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Autore: Gru    13/01/2015    7 recensioni
"Ma noi non siamo pericolosi! E se... e se lo spiegassimo? Potremmo dire loro che siamo bravi, eh papà? Veniamo fuori sotto una grande coperta e... e poi diciamo che... no, anzi, scriviamo un bigliettino! Scriviamo un biglietto e lo spingiamo verso il primo umano che passa, così lui capirà e lo dirà agli altri umani, e potremmo uscire! Eh papà?"
Raccolta di drabbles su quanto la vita sia ingiusta con le persone sbagliate.
(La cronologia disordinata dei capitoli è ispirata ad una fanfiction in lingua inglese che ho letto tempo fa. Spero di non venire arrestata per questo.)
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Età: 15 anni



Prese un respiro profondo, distendendo e piegando le dita un paio di volte. Poi, una volta sciolte velocemente anche le spalle con qualche movimento rotatorio dei muscoli, caricò l’affondo, il primo di una raffica continua e quasi instancabile, e colpì.

Il manichino malconcio si accartocciò verso l’interno all’impatto e, senza avere il tempo di riaccasciarsi mollemente, sorretto solo da una corda intorno al collo, venne investito da una serie compatta di pugni diretti in quelli che sarebbero stati i punti più strategici, se le nocche non avessero trovato solo sabbia da imbottitura.
I grugniti attutiti di Raffaello crearono il tenue sottofondo di un ordinario pomeriggio al rifugio, in cui ogni Hamato era preso dalle proprie occupazioni prima della ronda notturna (e della pizza, come avrebbe certamente precisato Mikey). Dalla cucina arrivava un vago profumo di dolci, segno che Michelangelo si stava dedicando alla creazione di chissà cosa e chissà quanto commestibile, considerando lo stile fin troppo creativo del fratello, nonostante l’odore non promettesse troppo male; non molto distante, a intervalli irregolari, il ticchettio di dita contro la tastiera di un computer.

Ognuna di quelle percezioni venne allontanata. In quel momento, non esisteva altro che l’avversario, il tempo scandito dai tonfi curiosamente morbidi in contrasto con la violenza delle percosse.
Non era volontario, gli esercizi di concentrazione e controllo dei movimenti li lasciava a Leo: per Raffaello avere la mente leggera e sgombra significava lasciarla libera, abbandonarsi all’istinto. Si lasciava trascinare dai soli sensi, affidava le redini del suo corpo all’adrenalina, annullava ogni repressione e faceva fluire ciascun pensiero o sensazione attraverso le braccia e le gambe, per poi scaricarlo da sé sul bersaglio per mezzo della sola, cruda, irrefrenabile forza.
E non capiva come lo stare seduto immobile a gambe incrociate gli avrebbe potuto dare lo stesso inebriante risultato.

Si fermò solo dopo qualche minuto di affondi continui, per riprendere fiato. Con la coda dell’occhio sbirciò in direzione del divano: April era concentrata sul libro aperto sulle gambe accavallate, con la fronte corrugata e una ciocca ribelle di capelli attorcigliata intorno a un dito, mentre dalla parte opposta Donatello fissava lo schermo del portatile che teneva in grembo facendo scorrere lentamente la pagina corrente. La presenza della ragazza al rifugio era ormai abituale, anche se sempre molto gradita, e i ragazzi si comportavano con sempre maggiore naturalezza in sua presenza, lasciandole il proprio spazio e facendola sentire ogni volta come a casa sua, cosa praticamente vera, dato che la giovane apprendista kunoichi passava la maggior parte del suo tempo libero in loro compagnia. 

Solo Donatello non poteva evitare di modificare le sue abitudini: quando April veniva a far loro visita, era molto più facile trovarlo fuori dal quel suo laboratorio a gravitare intorno alla sua presenza, e quando l’amica si fermava a studiare o per aggiornare il sito di avvistamenti che aveva allestito per avere notizie sugli spostamenti dei Kraang, immancabilmente il mutante in viola si trovava nella stessa stanza, lavorando sul portatile ad una distanza matematicamente calcolata e con spesso malcelata indifferenza.

Entrambi erano troppo immersi in qualunque cosa stessero facendo per essere disturbati dalla sua presenza, e Raffaello riprese in ogni caso a colpire il manichino.
“Donnie, puoi aiutarmi?”
‘Domanda stupida’ pensò il ninja mascherato di rosso cogliendo la richiesta a metà di un calcio allo sterno, non riuscendo a impedirsi di alzare gli occhi al cielo dopo aver scorto suo fratello voltarsi immediatamente in direzione della ragazza come se non avesse aspettato altro da tutto il pomeriggio. 
“Certo. Qual è il problema?” rispose prontamente questo mettendo da parte il portatile e avvicinandosi all’altro lato del divano per chinarsi con lei sul libro.
“C’è questa formula, proprio non mi quadra…”
Raffaello si sorprese ad osservare la scena, mentre il fratello iniziava a gesticolare ormai preso da una delle sue infinite spiegazioni che si tradusse come al solito in un indistinto ronzio nella sua testa, pieno di paroloni sconosciuti e incomprensibili. April annuiva raramente, senza staccare lo sguardo dal libro.
Per qualche motivo, l’immagine gli trasmise una strana sensazione. Strana forse solo perché inaspettata in quel particolare frangente: sembrava rievocata da un passato ormai un po’ confuso. Vagamente familiare, sì. 
Non gli piaceva, in ogni caso. Lo aveva distratto.

Cercò di rinvigorire i pugni, ma non riusciva a distogliere completamente l’attenzione dai due, e più guardava Donatello parlare con la solita espressione appassionata di numeri e calcoli, più si incupiva senza capire il perché. Notò di nuovo lo sguardo di April sul libro. E quello di suo fratello, fisso negli occhi di lei.

Distolse lo sguardo immediatamente. Non riusciva a sopportarlo. Provò improvvisamente il desiderio immotivato che la ragazza rivolgesse la sua attenzione a Donnie come quest’ultimo le stava dedicando tutta la propria, che scollasse gli occhi da quel maledetto libro e che incrociasse quelli del fratello, che almeno gli facesse un cenno, o un sorriso, sempre che non fosse di troppo disturbo…
Si bloccò con i pugni a mezz’aria, scioccato dai suoi stessi pensieri. Ma che accidenti gli prendeva? 
Si guardò intorno, quasi temendo che qualcuno si fosse accorto dei suoi sproloqui mentali, e finse di sistemare il gancio del manichino, cercando di riordinare le idee.

Sapeva che non poteva incoraggiare niente del genere. Né voleva, in realtà, perché semplicemente non era possibile, non rientrava nel loro genere di vita, nella quale non ci sarebbe mai stato posto per una di queste… bah, cose, ecco. 

Aveva capito da tempo che non c’era spazio per questo tipo di fantasie, per desideri troppo audaci nel loro mondo. Aveva incassato il colpo, come faceva tutti i giorni quel suo manichino malconcio, come avevano fatto i suoi fratelli con gli anni, e conviveva con quella consapevolezza senza darle ormai troppo peso; sapeva dove fosse la linea del limite, aveva seguito il suo tracciato molte volte, talvolta osando sfiorarla, ma tornando sempre al punto di partenza, girando in tondo in quella gabbia invisibile e facendo finta di poter camminare all’infinito, e pensava davvero che bastasse, credendo che fosse lo stesso per i suoi fratelli.

Un giorno però aveva scoperto di essersi sbagliato. Era successo forse qualche mese prima, non ricordava… 
Guardava un film scelto a caso, stravaccato con Mikey sul divano al ritorno di una ronda durante una serata morta. Era una trama banale, la solita coppia incasinata di adolescenti: dopo l’ennesimo litigio - lei era un’isterica con una voce irritante, lui un semplice rammollito - quei due avevano smesso di urlarsi addosso e senza nessun preavviso si erano lanciati l’uno contro in una bacio appassionato, così, come se non fosse successo niente. 
Raffaello a quel punto aveva sbuffato, simulando un teatrale attacco di nausea, e si era voltato verso il fratello con la battuta sarcastica già pronta… che gli era morta in gola accorgendosi dell’espressione rapita di Michelangelo. 
Stava fissando lo schermo con gli occhi socchiusi, profondamente concentrato, mentre studiava le immagini in silenzio. Quando poi aveva inclinato la testa, quasi per registrare meglio ogni movimento dei due attori, ogni carezza, Raffaello aveva voltato di scatto la testa tornando a fissare la tivù, gli occhi spalancati dalla sorpresa e dall’imbarazzo, come avesse visto qualcosa di privato, segreto. 
Non era riuscito a dimenticare quella serata, gli tornava in mente decisamente troppo spesso. Forse perché era il suo fratellino, il giocherellone, che si divertiva ancora a fare scherzi infantili e che riusciva ad ammorbidire persino lui con quella sua dannata espressione da cucciolo, forse era per quello che la cosa lo aveva scioccato così tanto. O forse, più in generale, non aveva mai immaginato seriamente uno dei  suoi fratelli in simili circostanze.
Neanche quando era arrivata April, in effetti. Non aveva dato nessuna speranza ai tentativi di Donnie, si limitava ad osservarlo rendersi ridicolo davanti a “la ragazza più bella che avesse mai visto in vita sua” - questo, ne era sicuro, non lo avrebbe mai capito -, e magari tirarlo fuori appena in tempo dalle situazioni più imbarazzanti. Un giorno, suo fratello si era buttato da solo in un covo dei nemici per riportare ad April suo padre, per vederla sorridere, per vederla sorridergli, dopo che lui aveva deriso i suoi tentativi di fare colpo sulla ragazza.
Il cuore è un muscolo delicato. Lo capiva sempre troppo tardi.

Ci aveva messo troppo tempo ad accettare le regole, e per cosa? Per vedere l’essere più disciplinato e con la testa sulle spalle  che conosceva trasformarsi nel giocattolo di una pericolosa nemica da un giorno all’altro? Ma che stava succedendo? A cosa era servito essere addestrati per anni in preparazione alle sfide più ardue per poi venire sottomessi in un letterale battito di ciglia?

“Donnie, non c’è bisogno che tu faccia tutto l’esercizio al posto mio” sentì ridere April, e si voltò per vedere suo fratello arrossire furiosamente e balbettare delle scuse mentre si allontanava un  po’ da lei con la testa china per l’imbarazzo.

All’improvviso il volto incuriosito di Michelangelo davanti alla tivù, quello di Leonardo mentre gli assicurava di avere tutto sotto controllo e quello di Donatello, addolorato, dopo che April gli aveva urlato di non volerlo più vedere si sovrapposero davanti ai suoi occhi, e la sua rabbia prese finalmente una direzione.

Quella vita, la loro intera esistenza, era una presa in giro. Solo una fottutissima presa in giro, mentre sventolava sotto al loro naso occasioni che non avrebbero mai potuto cogliere, cercando sempre il modo più crudele per disilluderli, rigettandoli in pasto a una realtà che non avrebbe potuto dare loro niente di più che un mucchio di stupide farfalle a corrodere loro lo stomaco.
E se c’era una cosa che non poteva sopportare, era vedere l’ennesima delusione riflessa negli occhi dei suoi fratelli, né la prima né l’ultima. Era stanco di dover infrangere ogni loro singola speranza in attesa che smettessero di alimentarle, che cedessero alla consapevolezza che il mondo non poteva né voleva adeguarsi a loro, e che quindi si arrendessero, una volta per tutte, perché prima sarebbe successo, meno avrebbero sofferto.

Il manichino era a terra, crollato sotto un unico, furioso colpo in una posa assurda e scomposta. I pugni erano ancora stretti, i muscoli tesi, il respiro affannoso. 

Odiava l’impotenza. E desiderava con tutto se stesso poter proteggere la sua famiglia da qualunque cosa, anche da se stesso quando era il primo a ferirla con la sua mania di parlare senza riflettere, anche da tutte le  illusioni e delusioni in cui inciampava e sarebbe inciampata negli anni a venire.
Ma sembrava così difficile, tanto come restare a guardare, e non voleva accettare il fatto che non ci sarebbe sempre riuscito.

“Raph?”
Sussultò voltandosi verso Michelangelo, che lo guardava interrogativo con un vassoio di biscotti fumanti in mano e una candida striatura di farina sulla maschera arancione. 
Rimase per qualche secondo a guardarlo, mentre l’ondata di amarezza che lo aveva travolto poco prima si ritirava lentamente lasciandolo un po’ stordito. Sbattendo le palpebre, posò lo sguardo sul vassoio: “E’ quasi ora di cena, Mikey”.
Quest’ultimo guardò a sua volta i suoi dolcetti informi e alzò le spalle: “Beh, ho trovato una nuova ricetta con le gocce di cioccolato, volevo provarla subito” spiegò, per poi tornare ad osservare il fratello con aria sospettosa. Prima che potesse aggiungere altro però, Raffaello prese in fretta un biscotto e gli passò rudemente un braccio intorno al collo stringendolo brevemente “Non sembrano male” disse soltanto cacciandosi in bocca il dolce.
“Ehi! Fa’ attenzione, così me li fai cadere tutti!” protestò Mikey sorridendo di nuovo e spingendo via il fratello con la mano libera.
“Ah, non mi permetterei mai… Quanti chili di zucchero hai messo questa volta?”
“Uffa, Raph, abbi fiducia!”
“Come vuoi tu, Mikey…”
“Cosa?”
“Niente…”






ANGOLO RITARDATARIO DELL'AUTRICE:
Sì, perchè ho decisamente esagerato. Non odiatemi, pensavo veramente di poter sfruttare le vacanze di Natale per aggiornare... Tanti compiti e tanti parenti, mi dispiace. A proposito, ehm... Buone vacanze a tutti. MI sono dimenticata la scorsa volta. Ora potete odiarmi tranquillamente.
Cercherò di non aggiungere anche tutto ciò che ho dimenticato di scrivere nello scorso Angolo dell'autrice (ciao, sono Gru, e sono una maniaca di premesse e postmesse) e passo a questa drabble: non sono per niente sicura. Sul serio, provare a scrivere in terza persona ma dal punto di vista di quel testone di Raph non è molto semplice, e sono sicura di aver toppato in qualche punto... Ricordate: se aveste voglia di farmi sapere va vostra... nessuna pietà.
Per la reazione di Raffaello allo sbaciucchiamento improvviso potrei essermi ispirata ad una certa tizia che dopo i sessanta secondi di effusioni costanti inizia a fare commenti vaghi sulla maglietta di lei, sulla pettinatura di lui, sul paesaggio sullo sfondo... Sono una persona vergognosa...
Ho seguito (un po' in ritardo) un consiglio e ho messo un po' più di spazi tra i paragrafi, sono curiosa di sapere se ho reso la lettura più scorrevole.
Dato che mi avete montato la testa nelle scorse recensioni, non ho potuto fare a meno di dare una sbirciatina, e ho scoperto di essere stata inserita in qualche lista... Sono piuttosto sconvolta, vi ringrazio moltissimo!!
Per finire, purtoppo il titolo di oggi non è di una sola parola come gli altri, ma sto rispettando una specie di regola, qualcuno mi ha detto di averlo capito... Sono troppo tragica, non c'è niente da fare u.u
Penso di aver finito... credo... Un bacione a tutti!
Gru
 
   
 
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