Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: SoltantoUnaFenice    13/01/2015    3 recensioni
Touma era immobile in quella posizione da chissà quanto. Le mani premute contro il lavandino, le braccia tese, le spalle contratte. Lo sguardo fisso sul proprio riflesso allo specchio.
Occhi negli occhi, stava fissando sé stesso così intensamente e così a lungo che ad un certo punto gli sembrò di non riuscire a riconoscersi più.
Tutto quello che voleva era capire cosa ci fosse di diverso, e perché non riuscisse a togliersi di dosso quella sensazione di strano e sbagliato che si portava dietro da tre settimane, da quando si erano scontrati con quel demone. Ma il riflesso nello specchio continuava a guardarlo in una maniera che lo faceva sentire come se tutti i piani verticali e orizzontali della sua esistenza slittassero e si inclinassero, fino a comprimerlo come dentro ad una scatola schiacciata.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ryo stava mescolando lo zucchero nel caffè da così tanto tempo che probabilmente entro poco si sarebbe riaddensato di nuovo, magari in forma di zolletta.
Il caffè non gli andava neanche: l'aveva preparato solo per fare qualcosa, visto che si era alzato di nuovo in anticipo e non sapeva come tenersi occupato.
Suo padre era seduto sul lato opposto del tavolo e leggeva il giornale.
O almeno fingeva di farlo.
“Chiamali.”
“Cosa?” Ryo era così assorto che quasi aveva dimenticato fosse lì.
“I tuoi amici: chiamali.”
“Papà, li ho sentiti da poco. E poi ci siamo visti un mese fa.”
Per uccidere un demone.
Rimpatriata per Natale, rimpatriata per Compleanno, rimpatriata per Manifestarsi di forze oscure.

“Te l'ho detto questa estate, e te lo dico ancora perché è chiaro che c'è di nuovo qualcosa che non va: chiamali. Con me non vuoi parlarne, fallo almeno con loro.”
Ryo abbassò di nuovo lo sguardo sul caffè, scrollando appena le spalle.
Il suo istinto, come sempre, era di provare prima a risolvere la cosa da solo. Ma qualcosa era di nuovo cambiato, e stavolta sospettava che sarebbe stato davvero meglio informare gli altri.
Prima c'era stato il ritorno della Kikoutei.
Con la non trascurabile conseguenza che Seiji non era più in grado di canalizzare Kourin per cercare di curare le loro ferite.
E come se tutto questo non fosse abbastanza, da qualche settimana l'armatura bianca sembrava cambiata. Non l'aveva ancora mai indossata – per fortuna avevano sconfitto questo ultimo demone senza che fosse necessario richiamarla – ma Ryo percepiva qualcosa di diverso.
C'era lui, c'erano i suoi nakama, c'era l'unione dei loro cinque poteri.
Ma ora c'era anche qualcosa di più, ed era una sensazione talmente indefinita e sfuggente che non avrebbe saputo nemmeno come spiegarlo.

 

Touma si svegliò nel suo letto, e stavolta la sua mente non aveva proprio idea di quale fosse il ricordo a cui poter tornare. Probabilmente sarebbe ritornata per l'ennesima volta a quel giorno, ma quando Touma sollevò le mani per portarsele al viso, rimase bloccato a metà, congelato in quella posizione.
Fissò con terrore le proprie mani, sporche di sangue rappreso.
Come le maniche della sua maglia, come le lenzuola su cui la notte prima si era buttato.
Le fissò, ed il cuore cominciò a martellare così forte che probabilmente entro qualche istante gli sarebbe venuto un infarto e lo avrebbero trovato stecchito nel suo letto, tutto sporco di sangue non suo.
Perché Touma non aveva la minima idea di cosa fosse successo, ma era sicuro che quel sangue fosse di qualcun altro, perché lui non aveva nemmeno un graffio.
Rimase immobile per un tempo non definito, poi si lanciò in bagno.
Posseduto da una furia che gli impediva di fermarsi, si lavò le mani e le braccia, gettò nella lavatrice la maglia ed i lenzuoli, percorse avanti e indietro la casa alla ricerca di qualsiasi cosa che gli permettesse di capire cosa fosse successo.
Aprì la porta di ingresso all'appartamento, e come temeva trovò la maniglia sporca di sangue. C'era proprio il segno della sua mano, il gesto stampato e scarlatto di aver afferrato la manopola ed aperto la porta. La pulì con rabbia, guardandosi attorno freneticamente. Gli sembrava che tutti gli abitanti del palazzo dovessero comparire all'improvviso nel corridoio. Gli sembrò quasi di vederli mentre osservavano il sangue e gli puntavano il dito addosso.
Per fortuna abitava all'ultimo piano, l'unica altra persona che passava da lì era il signore dell'appartamento accanto.
Lavorava in una fabbrica, e Touma sperò con tutto sé stesso che avesse avuto il turno di notte e non si fosse ancora svegliato.
Tornò dentro, e per un po' si mosse avanti e indietro per la casa, sospinto qua e là da una serie di pensieri incoerenti.
Si rese conto di sembrare un pazzo, così si impose di fermarsi e pensare. Era la cosa che gli era sempre riuscita meglio, ma quel giorno il meccanismo faticava ad innescarsi.
Afferrò uno qualsiasi dei ricordi del giorno precedente, e vi si agganciò, cercando di mettere in ordine quelli successivi.
Era andato a dormire presto, aveva mal di testa. Ultimamente gli era successo spesso, e non era colpa dei libri, anche perché non aveva più molta voglia di leggere.
Si era svegliato a metà della notte, per via di un incubo.
Erano diversi giorni che sognava battaglie lontane, luoghi sconosciuti, volti mostruosi che gli sembrava di conoscere anche se non li aveva mai visti... Si svegliava con la sensazione di aver ricordato qualcosa che in realtà non gli appartenesse, e ogni volta faticava a riprendere sonno.
Questa volta si era svegliato così agitato – da quando aveva rotto il vaso raku gli sembrava che le cose peggiorassero rapidamente – che era dovuto saltar giù dal letto, in preda all'ansia.
La sensazione di soffocamento era tornata, così si era vestito in fretta ed era uscito. Era ancora troppo freddo per mettersi a fare passeggiate notturne, ma Touma aveva cominciato comunque a camminare senza una meta, sperando che l'aria gelida lo aiutasse a tornare lucido.
Cammina.
Pensa.
Cammina ancora.

E aveva continuato a camminare, e pensare, senza che cambiasse niente.
Aveva appena deciso che l'unica cosa da fare fosse tornare a casa e provare a dormire un altro po', quando una voce alle sue spalle lo aveva fatto fermare di scatto.
Si era girato, e in un angolo aveva visto quell'uomo, poggiato allo spigolo di una casa. Le mani incrociate sul petto, lo sguardo aggressivo.
E Touma aveva pensato no, non di nuovo.
Non voleva davvero avere a che fare con altra feccia umana.
Ne aveva avuto abbastanza qualche mese prima, ne aveva abbastanza già di quella sovrumana.
In realtà ne aveva abbastanza di chiunque.
Aveva proseguito, non si era nemmeno voltato quando l'uomo gli aveva blaterato dietro qualche stronzata. Non l'aveva quasi sentito.
Ma il click, quello della pistola puntata contro di lui, l'ha sentito nitidamente.
E poi era come se ci fosse stato un altro rumore uguale a quello, ma stavolta la cosa che aveva fatto click era stato il suo cervello. Si doveva essere in qualche modo spento, perché Touma non aveva idea di cosa fosse successo dopo.
Così accese il computer e cominciò a cercare. Guardò le pagine web di cronaca locale, cercò notizie di aggressioni, di omicidi.
Provò diverse parole chiave.
Provò con il nome del quartiere, cercò di ricordare il nome della via.
Non trovava niente.
Se avesse ucciso quell'uomo ci dovrebbe essere uno straccio di articolo, no?
Touma si accorse di star respirando troppo velocemente.
Lo stava facendo già da un po', e la testa gli girava.
Stava per rinunciare quando un titolo attirò la sua attenzione. Aprì l'articolo, lesse con gli occhi sbarrati e il petto che rischiava di essere trapassato dal cuore, che non sembrava intenzionato a rimanere all'interno della gabbia toracica.
Rimase immobile per qualche istante, poi finalmente sembrò riscuotersi.
Si accasciò su sé stesso, tenendosi la testa tra le mani.
Non è possibile.
Non è possibile.

Non poteva essere successo davvero.
Si sollevò facendo leva sulle braccia, e le osservò tremare.
Non sapeva cosa gli stesse succedendo, ma sapeva di essere diventato pericoloso.
Doveva liberarsi della yoroi, non poteva permettersi di andare in giro con un'arma come quella.
Fece un profondo respiro.
Sapeva che doveva farlo, doveva solo trovare il coraggio di separarsi da Tenku, perché ora sapeva di non esserne più degno. Provò a richiamare la sfera, ma non ci riuscì. Provò così tanto che alla fine si sentì male e vomitò, ma la yoroi non dava segno di volersi spostare.
Eppure era lì, la sentiva chiaramente dentro di sé. Forse ormai era perduta come lo era lui.
Touma si sollevò in piedi, senza riuscire a smettere di tremare.
C'era una sola cosa che poteva fare: doveva sparire; e se non riusciva a separarsi dalla yoroi, allora anche lei doveva sparire assieme a lui.
Doveva farlo subito, prima che i suoi nakama andassero a cercarlo. Non poteva rischiare di trascinarli nella merda in cui stava navigando, e comunque ora sapeva di non essere più degno nemmeno di loro.

  
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