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Autore: TheDarkLightInsideMe    09/01/2015    3 recensioni
Da bambino il mezzelfo San, il nipote di Nihal e Sennar, ha passato del tempo a Zalenia insieme a Ido, venendo ospitato dalla contessa Ondine, per sfuggire alla Gilda degli Assassini. Ma questa è una storia che noi “Emersiani” conosciamo già, immagino.
Licia Troisi ci spiega bene quanto San fosse da subito portato per la magia, e quanto fosse attratto dai libri proibiti della biblioteca, a confermare la sua natura che poi la scrittrice rivelerà nella terza trilogia.
Ma se ci fosse altro che lega il mezzelfo al Mondo Sommerso? Se il rimanere chiuso in camera a provare gli incantesimi fosse solo una copertura? E se in realtà gli Assassini della Gilda incaricati di portarlo alla Casa gli avessero tolto anche qualcos’altro, qualcun altro?
La storia che non è stata narrata, quella che nessuno conosce. E quella promessa che tenne in vita San quando era ancora solo un ragazzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ido, Nuovo personaggio, Ondine, San
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Atto II

 


San aveva continuato ad andare a lezione da Quar, ma principalmente imparava la magia da Chara, alternando a quelle lezioni i sempre più rari allenamenti con la spada con Ido e delle ore intere passate in biblioteca a leggere libri proibiti, nonostante la ragazza glielo vietasse. Ma stiamo parlando di San, che dei divieti se ne fregava altamente sin da piccolo.
Andò avanti così per tre giorni o poco più, mentre i due ragazzi si affezionavano l’un l’altro (e Quar assegnava punizioni sempre più dure al mezzelfo, pur di farlo studiare).
Ma gli dei avevano già programmato il suo destino, e questo non prevedeva di certo che lui avesse legami con persone che avevano seguito la strada della redenzione.
Venne dunque il giorno in cui tutto cambiò.
All’apparenza sembrava un giorno normalissimo, di quelli che passano rapidi e senza lasciare nei ricordi traccia di sé.
Poi, però, i sogni di Chara si fecero irrequieti, e la ragazza cominciò ad agitarsi sotto le coperte.
 
La prima cosa che saltava all’occhio erano le pareti annerite dal fuoco ormai inesistente; poi, quattro corpi a terra: due bruciati, uno trafitto da parte a parte da una spada e l’ultimo agonizzante a terra per le bruciature. Dai loro abiti, nonostante avessero usato un incantesimo di camuffamento per la pelle e il viso, si intuiva facilmente che fossero Assassini della Gilda.
Al centro della stanza c’era un quinto corpo, diverso dagli altri e dagli occhi chiusi: quello di una ragazzina dai capelli e gli occhi bianchi come la neve. Era stata colta da tre coltelli da lancio.
Uno gnomo stava chiedendo ad un ragazzo se stesse bene, ma lui era troppo scosso per rispondere. Continuava a cantilenare qualcosa di incomprensibile, mentre lacrime amare gli scendevano lungo le gote.
Dal corpo della ragazza si levò un fascio di luce, finché anche la visuale dell’osservatore esterno non si fece bianca.
Da tutt’altra parte, in quello stesso istante, nasceva un cucciolo di viverna.
 
Chara si alzò ricoperta da un velo di sudore, e si accorse con estremo dolore che metà mattina era appena passata.
Si diresse rapida verso la cucina, fece silenziosamente colazione e si recò verso il palazzo della contessa Ondine, come tutti i giorni. E come tutti i giorni si fermò davanti ad un enorme portone che conduceva ad una sorta di aula. Era lì che il vecchio mago Quar teneva le sue lezioni.
<< San, dannazione, adesso mi hai davvero stufato! >> un’esclamazione si levò dall’interno della stanza, facendo sobbalzare la spia. << Mai una volta che io ti trovi attento! Per punizione non solo dovrai ricopiare gli scritti elfici che trovi sulle pergamene che ti ho dato prima, ma in più ti vieto l’accesso alla biblioteca per una settimana! >>
<< Ma non è giusto! >> il mezzelfo continuava a stare sulla difensiva, tentando di far tornare Quar sui suoi passi, ma non c’era verso.
<< Esci fuori, per oggi concludiamo. >> gli disse poi il mago, e ci mancò poco che, uscendo, non notasse la figura nera appiattita contro l’angolo del corridoio.
San comparve sulla soglia qualche istante dopo, tenendo la testa bassa e probabilmente cercando di contenersi dal non colpire Quar con una formula proibita (principalmente per non far infuriare Ido e Chara, non per altro. Quel vecchio rugoso poteva anche crepare).
Chara gli venne incontro furtivamente, ma lui ormai ci aveva fatto l’abitudine e riconosceva la cadenza dei suoi passi.
<< Ti rendi conto? Un’intera settimana! Io gliela farò pagare, te lo giuro! Ahia! >> esclamò poi, quando la ragazza gli tirò un orecchio. Era, in un certo senso, il loro segno per avvisare l’altro di fare silenzio o di non spingersi troppo in là.
<< Tu non la fai pagare proprio a nessuno, mezzelfo. Ora io e te andiamo in camera tua e ti insegno gli ultimi due incantesimi che conosco. Quello non te l’ha proibito, no? >>
San annuì e seguì l’amica –era da poco che iniziava a considerarla così– nella propria stanza. Quando c’era anche lei, quel buco in cui dormiva sembrava molto più vivo.
Chara, invece, non si sentiva per niente a suo agio là dentro: lei aveva bisogno di stare all’aria aperta, di muoversi, di giocare, oppure si sentiva come oppressa. Certo, la vicinanza di San la faceva stare relativamente meglio, però…
Per tutta la mattinata, la ragazza si occupò di distrarre San da ciò che accadeva nel suo mondo, di Sopra, e non si può dire che non ci riuscì.
Nel pomeriggio decisero di andare in giro per il palazzo, resistendo miracolosamente alla tentazione di entrare nell’enorme biblioteca e riuscendo a non farsi beccare da nessuno, tantomeno da Ido (ma tanto lui ormai si era abituato a vederli insieme).
Verso sera tornarono nei pressi della stanza di San, esausti dalla giornata passata a gironzolare per il castello, ma allo stesso tempo più che felici per essersi divertiti così tanto.
Dopo cena (il mezzelfo era obbligato a cenare con Ido ed Ondine, e quindi a lasciare Chara per un po’) si rividero davanti alla camera del ragazzo.
<< Sono… sono stato molto bene con te, oggi. >> affermò lui a testa bassa. << Se prima ero esasperato dalla prospettiva di rimanere quaggiù, senza fare niente, adesso sono felice come non lo sono mai stato. E lo devo a te. >> aggiunse poi sottovoce, come se si vergognasse di essere stato, una volta tanto, sincero con sé stesso e con chi gli era vicino.
La ragazza rise di gusto, vedendo le guance pallide dell’amico colorarsi a poco a poco. << È a questo che servono gli amici, no? A sostenerti nel momento del bisogno, sempre. >>
<< E… tu resteresti con me per sempre, Chara? >>
La ragazza fu presa alla sprovvista da quella domanda e smise subito di ridere. Dovette pensare molto a cosa dire, perché rimase in silenzio per parecchio tempo. << Sai che non è possibile. >> affermò poi, incatenando il suo sguardo a quello di San. << Apparteniamo a mondi diversi, e poi io… >>
<< Vorrei che tu venissi con me di Sopra. >>
Chara era rimasta completamente spiazzata, continuava ad aprire e chiudere la bocca spasmodicamente senza mai sapere che dire.
D’altronde, quello di visitare il Mondo di Sopra era sempre stato il suo sogno, ed ora aveva l’opportunità di inseguirlo, per altro con l’unica persona di cui si fosse mai fidata! Era tentata più che mai di abbandonare tutto e tutti e di seguire il mezzelfo nel suo ritorno in patria, anche a costo di pedinarlo di nascosto, se necessario.
Dall’altro lato, però, la realtà e la ragione bussavano alla porta della sua mente: che avrebbe fatto con suo padre? Di certo non poteva abbandonarlo così all’improvviso! E poi, forse era troppo piccola per andarsene, forse non ne valeva la pena, forse quel mondo sottomarino era davvero la sua casa, il luogo in cui sarebbe dovuta crescere per sempre.
<< San, non puoi chiedermi di abbandonare il mio mondo e la mia famiglia così all’improvviso. >> disse la ragazza, con un tono forse un po’ troppo duro per la situazione in cui i due si trovavano.
Il mezzelfo si irrigidì all’istante, prendendo poi a guardare la ragazza di sottecchi. Diciamo pure che con quello aveva ricevuto il suo primo due di picche.
<< Pensavo che andare di Sopra fosse il tuo sogno! >>
<< Certo che lo è, te l’ho detto! >>
<< E allora perché adesso… >>
<< Ti ripeto che non posso abbandonare così la mia famiglia! >>
<< Da quello che ho capito tu odi la tua famiglia, quindi dimmi la verità, Chara! >>
<< È questa la verità, dannazione, San! Tu non puoi capire, tu neanche ce l’hai una famiglia! >>
Il mezzelfo sgranò gli occhi, facendoli sembrare ancora più grandi e profondi di quanto non fossero già. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, e Chara se ne rese conto troppo tardi.
<< Tu… >> sibilò il ragazzo, con un tono di voce minaccioso che non gli apparteneva, o meglio, non ancora. << … tu ti illudi di sapere tutto di me, di conoscere la mia storia e il mio passato, di condividere anche solo minimamente con me il mio dolore, ma ti sbagli! Tu non sai cosa ho provato la notte in cui i miei genitori sono stati assassinati, o la notte in cui Ido mi ha salvato da quell’Assassino della Gilda, o ancora quando sono arrivato qui! Tu non sai assolutamente nulla di me, e ne abbiamo già parlato! Credi sia stato semplice vivere quelle esperienze, credi sia semplice tuttora conviverci?! Sappi che non lo è per niente, che sto annegando nell’ossessione di vendicare coloro che la Gilda degli Assassini ha ucciso! E questo, in particolare, tu non lo puoi capire, perché tu non hai perso nessuno! >>
Chara lo guardò con gli occhi lucidi, sull’orlo delle lacrime. Anche lei aveva perso qualcuno, anni addietro, anche se non l’aveva rivelato al mezzelfo.
Sua madre se n’era andata –anzi, l’aveva abbandonata– quando aveva soli quattro anni. Suo padre non aveva resistito ed era diventato ciò che Chara odiava, ma allo stesso tempo era l’unica persona alla quale lei tenesse. O, almeno, lo era stato fino all’arrivo di San.
Ed ora era proprio quel ragazzino di due anni più piccolo ad urlarle di andarsene, di lasciarlo in pace, di non volerla vedere mai più.
<< San, io… >>
<< No, non voglio sentire più una parola da te! Vattene! >>
Non c’era verso di farlo ragionare, se non lasciarlo solo per un po’, come era già accaduto giorni prima. Mentre usciva dalla camera a passo misurato, però, l’idea che qualcosa sarebbe andato diversamente dalla volta precedente fece capolino nella testa della ragazza.
E fu in quel momento, mentre camminava silenziosa verso l’uscita del castello di Ondine, che scorse con la coda dell’occhio quattro ombre correre rapide e silenziose nel buio.












Angolo autrice.


Allora, che ne pensate? Bel finale capitolo? Dai, voglio sapere che cosa ne pensate di questo San dodicenne e di questa Chara (non mi sono ispirata a Chandra, giuro! XD) così... così Chara XD
Ok, scusatemi, sono stanchissima e la prima settimana di scuola è stata da suicidio. Perdonatemi, ma almeno fatemi sapere che ve ne pare!
Ah, e grazie per aver letto!
A presto (se sopravvivo),


DarkLight
   
 
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