Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: Theredcrest    12/01/2015    2 recensioni
Il Varco è aperto. L'Inquisizione, formata dalle menti più brillanti del Thedas, combatte per liberare il mondo da un nemico che potrebbe rivelarsi impossibile da sconfiggere. Eppure, la speranza è ancora viva, riposta nelle mani dell'Inquisitore, dei suoi compagni e consiglieri. Ognuno di loro con le proprie esperienze. Ognuno con le proprie ferite.
Il Comandante Cullen è uno di loro. Segnato dal passato e dagli errori che lo tormentano, si concentra sull'Inquisizione per porvi rimedio e ritrovare una pace che non conosce da molti anni. Ma potrà mai farlo?
Attenzione: il testo contiene spoiler sulla trama del videogioco.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si appartarono in un anfratto dell'anti-salone, scendendo una maestosa gradinata di marmo finemente decorato e sfruttando l'ala a destra che dava su un lungo corridoio di porte chiuse. Era stata la Capospia ad indicare quello come un luogo di ritrovo perfetto nel caso dovessero parlare tra loro, dove i pochi ospiti che passavano erano o troppo annoiati, o troppo ubriachi per dar mostra di sè nell'immenso salone nella quale era concentrata il resto della gente: nessuno avrebbe notato la loro sistemazione e, a patto fossero stati veloci, neanche la loro assenza.
Josephine e Leliana erano già sul posto quando i tre arrivarono assieme a Blackwall, raccolto lungo la strada. Sorprese di trovarsi il sovrano pronto a partecipare al loro incontro privato, chiesero brevemente spiegazioni.
«Come mai qui, Alistair?» domandò la Capospia, incuriosita.
«Sono al corrente di quello che sta succedendo a Palazzo» le rispose il Re, alzando le spalle. «Leliana, so che potrebbe seccarti, ma devo sapere cosa diamine sta accadendo. I Custodi sono in pericolo e potrebbe esserci lo zampino di Corypheus di mezzo, se le mie ricerche sono esatte. E molto potrebbe anche dipendere dall'andamento di questa serata...»
Gli occhi della ragazza di posarono sul Comandante, indagatori, cercando un segno del fatto avesse spifferato qualcosa al suo caro amico. Cullen li evitò accuratamente, mentre Alistair proseguiva.
«Vi darò più informazioni una volta tornati a Skyhold, ma se sapessi l'intera storia...»
«Tornati?» chiese Josephine, meravigliata.
«Tornati, si. Ci seguirà nel viaggio di ritorno col suo seguito» le appurò il Comandante.
«Ma il regno... non avrà delle implicazioni?»
«Non credo» la rassicurò Cullen, guardando in tralice il Re. «E' solo per un paio di giorni al massimo, e Alistair ha già fatto molti viaggi prima d'ora.»
«Grazie, Cullen» Il Re gli fece un cenno d'assenso per aver risposto in vece sua. «Ci penserà mio zio Teagan, in effetti. Si diverte come un bambino ogni volta che gli lascio il trono!»
Leliana sembrò ponderare la cosa. L'Inquisitore, vedendo non si decideva e il tempo che stringeva inesorabilmente, fece un passo in avanti.
«Leliana, assicuro io per lui. E' una questione troppo importante per lasciarlo fuori. Deve sapere.»
Finalmente, la Capospia acconsentì con un cenno.
«Va bene. Ma ti conosco, Alistair...» lo ammonì, incrociando le braccia. «Se qualcosa dovesse uscire da quella bocca troppo chiacchierona provvederò a cucirtela personalmente.»
Il sovrano alzò le mani in un gesto d'assenso, e il tono di Leliana si addolcì rivolgendosi a Kassandre.
«Allora, cos'hai scoperto?»
«Ho parlato con la Contessa Florianne, la sorella di Gaspard, fingendo di essere in dubbio sull'attuale sicurezza della serata per Celene. A quanto pare ha abboccato, ha riferito di avere delle informazioni a riguardo di un possibile complotto e mi ha invitato a parlarne nei giardini interni.»
«Nei giardini interni?» Josephine storse la bocca, diffidente. «Sono un'area privata del Palazzo.»
«E infatti la cosa puzza di imboscata» aggiunse Cullen. Leliana annuì.
«Sarà meglio trovare qualcosa su Florianne prima di mandarti a braccia aperte da lei» fece all'Inquisitore. Iniziò a camminare lentamente attorno a loro. «Il Palazzo d'Inverno è stato la residenza estiva di Florianne, quand'era bambina. A sentire i nobili, ha alloggiato nelle sue vecchie stanze per poter organizzare e partecipare alla serata. Dovresti provare a raggiungerle e scoprire se contengono indizi o lettere che ci lascino dubitare di lei.»
«L'unico problema è che anche quell'ala è privata» sottolineò Josephine. «Non possiamo entrare senza permessi!»
«Forse, io ho la soluzione.»
Una voce estranea, profonda e rauca, fece sussultare tutti i presenti tranne due. Una figura comparve alla fine delle scale, il suo avvicinarsi accompagnato dal rumore lento e cadenzato dei tacchi sul pavimento. La camminata sensuale e sicura era nascosta dall'enorme gonna color prugna dell'abito che portava, a cui era stato sovrapposto un lucido corsetto di pelle ricoperto da borchie, ma comunque ben visibile come se le venisse naturale.
«Morrigan» sibilò Alistair senza stima, torvo in volto come Cullen non l'aveva mai visto. Anche Leliana la osservava, ma non con tutto quello sdegno. Il Comandante ricordava di averla vista a Redcliffe, in compagnia dell'Eroe, ma non al suo matrimonio o all'elezione di Alistair al trono. Nella sua mente era solo una presenza evanescenze. A vedere le espressioni del Re e della ragazza, era molto più di quello.
«Consigliere» la salutò Kassandre, presentandola agli altri con un cenno. «Signori, lei è Morrigan, il consigliere più intimo di Celene, maestra delle arti oscure.»
«Troppo gentile, Inquisitore. Ero sicura di trovarvi qui assieme a... ah, il Re e l'Usignolo. Una piacevole sorpresa.»
«Al contrario della tua presenza qui» commentò Alistair, astioso.
«Sciocco come sempre» rispose la donna con aria di sufficienza. L'Inquisitore li guardò entrambi.
«Vi conoscete?» chiese.
«Ci conoscevamo. Molto, molto tempo fa.» Morrigan accennò l'ombra di un sorriso. «Da allora le cose sono cambiate.»
Il Re sembrava non sopportare ulteriormente la sua presenza, e fu Leliana a cercare di calmarlo, mettendogli una mano sul braccio con aria pacata.
«Alistair...»
«No. Non intendo sopportare ulteriormente questa... questa...» cercò le parole. «Lei.» Fece per andarsene, ma venne fermato da Morrigan, a cui bastò un passo nemmeno troppo veloce per mettersi sulla sua strada.
«Silenzio, mio caro. Me ne andrò a breve, ma non prima di aver consegnato una cosa all'Inquisitore.»
Il Re rimase immobile e fermo davanti a lei per secondi, minaccioso. Poi la aggirò portandosi al fianco di Blackwall, lasciando spazio a Kassandre che nel frattempo si era avvicinata.
«Ecco a voi.» Morrigan teneva stretta una chiave nella mano. Gliela consegnò abbandonandola delicatamente alla sua presa. «E' la chiave della biblioteca. Era in possesso di un agente Tevinteriano, che ho dovuto... rimuovere.» La sua eloquenza lasciava immaginare l'avesse ucciso senza troppi riguardi. «Temo non fosse il solo a voler attentare all'incolumità dell'Imperatrice. Attraverso questa, avrete accesso alle camere che volete visitare.»
Leliana si portò una mano al mento, intenta a rimurginare.
«Venatori?» domandò più a sé stessa che agli altri, per poi aggiungere «Da quando ti importa dell'incolumità di qualcuno, Morrigan?»
La donna la squadrò da capo a piedi.
«Da quando la mia vita ne dipende.» Salutò i presenti con un gesto del capo e si voltò, tornando verso le scale. «Buona fortuna» concluse prima di sparire.
L'Inquisitore rimase con la chiave stretta in mano. Cullen la guardò smarrito, mentre Leliana riprendeva la parola, schiarendosi la voce.
«Bene, sembra che adesso potremo procedere senza intoppi.» Si rivolse all'Inquisitore. «Ora poi andare, ma serve qualcuno che ti accompagni.»
«Temo che Dorian e Varric siano rimasti bloccati in lunghe, scomode conversazioni come quella che abbiamo appena affrontato» rispose Kass con un velo di sarcasmo rivolto alla spia e al Re. Leliana non diede a vedere d'averla colta, mente il sovrano grugnì, le braccia fermamente incrociate.
«Noi non possiamo venire» si affrettò Josephine, cercando di sciogliere la tensione che la comparsa di Morrigan aveva creato. «A dire il vero, sarebbe il caso di tornare in fretta. In qualità di ambasciatrici non possiamo lasciare gli ospiti e la sala, potrebbero prenderlo come un gesto di noncuranza da parte nostra.»
«Non da parte mia» si propose Cullen, avanzando. «Voi siete ambasciatrici, io sono solo un militare. Passerei più inosservato...»
«Davvero?» ridacchiò Josephine a bassa voce.
«Sicuramente più di noi» fu d'accordo Leliana.
«Esatto. Tutti si aspettano di vedere l'Inquisitore in giro col proprio Comandante. Sempre se... l'Inquisitore...»
«Per me va bene» assentì Kassandre. Poi si rivolse al sovrano. «Re Alistair, sarebbe meglio se tornasse alla festa.»
«Sarà un vero piacere lasciarvi un po' da soli» rispose lui, sogghignando in direzione dell'amico. Kassandre proseguì.
«Blackwall, puoi rimanere col Re al posto di Cullen?» Il Custode Grigio annuì con un evidente nervosismo che il Comandante non comprese. «Allora siamo pronti.»
«Noi saremo nel salone, ai soliti posti» li avvertì Josephine, affrettandosi su per le scale seguita da Leliana. Anche Alistair e il Custode le seguirono, dopodiché anche lei e Cullen si avviarono, progettando il da farsi.
«Come faremo ad entrare nella biblioteca? L'entrata principale è sorvegliata» constatò Kassandre, rivolgendosi a lui. Il Comandante ci pensò per qualche attimo.
«In uno dei giardini sospesi ho visto un pezzo di balconata interrotta. Se riusciamo ad arrivarci, possiamo aggirare l'edificio e vedere di riuscire a trovare un accesso da lì.»

«Non ti agitare, altrimenti...»
«Cullen, maledizione, tieni su questa cosa traballante!»
«Lo sto facendo, ma devi muoverti piano!»
«Tu pensa a tenerlo.»
Si erano nascosti con nonchalance sotto un portico, la cui parete di fondo dava ad una lunga grata di legno per rampicarti che saliva fino in cima alla balconata dove c'era l'interruzione che Cullen aveva notato. Approfittando di una folta siepe che li copriva alla vista degli ospiti troppo impegnati a gozzovigliare, il Comandante stava aiutando Kassandre a salire prima che la grata si staccasse facendo danni irreparabili al giardino e alla loro reputazione. La verve dell'Inquisitore nello scalarla però stava rendendo la faccenda difficile per entrambi: chi avrebbe mai immaginato che quella ragazza apparentemente tranquilla avesse tutta quell'energia da vendere? Con davanti un possibile faccia a faccia coi Venatori, tra l'altro. Il Comandante sorrise quando la vide raggiungere la cima, e si diede un'occhiata attorno per assicurarsi nessuno li stesse guardando.
«Avanti, la tengo io. Sbrigati, Cullen» la sentì sussurrare dall'alto. Si issò silenziosamente su uno spazio della grata e scalò i successivi uno dopo l'altro, certamente con meno foga di Kassandre, arrivando in alto. La ragazza lo aiutò a rimettere i piedi a terra, dopodichè si guardò attorno spaesata.
«Per quale porta passiamo?» Cullen non lo sapeva.
«Proviamo a vedere se ce n'è una aperta, o se si aprono con la chiave.»
Si diressero alla prima alla loro sinistra, dove una targa d'ottone inciso riportava scritto "stanze della servitù". Era ovvio che la chiave non fosse utile qui, quindi provarono solo ad aprirla. La porta rimase fermamente chiusa. Allora controllarono quella a destra, che addirittura non sembrava avere toppe.
«E questa?» gli chiese sorpresa lei, passando una mano sul legno. Ad un suo gesto, dei simboli prima invisibili si illuminarono di un lieve bagliore per una frazione di secondo, tornando poi silenti. «Dev'esserci una protezione magica.»
«Ci penseremo dopo» rispose il Comandante. «Proviamo l'altra.» L'altra era quella di mezzo, priva di indicazioni e di targhe. Provarono la chiave nella serratura e incredibilmente, questa girò.
«Mi meravigloio che chiunque abbia costruito il palazzo si sia inventato un accesso dalla biblioteca al bancone» commentò sarcastica Kassandre.
«Che ne sai, magari è per far passare i servi che portano gli spuntini» ironizzò lui.
«Certo, come puoi studiare in una biblioteca senza spuntini? Sciocca io che non ci avevo mai pensato» lo guardò in tralice l'Inquisitore, spingendo leggermente l'uscio per infilarsi oltre la soglia. Cullen la seguì.
Entrarono in una vasta stanza a cupola ripiena di scaffali. A parte sei piedistalli posti due file al centro, non sembrava esserci nulla di strano o particolare: fu solo quando Kassandre si avvicinò ai piedistalli, toccandoli, che trasalì.
«Sono intrisi di magia» spiegò davanti allo sguardo incerto del Comandante. «Si possono accendere, come bracieri. Proviamo?»
«Va bene.»
La ragazza sollevò la mano, illuminando il primo dei piedistalli con una luminescenza verde. La fiamma, verde anch'essa come un fuoco fatuo, scattò in modo tanto rapido da far trasalire il giovane.
«Sei sicura non daremo fuoco alla biblioteca?» Lei gli rivolse un sorriso sardonico.
«E' Velfuoco, non brucerà niente. Non scotta nemmeno!»
Per sicurezza Cullen passò una mano vicino alla fiamma, accertandosi avesse ragione. Nel frattempo, l'Inquisitore continuò ad accendere uno ad uno i piedistalli, e una volta che la fiamma li ebbe illuminati tutti sentirono qualcosa scattare in una delle librerie. Notarono che una era scorsa su dei cardini invisibili prima di allora, aprendosi.
«Un meccanismo segreto?» le domandò.
«Un meccanismo per maghi.»
Diedero un'occhiata all'apertura, che sembrava dare su un corridoio stretto e polveroso. Lo seguirono fino ad arrivare ad una stanza quadrata: lo spazio centrale era un'apertura che dava sul vuoto, protetta da ringhiere e priva di scale. Oltre quella si scorgevano altre due porte.
Provarono la prima, che risultò chiusa. In mancanza di Varric, l'unico che ci sapeva fare coi ferri del mestiere, sarebbe stata impossibile aprirla. L'altra possedeva la stessa protezione della porta sul balcone, ma a differenza dell'altra notarono dei vani sulla sua superficie.
«Non c'è via di uscita da qua» dichiarò Cullen, innervosito. «Cosa facciamo?»
«Controlliamo in giro. Ci dev'essere qualcosa per farla scattare. Vedi questi?» gli indicò i vani rettangolari sulla superficie del legno smaltato di azzurro. «Fungono da chiave. Se inseriamo qualcosa della stessa forma dovremmo poterla aprire.»
Si diedero alla ricerca, indaffarandosi nella stanza che presentava solo qualche soprammobile inutile e un tavolino allungato messo lì per fare presenza. Dopo quindici minuti buoni senza risultati, Cullen si interruppe.
«Queste chiavi potrebbero essere in biblioteca?» domandò, spazientito.
«Dubito. Se questo è davvero un passaggio segreto, dovrebbero essere vicine.»
«Com'è che sai tante cose sui passaggi segreti?»
«Ostwick» fece lei, alzando le spalle. «Altrimenti come potevamo visitare le altre camerate di notte, di nascosto dai templari?»
«Non mi stai dicendo che lo facevate per... andare a fare quello, vero?» la guardò sorpreso.
«Beh... in un certo senso...» ci girò attorno lei, prima di lanciare un'occhiata alle sue spalle. «Ah, ecco. Quelle potrebbero andare.»
L'Inquisitore si avviò alla balaustra e afferrò una statuetta a forma di Halla posizionata nell'angolo, il cui piedistallo era molto simile alla forma delle loro chiavi. Si diresse alla porta, la inserì nel quadrato e quella rientrò leggermente, incastrandosi alla perfezione.
«Portami le altre, presto» indicò le altre due agli angoli. Cullen le recuperò in fretta e la aiutò ad incastrarle nella porta. Una volta che l'ultima fu inserita, la porta si illuminò: un simbolo rotondo apparve al centro e poi si dissolse. Provò a girare la maniglia e realizzò che si era aperta.
«Adesso sappiamo cosa dobbiamo cercare» dichiarò lui, con una punta di soddisfazione.
«Sempre che le chiavi non siano diverse ad ogni porta...» fece eco lei, entrando.
Non fece in tempo a fare un passo in più.
«Oh, Santissima...!» la sentì esclamare.
«Che c'è? Oh, per il Creatore!» Cullen si portò una mano agli occhi, coprendoseli dalla visione vergognosamente ignuda di un soldato legato al letto davanti a loro. Non uno dei suoi, almeno. «Che cosa ci fa qui questo
«Aiutatemi, vi prego!» li supplicò il soldato, col busto segnato da vergate rossastre. «L'Imperatrice... l'Imperatrice mi ha...»
«Si, abbiamo intuito vagamente» sbottò il Comandante, evitando in ogni modo di osservare la scena. Si rivolse all'Inquisitore. «Che facciamo con lui?»
«Lo sleghiamo?» Kassandre lo guardò di sbieco. «Ho come l'impressione che questo metterebbe molto in imbarazzo la nostra Celene, se il soldato dicesse in giro cosa è successo. Dato le lotte di potere in corso, un po' di vantaggio ci sarebbe comodo.»
«Vi prego!»
«Ma se vuoi usarlo e lo lasciamo andare, c'è il rischio poi neghi tutto se interpellato. Sarebbe un suicidio davanti alla corte.»
«No, no, non negherò nulla! Lo giuro!»
«Allora lo lasciamo qui? Se la cosa dovesse saltare fuori, possiamo sempre dire dove trovarlo. Sarebbe una prova più che evidente.»
«No, non lasciatemi qui a marcire!»
«E come faremmo a spiegare come l'abbiamo trovato? Saprebbero che ci siamo introdotti di nascosto.»
«Hai ragione» fece lei, rimurginando e guardando l'uomo. Infine gli si avvicinò, assieme ad un Comandante molto attento a dove posava gli occhi, e parlò con lui.
«Se ti liberiamo, puoi giurarci che se interpellato, dirai quello che ti è successo? Tutto quello che ti è successo, compresi i particolari scomodi?»
Il soldato annuì vigorosamente.
«Giura» ripetè lei.
«Lo giuro, lo giuro su tutto quello che volete! Sulla mia famiglia, su mia madre! Liberatemi!»
Lei inspirò lentamente, attese un attimo come meditabonda, e infine si abbassò a slegare i legacci che gli tenevano un polso e la caviglia. Passò dall'altra parte del letto e quand'ebbe finito, Cullen gli porse una vestaglia recuperata in un angolo per coprirsi.
«Va a metterti qualcosa» gli disse, mentre lo vedeva fuggire dalla porta d'ingresso, esattamente opposta a quella segreta. A guardarla da dentro la stanza, notarono ora, sembrava un semplice dipinto sulla parete: era esattamente rasa al muro e rientrava perfettamente. Per sicurezza, la lasciarono appena accostata, poi superarono quella lasciata aperta dal soldato.
Avanzarono lungo un corridoio d'oro e di marmo in cui c'erano dipinti e soprammobili di cristallo, cornici intarsiate e statuette d'argento, il tutto illuminato dai molti candelabri attaccati alle pareti atti a rischiarare l'ambiente. Nessun'altra porta, però.
«Forse siamo nell'ala reale» ipotizzò Cullen. «E se così fosse, probabilmente siamo appena passati dalla camera di Celene.»
«Incredibile vedere cosa si tenga nelle stanze un nobile, mh?» gli chiese lei con un sottile velo di sarcasmo. «C'è chi pensa ad oro e gioielli preziosi, chi ai dipinti d'autore... e poi c'è chi lega un uomo al letto e lo tortura. Originale.»
«Sbaglio o da come lo dici, l'idea sembra piacerti particolarmente?» Kassandre rise a bassa voce, guardandolo con una smorfia accattivante.
«Chissà? Varrebbe la pena provarci, anche solo per vedere che effetto fa. Tu non saresti curioso?»
«"...e a Skyhold risuonarono le urla del povero Cullen, legato e torturato al letto dell'Inquisitore". No, direi che non lo sono» ridacchiò lui.
«Nemmeno dopo la tua "marcia della gloria"?» Si riferiva alla famosa serata in cui aveva perso tutto, anche i calzoni, giocando contro di lei. Il Comandante sospirò.
«Specialmente dopo quella.»
Proseguendo, arrivarono alla scala che dai piani inferiori portava a quello attuale. Preferirono proseguire nell'ala di fronte nel tentativo di individuare la stanza di Florianne piuttosto che scendere. Dopo un lungo tratto di corridoio, finalmente trovarono altre porte: alcune, come scoprirono aprendole, davano su semplici camere inutilizzate, riconoscibili dall'assenza di effetti personali, abiti o altro. Le altre invece nascondevano minuscoli sgabuzzini per il personale delle pulizie, e un'altra ancora un salottino ben arredato ma il cui caminetto non era mai stato acceso, come constatò Cullen osservando come la pietra fosse pulita e intonsa. Finalmente, giunti all'ultima porta trovarono ciò che cercavano: una camera da letto riscaldata dalle braci di un caminetto, contenente tutto il necessario a far accomodare un nobile di prestigio in assoluta tranquillità. Un massiccio letto dalle colonne di legno decorate occupava lo spazio centrale della stanza, distante dal basso tavolo da trucco messo nell'angolo più illuminato e ricoperto da maschere sempre della stessa foggia, ma decorate tutte in modo diverso.
«Rappresentano un ramo della casata reale» fece notare Cullen, osservandole attentamente: somigliavano a quella dell'imperatrice, ma avevano molti meno particolari e quindi molta meno importanza di cui vantare quando venivano mostrate in pubblico. «Più una maschera è semplice, minore è l'importanza» ripetè dalla lezione di Leliana, quand'erano ancora ai confini di Halamshiral.
«Lascia stare le maschere, non credo ci servano a molto.» A qualche metro dal letto, Kassandre era piegata sulla maestosa scrivania dai piedi leonini, intenta a rovistare tra le carte. Ne mise da parte alcune, poi aprì i cassetti. Sul fondo di uno di questi, trovò una carta che estrasse e sollevò alla fioca luce della camera. «E' una missiva. "Il tuo aiuto ci è prezioso, e verrà ripagato. Impadronisciti della corte e sarai la nuova Imperatrice. Insieme, porteremo l'Orlais allo splendore." Meno enigmatico di quanto mi aspettassi, ed è senza nome.»
«Non è stato fin troppo facile trovarlo?» le domandò il comandante, sconcertato.
«Sotto tutta quella pila di cartacce? Nessun servo ci avrebbe mai provato.»
«Non certo come a Skyhold, dove qualcuno non solo ci ha provato, ma l'ha fatto
L'Inquisitore rimase in silenzio, sorpresa dalla sua uscita irritata - troppo perché non fosse coinvolta nella questione. Cullen si domandò se effettivamente potesse essere stata lei a manomettere la sua stanza, e nel vederla arrossire il ragionevole dubbio divenne certezza. «Ah.» commentò, abbassando lo sguardo. «Volevo dire... l'ha fatto, e anche bene. C-c'era un tale casino...»
Imbranato, si passò una mano sul collo. L'Inquisitore fece finta di nulla mentre piegava il biglietto e se lo metteva in tasca, aprendo la porta per poi indicargli, con un gesto, di uscire di nuovo nel corridoio. Camminarono facendo il percorso a ritroso, e il Comandante rimase impantanato nel lungo silenzio creatosi tra di loro fino alla biblioteca, dove riprese il coraggio di parlare.
«Io non avevo idea...» iniziò, cercando di scusarsi in qualche modo. Certo, probabilmente l'Inquisitore aveva rovistato tra le sue cose quando dormiva e certo, dopo tutto quel disordine raccapezzarsi tra i fogli ben impilati era stato un problema per lui, senza contare quanto si fosse sentito inutile pensando che un qualsiasi passante potesse fare il suo lavoro e assegnare soldati e truppe in vece sua senza consultarlo minimamente. Ma doveva anche considerare tutto il lavoro che gli aveva risparmiato, il fatto che Kassandre fosse effettivamente al corrente dell'organizzazione dell'Inquisizione e capace di gestire degli uomini sotto il suo comando, e ultima ma non ultima delle cose, il fatto si fosse semplicemente preoccupata di fargli trovare ogni cosa pulita e al suo posto.
«Non fa niente» chiuse velocemente lei con un netto gesto della mano. Il Comandante la guardò dispiaciuto, e notò come lei si sforzasse di sorridergli. «Non lo farò più.» Uscirono sul balcone.
«Non intendevo...» Il giovane perse le parole quando gli occhi gli caddero per caso sul pavimento, incrociando una scia di sangue che si dirigeva verso la porta degli alloggi dei servi, ora completamente spalancata. «Kassandre?»
Kassandre era alla balaustra, troppo intenta ad evitare il suo sguardo per notare il sangue. Si voltò e lui le indicò la striatura, vedendola trasalire.
«E'...?»
«Sangue» le confermò lui.
La sentì mormorare senza capire. Nel frattempo, Cullen aveva fatto qualche altro passo verso la porta e dalla scena che poteva notare all'interno non si prospettava niente di buono: schizzi di sangue sulle pareti e la scia che proseguiva, come se qualcuno si fosse trascinato in ginocchioni, sanguinante, o fosse stato portato a forza dentro. Tutto ad un tratto, sentì dei passi veloci e vide Kassandre superarlo al fianco, correndo.
«Aspetta!»
La seguì a ruota, a grandi falcate, senza preoccuparsi del sangue vischioso per terra che minacciava di farli scivolare entrambi. Superarono un tratto di corridoio, scesero alcune scale nell'unico percorso possibile e fecero il giro di una lunga tavolata vuota seguendo la scia, rimasta la loro unica traccia. Dal corridoio, tutto ciò che avevano passato era intonso fatta eccezione per i loro stivali rimasti sporchi di sangue fresco. Il Comandante continuò a seguirla sostenendo il suo passo, finchè non la vide bloccarsi oltre un arco che dava ad un curato giardinetto interno: rallentò fermandosi al suo fianco, e ben presto capì perchè si fosse arrestata proprio lì.
Cullen aveva più volte affrontato la battaglia, e tra gli orrori di Redcliffe e quelli della rivolta di Kirkwall non aveva nulla da invidiare in quanto a esperienza. Tuttavia, ogni volta che si trovava davanti a quel terribile spettacolo qualcosa gli rimaneva impresso e lo segnava nella mente e nel cuore, riempiendolo di cupo cinismo. Quando mai gli uomini sarebbero stati capaci di combinare qualcosa all'infuori di guerre e assassini? Quando mai, si ritrovava a pensare ogni singola e dannata volta, sarebbero stati in pace tra loro?
«Gli Elfi» mormorò di nuovo Kassandre. Cullen comprese finalmente cosa avesse detto prima, davanti all'entrata spalancata, quando era partita con la stessa foga che adesso le spezzava il respiro. La servitù del palazzo era interamente composta da elfi che lavoravano, mangiavano, dormivano e sognavano nelle loro camerate all'interno del mastodontico palazzo, lavorando instancabilmente per gli ospiti umani che ridevano e offendevano il loro lavoro ogni giorno, tutti i giorni. Mentre giovani elfi, non dissimili da comuni ragazzi e ragazze fatta eccezione per le orecchie appuntite e la corporatura sottile, correvano qua e là per soddisfare i bisogni di ignoranti shemlen e guadagnarsi un tozzo di pane, quegli stessi esseri rigonfi di oro e cibo, intenti a pugnalarsi alle spalle per un effimero gioco di casate e politica, si lasciavano sfuggire qualsiasi importanza avesse il loro ruolo. Quando andava bene, potevano guadagnarsi qualche briciola dalla tavola imbandita del nobile di turno come premio. Quando andava male, venivano ripagati con gli insulti più spregevoli.
Il Comandante si sarebbe vergognato di sè stesso se a Skyhold fosse stato loro riservato quello stesso trattamento. Molti dei suoi uomini e agenti erano elfi, e tali erano anche parecchi dei maghi che avevano ospitato, come la Prima Incantatrice Fiona. A Redcliffe, nella sua giovinezza prima del disastro alla torre, erano pressochè la norma. Sera era un'elfa, così come Solas con la sua insondabile e vasta conoscenza di tutte le cose.
Forse, proprio per quello era abituato a pensarli come persone e non come gli animali gettati a terra o buttati a ridosso delle siepi che vedeva, sventrati e tagliati. I loro corpi macchiavano di rosso la pietra del vialetto e le pareti dell'intera area, una marea di sangue innocente versato per motivi futili.
Cullen non riuscì a reprimere l'orrore profondo e terribile di quella visione, pur cercando di mantenere un distacco che per loro era importante e legato alla sopravvivenza, qualora chi avesse fatto quella mattanza decidesse di attaccarli. E nonostante gli sforzi, neanche Kassandre riuscì a rimanere impassibile, impietrita davanti a tutta quella violenza insensata, l'espressione vuota e i pugni stretti dalle nocche sbiancate: percepì chiaramente qualcosa ribollire attorno a lei, fremere, in attesa di essere liberata. Per qualche momento, Cullen temette di vedere l'intero giardino esplodere in una fiammata.
Poi, con la coda dell'occhio, scorse delle figure avanzare lentamente dal fondo dell'area, prima nascoste dall'ombra di un portico. Cullen afferrò l'Inquisitore per un braccio e la attirò a sè, immediatamente in allerta alla vista dei cappucci singolari di quegli individui e, per loro, perfettamente riconoscibili.
«Venatori» sentì soffiare lei, improvvisamente livida di rabbia. La tenne indietro, il più possibile attaccata alla sua schiena, e iniziò ad indietreggiare gettandosi occhiate attorno per inviduare qualsiasi cosa potesse essere sfruttata come arma. Erano disarmati, e la setta che venerava Corypheus voleva soltanto una cosa da loro: uccidere l'Araldo. Uccidere la ragazza che fremeva d'ira alle sue spalle, l'unica in grado di richiudere i portali senza dover sconfiggere un esercito di demoni per riuscire nell'impresa.
«Buonasera, Araldo» sentì uno di loro parlare dalla distanza, suadente e perfettamente tranquillo. Un urlo giovane, femminile, seguì le sue parole e fu così che il Comandante potè vedere l'elfa sanguinante che l'individuo teneva ferma per i capelli con una mano, e che si dimenava ad ogni strattone.
«Buonasera un corno!» urlò stizzita da dietro di lui l'Inquisitore, quasi gettandosi contro il suo braccio alzato a pararle la via. Dovette trattenerla bruscamente dall'avanzare. «Non vi basta quello che avete fatto? Lasciatela!»
«Che paladina della giustizia!» sogghignò l'altro dal fondo, avanzando lentamente con un piccolo contingente di uomini - quattro o cinque a giudicare dalle ombre, contò Cullen. «Sempre in pena per le sorti degli altri, pronta a rimediare all'irreparabile.» Il suo sorriso si poteva vedere persino dalla loro posizione, bianco sotto il mantello nero. «Ora cosa farete, Araldo? Li riporterete in vita tutti? Non credo sia nei poteri che avete rubato.» L'accento sull'ultima parole fu posto con rabbia e disprezzo messi assieme. L'elfa urlò di nuovo, trascinata di peso, e loro indietreggiarono ancora, quasi nella stanza con la tavolata.
«Riportarli in vita no, certo. Ma spaccarvi la faccia, quello si che è tra i miei poteri!»
Kassandre alzò ancora la voce, ma soltanto provocandolo e senza lo stesso impeto di rabbia che, se non l'avesse tenuta prima, l'avrebbe portata dritta tra le braccia del nemico. Cullen intuì stesse prendendo tempo, si voltò a guardarla e lei gli fece un cenno con la testa e con gli occhi in un punto preciso: guardò meglio dietro di lei e sul fondo della sala scorse un blasone con appese due spade decorate. Certamente non affilate, ma ugualmente utili.
«E il tuo compare? Un altro dei tuoi animaletti?» Il Comandante dubitò che il Venatori a capo del gruppo stesse cascando nel loro piccolo stratagemma, ma sembrava che il gioco gli piacesse abbastanza da non attaccare, non ancora. E ovviamente, con l'elfa in ostaggio, contava di tenerli a bada. «Quanti gatti randagi vi siete portata a casa, Araldo? Tre, quattro poveri stolti pronti a prendere le vostre difese?» Probabilmente, sapeva dei precedenti del gruppo di Kassandre con altri manipoli di Venatori, in giro per le terre centrali. La loro presenza sembrava una malattia molto difficile da eradicare anche senza Alexius in giro, e il Tevinter brulicava dei sostenitori di Corypheus. Dorian stava impazzendo su manuali e libri per cercare di screditare la reputazione dell'Antico davanti ai suoi stessi compatrioti. «Ma quest'ultimo sembra particolarmente in apprensione per voi, Araldo. Sarà un piacere vederlo urlare il vostro nome quando voi sarete già morta, e i cristalli di lyrium gli sbucheranno dal cranio.»
Quella frase gli fece mancare un battito. Cullen non cambiò espressione e non ebbe reazioni solo grazie agli anni di addestramenti sul campo, in situazioni di pericolo in cui era necessario essere pronti a prescindere dalle condizioni, ma dentro di lui potè sentire chiaramente il terrore manifestarsi e spezzargli il respiro come se avesse ricevuto un colpo d'ascia al petto. Se avesse potuto, avrebbe urlato, tuttavia tenne le labbra ben tappate e lasciò che fosse solo la sua mente a gridare, cieca di orrore, davanti all'eventualità di trasformarsi in un templare rosso. Avrebbe preferito la morte, piuttosto. Si costrinse a pensare ad una tattica per evitare di far ammazzare l'elfa e loro stessi, piuttosto che alle parole sicuramente vane del Capo dei Venatori: lui era in punta, e la disposizione dei suoi compari a ventaglio. Avevano il vantaggio di un breve anfratto di corridoio tra loro e la distanza, ma nulla più. Dietro di lui, sentì Kassandre afferrargli il bordo della giacca con forza, e la cosa, per quanto minima, lo rincuorò.
«Sono proprio curiosa di sapere come mi ucciderai, allora. A lui il privilegio di sprecare un po' del vostro prezioso lyrium rosso? E perchè non a me?» la sentì domandare in loro direzione.
«Kass, ma che diavolo stai-» le sussurrò, prima di venire interrotto.
«Zitto» sibilò di rimando lei, stringendo ancora di più la presa sul bordo della sua giacca.
Il fatto di averlo sminuito, sebbene non gli avesse fatto particolarmente piacere, l'aveva messo al di fuori delle mire del Capo le cui distanze si riducevano inesorabilmente. Ormai era al corridoio, e dietro di loro c'erano ancora metri di spazio fino alle spade appese.
«Oh, avida di potere, l'Araldo. Chi se lo sarebbe mai aspettato?» sembrò stuzzicato dal pensiero che l'Inquisitore gli aveva suggerito. «Prenderò in considerazione le vostre parole, allora. Una volta ingozzata di lyrium sareste la pedina perfetta per abbattere la vostra stessa creazione. L'Inquisizione cadrà sotto i vostri stessi colpi...» lo sentì ridacchiare. Kassandre gli diede un forte strattone. «E quando il vostro respiro diventerà sottile polvere rossa, allora...»
«Adesso!»
Kassandre urlò, tirandolo indietro mentre lei si parava davanti, la mano luminosa di potere. Con la coda dell'occhio la vide picchiarla a terra: immediatamente innaturali rampicanti sbucati dal perfetto pavimento in marmo avvinsero le gambe dei Venatori risalendo fin quasi al busto, bloccandoli. Quello che aveva per obbiettivo il Capo invece prese di mira le sue braccia, impedendogli così di fare del male all'elfa che, svelta, si riparò in un angolo vicino alle scale.
Simultaneamente a tutto questo Cullen, già nella posizione per resistere alla spinta dallo strattone precedente, si girò e corse in direzione delle spade. Sfruttò una panca posizionata sul muro accanto per prendere slancio e con un unico balzo diagonale si aggrappò alla cornice di legno che reggeva le armi, facendola cadere sotto il suo peso. Il Comandante atterrò in piedi, raccolse metodicamente le due spade e ne lanciò una all'Inquisitore, che si scostò lasciandogli tutto lo spazio per partire alla carica.
Mirò al primo a sinistra, l'uomo che era stato l'estremo della formazione a ventaglio e che restava ancora bloccato: con un fendente obliquo alle gambe lo fece cadere a terra, dopodichè gli trapassò lo stomaco con l'arma senza filo, ma ben appuntita. Il secondo, che era riuscito almeno in parte a liberarsi ma restava impacciato, lo abbattè con un montante tra collo e spalla che gli lacerò in profondità il corpetto di pelle. Il pugnale che l'uomo stava estraendo gli cadde di mano, e il Comandante lo finì alla gola con un taglio obliquo che quasi gli mozzò la testa, sollevando uno spruzzo di sangue nell'aria. Nel frattempo non aveva notato che alla sua destra un mago Venatori si era liberato: quando si girò verso di lui quello stava per scagliare una scarica di ghiaccio, che però venne deviata quando un fulmine si abbattè sull'uomo, friggendolo sul posto.
«Questi bifolchi che non usano barriere» sentì commentare con sufficienza dall'alto delle scale. Dorian balzò giù dalla ringhiera e con una certa elasticità atterrò sul pavimento senza un graffio, il bastone tra le mani. «Ci ho messo una vita a trovarvi. Non potevate scegliervi una sistemazione più comoda?» lanciò un'altra scarica, in direzione del quarto uomo che però la evitò agilmente, ormai liberatosi assieme al Capo. «Proprio nelle stanze reali dovevate appartarvi?»
«Senti chi parla, signorino!» Kassandre fece girare la propria mano e una luminosa sfera infuocata apparve su di essa. «Piuttosto eravamo noi a non trovare te. Dove sei stato fin'ora? A sviolinare qualche bella nobildonna?» La scagliò verso l'uomo che, troppo impegnato ad evitare gli affondi di Cullen, non si accorse di nulla finchè i suoi pantaloni non presero fuoco. Il Comandante fece un balzo indietro per non farsi dare alle fiamme a sua volta, e li guardò con un ringhio.
«Insomma!»
«Scusa!» risposero loro due in coro. Ignorandoli, Cullen finalmente si avventò sul capo, che teneva tra le mani due lunghi pugnali ben affilati.
Evitò il primo che gli arrivava da sinistra, diretto alle costole, scartando di lato, e il secondo orizzontale che voleva tagliargli la gola parando con la spada. Fece forza sulla lama dell'avversario per sbilanciarlo, ma quella scivolò soltanto rimandandogli tenui riflessi azzurrini. Silverite, dedusse.
Un altro paio di fulmini piovvero vicino a loro, ma il Capo - ormai l'unico superstite dei Venatori - fu abbastanza scaltro da evitarli roteando, quasi danzando in un balletto che prevedeva anche un preciso mulinare di pugnali. Cullen indietreggiò mentre parava un fendente da destra e un altro colpo portato con un mezzo giro da sinistra, e si abbassò ad effettuare una spazzata, facendo cadere a terra il nemico. Quando tentò di affondare l'arma però, quello rotolò via, rimettendosi in piedi ad un paio di metri di distanza. Troppo lentamente, però, per riuscire ad evitare la palla di fuoco dell'Inquisitore.
Sveltò, l'uomo si levò il mantello su cui il fuoco si propagava celermente, gettandolo in faccia a Cullen. Il ragazzo non riuscì ad evitarlo talmente era stato improvviso il gesto, perciò lo colpì con la spada scostandolo via, non vedendo il calcio che lo prese in pieno al petto. Cadde senza mollare la spada, in posizione di parata, e se lo trovò subito addosso.
«Adesso come la mettiamo, micetto?» lo sentì parlare con un ghigno che gli deformava il volto. Gli era rimasto solo un pugnale, e con quella stava facendo forza per affondargli nel petto mentre Cullen, a sua volta, spingeva per allontanarlo da sè. «Quando verranno a prenderti e ti porteranno via sarai un burattino nelle mani di Samson. Oh, gli piaceresti... vorrà vederti-»
Non terminò mai la frase: la spada di Kassandre gli affondò nella schiena facendogli perdere immediatamente la presa. Un secondo dopo i suoi occhi si rivoltarono con un gemito e, rimasto con un peso morto sul petto, Cullen potè spingerselo via di dosso riprendendo finalmente a respirare.
«Tutto bene?» Kassandre gli si inginocchiò accanto, vedendo come non si fosse ancora rialzato. Gli mise una mano sul petto e lui gliela prese delicatamente, stringendola e annuendo. Un momento dopo, si sforzò di sollevarsi dal freddo pavimento contraendo i muscoli leggermente irrigiditi, il respiro di nuovo regolare.
«E ora?» chiese rivolto agli altri, pulendosi il sangue dalla faccia e infoderando la spada nella cintura alla meglio mentre Dorian controllava i morti stesi sul pavimento. «E' ovvio che sia una trappola.»
«Non così ovvio in realtà» commentò Dorian, recuperando un bastone per Kassandre che nel frattempo era andata a soccorrere l'elfa rannicchiata nell'angolo sotto le scale, piangente. «E' pur sempre possibile che i Venatori abbiano fatto incursione nel ballo da soli.»
«E come? La sicurezza di questa serata dovrebbe essere a livelli esasperanti.»
«Per gli ospiti attesi, forse. Ma non per quelli furbi.» Il mago fece ondeggiare il proprio bastone con un sorriso volpino. «E per quelli ancora più furbi ci sono le aiuole dei giardinetti. Hai mai notato come la gente le eviti accuratamente?» domandò, allusivo.
«Ragazzi, silenzio.» L'Inquisitore li zittì, una mano illuminata dalla magia intenta a curare i graffi e le ferite della gracile ragazza che tremava e balbettava. «Lasciatele un po' di pace.» Entrambi si guardarono con un sopracciglio sollevato, e Cullen fece spallucce abbassandosi a raccogliere uno dei mantelli intatti.
«Cosa intendi farne?» gli chiese Dorian a bassa voce. «Non credo ti darebbe il tocco di classe che cerchi.»
«No, certo che no» sorrise sardonico. «Ma coprirà il sangue sull'uniforme e, con un po' di bravura, potrebbe anche tornare utile.»
La preparazione che l'Ordine dava ai templari era, alla peggio, uguale a quella della scuola dei Cavalieri di Orlais, scuola alla quale apparteneva il Campione d'eccellenza di Celene, Ser Michael Chevin, e molti altri esponenti della più alta nobiltà d'Orlais che era stata in grado di guadagnarsi un nome non tanto con la politica quanto con le azioni concrete. Certo, rispetto ai Cavalieri per cui la scherma era un fondamento insostituibile, la loro specializzazione si concentrava sull'uso dell'armatura e dello scudo in battaglia - i tipici oggetti in loro dotazione - ed era imperativo eccellere nel loro uso sia in ambienti ristretti che in campo aperto per sperare anche solo di prendere i voti. Ma c'era una differenza fondamentale che li rendeva unici, quella stessa differenza per cui era l'Ordine a proteggere la Chiesa e i maghi e non i Cavalieri, o qualsiasi altra scuola.
Per prima cosa, la nobiltà non contava entro i loro ranghi: gli orlesiani non accettavano allievi che non fossero di sangue blu, mentre nonostante la difficoltà ad accedervi, per l'Ordine contavano più disciplina, fede e spirito di sacrificio che la provenienza. La seconda era che l'Ordine si curava tanto dei pregi, quanto dei difetti dei propri cadetti: qualsiasi templare che fosse preparato a dovere doveva essere in grado di affrontare un nemico tanto in arme, quanto senza niente addosso, sfruttando una combinazione di abilità, tattica e improvvisazione pura. Peccato che le battaglie che aveva combattuto poco c'entrassero con quel tipo di tecnica intoccata per anni: chissà, si chiese, se sarebbe stato ancora in grado di usare una cappa a dovere?
Dopo un tempo indefinibile, Kassandre lasciò andare l'elfa e fece ritorno da loro.
«Scoperto niente?» le chiese il Comandante, spostando il peso da una gamba all'altra mentre indossava il mantello. Gli avrebbe dato un vantaggio non indifferente anche sulla sorpresa, volendo.
«Ha detto che è stata Briala a mandarla qua per una... commissione segreta.»
«Briala? L'amante-spia di Celene?» si meravigliò Dorian. «Il suo intervento in tutto questo mi pare molto strano.»
«E' vero» convenì l'Inquisitore «Ma da come parla, Briala le aveva assicurato che il posto era pulito, quando invece i Venatori avevano già iniziato a massacrare tutta questa gente.»
«Se l'avesse mandata in contemporanea al loro arrivo?» ipotizzò Cullen. «Non sarebbe la prima volta che capita, questo o di venire a conoscenza dei fatti troppo tardi per poter intervenire.»
Kassandre sembrò pensarci sopra.
«Potrebbe essere andata così, ma la ragazza ha aggiunto anche che Briala non è nuova al massacro degli elfi.»
«Che... spero di aver capito male.» La guardò dubbioso, e Dorian sbuffò accanto a lui.
«Si riferiva alla guerra civile ad Halamshiral» li informò con un tono di sufficienza. «Non avete ascoltato le voci di corte? I sussurri che la indicano come assassina delle centinaia di elfi rivoltosi, mandata dall'Imperatrice a fare piazza pulita dei suoi stessi simili? No, a quanto pare no» terminò bruscamente, fissando i loro volti smarriti.
«In ogni caso, ci ha promesso di testimoniare apertamente contro Briala, al bisogno. Credo che le nostre... scoperte inizino ad essere di un certo peso politico» constatò l'Inquisitore, con un'aria ironica che al Comandante faceva venire in mente solo un tipo di scoperta precedente a quella in cortile.
«Scoperte? Cos'avete trovato?» chiese curioso il mago, portandosi una mano al mento.
«Un uomo nudo legato al letto dell'Imperatrice?» Kassandre sollevò le spalle, l'aria sorniona.
«Ah, nell'ala reale si sentiva giusto un tale odore di marcio...» Dorian sorrise di soddisfazione. «Pretendo i dettagli, adesso.»
«Sono sicura che Cullen ti possa dare tutti i particolari che vuoi mentre proseguiamo...» Kassandre lo guardò con un paio d'occhi malandrini e il Comandante si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie. «Avresti dovuto sentire che esclamazioni davanti alla possanza dell'uomo in questione...»
«Stando a sentire te, prima di sera dovrò corrompere Varric per non inserire questa storia in nessun libro. Specialmente non in quello che legge Cassandra.»
«Forse?»
«Forse. Ottimo.» Cullen tossì, preso alla sprovvista. Cercò di mantenere una dignità affatto facile da conservare attorno a quei due. «Ora dovremmo muoverci. Ci rimane poco tempo per capire che diamine stia succedendo realmente.»
«Hai ragione.» L'Inquisitore non perse un secondo e gli scivolò alle spalle con un passo sinuoso, pronto ad avviarsi verso il giardino. «Andiamo?»
Annuirono, mettendosi in marcia. Il momento dopo, il Comandante potè giurare d'aver sentito la sua mano sfiorargli il fianco, leggera.



Nono capitolo! Dopo un poco brillante ritorno ai doveri riesco finalmente a pubblicarlo: sul lavoro mi stanno addosso e posso scrivere veramente poco per mia disgrazia, senza contare il freddo che c'è °-° fortuna che a casa riesco un po' a rifarmi tra una cosa e l'altra, anche se non sono molto convinta di quello che ho scritto... non so, mi sembra sempre troppo poco xD
Detto questo, Cullen & Inquisitor in Action! Spero apprezzerete quel po' di tempo che ho voluto dedicare ai loro battibecchi e scambi, far interagire i personaggi è sempre la cosa che mi preoccupa di più - sinceramente, non mi piace raccontare avvenimenti senza dialoghi di mezzo, e anche se nel prossimo futuro dovrò per forza di cose farlo cercherò di non esagerare mai sotto questo senso :3
Vi avviso, nei combattimenti sono una ciofeca, quindi vi chiedo di scusarmi se le descrizioni sono pessime: non sono per niente abituata a rendere i singoli movimenti senza descriverli troppo nel dettaglio e renderli più dinamici mi viene tremendamente difficile... ho ancora molto da imparare! Anzi, se volete dare dei suggerimenti ve ne sarei eternamente grata é_é
Detto questo, come sempre se volete lasciarmi granate, bombe a mano, lanciarmi coltelli, candeline, commenti o altro, potete benissimo utilizzare i soliti mezzi oppure usare quel bellissimo indirizzo di posta che troverete nascosto nel codice della pagina (xD) e che una volta decrittato redirigerà direttamente tutto alla mia migliore amica in Danimarca. Fate un'azione caritatevole, donate un minuto del vostro tempo e fatele scoppiare la posta di casa là così che possa tornare in Italia! xD
Un abbraccio a tutti, al prossimo capitolo!
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: Theredcrest