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Autore: IceQueenJ    07/01/2015    3 recensioni
Bella e Edward si conoscono da quando erano bambini, ma un giorno Bella deve trasferirsi con in genitori in Italia. Passano gli anni e i due continuano a tenersi in contatto, questo grazie alle loro famiglie.
Tutto cambia con una visita inaspettata.
Cosa accadrà quando Edward rivedrà Bella?
Cosa accadrà quando Bella lascerà il suo ragazzo e dopo qualche mese tornerà a Forks a conoscenza di cose che non dovrebbe sapere?
E come reagirá Edward?
Riusciranno a risolvere i loro problemi?
Riusciranno a superare tutte le sfide che gli si presenteranno?
-Questa storia è stata pubblicata anche su Wattpad.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve a tutti! Salve!
Ce l'ho fatta, finalmente ce l'ho fatta. Scusate per il mese di ritardo, ma questo capitolo non voleva proprio sapere di uscire. Mi ha fatto davvero penare. Quando poi ho finito di scriverlo, esattamente il 23 dicembre, mi si è rotto il computer e con le vacanze ho potuto aggiustarlo solo la scorsa settimana!
Spero che questa mia assenza non vi abbia fatto dimenticare la mia storia e spero che la leggiate e la recensiate in molti!

Adesso vi lascio al capitolo!
Spero vi piaccia!

Capitolo 25: Buone Notizie

Pov Bella

“No, non torno a Seattle con te”.
Sorrisi.
Edward si accorse del mio sorriso, sorrise anche lui, e poi ricominciò a parlare. “Perché no?”.
“Perché no!”, esclamai.
“D’accordo. Potresti esserne sicura ora, ma scommetto che domattina non lo sarai, quando ti mostrerò ciò che devo mostrarti”, disse con uno strano sorriso.
“Che cosa devi mostrarmi?”, chiesi curiosa.
“Non te lo dico!”, rispose lui facendomi una linguaccia.
“D’accordo!”.
Appoggiai la testa sul suo petto e mi accoccolai.
“Mi spieghi perché vuoi che torni a Seattle con te? Tutti i college cui ho fatto domanda …”, ma Edward mi interruppe.
“Che tu sappia”, disse guardandomi.
“In che senso?”.
“Intendo che, visto che mi hai detto che avevi lasciato una lettera accanto a quella per me, se riuscissimo a trovarla, potresti anche essere stata accettata da quel college”.
Il suo ragionamento non faceva una piega, ma io, testarda, continuai il mio discorso, esattamente da dove Edward mi aveva interrotto.
“Tutti i college a cui ho fatto domanda non mi hanno accettata. Cosa ci torno a fare a Seattle se non avrò nulla da fare per un intero anno? Almeno qui posso frequentare i corsi e dare gli esami e non perderò un anno”.
“Avresti sempre me e Alice e Christian e … Va bene, come vuoi. Sei sempre la solita testarda. A proposito di cose che devo mostrarti …”, si alzò dal letto per prendere qualcosa e poi continuò a parlare a se stesso, “c’è qualcosa che posso mostrarti”.
Aprì una delle sue valigie e tirò fuori un foglio con sopra un disegno.
Tornò a stendersi al mio fianco e, cingendomi le spalle con un braccio, mi consegnò il foglio.
“E’ di Tommy. Me l’ha dato prima che partissi. Gli manchi. Resti pur sempre la sua zia preferita”.
‘Oh Tommy … cucciolo. Anche tu mi manchi’.
Gli occhi mi si fecero lucidi e non riuscii a fermare le lacrime.
“Oh … che dolce! Tommy è così … dolce. Oh … è tremendamente dolce! E poi … guarda questo disegno … è così carino”, dissi gongolante.
“Sei sicura di star bene, Bella?”, mi chiese Edward dopo un po’ di silenzio.
“Sì … sì, sto bene”, dissi tirando su con il naso. “Solo … non so, forse … mi sto comportando in modo strano?”.
La faccia di Edward era impagabile. Rispondeva meglio di mille parole.
“In effetti … credo che tu stia delirando. È solo un disegno, tesoro”, disse iniziando a ridere.
“Lo so … lo so, però oggi … tutte queste emozioni e non sono più riuscita a fermare le lacrime”, ammisi.
“Tranquilla. Mi hai solo spaventato un po’. Adesso … non vorrei essere il solito guastafeste, ma avrei davvero bisogno di dormire. Sono distrutto”.
“Certo … hai ragione! Scusa … avrei voglia di parlare ancora con te. Non riesco a credere che sei qui. Buona notte, Eddy!”.
“Sei consapevole che se tuo padre si accorge che abbiamo dormito insieme, mi scuoia vivo, mi taglia a pezzettini e poi mi cuoce nel brodo?”.
Risi della sua battuta.
“Non ridere. Sarò io quello che morirà, non tu”.
“Hahahahah … ma che sciocchezze dici! Charlie ti adora. È pur sempre il tuo padrino e poi non ti ucciderebbe mai, sapendo che questo farebbe soffrire me”.
“D’accordo … allora mi fido, ma se mi succede qualcosa, sappi che tornerò dall’oltretomba e ti perseguiterò”, disse diabolico.
Alzai gli occhi al cielo per la sua esagerazione.
“Esagerato! Comunque … se accadrà, lascerò che mi perseguiti e non cercherò un cacciatore di fantasmi per farti andare via, d’accordo?”.
“Simpatica … simpaticissima. Ma tu guarda che razza di ragazza mi sono trovato! Pff! Dormiamo che è meglio, va!”.
“Buona notte, Eddy!”, gli diedi un bacio poi mi accoccolai, chiudendo gli occhi.
“Notte, piccola!”.

“Edward … cosa ti avevo detto? Non dovevi tenere le mani a posto e soprattutto dormire nel tuo letto?”, disse una voce, strappandomi al mio bellissimo sogno con Edward protagonista.
“Ma Charlie … è questo il mio letto. E’ stata Bella a venire qua. Che c’entro io?”, sussurrò il mio ragazzo con voce roca.
Dio! Che voce sexy che ha di prima mattina.
“Non mi interessa! Potevi dirle di no e invece vi trovo nello stesso letto. Cosa devo pensare?”.
“Non devi pensare nulla, perché ero così stanco che ho solo sentito Bella mettersi sotto le coperte. Ti giuro che non …”, disse Edward cercando una scusa.
Cavoli! È tutta colpa mia.
Decisi di intervenire.
Facendo finta di essermi svegliata in quel momento, sbadigliai.
“Che succede?”.
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti Charlie furente che fulminava Edward con lo sguardo.
“Succede che il tuo ragazzo qui presente …”, ma io lo interruppi.
“Aaaaa papà! È colpa mia. Sono stata io a venire nel suo letto. Cioè … n – non in quel senso …”, balbettai, “cioè … sentivo la sua mancanza e mi sono trasferita di qua. Qual è il problema?”.
Alle mie parole mio padre diventò di tutti i colori, passando da tonalità rosso pomodoro ad una bianco cadavere.
“Il problema? Chi ha parlato di problema? Edward! Sei sempre il solito problematico!”.
“Papà! Charlie!”, urlammo in contemporanea io e Edward.
“D’accordo … d’accordo! Non c’è alcun problema, solo … vorrei che sotto il mio tetto si rispettassero le mie regole. Immagino che Christian non abbia tutte queste regole e che anche se le avesse non le abbiate rispettate, ma …”, fu, però, interrotto dalla risata di Edward.
“Charlie … ti prego! Non dire più cose del genere! Hahahahah! Christian che non ha regole … Hahahahah! Forse ne ha più lui che tu e mio padre messi insieme!”, rise Edward sotto i nostri sguardi scioccati.
Sicuramente il lungo viaggio e il fuso orario gli avevano fatto perdere la testa.
Già! Era così, senza alcun dubbio.
A pensarci bene, Christian aveva le sue regole, ma noi non le avevamo mai rispettate.
Edward aveva omesso quel piccolo particolare, meglio non dirglielo però.
Se mio padre l’avesse saputo, l’avrebbe davvero scuoiato vivo.
“Davvero?”, chiese Charlie con voce stridula.
“Davvero … davvero!”, continuò Edward tornando serio.
“Allora … non c’è problema in quel senso, vero Edward? Posso stare tranquillo, giusto Edward? Non avremo sorprese, vero Edward?”, riprese mio padre con sguardo minaccioso, che fece perdere al mio bellissimo ragazzo la sua solita spavalderia.
“Tranquillo Charlie. Nessuna sorpresa. Almeno per il momento!”.
“Che significa … ‘Almeno per il momento’, Edward?”.
“Niente Charlie … niente! Tranquillo. Ho delle sorprese per voi, ma nulla che riguardi quella determinata cosa!”.
“Buon per te ragazzo, buon per te! Adesso … colazione!”.

Mentre facevamo colazione, Renee chiese a Edward cos’avrebbe fatto.
La sua risposta mi lasciò di sasso.
“Ecco … ehm … beh, avrei delle commissioni da fare con Charlie”, disse Edward a disagio, guardandomi con la coda dell’occhio.
Compresi perfettamente che era una bugia dall’espressione confusa di mio padre.
“Dav –”, chiese mio padre, che fu, però, prontamente zittito da un calcio di mia madre e che subito gli fece cambiare versione. “Sì … vero, abbiamo delle cose urgentissime da fare”.
Se non avessi intuito che c’era qualcosa che mi nascondevano, avrei sicuramente riso per la scena.
“D’accordo … io vado a prepararmi per andare in facoltà, così potrete continuare a parlare senza che vi sia d’intralcio”.
“No ma … tesoro … resta pure. Papà pensava che sarebbero andati oggi pomeriggio. Resta pure … tuo padre e Edward stavano andando a prepararsi, vero … ragazzi?”.
“Oh … sì sì”, dissero entrambi con ancora la bocca piena e poi alzandosi per andare a cambiarsi. Forse scappare era più adeguato.
“Mamma! Andiamo! Non prendermi in giro!”, dissi ridendo appena sparirono.
Lei rise con me.
“Tesoro, non ti sto prendendo in giro. Hanno davvero delle commissioni da fare. Il punto è che non posso dirti di che commissioni si tratta perché è una sorpresa per te”.
Sbuffai. “Ma mamma! Edward aveva promesso che sarebbe venuto con me. Ora come faccio? Io ci credevo davvero. Non voglio sorbirmi le occhiate e le parole di quelle papere che pensano che la nostra storia sia tutta una finta”.
“Oh tesoro! Ma cosa t’importa di loro? La cosa importante è che tu e Edward abbiate fatto pace. Non ascoltarle. Me lo prometti?”, mi chiese mia madre prendendomi il mento per guardarmi negli occhi.
“Promesso. Adesso vado a cambiarmi. Tra un po’ dovrebbero arrivare Sara e Marco”.
Le diedi un bacio e mi diressi nella mia stanza per prendere i miei vestiti e andare in bagno.

Quando fui pronta, andai dritta nella stanza di Edward.
Ero proprio curiosa di sapere cosa mi avrebbe detto.
Aprii la porta senza bussare e vidi che stava indossando una felpa.
Restai immobile a guardarlo.
“Smettila di fissarmi”, disse sorridendo e girandosi verso di me.
“E tu smettila di essere così bello e sexy”, gli risposi avvicinandomi a lui.
Lui ci pensò su e poi mi rispose. “Mmm … no! Questo è impossibile!”.
Lo abbracciai ed evitai di rispondere con una battuta abbastanza tagliente.
“Mi avevi promesso che saresti venuto in facoltà con me”, dissi imbronciata.
“E manterrò la promessa, piccola, te lo giuro. Mi farò accompagnare da tuo padre appena avremo finito. Avrei dovuto dirtelo ieri sera, ma me ne sono dimenticato. Scusa”, disse facendo la sua solita faccia da cucciolo.
“Non hai nulla da farti perdonare. Sono io che ora vorrei passare tutto il mio tempo con te, ma so che non possiamo stare sempre insieme e …”, ma mi interruppi perché non volevo parlargli delle mie insicurezze.
“E?”. Edward mi prese il viso e mi costrinse a guardarlo negli occhi. “Guardami e continua”.
“Niente. Alcune delle ragazze dell’università sanno chi sono. Credo mi abbiano vista in qualche foto con te e ora continuano a parlare di me come se non ci fossi. So che non sono a conoscenza della verità, ma ci sto comunque male. Non dicono cose bellissime sul tuo conto”.
Edward sospirò. “Oh Dio! Pensavo chissà cosa. Mi hai fatto preoccupare. Comunque, non curarti di loro. Sono solo persone che parlano senza condizione di causa. Non sanno nulla. E poi immagina la loro faccia quando oggi verrò a prenderti. Moriranno, letteralmente”.
“Lo spero. Perché sono davvero insopportabili. Prima o poi le ammazzo”.
Rise. “Isabella Swan! Non ti facevo così … così assassina!”.
Mi baciò e poi insieme uscimmo. Mi accompagnò al portone e aspettò fino a quando arrivarono Marco e Sara.
“A dopo!”.
“A dopo, piccola. Ti amo!”.
“Ti amo anch’io”, gli sorrisi e lo baciai.

“Allora Bella … tu e il tuo Edward avete fatto pace, finalmente”, mi sfotté Marco.
“Ebbene sì. Gli ho spiegato tutto e ieri sera ci siamo chiariti. Voi piuttosto … non avete nulla da dirmi?”.
Avevano sicuramente qualcosa da dirmi e visti i loro sorrisi e sguardi non ci misi molto a capire cosa stavano per dirmi.
“Andremo a Bologna. Insieme!”, urlarono.
Abbracciai prima l’uno e poi l’altra e urlai di felicità insieme con loro.
Poi, come se non bastasse, mi tornò in mente che, presto, Edward sarebbe partito e che quindi sarei rimasta sola e il mio sorriso svanì, così com’era arrivato.
Edward a Seattle, Sara e Marco a Bologna.
Cos’avrei fatto?
Ormai i miei vecchi amici non mi salutavano nemmeno più.
E solo perché stavo con Edward.
Incredibile! Preferivano vedermi infelice, piuttosto che felice con Edward.
Non riuscivo ancora a capire il motivo del loro odio nei suoi confronti.
“Hey Bella … che succede? Non ti senti bene?”.
“No ragazzi, sto bene, tranquilli. Semplicemente … pensavo. Voi andrete a Bologna, Edward tornerà a Seattle perché a breve inizieranno i corsi. Ed io? Io resterò sola”.
Entrambi si precipitarono ad abbracciarmi.
“Oh andiamo! Non sarai sola. Verremo tutti i weekend a trovarti e quando non potremo, verrai tu da noi. Così potremo tenerci sempre in contatto e resteremo amici. Adesso ce lo fai un sorriso? Edward è qui. Pensa solo a questo. Non pensare ad altro, per il momento”.
Sorrisi. “Avete ragione, non è il momento giusto per pensarci”.

Per tutte le ore di lezione non feci altro che pensare a Edward, tant’è che chiesi a Sara di passarmi i suoi appunti, perché non ne avevo presi affatto.
Usciti dalla lezione, ci dirigemmo nel giardino dell’università, dove trovammo una folla urlante di ragazzi e ragazze, tutti radunati intorno a qualcuno o qualcosa.
Non ci feci caso, troppo presa a pensare a Edward e a quando sarebbe arrivato, e presi la direzione opposta, seguita dai miei due amici e iniziando ad ascoltare le canzoni del mio i – pod.
Continuai a camminare a passo veloce e un po’ più avanti di Sara e Marco per dargli un po’ di privacy, fin quando una voce urlò il mio nome.
Mi bloccai e mi girai verso la voce che, per via della musica, non aveva riconosciuto.


Pov Edward

Bella era appena andata via, eppure già sentivo la sua mancanza.
Era incredibile quanto la mia migliore amica mi avesse stregato.
Se me lo avessero detto tre anni fa, non ci avrei creduto. Anzi, probabilmente, gli avrei riso in faccia.
Restai a guardare la sua figura scomparire e poi mi voltai per raggiungere Charlie in garage che si stava sicuramente chiedendo dove fossi finito.
Appena lo raggiunsi mi guardò in faccia e iniziò a ridere.
“Oh andiamo Edward … non è mica partita, è solo andata in facoltà e tu la raggiungerai appena avremo finito”.
“Sì lo so, però mi manca … adesso andiamo. Così prima finiamo, prima vado da lei”.
Partimmo e dopo aver ottenuto tutti i documenti utili, ci dirigemmo nella presidenza dell’università.
Il rettore dell’università ci accolse con un sorriso smagliante e anche un po’ spaventato, segno che Christian o chi per lui si era fatto sentire.
“Signor Swan”, disse mentre stringeva la mano a Charlie. Si voltò verso di me e mi guardò con fare interrogativo.
“Edward Cullen, piacere”, dissi, sforzandomi di parlare in italiano.
Il rettore annuì come se gli avessi dato la conferma di ciò che pensava.
“Allora … a cosa devo questa visita? Se non erro … sua figlia è iscritta al corso di laurea di cui sono preside”.
“Esattamente, ma a tal proposito volevo spiegarle che per motivi personali mia figlia non potrà frequentare questa università e abbiamo portato con noi tutto ciò che serve per la revoca dell’iscrizione”.
“Come prego?”.
“Ha sentito benissimo, signor rettore. Credo che qualche giorno fa, la sua segretaria o chi per lei, abbia ricevuto una chiamata da parte di mio nipote o dall’University Of Washington”.
“Credo di ricordare. Signor Swan, in tutta sincerità, sua figlia è un elemento più unico che raro. Non capisco per quale motivo debba andare via da un’importante università come questa. Le ricordo che sua figlia ha vinto un concorso per poter accedere a questi corsi e che se abbandonerà ora, in caso volesse accedervi di nuovo, non potrebbe, senza vincere di nuovo il concorso”.
Charlie sbuffò e rispose a tono al rettore.
“Sono a conoscenza di questo, ma come le ho detto, mia figlia non potrà frequentare. Qui con me ho una lettera di ammissione dell’università di Washington che mia figlia ha sempre desiderato frequentare”.
A quel punto il rettore, che mi aveva ignorato fino a quel momento, guardò me.
“E se posso, in tutto questo cosa c’entra Edward Cullen? A quanto mi risulta sono amici, signor Swan, anzi molto più che amici. I miei studenti non fanno altro che parlare di sua figlia e di questa giovane promessa del baseball”.
Strinsi i pugni.
A quelle parole, se non ci fosse stato Charlie, mi sarei messo a urlare.
Cosa c’entra la nostra storia con il trasferimento di Bella?
“Edward è parte della mia famiglia. Conosco questo ragazzo da quando era solo un neonato e in più, mia figlia e lui sono cresciuti come fratelli. Tutta la nostra famiglia vive negli Stati Uniti. E come può vedere dai documenti di mia figlia, lei è cittadina americana e ha tutto il diritto di frequentare il college che vuole. Cosa c’entra la loro storia con il futuro di mia figlia?”, disse Charlie furioso.
“Assolutamente nulla, ma non mi dica che tutto ad un tratto sua figlia vuole tornare a Seattle perché sente la mancanza della vostra famiglia. Il signor Cullen ha certamente la sua parte di responsabilità in questa storia”.
“Senta, mi ascolti attentamente. Vorremmo solamente sapere se è disposto a darci tutti i documenti per il trasferimento e se dovremmo provvedere in altro modo”.
Proprio in quel momento, il rettore ricevette una chiamata.
E indovinate un po’ da dove veniva quella chiamata? Seattle.
Il rettore sbiancò, molto probabilmente per le parole che gli venivano dette e dopo aver chiuso la chiamata, vistosi messo alle strette, chiamò la sua segretaria e le chiese di preparare il tutto.
“Come ha detto lei all’inizio signor Swan, abbiamo ricevuto una chiamata da parte di un certo Christian Swan, che presumo sia suo nipote, e poco dopo dal preside dell’University Of Washington. La prego di scusarmi per la mia reazione, ma è raro trovare elementi con sua figlia in questi tempi e tutti vorremmo questi gioielli per noi”.
Dopo che ci furono consegnati i documenti, ringraziammo il preside e uscimmo, sorridenti e soddisfatti per aver ottenuto ciò che volevamo.
“Allora Edward, aspetta qui. Bella di solito frequenta questo edificio per le sue lezioni. La sua lezione finirà tra un quarto d’ora circa. Abbiamo fatto giusto in tempo”, disse Charlie dopo avermi accompagnato.
“Certo Charlie, tranquillo. L’aspetterò qui. Spero solo che nessuno mi riconosca”, dissi incrociando le dita delle mani e dei piedi (non si sa mai).
Appena Charlie andò via, iniziarono a uscire gli studenti dalle aule e purtroppo, mi riconobbero.
Cercai Bella con lo sguardo, ma la folla che mi si fece intorno non mi permetteva di vedere.
Fin quando, a un tratto, la vidi.
Era bellissima.
Era esattamente come l’avevo lasciata stamattina ed era accompagnata dai suoi inseparabili nuovi amici.
Sperai con tutto il cuore che mi vedesse, ma quando prese la direzione opposta e indossò cuffiette e occhiali da sole, capii che non si era accorta di me e che era giù di morale.
Iniziando a scansare quelli vicino a me, provai a raggiungerla.
“Scusate, per favore. Fatemi passare”, urlavo.
“Edward, perché non lasci quello sgorbio e ti metti insieme a me? Sono sicura che faremo faville insieme”, disse una bionda che al posto delle labbra sembrava avere un canotto.
Così come lei, altre ragazze mi fecero proposte del genere, ma senza neanche degnarle di uno sguardo, iniziai a correre verso Bella.
“Bella”, urlai sperando che mi sentisse, ma niente.
Incredibile! Camminava così veloce che non riuscivo a raggiungerla.
Sorpassai Marco e Sara che mi salutarono e mi incitarono a correre più veloce.
“Bella”, urlai ancora senza fiato. Mi appoggiai sulle ginocchia per riprendere fiato e in quel momento, vidi la sua figura fermarsi e voltarsi verso di me.
“Edward”, disse correndomi incontro. “Stai bene?”.
Sorrisi e inizia a correrle incontro.
“Bella … amore. Dio! Ma quanto cammini veloce?”.
Arrivato da lei, la strinsi tra le braccia e iniziai a girare in tondo.
Rideva e, con lei, lo feci anch’io.
Quando la misi giù, le presi il viso tra le mani e la baciai.
La baciai come se non ci fosse un domani … come se ci fossimo soltanto noi.
La mia gioia per quello che sapevo era immensa e Bella ne fu contagiata, anche se ancora non era a conoscenza del vero motivo.
“Ti amo … ti amo … ti amo”, le sussurrai all’orecchio.
“Ti amo anch’io … tanto. Come mai tutta questa felicità?”.
Sorrisi felice di sapere che mi amasse e poi le risposi.
“Niente. Sono felice di vederti e spero che la sorpresa che ho preparato ti piaccia. In più, quella folla laggiù pensava che non stessimo insieme … che fosse tutto una finzione, così ho pensato di fingere che ti avessi fatto una sorpresa e che tu non sapessi nulla del mio arrivo. Non sono un genio?”.
“Sì lo sei. Sei un grande ed io ti amo tantissimo”.
Riprese a baciarmi, fin quando Marco e Sara ci interruppero per avvisarci che ci stavano guardando tutti, alcuni con invidia, altri con la bava alla bocca.
“Hey piccioncini”, rise Marco, “che ne dite di smettere di dare spettacolo?”.
“Amore su … lasciali in pace”, intervenne Sara.
Ci girammo entrambi verso di loro e gli sorrisi. Poi mi voltai verso Bella e lei alzando gli occhi al cielo, ci presentò.
“Contento adesso?”.
“Non sai nemmeno quanto”.
“Di cosa state parlando?”.
Bella rise. “Edward voleva che ve lo presentassi ufficialmente perché non ho mai potuto presentarlo ai miei vecchi amici. Non gli era molto simpatico”, disse mentre si avvicinava a me e mi abbracciava.
Le diedi un bacio nei capelli e poi mi girai a parlare con loro.
“Voi due siete molto più simpatici di tutta quella banda di idioti”.
“Felice di sapere di esserti simpatico. Senti Edward, non vorrei essere indiscreto, ma spero che tu non abbia frainteso ciò che hai visto e sentito ieri sera. Non …”, ma l’interruppi perché io e Bella avevamo già chiarito.
“Tranquillo. Ero solo arrabbiato con Bella e volevo fargliela pagare. Avevo ascoltato tutta la vostra conversazione, quindi è tutto okay”, gli dissi strizzandogli l’occhio.
“Che ne dite se domani andassimo a mangiare qualcosa tutti e quattro insieme? Tra un paio di settimane io e Marco partiremo. Forse sarà l’ultima occasione per uscire tutti insieme e conoscersi meglio”.
“Si, perfetto. Perché no? É un’idea fantastica”.
Battei il cinque con Marco.
“Adesso … io avrei fame, quindi perché non andiamo alla stazione e ci decidiamo a prendere questo treno?”, disse una Bella molto affamata.
“Che c’è Bella? Hai consumato calorie stanotte?”, la prese in giro Marco.
Bella arrossì e nascose il viso sul mio petto, lasciando a me l’ardua risposta.
Avrei voluto scherzare su quella cosa, ma Bella me l’avrebbe fatta pagare e … non era davvero il caso.
Avevamo fatto pace da meno di dodici ore.
Non volevo litigare di nuovo con lei, anche perché, probabilmente, avremmo litigato già per la sorpresa che l’aspettava a casa e solo perché non le avevo detto nulla e avevo fatto tutto da solo.
Sperai davvero che non si arrabbiasse, né con me, né con Charlie e Christian.
“No Marco, niente calorie sprecate, purtroppo. Ha davvero fame. Stamattina ha fatto colazione velocemente e non ha mangiato molto”.
“Oh d’accordo. Torniamo a casa allora. In effetti anch’io sono molto affamato”.

Dopo aver salutato i suoi due amici ed esserci accordati per l’uscita in pizzeria di domani, ci incamminammo verso casa sua.
Arrivati sotto casa di Bella, la mia ansia salì alle stelle.
Non sapevo Bella come avrebbe reagito e speravo reagisse bene alle notizie che avevo per lei.
“Allora … che ne dici di chiamare mio fratello? Ricordi che avevo promesso a Tommy che l’avresti chiamato appena avremmo fatto pace? Tra un po’ sarà ora di andare a letto per lui”, dissi mentre le prendevo la mano.
“Vero. Allora adesso lo chiamo”.
Dopo aver fatto la chiamata, prendemmo l’ascensore e arrivammo al piano del loro appartamento.
L’ansia che avevo cercato di trattenere per tutto il tempo, ora era insopportabile.
Sperai che Charlie e Renee avessero fatto tutto quello che gli avevo chiesto.
Faceva tutto parte del mio piano e sperai che riuscisse alla perfezione.
Ad aprirci la porta trovammo una Renee euforica, che faticava a nascondere il suo sorriso e la sua felicità.
“Ragazzi! Finalmente siete arrivati. Su … venite a tavola, il pranzo è quasi pronto”.
Bella a quelle parole si precipitò nella sua stanza per cambiarsi ed io restai con Charlie e Renee per essere aggiornato.
“Allora? Tutto pronto?”.
“Tutto perfetto. Abbiamo fatto quello che ci avevi chiesto. È strano che però non l’abbiamo ancora sentita gridare”, mi rispose Renee.
“Già, è proprio s – ”, provò a dire Charlie, ma le urla di Bella e i suoi passi veloci l’interruppero.
“Da parte di chi è questo regalo?”.
“Perché invece di chiedercelo, non lo apri?”, le chiesi sorridendo.
“Sì, hai ragione”.
Il tempo di scartare la busta e gli occhi le si fecero umidi.
Prese tra le mani la lettera dell’University Of Washington e ci guardò tutti, con le lacrime agli occhi.
“E’ …  è per me?”.
“Mi sembra ci sia una sola Isabella Marie Swan in questa casa o sbaglio?”, le rispose dolce Renee, accarezzandole i capelli.
“E’ impossibile. Qua dice che sono stata a – ammessa”.
“Niente è impossibile, tesoro”, l’abbracciò Renee.
Dopo averla letta e riletta più volte, alzò gli occhi da quel pezzo di carta che gli avrebbe cambiato il futuro e mi guardò.
“C – come ci è finita qui questa lettera Edward?”.
“Beh … ecco … potrei, e dico potrei, aver messo in valigia, per sbaglio, questa lettera di ammissione e averla portata con me e …”, ma Bella m’interruppe.
“Quindi … quando sei arrivato … sapevi già che ero stata ammessa e … e non mi hai detto niente. Perché?”.
“Beh … non volevo darti false speranze, nel caso in cui il rettore dell’università di Firenze non ci avesse dato il nulla osta. Quando ho trovato questa lettera, l’ho portata a Christian e lui si è subito attivato. Ha telefonato al rettore che gli ha dato conferma della tua ammissione. Pensa che si è addirittura scusato per il ritardo nell’invio della lettera, perché c’era stato un errore e così … appena ho avuto tutto quello che mi serviva ho cercato un volo e sono partito. Sarebbe dovuto venire anche Christian, ma in questi giorni i voli sono tutti pieni e l’aereo della sua casa discografica non era disponibile, quindi …”, mi interruppi per guardarle negli occhi e capire se era o meno arrabbiata per quello che avevo fatto.
“Ti giuro che non ho mai avuto intenzione di tenertelo nascosto, ma volevo solo che … volevo che tu non ci restassi male. Solo questo. Nient’altro. L’ho fatto solo per te, non essere arrabbiata. È una bugia a fin di bene”.
Quando rialzai di nuovo lo sguardo, mi accorsi che piangeva e qualche istante dopo si buttò a peso morto tra le mie braccia.
“Come faccio ad essere arrabbiata con te se sei così … così dannatamente dolce? Ti preoccupi sempre per me e anche se … se ho sbagliato tante volte con te, tu non mi hai mai voltato le spalle. Sei sempre rimasto con me, prima come amico e poi come ragazzo e io ti amo così tanto che … non so come ringraziarti”.
Si strinse a me e affondò la testa nell’incavo del mio collo.
“Io so qual è il modo giusto per ringraziarmi”, le dissi maliziosamente all’orecchio, sapendo, ovviamente, che mi avrebbe sentito anche Charlie, il quale mi diede uno scappellotto sulla nuca.
“Ai … Charlie! Non era quello che intendevo. Dicevo …”, tornai a rivolgermi a Bella, “so qual è il modo giusto per ringraziarmi. Torna a Seattle con me, Bella”.
Mi spostai quel poco che bastava per guardarla negli occhi e restai in ansia fin quando annuì con il capo e si sporse per baciarmi.
In quel momento la mia ansia svanì e sulle mie labbra comparve un sorriso rilassato.
Risposi al suo bacio, felice che quando sarei partito, non sarei tornato da solo e, dopo, quando ci separammo perché entrambi senza fiato, mi accorsi che Charlie e Renee ci avevano lasciati soli.
“Siamo soli, amore e per quel modo per ringraziarmi … io intendevo anche quello”.
Lei mi sorrise dolce e mi abbracciò. “Tranquillo. Anch’io avevo intenzione di ringraziarti in quel modo. Mi sei mancato tanto, anche in quel senso”.
“Ti amo, piccola”.
“Sai che ti amo anch’io, vero? Quando torneremo a Seattle, non avrò più scuse per un appartamento. Ti aiuterò nella scelta, sempre che tu …”.
Le sorrisi, comprendendo ciò a cui lei si riferiva e annuii.
“Tranquilla. Lo sceglieremo insieme. Adesso andiamo a mangiare. Sono sicuro che i tuoi genitori vogliano congratularsi con te”.
Le afferrai la mano e la trascinai in sala da pranzo, sorridendo perché non se l’era presa e lo sperai, anche per il regalo che avevo per lei … regalo che avrebbe ricevuto tra qualche giorno.
Chissà se Alice aveva fatto tutto quello che le avevo chiesto.
Chissà se a Bella sarebbe piaciuto il regalo che avevo per lei una volta arrivati a Seattle.
Chissà se … questo, però, non era il momento per pensare a tutto questo.
Ci avrei pensato più tardi.
Quando ci sedemmo per pranzare, scollegai la mente dai miei dubbi e pensai solo a godermi i momenti con la mia ragazza, che seduta accanto a me, mi teneva la mano e mi sorrideva felice.
   
 
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