrazione, tentando di liberarsi senza successo dal giogo che lo bloccava. Ben presto, tuttavia, ebbe altro di cui preoccuparsi.

Un fascio di luce rossa schizzò a pochi metri da lui. Alzando la testa, il Serpeverde assistette a uno spettacolo confuso che gli fece comunque andare lo stomaco sotto sopra per la paura immediata: Arthur, una bolla d'aria intorno al capo, era impegnato a scansare le fatture che gli stava scagliando addosso... Sophia?

Merlin strattonò con forza la corda fino a ferirsi la pelle, il sangue che già cominciava a diffondersi intorno a lui, tingendo l'acqua di rosso.

Sophia, le ciocche che sembravano viola scuro, sgranò le pupille; queste si colorarono d'oro e il Grifondoro evitò per miracolo la maledizione che la strega scagliò come un dardo.

Merlin richiamò la magia negli occhi con tutta la forza di cui disponeva; non c'era tempo per pensare ad altro che non fosse Arthur. Sentì le iridi bruciare di quella forza potente e pericolosa che si manifestava spesso quando lui non aveva altre risorse, e la corda intorno alla sua caviglia cedette.

Con una bracciata scoordinata, il Serpeverde si avvicinò ad Arthur giusto in tempo per pararlo con uno scudo dall'ennesima fattura. Perché scappava e basta senza contrattaccare? Non vedeva che Sophia si era rivelata una traditrice?

Merlin scansò il biondo e lasciò libera di agire la sua magia, che fremeva per farla pagare alla strega che aveva osato prendersi gioco di Arthur. Due, tre, quattro fasci di luce dorata si diramarono dalle sue mani e andarono ad annodarsi intorno agli arti di Sophia.

Arthur a quel punto reagì, aggrappandosi a Merlin con uno strattone. All'interno della sua bolla d'aria scosse la testa e disse qualcosa, anzi, la urlò. Il Serpeverde lo ignorò per il suo bene.

Sophia stava quasi per liberarsi ma Merlin, alzando il mento, rinnovò la forza del suo incantesimo vincolante.

A quel punto Sophia ringhiò e un coagulo di bollicine si raggrumò intorno alla sua bocca. Quando si dissolsero, i suoi denti tornarono visibili – i suoi denti che erano aguzzi come quelli di uno squalo.

La ragazza si dimenò, allentando la tensione dell'incantesimo di Merlin e, mentre Arthur continuava ad opporsi, il suo corpo fremette di una luce azzurrognola. Le mani e le braccia di Sophia iniziarono a mutare aspetto, accorciandosi, diventando tozzi, la pelle si colorava di blu... fino a che la strega non assunse le sembianze di una Sidhe, una fata malvagia del lago.

Una Sidhe va fermata.

Ecco il secondo tradimento.

Merlin non ci pensò su due volte.

Proprio quando Sophia, nel suo aspetto naturale, stava riuscendo a divincolarsi dalle corde dorate, lui ridusse gli occhi a due fessure e la magia si chiuse su se stessa, stringendo anche la morsa sulla sua nemica. Di più, di più, di più...

Le corde si diramarono ancora, nuove estremità nacquero da quelle già esistenti come teste di serpente mozzate e poi rinate dalla ferita fresca e sanguinante. Il corpo della fata fu presto nascosto in un bozzolo dorato e, ignorando freddamente Arthur che continuava a cercare di farlo smettere, Merlin diede il permesso alla sua magia di finire il lavoro.

Le corde si tesero in modo definitivo.

Non restò più niente, nella loro stretta, capace di dimenarsi.

Quando l'incantesimo si dissolse, Merlin vide che della Sidhe non era rimasta che polvere; allora sentì tutto il peso di Arthur gravare sulle sue spalle.

Lasciando per il momento al loro destino gli altri ostaggi legati alla roccia, strinse forte il corpo inerme di Arthur e nuotò verso la superficie dell'acqua.

 

 

IL FLOP DEL TORNEO TREMAGHI:

LO SPLASH CHE NON TI ASPETTI

 

 

Le cose più interessanti accadono quando meno ce le aspettiamo, cari lettori. È così che un'edizione noiosa e quanto mai barbara del Torneo Tremaghi, l'evento che avrebbe dovuto portare lustro alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, è diventata d'improvviso di fondamentale importanza e ha commosso i cuori più sensibili.

Come sapevate, Arthur Pendragon, l'affascinante figlio del Ministro Babbano coinvolto in numerosi scandali, ha partecipato al Torneo Tremaghi insieme a un oscuro e insignificante maguncolo di Durmstrang e una strega arrivista e capricciosa di Beuxbatons. Il giovane Pendragon, che tutti davano per vincitore, nel corso della sua ultima prova ha dovuto affrontare nientepopodimeno che le acque del Lago Nero di Hogwarts. Vi suona familiare? Be', dovrebbe proprio, visto che la prova è stata copiata per filo e per segno dall'edizione del Torneo a cui partecipò Harry Potter.

Quando è stato posto dinnanzi all'evidenza del plagio, il sempre beneamato preside Kilgharrah ha commentato: “Nessuno si sarebbe mai aspettato che venisse riutilizzata una prova simile. Direi che questa decisione ha aggiunto un alone di imprevedibilità all'evento.”

Noi ne dubitiamo fortemente.

In ogni caso, un alone di imprevedibilità ha contribuito ad aggiungerlo una certa associazione sovversiva non ben definita. Sophia Logan, una studentessa di Hogwarts appartenete alla Casa di Serpeverde, si è rivelata essere in realtà una Sidhe infiltrata nell'istituto per conto di un particolare gruppo druidico. Scopo della sua missione pare essere stato, senza molte sorprese, attentare alla vita del nostro beniamino, Arthur.

Ciò che nessuno si aspettava, però, è che l'incursione della Sidhe durante l'evento venisse bloccata da Merlin Emrys. Sì, proprio lui, il giovane compagno sospettosamente magro di Arthur nella cura di un drago.

Pare che Emrys abbia salvato l'amico sbriciolando a sangue freddo la Sidhe e che poi sia riemerso per primo dal Lago, portando a riva Arthur. Il fatto è che è riemerso troppo per primo, facendo sbucare la testa con anticipo millimetrico perfino rispetto a Pendragon. Non si era mai verificato che uno degli “ostaggi” usati come esche durante la gara raggiungesse il traguardo ancor prima di un partecipante – portandosi poi sulle spalle uno di essi. Per questo motivo, la giuria composta da professori e membri del Ministero ha deciso di annullare il Torneo.

Avete capito bene: il Torneo Tremaghi è stato annullato perché nell'ultima prova non è emerso per primo nessuno tra i tre maghi strettamente in gara. Che fiasco immenso, per Hogwarts. Certamente è un evento che tutti preferiremmo dimenticare, viste anche le implicazioni con un possibile gruppo sovversivo di natura semi sconosciuta.

Un altro fattore ha contribuito ad offuscare la fama della preparazione che l'istituto offre ai suoi allievi: pare che il nostro Arthur, idolo delle più giovani, si sia fatto ammaliare per molti mesi dalla magia della Sidhe; il vincolo magico l'ha ammaliato tanto da catturargli il cuore, impedendogli di attaccare la Sidhe e allontanando allo stesso tempo i veri oggetti del suo affetto. Come è possibile che il Campione di Hogwarts si sia lasciato abbindolare così facilmente? Dovremmo forse rimettere in discussione la validità della sua candidatura al Torneo?

Ma non è finita qui. Dopo approfondite ricerche è stato confermato che è stata la stessa Sidhe a inserire il nome di Arthur nel Calice di Fuoco, sperando di ottenere in questo modo l'occasione per eliminare l'erede Pendragon nel modo più discreto. Ed ha potuto farlo senza che nessuno se ne accorgesse.

Se fossi nei panni del preside, mi sentirei assolutamente piena di vergogna per il modo in cui si è svolto la vicenda – cosa che, a quanto pare, non è successa nemmeno in minima parte.

L'unica nota di colore che ha fatto bene ai nostri animi è stata vedere la lealtà con la quale Pendragon e Emrys sono rimasti l'uno affianco all'altro, sebbene sottoposti a un fuoco di domande dalla giuria del Torneo – non dalla stampa, ovviamente.

Arthur si è dimostrato ancora una volta il nobile cavaliere che abbiamo imparato a conoscere, avvolgendo un Emrys scosso dai brividi di freddo in una calda coperta. L'ha tenuto stretto a sé con un braccio intorno alle sue spalle e poi l'ha condotto lontano da occhi indiscreti.

Non ci si deve stupire di un comportamento tanto affettuoso nei riguardi di Merlin Emrys visto che, per la terza prova, i partecipanti sono stati richiamati a salvare dalle profondità del Lago Nero la cosa della quale avrebbero sentito di più al mondo la mancanza – e per Pendragon Jr tale cosa si è rivelata essere Emrys.

C'è da stupirsi, semmai, del fatto che l'oggetto di sentimenti tanto profondi sia proprio un ragazzetto tanto insignificante se non per la magrezza eccessiva.

Possiamo forse, lettori, prenderlo come una prova del fatto che ci sia ancora un po' di spirito di carità al mondo? A Natale ce n'è bisogno più che mai e, dubbi a parte, vedere un Pendragon stretto a un Serpeverde come se ne dipendesse della sua vita ci sembra, se non un'immagine tenera, almeno un grosso esempio di filantropia.

Con questo quesito rimasto irrisolto vi lascio, poiché lo scopo della mia scrittura è sempre stimolare le vostre menti al dubbio nella ricerca della verità.

Non smettete mai di cercare!

 

 

Domitilla Skeeter

 

 

“Merlin Emrys,” disse Morgana Pendragon, ritta sull'uscio dell'infermeria. “Posso entrare?”

Il Serpeverde annuì. “Sì... ti prego. Avevo bisogno di parlarti, comunque.”

Lei piegò la testa di lato, una ciocca di capelli che ricadeva in avanti a incorniciarle il viso.

“Ti devo chiedere scusa,” disse Merlin, sospirando. Andava davvero fatto. “Ho dubitato di te fino all'ultimo, quando invece era di altri che avrei dovuto diffidare. Credevo saresti stata tu la seconda donna a tradire Arthur in un giorno di nascita e morte, invece si trattava di Sophia. Arthur aveva ragione... e anche tu. Mi dispiace.”

Far ricadere l'ascia del sospetto su Morgana era stata la scelta più logica ma... anche la più facile; perfino Merlin era caduto nella rete del pregiudizio che tanto gli era familiare. Nessuno, a quanto pareva, era superiore ad esso.

La strega si avvicinò al letto, le candele che donavano alla sua pelle di porcellana una sfumatura quasi eterea. Non si sedette, ma nemmeno se ne andò. “Ero venuta perché avevo visto in sogno il Torneo. Non potevo intervenire, lo sapevo, ma neanche potevo restarmene lontana in una situazione del genere.”

Merlin annuì. Sapeva bene cosa stesse tentando dire... Si stavano rivelando sorprendentemente simili, loro due.

“Emrys... alza il mento. Hai salvato il mio fratellastro, di nuovo,” disse lei, fiera. “Qualche volta dobbiamo fare quello che riteniamo giusto e al diavolo le conseguenze. Gente come me e te è pronta a mettere in gioco tutto per le persone che ama, anche cose che molti altri non si sognerebbero di tirare in ballo.” La sua voce era grave ma carica di sottintesi, potente, incrollabile. “Non sono tanti quelli che possono capirlo, ma è così che un Serpeverde ragiona. Io, se vuoi saperlo, non potrei desiderare niente di meglio.”

Merlin annuì, annuì e annuì ancora, tentando di rispedire indietro le lacrime che, finalmente, gli erano salite agli occhi. Sì, credeva che quello che aveva fatto fosse giusto... ma ciò non diminuiva il peso delle sue azioni. Dio, aveva davvero tolto la vita a un'altra creatura con le proprie mani.

Se le guardò: tremavano.

“Non piangere,” disse Morgana, imbarazzata quando costretta ad assumere toni pacati. “Rimettiti in ordine e vai da lui.”

Merlin rise in un singhiozzo. “Come posso?” disse, ripensando che Arthur l'aveva consegnato alle cure di Gaius e poi lì l'aveva lasciato, richiamato dalla stampa e dalla giuria.

Sono una vera Serpe. Come posso avvicinarmi a lui?

“Oh... idiota,” disse lei, scuotendo la chioma voluminosa. “Sei la cosa di cui sentirebbe di più la mancanza, dopotutto. La cosa più importante.”

Merlin la guardò confusamente, asciugandosi gli occhi.

Morgana sorrise come il gatto che ha messo in trappola il topo. “Già, non potevi saperlo. Legate alla roccia, in fondo al lago, c'erano le persone più importanti per i tre partecipanti. Per uno c'era il padre, per un altro la sorella e, be', per Arthur...”

 

 

Proprio nel momento in cui Gwaine si stava abbassando i pantaloni e Percy stava facendo flessioni per terra, Merlin spalancò di botto la porta della stanza di Arthur. Gli occhi blu erano acquosi e sgranati, il petto si alzava e si abbassava lentamente, come se avesse adocchiato una preda particolarmente gustosa.

“Cavolo,” esclamò Gwaine, senza neanche curarsi di rivestirsi. “Perché nessuno mi ha avvertito prima di questo piano? Voglio dire, io non mi faccio problemi, sono un tipo aperto, eh. Ci ho provato, una volta, a fare una cosa a tre, e non è andata male. Magari potremmo organizzarci a turni-”

“E quindi io sarei la persona più important-” sparò a raffica Merlin, tutto rosa, euforico e serio insieme.

“Gwaine, fuori,” si impose Arthur, alzando il braccio vero la porta. “Percy, anche tu. Andatevi a fare due burrobirre o quello che vi pare,” disse, ma era troppo imbarazzato per suonare autorevole.

Gwaine sghignazzò. “Ma certo, lasciamo la regale coppia d'oro a consumare la luna di miele tanto attesa.”

“FUORI.”

Uscendo, Gwaine strinse la mano a Merlin e Percy gli diede una pacca sulla schiena.

Il Serpeverde rimase dov'era, sorridendo come un idiota, le labbra che si stringevano nel formare una parola ma che poi si arrendevano alla travolgente voglia di tendersi in su e basta.

Arthur si stava guardando intorno come in cerca di una via di fuga, il panico puro sul volto. “È per Aithusa,” disse, dandosi un tono. “Tutto questo tempo e... ecco, non avrei mai potuto farcela da solo, no? Davvero, credevi che fosse per qualche altro motivo?”

Merlin sorrise ancora di più, facendo oscillare le braccia, avvicinandosi ad Arthur. “Sono la persona più importante per te,” constatò, tutto sognante.

“Onestamente, adesso stai tirando troppo la corda,” sbottò l'altro, rosa e spazientito. Si passò le dita tra i capelli e fece per uscire ma Merlin, prontamente, lo voltò per le spalle.

Gli prese la faccia tra tutti e due i palmi con delicatezza, ghignò come un pazzo e poi lo baciò, schiacciandosi subito contro di lui. Non riuscì a smettere di sorridere per tutto il tempo che le sue labbra restarono incollate a quelle calde e piene di Arthur. Dio, finalmente, finalmente! Lo stomaco aveva spiccato il volo e non c'era niente che valesse di più di quel bacio, adesso.

Il Grifondoro, per la sorpresa, aveva incrociato gli occhi, le pupille fisse sulla punta del naso di Merlin e il Serpeverde, in quel momento, lo amò alla follia; appoggiò la fronte alla sua, fece strusciare i loro nasi quanto più teneramente possibile, gli rubò un altro bacio leggero e un altro e un altro ancora...

“Sto ancora tirando troppo la corda?” soffiò, affondando di più le mani nei suoi capelli.

Arthur sbatté le palpebre e deglutì. Poi parve rendersi conto di quanto stava succedendo e disse qualcosa di simile a uno “sta' zitto” che, però, si perse nella bocca di Merlin.

Lui rispose con un mugolio d'approvazione, facendo scivolare le braccia sulle sue spalle per circondargli il collo. Ogni cosa girava e niente aveva senso se non la bocca perfetta di Arthur e i loro cuori che battevano all'unisono.

Era questo che si provava ad essere colpiti in testa da un Bolide... Altro che avvelenamento!

Si staccarono e Merlin ne approfittò per appoggiare il viso sulla spalla di Arthur, strofinando la guancia sulla stoffa (finalmente! L'aveva già pensato?). Sospirò, passando le mani lungo i fianchi forti di Arthur mentre lui lo stringeva a sé con attenzione, e si chiese se sarebbe stato possibile non dividersi più.

“Sicuro che non ti faccio paura o ribrezzo?” sussurrò. Doveva dirlo; non riusciva a togliersi dalla testa quell'idea. “Dopotutto sono un bieco Serpeverde, proprio come tutti quelli che hanno tentato di ucciderti.” Parlò in modo artificiale, scherzoso, quando in realtà non scherzava affatto.

Il Grifondoro rispose con un verso esasperato. “Se non ti è ancora chiaro il motivo per cui ti trovavi in fondo a quel lago, devo rivalutare i miei criteri,” gli disse all'orecchio. Dopo gli passò le nocche sulla base del collo per fargli alzare la testa e fu il suo turno di prendergli il viso tra le mani, piano (stava diventando una cosa, e il Serpeverde non aveva alcuna intenzione di lamentarsene).

“Vai bene così,” disse Arthur con decisione. “Così come sei. Te stesso. Ciò non toglie che non voglio vederti più costretto a prendere certe decisioni, ok?”

Merlin annuì come un bambino, strizzando nei pugni la camicia di Arthur.

Sapevano entrambi che non era vero e che sarebbe sempre stato disposto ad arrivare a soglie indicibili per lui, ma ora andava bene in quel modo.

Tornarono a baciarsi perché il tempo delle parole era concluso. Le lingue si trovarono per la prima volta, dolcemente. Impararono a conoscere le forme delle labbra, assaggiando le cadenze dei respiri, bevendo la tenerezza della pelle.

Finirono stesi sul letto – non prima di aver inciampato in un paio di spigoli, tre bauli e un libro.

Avere Arthur sopra di sé era qualcosa di... indescrivibile. Merlin lo accarezzò con il massimo sentimento, del tutto perduto in lui. I tocchi inesperti si fecero più audaci, a una risata si intervallò un gemito timido. Nell'aria c'erano, appena accennate, parole dolci che nessuno dei due si sarebbe aspettato di pronunciare o ascoltare.

La stanza si scaldò nei sospiri morbidi e affannati e nei singhiozzi sommessi. Un bacio languido senza fine, una richiesta, una promessa, un morso, un corpo umido su un altro e una stretta inebriante, avvolgente. L'abbraccio non si sciolse mai.

 

 

“Puoi dirmelo, ora, sai,” soffiò Arthur, stringendo le dita sulla lunghezza di Merlin.

Lui gemette il suo “cosa?”

“Il biglietto al terzo anno... ah... puoi,” e dovette fermarsi, prendendo tra le labbra il lobo dell'orecchio del Serpeverde. “Puoi dirmelo che ti piacevo già da allora. Tanto l'ho sempre saputo.”

Merlin scoppiò a ridere senza finezza, rotolandosi nelle coperte e mandando al diavolo la possibilità del secondo orgasmo della serata.

Almeno, fu così per qualche minuto.

 

 

“Non ho intenzione di fare l'Auror per tutta la vita,” disse a sorpresa Arthur.

Il sole era alto in cielo e l'erba profumava di quell'odore particolare che si può sentire solo in estate.

Stavano sdraiati sotto le fronde della grande quercia, l'ombra che li rinfrescava dal busto in su, il rumore rilassante della natura tutto intorno.

Aithusa si era placidamente appollaiata su uno dei rami più alti; ogni tanto batteva forte la coda sul legno, facendo cadere qualche foglia sui loro nasi.

Merlin alzò appena la testa dal petto di Arthur per fargli capire che lo stava ascoltando. Il Grifondoro mosse le gambe intrecciate tra le sue in una carezza di stoffa su stoffa e strinse la mano sulla sua spalla, pensieroso.

“Non potrò cambiare veramente le cose se resterò in quella posizione. Un Auror non è davvero in grado di fare molto, in ambito di relazioni tra maghi e Babbani,” si spiegò Arthur. “Mio padre sarebbe contento di sapere che penso di buttarmi in politica... anche se non all'interno del Ministero che vorrebbe lui.”

“Arthur, sul serio?” disse Merlin, stupito, strofinando il palmo sulla sua camicia.

Lui annuì. “Diventare Ministro della Magia mi permetterebbe di intervenire per minimizzare le stesse barriere mentali che avevo io... per abbattere i muri che dividono i maghi in classi chiuse e forse, con un po' di fortuna, anche quelli che separano i maghi dai Babbani.”

Era bello e speranzoso. Le sue parole erano nobili come le sue convinzioni e, in quel momento, sembrava davvero un re. Il cuore di Merlin si strinse nell'affetto e nell'orgoglio immenso che provava per lui.

“Un ministro intelligente, forte, onorevole e con un drago dalla sua parte...” valutò ad alta voce. “Potresti fare grandi cose.”

Arthur sbuffò una rista e allora Merlin schioccò le labbra sul suo collo scoperto, lavorando per slacciargli il nodo della cravatta. Gli si aggrappò addosso dolcemente, baciandolo ovunque arrivasse per trasmettergli la devozione più estrema: sulla guancia, sulla mandibola, sulla tempia, sul naso...

Labbra leggere come una piuma, a volte più pressanti, una volta sola insistenti, bagnate dalla punta della lingua su un punto in basso, alla base del collo...

Il Grifondoro sospirò, chiudendo le dita sopra la mano ferma alla sua cravatta. “Devo aspettarmi che quando mi preparerò per entrare al Ministero tu sarai in un campo d'allevamento in Romania?” disse, reprimendo un brivido. Sembrava abbastanza insicuro, come se non sapesse effettivamente quale risposta avrebbe ricevuto.

“Chi te l'ha detto che volevo fare l'allevatore di draghi?” mormorò il Serpeverde, succhiandogli la pelle morbida e tiepida dietro l'orecchio.

“Tua madre, Gwen, Will, Gwaine, Lancelot, il preside... La faccenda dell'uovo, poi, è stata piuttosto esplicativa. Insomma, hai capito che Aithusa era una femmina solo dalle sue dimensioni e dalla struttura fisica. E poi non hai fatto che fare ricerche sui draghi per quattro anni.”

Merlin sorrise, intenerito. “Avrei finito prima, se tu fossi stato più propenso ad accompagnarmi in Biblioteca,” e lo baciò ancora sulla guancia, sonoramente. “Comunque, ho già un drago tutto mio da allevare, quindi non penso di aver bisogno di andare in Romania... almeno fino a che Aithusa non sarà grande e completamente autonoma.”

Arthur rimase bloccato per un attimo. Poi le sue sopracciglia si abbassarono. “Mi pare giusto,” convenne, tentando di non mostrare quanto quella notizia gli avesse fatto piacere.

Il Serpeverde alzò gli occhi al cielo con gusto; ormai non si sentiva contento se Arthur non glielo faceva fare almeno un paio di volte al giorno.

Lo strinse, perdendosi nel suo profumo mischiato a quello dell'erba fresca.

“In ogni caso, quando prima diventerai un Auror, impegnato come sarai a inseguire i cattivi, non avrai nemmeno tempo di prenderti cura di te stesso,” disse dopo un po'. “Tu e la tua mania di fare sempre le attività più pericolose... Avrai bisogno di qualcuno che ti rimetta insieme i pezzi a fine giornata.”

“Vuoi fare il Guaritore?” domandò Arthur, preso in contropiede.

Merlin non riuscì a nascondere il sorrisetto soddisfatto in cui si erano sollevati gli angoli delle sue labbra. “Ho ricevuto una soffiata da Gaius; pare che la Weasley sia riuscita a far passare una legge per una riforma sulle squadre d'azione degli Auror. Adesso ogni squadra dovrà comprendere anche un medimago... Stanno mettendo su un vero Reparto Medico Auror, non è geniale? Lo sapevo che la Weasley avrebbe fatto grandi cos-”

Il Grifondoro lo interruppe, scivolando via da lui e sovrastandolo con una mossa sola. Senza dargli tempo di fare nulla si abbassò, coprendolo con il suo corpo, torace contro torace, ogni centimetro di uno che toccava l'altro. Spinse la lingua nella sua bocca leccando con entusiasmo. La ritirò troppo presto ma bloccò il lamento di Merlin con un morso delicato al suo labbro inferiore.

Lo baciò ancora, a fondo e con tenerezza.

“Non ce la faresti proprio a starmi lontano,” soffiò sulla sua bocca, impertinente ma... nel giusto.

Merlin si perse nel calore della sua vicinanza; lo guardò con aperta adorazione, passandogli le mani sulla schiena, perché ogni peso che avrebbero sopportato quelle spalle l'avrebbe alleggerito lui.

Arthur gli allontanò i capelli dalla fronte.

Dio, come si faceva a non stuzzicarlo almeno un po'?

“Non sono io quello che ha praticamente svelato davanti a tutta la scuola qual è la cosa più import- Mmpf!”

Il Grifondoro lo bloccò premendogli il palmo sulla bocca. Lui procedette a morderlo e leccarlo fino a che il biondo non fu costretto a toglierlo con un “Ew, sei terribile!”

“Ma sono anche impor-”

“Dio, sta' zitto!” scoppiò Arthur.

E, per evitare altri interventi, tornò a baciare Merlin – probabilmente con il preciso intento di fargli dimenticare il proprio nome, visto che infilò anche un ginocchio tra le sue gambe, in mezzo al cavallo dei pantaloni.

Di certo non si immaginava che era esattamente ciò che Merlin aveva voluto lui facesse.

 

 

Mentre Aithusa svolazzava intorno a loro, intercettando gufi altrui e mordicchiandoli per gioco, Merlin continuò a lasciarsi baciare dal suo Arthur, dando tanto quanto riceveva.

Non era mai stato più felice e, se il prezzo da pagare per poter avere quella felicità era alto, lui l'avrebbe pagato con fierezza, a testa alta. Il loro futuro era ancora un'incognita, certo.

Forse, tra qualche anno, Arthur sarebbe riuscito a conquistare l'opinione pubblica con le sue doti di guida e con la sua saggezza sincera; Aithusa, figlia di un nato Babbano e di un Purosangue, sarebbe stata un simbolo d'integrazione. O forse, il loro drago avrebbe messo a fuoco il Ministero eliminando gli oppositori di Arthur (ah!).

Oppure... oppure, in qualche modo, Aithusa il suo compito l'aveva già portato a termine, perché grazie a lei due persone diversissime avevano trovato la strada per incontrarsi a metà. Molti pregiudizi erano caduti e, seppure nel loro piccolo, Merlin e Arthur avevano già realizzato un unione di due mondi.

In ogni caso, avrebbero potuto fare qualunque cosa, se fossero rimasti l'uno al fianco dell'altro.

Almeno, a Merlin piaceva pensare che fosse così... Anche se l'opzione del Ministero della Magia in fiamme non era poi tanto male.

 

 

Arthur sbadigliò senza curarsi di essere notato. La lezione di Pozioni era particolarmente noiosa, quel giorno – soprattutto quando sapeva benissimo che fuori c'era un bel sole e che l'estate aspettava solo che loro terminassero gli esami per dare il meglio di sé.

Non vedeva l'ora di togliersi di dosso l'umidità dei sotterranei per poter andare a giocare un po' all'aria aperta con Aithusa.

Come faceva Merlin a sopportare di star sepolto lì sotto la maggior parte del tempo? Arthur si voltò verso di lui per lamentarsi di ciò, ma quello che vide gli fece morire le parole in gola: il profilo di Merlin si stagliava come una lama d'argento contro l'oscurità delle pareti di mattoni. I suoi occhi attenti e luminosi erano concentrati sul professorone, i denti appena conficcati nel labbro inferiore, rosa e pieno...

Arthur ingoiò, grattandosi il collo improvvisamente circondato da un alone di calore.

Tipico della sua fortuna trovarsi un fidanzato secchione. Solo per stavolta non l'avrebbe infastidito e gli avrebbe permesso di seguire la lezione in pace – alla fine poi non avrebbe potuto copiare da lui, se Merlin non fosse stato in grado di affrontare i M.A.G.O.

Il Grifondoro appoggiò la guancia al pugno chiuso chiedendosi se, mentre aspettava che passassero i minuti che lo dividevano dal poter baciare Merlin fino a stordirlo, gli sarebbe riuscito di schiacciare un pisolino in quella posizione, ma poi...

Notò un pezzettino di pergamena quadrato, piegato in due, accanto al suo libro chiuso.

Lanciò di sfuggita un'occhiata a Merlin, che pareva non essersi accorto di nulla. Con circospezione, Arthur prese con due dita il biglietto e lo aprì.

La calligrafia scomposta e troppo articolata in quel modo assolutamente perfetto, proprio anche della persona alla quale apparteneva, era inconfondibile.

 

 

Mi piaci un sacco. Non so bene quando sia cominciata e, sarò onesto, all'inizio ti trovavo un insopportabile pallone gonfiato (lasciatelo dire, con l'incidente del salvataggio di Lancelot, quella volta del Bolide, non ci hai fatto proprio una bella figura).

A poco a poco, però, ho visto che ragazzo meraviglioso tu sia e ho capito che hai un gran cuore. Ti considero ancora un idiota ma di te mi piace proprio tutto, quindi mi piace anche questo.

In realtà, sai, penso di amarti con tutto me stesso. Come sono sicuro che tu abbia le capacità e la forza di cambiare il mondo in meglio, so che resterò sempre al tuo fianco per aiutarti, proteggerti e supportarti.

Se è quello che vuoi anche tu, fai una croce sul SI'.

Non ti azzardare neanche a farla sul NO, tanto lo sai che non ti riesce di fare lo spiritoso.

 

 

Arthur scoppiò a ridere buttando indietro la testa. Il professor Muirden tolse dieci punti a Grifondoro, ma ne valse davvero la pena.

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

Note

E anche questa è fatta. Grazie a tutti quelli che hanno seguito questa storia e che mi hanno sostenuto con le loro meravigliose parole. Spero che vi siate divertiti a leggere come mi sono divertita io a scrivere.

Questo capitolo, per assurdo, è quello che mi convince meno di tutti, lol. Be', mi auguro che possa piacervi comunque, anche solo un po'. (Tra l'altro ho fatto molti cambiamenti a livello di forma rispetto alla versione inviata per il contest... giudiciA, mi dispiace per l'obbrobrio che ti ho fatto sorbire çAç) Quando l'ho completato ho sentito una strana stretta al petto e mi sono resa conto che ancora non ero pronta a lasciare questi personaggi; l'extra che avevo promesso all'inizio, quindi, lo troverete inserito in una raccoltina di missing moment e spezzoni vari che riguardano questo universo. Tempo permettendo, ovviamente.

Alla prossima, un abbraccio a tutti!

   
 
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