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Autore: voiangel    13/01/2015    3 recensioni
"E lo fece: l'errore più grande della sua vita. Si lasciò andare con l'assoluta consapevolezza di quanto il baratro tra la felicità e la tristezza fosse incredibilmente profondo e di quanto fosse spaventosamente facile caderci in mezzo, in un misto di terrore e piacere."
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La matita slittava sul foglio bianco ed immacolato, dando vita come per magia ad un bellissimo tappeto d'erba verde, la rugiada come ultima testimonianza di un piovigginoso inverno ormai alle spalle, brillava come fosse stata smeraldo sotto al mite sole primaverile, alberi di ciliegio nel pieno della loro fioritura, i fiori rosa come labbra di ragazza e petali che alludevano all'odore di natura bagnata. La corteccia marrone quasi ruvida al tatto. In lontananza un dolce sfondo di verdi colline e tanta, tanta pace. Pace surreale e celante; la sensazione era la stessa di volare nel cielo limpido del dipinto con la consapevolezza che quel volo sarebbe stato seguito da una lunghissima ed angosciante caduta verso il baratro. — Dobbiamo parlare — La matita fermò la sua danza. Voce come tuono. Il ragazzo portò le mani biancastre ed affusolate tra i ricci castani. Era la prima volta che colorava contemporaneamente, in qualche modo, ciò che dipingeva, notò quasi inorridito. Non era quella la tecnica, ma i colori sembravano più veri che mai, più emozionanti e vivi di quanto non fossero mai stati. Non se ne pentì. 
— Arrivo — rispose l'artista prima di dipingere una nuvola nel cielo celeste perché forse l'ingannevole natura aveva preservato per Julian Blackthorn un altro po' di pioggia.


Tiberius se me stava sull'uscio della porta in attesa che suo fratello lo invitasse ad entrare. Anche in una situazione come quella non poteva dimenticare le buone maniere. Julian lo invitò ad entrare con un gesto veloce della mano mentre si allontanava dalla scrivania. Quando finalmente i riccioli castani furono sostituiti dal suo viso Ty rimase tutt'altro che sorpreso nel vedere le occhiaie bluastre sotto i suoi occhi. Come al solito Julian aveva dormito a petto nudo e come ogni singola mattina i suoi ricci erano disordinati e indomabili, la pelle pallida e sporcata da tempera. Come tutte le mattine aveva bevuto il suo caffè forte, ed aveva già fumato due sigarette, o per lo meno così testimoniavano il posacenere trasparente e la tazza vicino a quello. Mentre Julian si sdraiava sul letto - già rifatto - Ty si guardò in giro cercando altre stranezze, ma niente, la grossa finestra era come di consuetudine aperta e lasciava entrare la luce solare nella stanza. Infatti, la luce era spenta, come sempre, perché al fratello piaceva colorare i propri dipinti con una luce naturale. Anche il  dipinto era una cosa usuale, così come tutti gli altri oggetti presenti sulla scrivania bianca. Come il carboncino, le varie matite, i pastelli, le sigarette ed il caffè, i libri. Tutto. Ty fece un resoconto: letto rifatto e occhiaie, poteva inventare qualcosa sulla sua assenza in camera. Sì, i pretesti c'erano. Si avvicinò al letto e rimase in piedi, rifiutando l'invito del fratello a sedersi vicino a lui. "Sei un detective, Tiberius, ora sei un detective tanto in gamba quanto Sherlock Holmes, non il fratello dell'indiziato" ricordò Ty a se stesso. Indurì lo sguardo cercando di non far trapelare l'ansia che minacciava di inquinare le prove, perché Ty voleva bene a Jules; glielo aveva fatto capire Helen quando si erano appena trasferiti dai Penhallow ad Idris, mentre Julian e lei, accasciati sul pavimento, parlavano della partenza della sorella. 
"Ty mi odia. Mi fa costantemente la guerra" aveva detto Julian con fare sconsolato, una nota di preoccupazione nella voce, come se il solo pensiero potesse farlo star male.  Tiberius che era nel letto quasi sobbalzò, ma si trattenne per ascoltare più a lungo la conversazione tra i due. "Ty ti vuole bene, dorme con l'ape che gli hai regalato, non fa che osservarti. Vuole essere come te. È solo... dura" aveva ribattuto Helen. Da una parte aveva ragione, perché se una persona come Tiberius Blackthorn dormiva con un ape peluches, una ragione doveva esserci e stranamente era qualcosa di emotivo, non dettato dalla ragione. Però non voleva essere come suo fratello maggiore, perché si andava bene com'era e perché di Julian doveva essercene solo uno, il migliore e l'unico, perché non gli sarebbe piaciuto vivere con le sue responsabilità e le sue insicurezze. Però non aveva fatto niente per fargli capire che si sbagliava, così tra loro era rimasto quello strano rapporto: si volevano bene ognuno a modo proprio; Jules nel modo più semplice e totalitario mentre Ty amava diversamente, amava razionalmente. Un genere d'amore difficile da coltivare, da capire e da accettare ed in qualche modo Jules, che non lo capiva e non lo coltivava, lo accettava. — Dove sei stato ieri notte? — la domanda uscì dalle sue labbra fredda e mirata, proprio come risuonava nella sua mente. I muscoli del corpo di Julian si tesero, gli addominali, contraendosi, fecero la loro comparsa sul ventre scoperto. Una ruga si dipinse tra i suoi occhi. Ty annotò tutto sul suo taccuino mentale. Non sembrava totalmente sorpreso. — Ero nella stanza di Emma — Una scossa d'adrenalina attraversò il corpo dell'improvvisato detective. Suo fratello non era bravo a mentire, lo sapevano tutti, e questo non faceva di lui un indiziato facile. Tutt'altro. Avrebbe detto la verità e sarebbe stato devastante. Ty annuì — Lo so. — sorrise tradendo la sua appartenente impassibilità, eccitato, pronto a sferrare il colpo fatale — È così, dunque — aveva riacquisito il suo tono piatto — che ti sei procurato quei graffi sulla schiena? — E poi niente, Ty sentì una fitta di delusione quando l'unica reazione da parte di Jules fu la totale immobilità. Un luccichio  gli aveva attraversato gli occhi del colore verde-blu del mare in tempesta come una lama di coltello. Alzò il braccio indicandosi il collo con l'indice. Sorrise anche lui. — Lo vedi? Siamo parabatai. —. Sussultò. Era vero, Julian ed Emma erano parabatai, lo erano da quando avevano tredici anni e nonostante fossero passati quattro anni e lui, allora, ne avesse undici, se lo ricordava quel giorno. Nessuno, per qualche strano motivo, fu felice. Emma e Jules non si erano parlati per tutto il giorno, poi era venuta l'ora di recarsi alla Città di Ossa. Li avevano accompagnati Tiberius, Mark, Helen e zio Arthur. Livia, Drusilla e Octavian erano rimasti all'Istituto di New York col Console. C'erano molti altri loro amici: Aline Penhallow e Isabelle Lightwood parlavano sottovoce,eccitate perché anche loro stavano per diventare parabatai. Lo stesso accadeva fra Clarissa Morgenstern e Simon Lewis. Emma se ne stava in silenzio, mano nella mano con la rossa, intenta ad ascoltare quello che i due amici d'infanzia avevano da dirsi. Lo sguardo freddo e calcolatore come sempre, ma qualcosa in più negli occhi. Come un misto di dolore, paura, consapevolezza che li facevano sembrare più simili che mai a quelli di Jonathan Herondale. Julian discuteva animatamente con questo e con Alexander Lightwood, parlando di quanto le leggi dell'Enclave fossero insensate, offendendo Alec che queste cose le prendeva molto sul personale. Jace aveva riso. Poi tutti e tre si erano calmati, perché Julian aveva detto qualcosa. Jace aveva scosso la testa, Alec aveva annuito per poi lanciare uno strano sguardo a Magnus, al quale Ty era in parte, che parlava con Catarina Loss. Anche loro, si era ritrovato a pensare, sarebbero stati perfetti parabatai. Poi nient'altro, erano entrati Simon e Clary, poi Aline e Isabelle ed infine Julian ed Emma. Questi si erano presi per mano saldamente, ancorando gli occhi del colore del mare in quelli con l'oro incandescente ed allora altro che tempesta, Giovanni si era sbagliato, l'Apocalisse erano loro. Fu come se stessero pronunciando un loro patto eterno, qualcosa che, in qualche modo, andava oltre la runa che li stava per unire unire per il resto della loro vita. Andava oltre all'Angelo, a tutte le rune ed i patti impartiti agli Shadowhunters dall'Enclave e di tutte le leggi dettate dal Conclave. Loro, in fondo, erano un po' così: insieme erano più forti di tutto. Per il resto della giornata non avevano parlato né  mangiato, erano rimasti entrambi in camera di Jules mentre lui dipingeva e lei restava sdraiata sul letto. Sull'Istituto  londinese veleggiava tanta tristezza, ed andava bene così. — Cos'hai chiesto a Jace e ad Alec il giorno della tua cerimonia parabatai? — Tiberius si sedette, decidendo di cambiare strategia. Jules aggrottò la fronte, forse ripensandoci — Uhm, — disse dopo un po' — gli ho chiesto se si fossero mai pentiti di essere diventati parabatai. — una gocciolina di sudore sul collo nudo e i nervi in tensione spinsero Tiberius a continuare più rudemente. — Perché tu già ti pentivi di essere là. Un tredicenne è già in grado di comprendere ciò che prova per la propria amica d'infanzia, sbaglio? — Jules smise i sorridere e guardò serio suo fratello. Ty per qualche motivo sentì che i ruoli si erano invertiti. Per una volta era lui l'indiziato. — Tibs, perché me lo stai chiedendo?  So badare a me stesso. Lo sai, ho sempre rispettato le leggi del Conclave e dell'Enclave. Siamo diventati parabatai per un motivo e... — Il momento giusto per la fatidica domanda, per la deduzione esatta. Ty non ascoltava più le altre balle che Jules diceva, perché chiese: — Perché, per quale motivo siete diventati parabatai? — Fatta. Era fatta, aveva chiesto a Jules di parlare di Emma e di quello che li aveva uniti più di quanto qualsiasi altra cosa lo avesse unito a chiunque altro, chiedendogli qualcosa che lui solo sapeva, lui e la sua migliore amica. Gli aveva chiesto di parlare di loro e lui lo avrebbe fatto,  aprendogli mente e cuore perché era sempre così, quando si parlava di Emma. Tiberius sentiva in qualche modo che potesse essere sbagliato, era come chiedere ad un Jules ubriaco di non ridere, era in qualche modo sbagliato perché tutto di Emma doveva essere solo di Jules e tutto di Julian doveva essere solo di Ems. Era sbagliato perché tutti lo sapevano, ma Tiberius era l'unico ad amare razionalmente e toccava a lui impedirgli di amare in modo passionale. Gli occhi di Julian brillavano umidi mentre la luce del sole si riversava in loro. Ty quasi poté vedere il cuore gonfiarsi smisuratamente uscire fuori dal suo petto. — Perché me l'avrebbero portata via — la voce carica di rabbia e amarezza, — Perché lei non avrebbe mai saputo cos'è successo ai suoi genitori e non sarebbe mai stata in pace con se stessa ad Idris. Tibs tu lo sai com'è, si sarebbe colpevolizzata per le azioni compiute da un pazzo, da un demone. Si sarebbe accollata colpe che non le appartengono e ciò l'avrebbe distrutta. Non ce l'avrei fatta senza lei. — La consapevolezza investì Ty come un treno in corsa quando le lacrime scese sulle guance del fratello gli bagnarono il sorriso triste — Ho persino pensato di essere io sbagliato, o pazzo, perché il colore "occhi di Emma" non esiste, ma io continuavo a mescolare colori sulla tavolozza per crearlo. Ho studiato giorno e notte il legame parabatai ed ho sperato di non essere ricambiato, perché sarebbe stato legale, perché è la cosa più bella che sia mai stato in grado di provare e non poteva essere giuridicamente insana. Non può. — La sua voce sembrava il suono del mare in tempesta e Ty rabbrividì guardando gli occhi di Jules, capendo cosa intendeva dire quando aveva accennato al colore degli occhi della parabatai, perché erano colore "occhi di Jules" in quel momento gli occhi del fratello, nient'altro. — Però non è così, nel senso, lei ricambia credo, quindi... — Il Nephilim si arrestò all'istante, le iridi prive della pupilla la quale sembrava uno spillo. — Tibs, lo dirai allo zio? — Disperazione. 
"Esatto Tiberius, o meglio Sherlock, lo dirai all'Enclave?". Poteva far finta di niente ed andarsene, come avrebbe preferito fare, sarebbe stato più facile per tutti, ma forse a lungo andare quella decisione avrebbe causato dei danni. Non si trattava più di Tiberius che si improvvisa Sherlock Holmes, ora era Tiberius Blackthron che doveva scegliere il meglio per la sua famiglia, e avrebbe preferito essere il protagonista del romanzo di Conan Doyle. Quindi davvero poteva lasciare la stanza, perché amava Emma e Jules, ma, ricordò a se stesso, doveva amarli in modo razionale. "Non ce l'avrei fatta senza lei". Julian aveva sofferto così tanto, si era preso cura dei suoi fratelli e di Emma in assenza di Helen e Mark, aveva rinunciato alla persona che amava per poterla tenere vicina a sé. — Devi promettermi che non accadrà mai più. Julian promettimelo. — si ritrovò a ripetere disperato Tiberius. Non era abituato a mettere in ballo i sentimenti nelle sue indagini, non gli piaceva. Guardò Julian sperando che si accorgesse dell'urgenza nel suo sguardo, ma questo fissava attonito le coperte bianche del suo letto — Te lo prometto. — mentì alla fine, senza via d'uscita. Gli occhi trapelanti di Ty si ancorarono in quelli di Julian come se volessero scavare nella sua anima. — Giura sull'Angelo. — azzardò. Un brivido di freddo percorse la schiena del maggiore facendolo rabbrividire. Scosse la testa — No. No che non lo giuro sull'Angelo. È successo una volta, chi ti dice che possa essere stata l'ultima? La carne è debole, Tibs. Non chiedermi di giurare sull'Angelo. Per favore. — Tiberius si alzò dal letto esasperato, cercando di riacquisire il suo tono saccente e pieno di sé, la voce fredda e impassibile come se stesse parlando di una persona estranea alla sua vita, alla sua famiglia. Come se un canone familiare non lo avesse mai unito a Julian — Parabatai è un legame che unisce due guerrieri Shadowhunters, la cerimonia assume di fronte all'Enclave il valore di un sacrificio, il giuramento di porre la vita dell'altro davanti alla propria. In tutta la vita il vincolo può essere stretto una volta sola e con una sola persona, tra i dodici e i diciotto anni d'età. Due parabatai non si possono sposare per un fattore culturale, ma è anche perché il legame dei parabatai si suppone debba essere qualcosa che vada oltre le emozioni umane. Dev'essere un'unione separata da cose come la gelosia, perché se si dovessero innamorare e poi quel sentimento dovesse svanire, i due resterebbero comunque legati per l'eternità. Tuttavia è concesso ad un parabatai di invaghirsi del proprio compagno purché il sentimento non sia ricambiato o che tra i due non ci siano altri vincoli che quello eretto dalla runa, appunto, parabatai. — Julian si alzò dietro al fratello, visibilmente disagio, e Ty si sentì addosso come uno strano macigno. Anzi, più macigni. Ne aveva sulle spalle, sul cuore, sullo stomaco, in gola. Ne aveva persino in testa e attaccati alle caviglie e pesavano. Quei macigni pesavano davvero tanto e minacciavano di portarlo verso il basso, più in basso della cantina e del centro del mondo. Minacciavano di portarlo nell'oblio più buio, più buio del buio nella Fossa delle Marianne. Era come se già un po' di buio avesse cominciato a circondarlo insieme al fratello, ed era arrabbiato, indignato, incazzato col fratello che si rifiutava di capire e che lo spingeva a tanto. Jules davanti a lui sembrava elemosinare aria — Lo so... Lo so cos'è il vincolo parabatai. — 
Ty gli rivolse il suo sguardo più severo ignorando le sue parole. Stava funzionando, lo vedeva. Lo sentiva. —Esistono però diversi modi per tagliare il vincolo del parabatai. — continuò, attirando questa volta la totale attenzione dello Shadowhunter di fronte a lui. — C'è la morte, ci si può trasformare in Nascosti o entrare nella Fratellanza. Più cruento è il modo in cui il vincolo viene reciso più la persona soffre. — Uno strano luccichio negli occhi di Julian e la consapevolezza nel cuore di Tiberius di aver appena enunciato la condanna a morte del fratello. Sperò non avesse colto tra le righe il significato celato dietro al testo che aveva imparato a memoria su un libro antico e che gli aveva ribadito. — Mi... mi stai dando il permesso di farlo? — la voce di Julian era uscita dalle sue labbra timida e timorosa. Tiberius stette in silenzio, non sapendo cosa dire. No, probabilmente. Non doveva dargli il permesso di uccidersi. Ma sì, gliel'aveva dato. Alla fine uscì dalla stanza senza proferir parola. Aveva solo quindici anni, non poteva sopportare altre responsabilità. — Allora è così — capì Julian prima che Ty uscisse dalla sua traiettoria — È così che ti alleni. — Tiberius sorrise compiaciuto. — Saresti un ottima fata, Julian. — rispose prima di scomparire dietro la porta.  
Tiberius aveva sentito il fruscio di una maglia, il tintinnio solito che producevano le spade angeliche scontrandosi, passi veloci scendere di fretta le scale e la porta dell'Istituto sbattere. Aveva fatto la cavolata e ne era felice, in un certo senso. Andò in camera sua e si sdraiò sul letto. Le pareti blu iniziavano ad annoiarlo, ma lo aiutavano a studiare meglio. Per il resto la sua camera conteneva l'essenziale: un armadio bianco, lo stesso colore della piccola scrivania. E una sedia, oltre al letto. Nient'altro. I gialli che amava tanto ordinati sulla scrivania, con una versione di Shakespeare in latino. una lente d'ingrandimento nel cassetto ancora aperto, vicino ad una pipa finta e ad un cappellino a bombetta a fantasia scozzese marrone e verde. Sul cuscino, di fianco alla sua testa, l'ape sorridente che gli aveva regalato il fratello anni addietro. Ed Emma seduta in terra davanti alla finestra. 
Ed Emma seduta in terra davanti alla finestra. 
— Co-cosa? — Ty si alzò velocemente dal letto con tutti i muscoli del corpo tesi per la sorpresa. Emma non gli faceva spesso visita se non quando lui e qualcuno dei suoi fratelli litigavano, allora si sedeva ai piedi del letto e parlavano un po' di Blackthorn, e qualche volta riusciva anche a farle dire qualcosa dei suoi genitori. Ne andava fiero, solo con Julian ne parlava, oltre che con lui. — Possibile che non ti sia mai innamorato, Tibs? — la voce della ragazza suonava stanca e la domanda esasperata. Tiberius indietreggiò di scatto, quasi sentendosi colpito, tradito, dalle sue parole. Non potevano parlare di sentimenti come l'amore anche loro due, soprattutto non in quella situazione, non dopo quello che Tiberius aveva detto perché ne era sicuro, Emma aveva sentito tutto. — Em... Emma io... —. Cosa avrebbe dovuto dire? Sì, forse si era innamorato, ma di certo non glielo avrebbe detto, non a lei e non con Julian che girovagava per Londra in cerca di chissà qualche banda di Nascosti. E poi non erano lì per parlare di Tiberius, ne era consapevole, il discorso andava sempre a parare a Julian, così lo Shadowhunter tagliò corto il discorso impugnando tre spade angeliche e impugnandole con saldezza, fingendo nonchalnce. — Io credo che lento com'è lo troveremo fuori dalla porta dell'Istituto — Emma rise, forse felice, forse sollevata o semplicemente divertita. Tiberius non poté che sorridere — Vedo che tu sei già in tenuta. Te lo aspettavi? — Sia lui che la Nephilim di fronte a lui erano tornati seri. Ora lei si ergeva in piedi di fronte a Ty; erano alti uguali, nonostante la differenza d'età di due anni, e nonostante Emma fosse minuta e Ty avesse già abbastanza muscoli per poter battere il fratello maggiore senza troppi problemi Ty si sentì minacciato ancora una volta da quegli occhi color oro colato, forti e spietati. Gli piacque quella sensazione d'intesa. Forse anche loro due, si ritrovò a pensare, sarebbero stati perfetti parabatai. — Sei intelligente, Tiberius, da te dovevo aspettarmelo, no? —. 
Oh, se la aspettava... 
Erano passati circa venti minuti da quando lei e Tiberius erano usciti alla ricerca di Julian, protetti dalla vista dei mondani, armati di spade angeliche e varie armi - tra cui, ovviamente, non mancava Cortana la quale era fieramente impugnata da Emma - e altre rune, della velocità, del silenzio e della forza, a ricoprire il corpo di entrambi. Di Julian, però, ancora nessuna traccia. Avevano persino preso in considerazione di farsi aiutare dal Sommo Stregone di Londra, ma Ragnor Fell era morto anni prima, e nessuno dei due giovani Nephilim si fidava del giro d'affari losco che girava tra stregoni di quei tempi. Chissà con quale clan di vampiri avevano avuto da fare. Chissà quanto avrebbero pagato i vampiri per del sangue di Nephilim! Alla fine avevano semplicemente telefonato a Magnus che però, non avendo niente di Julian, non poteva rintracciarlo. Si era scusato più e più volte, non si era nemmeno fatto spiegare niente, gli erano bastate le parole "Julian vuole diventare un Nascosto" per fargli scattare la lampadina rossa, così aveva detto che avrebbe mobilitato qualche clan affidabile di stregoni suoi amici in zona "Theresa Gray potrebbe aiutarvi" aveva farfugliato prima di riattaccare, ed Emma e Tiberius avevano deciso che perdere tempo a cercare Tessa avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte di Jules, quindi avevano continuato le indagini da soli. — Non senti niente? Quella stupida runa non ti aiuta per niente? — urlò esasperato Ty ad un certo punto. Emma sussultò per la sorpresa: non era abituata a vedere Tiberius scattare a quel modo. Scosse la testa e i boccoli biondi le balzellarono davanti al viso, li spostò dietro le orecchie e si mise entrambi i palmi delle mani sul viso. — Sento solo che non è morto, Tibs, nient'altro... —. Era esasperata, avevano cercato in tutte le vie, le strade londinesi, le abitazione di Nascosti e mondani, avevano persino usato dei messaggi in codice tra i passanti che li avevano guardati male. Quel pomeriggio pioveva, pioveva dopo una settimana di sgargiante sole. Tutti credevano che sarebbe arrivata la primavera di lì a poco, ma a quanto pare si sbagliavano tutti. — Emma! Emma apri gli occhi! — ma non fu la voce allarmata di Ty a farle aprire gli occhi, nemmeno la visione del suo parabatai che correva fuori da un viottolo con un fiotto di sangue che gli colava dal petto. Fu il dolore che provava lei stessa sul petto, in mezzo alle costole. Si tastò il punto dolente, esattamente sotto al seno, ma lei stava bene, non come la runa sul suo collo che bruciava in modo anormale. Era Julian, sentiva il suo dolore. Scattò in avanti, attenta a bilanciare il peso sul bacino per non cadere in caso un demone o un Nascosto le si dovesse parare davanti. Non doveva scaricare il peso su piedi e gambe, così le aveva insegnato Jace. Corse veloce e sentì il vento smuoverle i capelli mentre di fianco a lei Tiberius correva alla stessa velocità lanciandole ogni tanto sguardi d'intesa. Aveva già sguainato una spada angelica mentre Emma, con Cortana a farle come estensione del braccio, superava Julian che nel frattempo si era accasciato a terra. Il petto ancora bruciante. Avrebbe voluto fermarsi e curarlo, alzarlo da terra per riportarlo a letto e tracciargli tutti gli iratze che gli servissero, ma li vedeva bene: licantropi. Correvano, metà uomini metà lupi, alla luce del sole mentre i mondani terrorizzati correvano ovunque. Una donna col bambino in braccio si era buttata a terra e Tiberius era corso ad aiutarla e portarla in salvo mentre la Nephilim lanciava shuriken alle zampe dei grossi lupi. Le facce ancora umane. Vide di sfuggita una ragazza lentigginosa che le ricordava molto Clary, nonostante avesse capelli color platino e occhi neri. Un altro ragazzo era la copia identica di Jace, e c'erano anche Simon, Isabelle, al quale il biondo platino non donava per niente, al suo fianco Alec, Magnus, Tessa, Jem e c'era persino lei, Tibs, Dru, Helen, Aline e Julian. Parevano esserci tutti i suoi conoscenti però con occhi color pece e capelli dello stesso color della neve. Occhi spietati persi nel vuoto, come se fossero stati lobotomizzati. Dalle loro zampe saettavano scintille di ogni colore e i loro canini erano lungi e appuntiti, veramente molto lunghi e appuntiti, come quelli dei vampiri. Eppure quelle zampe... dovevano per forza essere lupi mannari. — Corri! Emma corri! — Emma si risvegliò dalla specie di trans in cui era caduta accorgendosi solo allora di essersi fermata, vedeva in lontananza Tiberius che si metteva un braccio di Julian intorno alla spalla — Ibridi! — aveva gridato disperatamente verso la ragazza — Non sono lupi mannari, sono ibridi! Corri Emma! —. Così aveva corso. Aveva corso ancora velocemente, con i boccoli biondi che il vento le spingeva in bocca e le lacrime agli occhi per quella visione distorta del suo Julian. E i suoi genitori. Sangue. Nemmeno l'Angelo aveva visto così tanto sangue. Così tanto icore in una volta sola. 
Alla fine si era voltata guardando le teste mozzate che le giacevano ai piedi, circondate dall'oro del sangue d'angelo e i capelli di ognun viso tornare del proprio colore, come i loro occhi. Julian ora aveva ancora capelli castani e occhi color verde-blu. Maia i suoi occhi color nocciola e lei e Jace avevano riacquisito quello strano colore simile, che in natura dubitava esistesse. Forse ne aveva visto la versione simile in un quadro del parabatai. — Ems... — la voce del ragazzo arrivò roca e debole ad Emma, che si era precipitata di fronte a Jules, steso in terra ai piedi del fratello. Lo guardava e lo accarezzava, era intatto, a parte la ferita superficiale sul petto, la sua testa era attaccata al collo, poteva smettere di accarezzarlo e gridare, ma appena si girava e vedeva tutti quei cosi... quegli ibridi, le sembrava di vedere i suoi genitori ritrovati in mare fatti a brandelli. — Forse dovevo decidere di entrare nella Fratellanza, di certo sarebbe stato tutto più calmo — Emma rise ancora, in parte felice che Julian fosse vivo, sollevata e divertita. — Emma, guarda questo... — Julian sussultò mentre il fratello estraeva la punta del pugnale dal suo petto. Emma lo prese in mano rabbrividendo. Sul pugnale vi erano impressi due serpenti che si mordevano la cosa a vicenda e sul manico troneggiava scarlatta un'incisione: Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo. 
Se non posso muovere i celesti, smuoverò gl'Inferi. 



 

Angolo autrice. 

Avevo detto, nelle recensioni, che avrei aggiornato prima, ma purtroppo - o per fortuna - esiste qualcosa che si chiama "scuola" che Carlo Magno ebbe la brillante idea di istituire parecchi anni fa (che importava a lui? Tanto tra poco moriva, mica se la doveva subire sei giorni su sette!). Comunque, eccolo qua il nuovo capitolo! Spero davvero di non essere stata troppo smielata o di non essermi suffermata troppo sulla prima parte alias il discorso tra Julian e Tiberius e troppo poco su tutto il resto della vicenda, come a me sembra. Sapete che ogni consiglio, critica o apprezzamento è sempre ben accetto quindi recensite! Venghino signori venghino! Comunque, Tiberius il detective innamorato proprio non me lo immagino, ma ehi, magari sotto sotto anche lui è un romanticone sentimentale come il fratello. Mi sto trattenendo davvero molto per non spoilerarvi niente, ma davvero non ce la faccio quindi, chissà, se l'ispirazione continua a portarmi su questa rotaia potrei riportare in scena una vecchia conoscenza che io amo ma in molti odiano, ah c'est la vie. By the way ( ma sì, passiamo dal francese all'inglese) spero di aggiornare decisamente prima il terzo capitolo di quando abbia fatto con questo e, se non avete letto le origini e non volete altri spoiler più significativi degli scritti della Clare, leggetevele prima di continuare la fan fiction. Mi sento un po' in colpa per come mi sono sbarazzata di Cristina Rosales, ma credo che anche le avrà un suo momento di gloria. Dato che io pubblico le mie storie sempre ad un'ora improponibile e che domani mi aspettano due ore di algebra, ho deciso di farvi aspettare un altro giorno e pubblicare domani appena tornerò a casa. Mi raccomando, recensite e nafing - si dice così, "io ho sempre ragione, anche se dico che il cielo è viola e fatto di porcospini" - buonanotte Shadowhunters, ed eventuali Nascosti. 

  
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