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Autore: EriTommo    09/01/2015    0 recensioni
Una smorfia si dipinse nel mio volto, dire che non mi piacevo era poco, mi disgustavo.
Odiavo il mio lavoro, odiavo chi mi pagava e odiavo me stessa per essermi ridotta in quelle condizioni.
13.06.2013
13.06.2014
Un anno.
Era passato esattamente un anno da quella giornata di merda.
“Non credi che quella gonna sia un po’ troppo corta per girare da sola alle due di notte?”
A pochi metri dal portone un ragazzo seduto malamente su una panchina mi fermò.
“e cosa potrebbe mai accadermi?” risposi pacata.
“non è una zona molto sicura questa, potrebbero succedere cose davvero spiacevoli a una ragazza bella come te”
Non riuscii a trattenere una risata.
Mi avvicinai di qualche passo per poterlo guardare meglio in faccia: “Mi prendi per il culo?” sbottai incredula.
Notai le sopracciglia del ragazzo corrugarsi appena. Poveri figli di papà cresciuti sotto una campana di vetro.
“perché?” chiese questo visibilmente confuso.
Puzzava d’alcol e la bottiglia quasi vuota che aveva accanto confermava il fatto che avesse bevuto.
“sono una puttana” ringhiai a denti stretti.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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MEGAN: 
"Celine sei ancora li dentro? Ti vuoi dare una mossa?"
Solita storia, ormai erano quasi le nove e trenta e Celine era ancora chiusa in bagno a prepararsi, pensare che io dovevo ancora truccarmi. È vero che non ci avrei messo più di cinque minuti ed è anche vero che dieci minuti di ritardo non cambiavano a nessuno, ma è questione di credibilità e professionalità, se così la si può definire.
"Arrivo, arrivo! Ecco, ho finito! Dio, Megan sei arrivata da soli due mesi e già rompi il cazzo" rispose questa uscendo da bagno in un mini abito blu elettrico e dei tacchi vertiginosi. Nonostante la situazione era comunque bellissima, i capelli arancioni le cadevano ordinati sulle spalle e i suoi occhi erano messi in risalto dalla matita nera che li contornava, infine un acceso rossetto rosso dipingeva le sue labbra, dando un tocco proibito al suo aspetto.
"Vaffanculo" le risposi chiudendomi la porta alle spalle per iniziare a sistemarmi. Mi pettinai e truccai velocemente, raccogliendo i miei lunghi capelli biondi in una cosa alta e dopo aver infilato le scarpe rosso fuoco, ovviamente altissime, osservai l'immagine che mi rifletteva lo specchio.
Una smorfia si dipinse nel mio volto, dire che non mi piacevo era poco, mi disgustavo. Una gonna inguinale mi copriva appena il sedere e un piccolo top bianco arrivava appena sopra il mio ombelico, scendendo leggermente morbido.
Odiavo il mio lavoro, odiavo chi mi pagava e odiavo me stessa per essermi ridotta in quelle condizioni. Appena ne avrei avuto la possibilità mi sarei trasferita lontano da tutta quella merda. Erano solo due mesi che stavo li, ma ormai le mie esperienze le avevo fatte. Celine era stata gentile ad aiutarmi, aveva condiviso il suo appartamento con me e mi aveva insegnato i trucchi del mestiere e le ero riconoscente. Lei è una ragazza forte, ha carattere. Credo abbia solo qualche hanno in più di me, forse 21 o 22.
"Vuoi muovere quel culo" sentii urlare dall'altra parte della porta mente dei colpo rimbombavano nella stanza. Non risposi, mi limitai a uscire di casa seguita da Celine.
Era inizio giugno e le temperature erano calde anche di sera, fortunatamente qui non c'era molta umidità, altrimenti con quei vestiti striminziti addosso sarebbe stato davvero un problema. Io è Celine avevamo il posto vicino, me lo aveva procurato lei, aveva molto rispetto in zona, ormai era una veterana. Raggiungemmo la piazzola in dieci minuti a piedi, era in una strada trafficata, lontana dal centro di Londra. Con non troppa eleganza ci posammo sul muretto dietro di noi.
Dovevo ancora abituarmi a tutti quegli sguardi puntati su di me, a tutte quelle parole offensive che mi venivano rivolte, sia in prima persona che alle spalle, dovevo ancora abituarmi a essere una puttana.
 
HARRY: 
"Harry, non credi che dovresti fermarti? È tutta la sera che tracanni e rischi veramente di finire male oggi. So che per te è dura, ma ci sono io qui, lascia perdere quella bottiglia per un po'" disse Louis posandomi una mano sulla spalla con quella gentilezza che solo lui era capace di trasmettermi.
13.06.2013
13.06.2014
Un anno.
Era passato esattamente un anno da quella giornata di merda.
Quella sera Louis divenne la mia unica famiglia, molto più di un semplice amico, cosa che non era mai stato dato che siamo sempre stati come fratelli, in poche ore era rimasto l'unica persona che lottava ancora per la mia vita, teneva a me molto più di quello che ci tenevo io stesso.
Lui era con me quando il comandante mi aveva dato la notizia.

"Harry, mi dispiace ma i corpi sono stati identificati e i due volti corrispondono a quelli dei tuoi genitori" Erano morti, mamma e papà non c'erano più. Non li avrei mai più abbracciati, non avrei mai più scherzato con mio padre e non avrei mai più sentito la risata cristallina di mia madre. Loro non sarebbero più tornati da quella vacanza a Oxford. Un deficiente ubriaco li aveva travolti uccidendoli sul colpo.

Quanto mi schifavo, io ero nelle sue stesse condizioni: ubriaco marcio, tanto da reggermi in piedi a fatica. Mi ero promesso di renderli orgogliosi di me, ma ho fallito, come sempre.

Lasciai il collo della bottiglia e mi voltai verso il mio amico che mi rivolse uno sguardo di comprensione. Non riuscii a reggere per molto il suo sguardo e d'un tratto la punta delle mie all star bianche divenne molto più interessante. In qualche secondo gli occhi mi si appannarono e quando riportai lo sguardo in quello cristallino di Louis delle lacrime umide scivolarono lungo le mie guance. "Harry" sussurrò il moro abbracciandomi di scatto. Mi lasciai stringere tra le sue braccia. Ero ubriaco e logorato dal dolore e dalla nostalgia, in qualsiasi altra occasione avrei respinto quel gesto d'affetto, Louis era l'unico che mi aveva visto in quelle condizioni 12 mesi fa e in quel momento, sebbene mi costasse molto ammetterlo, avevo bisogno di lui e del suo abbraccio.
"Grazie" sussurrai tra i singhiozzi.
Mi staccai solo un paio di minuti dopo quando il mio respiro era tornato regolare.
"ti dispiace se ti chiedessi di rimanere un po' da solo, ne avrei bisogno" chiesi titubante, mi dispiaceva mandarlo via ma avevo voglia di riflettere.
"Non devi neanche chiedere" rispose questo sorridendomi appena. "Mi raccomando amico, non fare cazzate" continuò indicando la bottiglia accanto a me con la testa "e per ogni cosa chiamami" concluse battendomi la mano sulla spalla e andandosene.

Avevo iniziato a bere alle quattro del pomeriggio, Louis mi aveva raggiunto il prima possibile ma anche lui aveva la sua vita e faceva già troppo per me.
In un anno la mia vita era cambiata completamente: prima della morte dei miei genitori ero un ragazzo abbastanza normale, non esageravo con il bere, fumavo una sigaretta ogni tanto e con le ragazze avevo un bel rapporto; non ero un santo, ma di certo le mie condizioni erano migliori rispetto a quelle di adesso: in un mese avevo iniziato a fumare regolarmente e spesso non solo sigarette, l’alcol era diventato uno dei miei migliori amici e con il passare del tempo anche il sesso mi aiutava a dimenticare quanto, in realtà, fossi solo.

La zona in cui mi trovavo non era abituale per me, la chiamavano “valle di strada” qui se ne vedevano di tutti i colori e un ragazzo ubriaco come me non era un fatto tanto singolare.
Con un po’ di fatica mi trascinai fino alla panchina vicino a un vecchio condominio grigio e mi accesi l’ennesima sigaretta, affondando la testa nelle mani.
 
MEGAN: 
Questa sera per me era andata male, non avevo guadagnato nessun cliente.
Celine era stata più fortunata, verso le undici un uomo distinto, con tanto di giacca e cravatta, l’aveva caricata e se ne era andata. Probabilmente non sarebbe tornata prima del mattino seguente.
Verso le due decisi che era il caso di tornare e così mi incamminai verso quell’orribile condominio poco lontano dalla mia piazzola.
“Non credi che quella gonna sia un po’ troppo corta per girare da sola alle due di notte?”
Ero ormai arrivata a casa quando a pochi metri dal portone un ragazzo seduto malamente su una panchina mi fermò.
“e cosa potrebbe mai accadermi?” risposi pacata. Non vedevo l’ora di liberarmene, a meno che non decidesse di pagarmi, allora li sarebbe stata tutta un’altra storia.
“non è una zona molto sicura questa, potrebbero succedere cose davvero spiacevoli a una ragazza bella come te”
Non riuscii a trattenere una risata.
O era fatto, o era stupido per davvero per non aver capito che lavoro facessi.
Mi avvicinai di qualche passo per poterlo guardare meglio in faccia: “Mi prendi per il culo?” sbottai incredula.
Notai le sopracciglia del ragazzo corrugarsi appena. Poveri figli di papà cresciuti sotto una campana di vetro.
“perché?” chiese questo visibilmente confuso.
Puzzava d’alcol e la bottiglia quasi vuota che aveva accanto confermava il fatto che avesse bevuto.
“sono una puttana” ringhiai a denti stretti.

Non l’avevo mai detto ad alta voce. Non avrei mai immaginato che potesse farmi così male.
Sapevo di esserlo, e lo sapevano anche gli altri, però ammetterlo era tutta un’altra storia.
Il ragazzo socchiuse appena le labbra pronto a dire qualcosa, ma dopo pochi attimi le richiuse senza nulla da dire.

Cercai di ritrovare un comportamento fiero e degno dopo quei pochi attimi di tentennamento.
“ti interessa?” continuai successivamente sempre più inespressiva.
Questo scosse la testa e io senza rispondere continuai per la mia strada.

Appena prima di infilare le chiavi nel portoncino una voce dietro di me attirò la mia attenzione.
“Quanto.. A quanto fai?”
Era il ragazzo di prima, lo avevo riconosciuto dalla voce, senza nemmeno voltarmi.
Era bella la sua voce, nonostante l’alcol aveva un tono leggermente rocco ma era estremamente calma, con un non so che di rassicurante e soprattutto molto sensuale.
Sorrisi appena prima di voltarmi e trovarmi il suo viso a mezzo metro dal mio.

Ora, illuminati dalla flebile luce del lampione, potevo vedere molti più dettagli di prima: i suoi capelli erano scuri, molto folti e ricci, i suoi lineamenti erano definiti, labbra abbastanza fine e di un rosa intenso e infine due occhi accesi, nonostante il rossore dovuto all’alcol brillavano di luce propria. Un verde smeraldo caratterizzava quel viso provato, come se fosse estraneo a quel corpo stanco.
Era molto alto e magro, vestito interamente di nero, fatta eccezione per delle consumate All Star bianche che portava ai piedi.
“Quanto hai?” domandai a mia volta incollando il mio sguardo a quei due smeraldi.
Questo di risposta scrollò le spalle infilando una mano in tasca e estraendo un paio di banconote.
“ok, entra” acconsentii io facendo strada fino all’appartamento.

Non ho idea di quanto avesse, ma piuttosto di andare in bianco mi sarei accontentata anche della metà della mia cifra abituale.


Harry:


Celine:


Megan:

 
  
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