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Autore: ValeDowney    18/01/2015    4 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Rose of true Love

 
 
 
Capitolo VI: Nascosta - Seconda Parte

 
Poco dopo, a cena… “E’ inammissibile! E’ inaudito! E’… è...” disse infuriato Gold mentre finiva di preparare la cena.
“Inaccettabile?” domandò Rose. Gold si voltò verso di lei e disse: “Ecco. Hai trovato proprio il termine giusto per descrivere quello che hai fatto oggi. Soprattutto il macello che hai combinato qua in cucina.” Ed entrambi guardarono in basso dove Dove aveva appena finito di raccogliere gli ultimi cereali. Padre e figlia si riguardarono.
“Considerati in punizione per un mese” replicò Gold e riguardò i fornelli.
“Papà, ti ho già detto che non sono stata io a buttare i cereali a terra” disse Rose.
“E prendere il burro di noccioline dalla credenza e altre cose dal frigorifero” aggiunse Gold continuando a darle di schiena.
“E’ stata Excalibur” disse Rose. Gold si rivoltò verso di lei e, dopo aver spento il fuoco nel fornello, prese la padella e la mise sulla tavola. Poi disse: “Come se una volpe potesse prendere un barattolo e le piacessero le noccioline. Non ti toglierò la punizione solo perché stai tirando fuori qualsiasi scusa e incolpando Excalibur ingiustamente” e si sedette accanto a lei.
“Ma ti dico che è la verità. È stata proprio Excalibur. Come avevi detto tu, questo è un ambiente nuovo per lei e quindi doveva esplorarlo. Papà, ti prego, almeno fammi finire questa punizione. Due sono troppe” disse Rose guardandolo. Ci fu silenzio. Poi Gold disse: “Va bene, finirai questa punizione, ma poi inizierai con l’altra.” E spostò la cena dalla padella ai piatti.
“Non è giusto. Pensavo di far imparare una lezione di buona disciplina ad Excalibur se non avessi pulito il macello che aveva fatto” disse Rose giocherellando con la forchetta.
“La buona disciplina doveva venire da te, considerando come è messa la mia gamba e che quindi faccio fatica a inginocchiarmi” disse Gold. Rose lo guardò chiedendogli: “ E questo cosa significa? Intanto hai fatto pulire a Dove.”
“Significa che devi incominciare a comportarti da brava e ubbidiente bambina proprio come ti ho insegnato. Qual è una delle regole fondamentali?” domandò Gold.
“Ehm… fare la brava?” chiese titubante Rose.
“Rispettare le regole e soprattutto ubbidirmi. E sei fortunata che la tua punizione non diventi di due mesi, considerando che hai saltato nuovamente le lezioni a scuola” rispose Gold.
“Latino era noioso” disse Rose.
“A scuola non ci si va per annoiarsi ma per imparare. Non voglio che mia figlia cresca senza un’adeguata educazione e pensavo di essere stato abbastanza chiaro quando te l’ho detto l’ultima volta, ma a quanto pare ho parlato al vento. Rose, devi capire che non puoi crescere senza un’educazione, o se no non avrai un futuro” spiegò Gold.
“Intanto so già che il mio futuro sarà quello di lavorare nel tuo negozio. Questa città non ha nient’altro da offrirmi. Vorrei poter esplorare ciò che c’è fuori di qua. Perché non vuoi che oltrepassi quella linea?” disse Rose.
“Credevo che questo argomento fosse stato chiuso da tempo” disse Gold guardando il piatto.
“E’ una linea. Cosa mai ci sarà di pericoloso?” domandò Rose.
“Mangia la tua cena o se no si raffredda” rispose Gold ignorando la sua domanda.
“Papà, che cosa succede se qualcuno dovesse oltrepassarla? Perché non vuoi dirmelo?” chiese Rose.
“Perché non è importante!” replicò gridando Gold. Ci fu silenzio. Poi Gold, vedendo lo sguardo un po’ impaurito della figlia, si calmò e disse, riguardando il piatto: “Finisci la cena e poi vai a letto. È già abbastanza tardi.”
Rose guardò il suo piatto e parlò a bassa voce, ma in modo che suo padre potesse comunque sentire: “Non è colpa mia se sei rientrato tardi dalla tua riscossione degli affitti.” Gold la guardò di sfuggita, poi riprese a mangiare. Tutta la restante durata della cena fu consumata in modo silenzioso. Padre e figlia non si scambiarono più nessuna parola. Nemmeno quando entrambi andarono a dormire. Ma Rose non riusciva a prendere sonno. Non voleva litigare con suo padre, ma lui non l’ascoltava e, l’ultima volta che gli aveva detto così, lo aveva considerato un mostro. Si alzò da letto andando davanti all’enorme finestra. Posò delicatamente una mano sulla cupola di vetro che proteggeva la rosa. Stranamente, quando era rientrata in camera, aveva visto la cupola messa accanto al fiore e di certo non poteva essere stata Excalibur, considerando che le volpi non hanno mani. Quella rosa che non appassiva mai era l’ultimo regalo di sua madre. Doveva ammettere di essere diventata un po’ gelosa di Henry. Ora lui aveva ben due mamme ma era pur sempre vero che gli mancava un padre. Lei lo aveva, ma per qualsiasi futuro problema femminile, non poteva di certo chiedere a lui. Se Emma fosse rimasta e Regina non sarebbe stata così tanto scorbutica, forse poteva anche instaurare un rapporto di amicizia con entrambe, ma era considerata un’impresa quasi impossibile. Sospirò mentre sul vetro della finestra si formava un piccolo alone lasciato da quel respiro, segno che le temperature fuori stavano calando e l'inverno si stava facendo sentire. Si allontanò dalla finestra e, non riuscendo più a prendere sonno, decise di scendere al piano inferiore cercando di non svegliare suo padre nella stanza accanto, anche se suo padre era nella sua stessa situazione. La bambina scese in cucina accendendo la luce. Si avvicinò ad un credenza e ne estrasse un bicchiere. Poi aprì il frigorifero tirando fuori una bottiglia di latte che versò nel bicchiere. Stava bevendo quando sentì dei rumori. Si avvicinò alla finestra che dava sul giardino sul retro e vide Excalibur uscire dall’edificio. Chissà che cosa stava tramando quella volpe? Mise il bicchiere sulla tavola e uscì sul retro camminando verso l’edificio. Stava per raggiungerlo, quando qualcuno la chiamò: “Rose! Che cosa ci fai in piedi a quest’ora?”
La bambina si voltò per vedere il padre camminare verso di lei. Gli rispose: “Non riuscivo a prendere sonno.”
“Vieni dentro che qua fuori si congela” disse Gold.
“Come mai anche tu sei qua fuori?” domandò Rose.
“Non riuscivo a dormire” rispose Gold. Rose voltò lo sguardo e stranamente non vi era nessuna traccia di Excalibur. Gold la guardò preoccupato. Quindi le chiese: “Sicura di stare bene?”
Rose lo guardò rispondendogli: “Sì. Sì sto benissimo.”
“Non è da te uscire a quest’ora. È successo qualcosa?” domandò Gold.
“Che cosa c’è nell’edificio qua dietro?” gli chiese la figlia.
“Niente di che. Solo vecchie cianfrusaglie e tanta polvere. Perché ti interessa saperlo?” domandò Gold.
“Curiosità” disse Rose.
“Vieni, sarà meglio rientrare” disse Gold mettendole un braccio intorno alle spalle ed entrambi rientrarono in casa, ma non prima che Rose voltasse lo sguardo verso l’edificio e vedesse, con la coda dell’occhio, Excalibur uscire da un cespuglio. Padre e figlia ritornarono in cucina dove Gold vide il bicchiere di latte lasciato precedentemente dalla figlia sulla tavola.
“Perché non un buon tè caldo invece di latte freddo?” propose Gold.
“Perché il tè non mi farebbe chiudere occhio del tutto” disse Rose. Gold inarcò un sopracciglio e Rose aggiunse dicendo: “Vedi che sto attenta a scuola.”
“Sì, ma dovresti essere anche più presente e non sempre scappare per inseguire il tuo amichetto in chissà quale posto” disse Gold prendendo il bicchiere di latte e consegnandolo alla figlia.
“Siamo solo andati al nostro castello sulla spiaggia” disse Rose prendendo il bicchiere dal padre e finendo di berne il contenuto.
“Avresti dovuto portare Dove con voi. Se no cosa l’ho assunto da fare?” disse Gold riprendendo il bicchiere dalla figlia e mettendolo nel lavandino.
“Per custodire la casa?” chiese sorridendo Rose ma dopo aver visto lo sguardo poco buono del padre, aggiunse: “Ok, ok, forse avrei fatto meglio a portare Dove con noi, ma fatto sta che non mi è mai successo nulla. Il castello sulla spiaggia è un posto sicuro.”
“Stai parlando dello stesso castello decadente sulla spiaggia?” domandò Gold.
“Stiamo parlando dello stesso castello?” chiese stupita Rose.
“Non voglio più che ti avvicini a quella struttura. Scommetto che appena ci si posa su un gabbiano, questa crolla” disse Gold.
“Li ho visti i gabbiani appoggiarsi su, eppure è ancora in piedi” disse Rose.
“Piccola, dico sul serio. Non voglio vederti sotto quelle macerie. Quindi promettimi che non ci andrai più” disse Gold. Rose non disse nulla. Promettendolo voleva anche dire vedere sempre meno Henry. Ma non voleva nemmeno far preoccupare ancora di più il padre. Alzò lo sguardo.
“Non posso. È uno dei pochi posti dove io e Henry possiamo incontrarci. Ti prego, papà, non togliermi anche questo” gli disse. Gold la guardò in quegli occhi così uguali ai suoi. Meno male che non aveva ereditato quelli della madre o se no sarebbe stato peggio. Cosa che comunque era già successa da molti anni. Rose aveva intenerito parte del suo cuore oscuro fin da quando era nata. Quella bimba era la sua connessione con la luce. La sua seconda possibilità di essere stavolta un padre migliore di quanto non lo era stato in passato. Il potere lo aveva trasformato in un mostro. Il mondo senza magia lo aveva reso una persona migliore, almeno verso la figlia adorata.
“Va bene, potrai continuare ad andare a quel castello e vedere il tuo amico ma, appena vedrai qualcosa che non va, promettimi che ne starai alla larga” disse Gold mettendole una mano sulla testa.
“Te lo prometto papà” disse sorridendo Rose. Entrambi andarono al piano superiore, ma Rose si intrufolò nella camera paterna, intenta a dormire con lui. Era chiaro che ormai i due, come ogni volta, avevano fatto pace.
“Rose, vieni via da quella finestra e vieni a letto” disse Gold, guardando la figlia. Rose si era appostata davanti alla finestra per vedere se almeno Excalibur passasse nel giardino davanti, ma le volpi sono animali molto astuti e meno si facevano vedere all’occhio umano e più la loro vita era salva. La bambina stava per andarsene dalla finestra, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Quindi ritornò a guardare fuori.
“Papà, sta nevicando!” disse entusiasta.
“E’ normale. Siamo in inverno. Sarebbe strano se nevicasse in estate. Ma ora vieni a letto” disse Gold.
“Che bello, domani mattina ci sarà tutto imbiancato! E forse chiuderanno anche la scuola” disse entusiasta la bambina allontanandosi dalla finestra ed entrando sotto le coperte, accanto al padre.
“Tu non salterai neanche più un giorno di scuola. Ci andrai anche con due metri di neve” disse Gold guardandola.
“Ehi, è un’ingiustizia! Scommetto che i soli ad andarci saremmo io ed Henry. Tu e sua madre siete peggio di un capitano della polizia” disse stupita Rose guardandolo a sua volta.
“Dormi che è tardi” disse Gold sistemando meglio ad entrambi la coperta.
“Papà, mi prometti che se davvero dovessero venire due metri di neve non mi farai andare a scuola?” domandò Rose.
“Vedremo, ma ora dormi” rispose Gold. Rose si fece ancora più accanto a lui per poi chiedergli: “Papà, anche quando ero più piccola ho visto la neve?”
“Certo. Non è la prima volta che nevica a Storybrooke” rispose Gold con voce assonnata. Era chiaro che volesse dormire.
“Me lo racconteresti? Non me lo ricordo” domandò Rose. Gold aprì del tutto gli occhi, visto che li aveva chiusi per il sonno. Guardò la figlia accanto a se chiedendole: “Prometti che dormirai dopo che te l’ho raccontato?”
“Promesso. Allora l’ho mai vista la neve prima?” domandò Rose.

 
Storybrooke del passato

 
Gold stava camminando per le strade di Storybrooke mentre spingeva il passeggino con dentro Rose. La bambina si guardava intorno con curiosità. Dopotutto era normale per i bambini di quasi due anni conoscere le cose nuove intorno a loro. Dall’altra parte della strada, Ruby e sua nonna li stavano guardando.
“Guarda chi c’è. Il lupo cattivo e la pecorella smarrita” disse Ruby.
“Invece di guardarli, aiutami a sistemare l’insegna e ritorna dentro. Ci sono un sacco di clienti da servire. E poi sarà meglio rientrare. Il cielo non promette nulla di buono” replicò Granny sistemando, a fatica, l’insegna fuori dalla tavola calda e dando un’occhiata di sfuggita al cielo grigio.
“Povera creatura. Deve essere dura crescere con un padre così. Spero che gli stia facendo passare un sacco di notti insonni” disse Ruby e rientrò nella tavola calda. Granny guardò i due Gold e poi seguì la nipote.
Fortunatamente il locale era sempre ben affollato così che, con gli incassi che entravano, Granny potesse pagare l’affitto al Signor Gold. Proprio quest’ultimo entrò in quel momento. I clienti smisero per un attimo di mangiare e voltarono lo sguardo verso di lui. Gold spinse il passeggino fino alla tavola dove normalmente si metteva. Essa si trovava in un angolo, fuori dalla vista di tutti in modo che avesse il suo momento di privacy. A Gold non piaceva quando la gente ficcanasava nella sua vita privata. Si sedette mettendo il passeggino accanto a sé, in modo che potesse vedere la figlia. Gli altri clienti ritornarono alle loro consumazioni.
Ruby andò subito da lui. Sapeva che farlo aspettare significava farlo arrabbiare e, di conseguenza, far aumentare anche l’affitto.
“Buongiorno, Signor Gold. Che cosa le porto oggi?” chiese Ruby.
“Il solito. Mentre per mia figlia voglio del latte. Che non sia troppo bollente ma neanche troppo freddo. Deve essere alla giusta temperatura e soprattutto parzialmente scremato. Quello intero le fa male” spiegò Gold guardando la ragazza.
“E vuole anche che vada a cercare una mucca adatta per fare questo latte?” domandò sarcasticamente Ruby.
“Faccia meno la spiritosa, Signorina Lucas. Le voglio ricordare chi è il proprietario di questo locale e ci metto poco a sbattere fuori sia lei che la sua adorata nonnina” disse Gold. Ruby lo guardò malamente per poi spostare lo sguardo sulla piccola Rose che disse, guardando a sua volta la ragazza: “Ros...so”. La bimba aveva incominciato a parlare e ancora non conosceva molte parole. Ma alcune che pronunciava erano strane. Una volta aveva chiamato Archie “grillo”. Gold aveva una sua teoria e sperava vivamente che non fosse collegato al suo passato oscuro.
“Va bene, Signor Gold. Avrà quello che ha chiesto” disse Ruby e se ne andò. Gold guardò la figlia dicendole: “Spero che non diventerai ribelle come lei. Vorrei tanto che diventassi come la tua mamma… lo spero.” E mise una mano su quelle piccole di lei. La bambina rise, facendo sorridere Gold. Era raro vederlo sorridere, ma la figlia aveva portato un po’ di luce nel suo cuore e solo lei poteva renderlo felice, anche se non smetteva mai di pensare al suo compianto amore.
Ruby ritornò con una tazza di tè per Gold e un bicchiere di latte per la piccola Rose. “Ecco qua, Signor Gold. Il solito per lei e il latte per la piccola. Non è né troppo freddo ma nemmeno troppo caldo. È alla giusta temperatura e inoltre è parzialmente scremato. Sarà contento di sapere che non viene da nessuna mucca, ma dalla nostra cucina” spiegò Ruby.
“Bene. Ora può anche andarsene” disse Gold senza neanche ringraziarla. Ruby lo guardò malamente ma si addolcì quando voltò lo sguardo verso Rose che lo guardava a sua volta mentre si teneva una manina in bocca. Poi la ragazza se ne andò verso il bancone dove sua nonna stava pulendo alcuni bicchieri.
“Spero che gli vomiti addosso!” replicò Ruby continuando a guardare malamente Gold, il quale stava estraendo dal portabagagli del passeggino un vasetto con dentro qualcosa di giallo ocra.
“Ancora mi chiedo che fine possa aver fatto la madre. Non si è mai vista con loro” disse Granny.
“Sarà scappata via. Chi vorrebbe stare con un uomo come lui? E’ già un miracolo che abbiano avuto una figlia” disse Ruby quando vide Gold aprire il barattolo e prendere quella sostanza giallo ocra con un cucchiaino e poi metterla all’interno del latte e mescolarlo. Ruby stava per andare da lui quando Granny la bloccò per un braccio.
“L’avvelenerà” disse Ruby.
“Non la sta avvelenando. Le sta solo dando latte e miele” disse Granny. Ruby la guardò e facendo una faccia disgustata, stupita disse: “Latte e miele?! Ma che razza di intruglio è?!”
“Il miele serve come protezione contro le malattie. Il Signor Gold sta solo curando sua figlia. Niente di cui preoccuparsi” spiegò Granny.
“Oh, io non sono per nulla preoccupata. Come ti ho detto prima, spero solo che quella bambina gli vomiti addosso tutta la pappa che le darà. Diciamo come una piccola vendetta per noi altri” disse Ruby e portò le pietanze agli altri tavoli.
Intanto Gold stava imboccando la figlia che sembrava gradire molto il latte con il miele. La piccola Rose rideva e, nel farlo, metà latte e miele uscivano dalla bocca. Gold glieli puliva con un tovagliolo di carta per poi ricominciare a imboccarla. Era raro vedere Gold nel locale in momenti come questi. Sfortunatamente era calmo solo con la figlia. Quando parlava con gli altri diventava subito arrogante cercando di non farli immischiare troppo nella sua vita privata.
Poco dopo, Gold spingeva il passeggino con la figlia verso casa. Il cielo era molto grigio e c’era anche molto freddo. Sulla strada di casa, i Gold incontrarono Archie che portava a passeggio il suo cane Pongo, un bellissimo dalmata.
“Buongiorno, Signor Gold” disse Archie guardando Gold, il quale disse: “Buongiorno, Dottor Hopper”. Stranamente, Archie non gli dava fastidio. Era una di quelle poche persone – se non l’unica – che gli stavano simpatiche.
“E buongiorno anche a te, piccola Rose” finì col dire sorridendo Archie, abbassando lo sguardo e guardando la bambina che sorrise a sua volta, per poi dire: “Grillo. Grillo.” Archie si abbassò, mettendole una mano sulla testa e dicendo: “Sei proprio una bella bambina. E ogni giorno cresci a vista d’occhio. Di questo passo il tuo papà dovrà mandare via in anticipo tanti ragazzi” e si rialzò.
“Fortunatamente quel giorno è ancora molto lontano, ma quando arriverà farò in modo che quei ragazzi si pentiranno di aver bussato alla mia porta” disse Gold.
“La piccola Rose assomiglia sempre di più alla madre, ma ovviamente anche a lei, Signor Gold” disse Archie.
“Si è fatto tardi e fra poco credo che nevicherà. Meglio che rientri a casa prima che mia figlia si prenda un malanno” disse Gold cambiando velocemente discorso. Mentre passava accanto a Archie, proprio quest’ultimo, voltandosi e guardandolo, gli disse: “Prima o poi dovrà raccontare tutto a sua figlia. Ha il diritto di sapere di sua madre.”
Gold si fermò. Voltò lo sguardo dicendo: “Apprezzo il suo consiglio, Dottor Hopper, ma deciderò io quando sarà il momento migliore per raccontare ciò che è accaduto a sua madre. Arrivederci.” E se ne andò.
“Arrivederci” disse semplicemente Archie guardando i due allontanarsi, mentre qualcosa incominciava a cadere lentamente dal cielo.
Venne sera e Gold era seduto sulla poltrona in salotto intento a leggere un libro. La piccola Rose, invece, stava già dormendo nel suo lettino posto nella camera da letto paterna. Per la bambina era ancora troppo presto per la separazione dal padre. Chiuse il libro. Si alzò avvicinandosi alla tavola per poi spegnere una candela. Per lui era un rito compiere quel gesto ogni sera. Forse quella candela accesa era un simbolo per qualcuno. Una luce per qualcuno che doveva ritornare da un lungo viaggio. Depositò il libro sul tavolino accanto alla poltrona e si diresse al piano di sopra, entrando nella sua camera e avvicinandosi al lettino dove vi era Rose. La bambina dormiva beata avvolta nella coperta di lana dorata ricamata con delle rose che Gold le aveva fatto tempo addietro. Appesa alla culla vi era una giostrina da cui pendevano una tazzina sbeccata, una teiera, un candelabro e un orologio. Tutti in cristallo. Dalla giostrina usciva una dolce musica che “portava via come la marea la felicità.” Una musica di un amore perduto che Gold conosceva benissimo. Quindi sorrise e, abbassandosi, baciò delicatamente la figlia sulla fronte. Rose si mosse leggermente ma non si svegliò. Poi alzò lo sguardo guardando la rosa posta in una teca di vetro sulla finestra. Avrebbe messo quella rosa – ultimo regalo della sua amata – nella camera della figlia una volta che quest’ultima fosse cresciuta un po’. Archie aveva ragione. Non poteva negarle la figura materna. Doveva raccontarle ciò che le era successo. Non tutto, ma qualcosa doveva sapere. Stanco se ne andò a letto mentre fuori qualcosa di bianco continuava a cadere delicatamente dal cielo.
Il mattino seguente, e dopo aver fatto colazione, Gold e la piccola Rose si trovavano seduti su una panchina nel retro della casa. Durante la notte era infatti nevicato e ora era tutto imbiancato.
“Questa che vedi si chiama neve” disse Gold mentre teneva la figlia seduta sul ginocchio sinistro, visto che gli faceva male la gamba destra. La bambina guardava estasiata quella cosa bianca che le cadeva sulla faccia. Dopotutto era la prima volta che lei la vedeva.
“Bella. Bella” disse Rose battendo estasiata le manine.
“Vuoi toccarla?” le chiese Gold. Rose guardò il padre non capendo cosa intendesse, ma si attaccò a lui quando questi si alzò depositandola delicatamente a terra. Al solo contatto con quella cosa fredda che la spaventava, Rose si attaccò alla gamba destra del padre.
“Non devi avere paura. Non ti farà nulla” le disse Gold, guardandola. Rose alzò lo sguardo, dicendo: “Cattiva.”
“Non è cattiva. Devi solo far finta che sia come panna montata e vedrai che ti ci abituerai. A tutti i bambini piace la neve e sono sicuro che piacerà anche a te” disse Gold e, prendendole delicatamente le mani, la fece staccare dalla gamba per poi farla andare davanti a lui. Le fece compiere piccoli passi anche perché la figlia aveva incominciato a camminare da pochi mesi. Rose guardava ancora impaurita quella cosa bianca nella quale stava affondando i piedini. Gold continuava a camminare dietro di lei tenendole le manine. Dopotutto non voleva farla cadere. Poco dopo si fermarono, ma Rose voleva continuare a camminare. Gold però non voleva lasciarla andare.
“No, piccola” disse Gold tenendole le manine.
“No. No. Lascia” disse Rose cercando di togliere le mani del padre dalle sue.
“Tesoro, se ti lascio andare cadrai, visto che non sai ancora camminare come si deve” disse Gold.
“Lascia. Lascia” disse Rose cercando di togliere ancora le mani paterne. Gold sospirò. Quella bambina di neanche due anni sapeva essere molto testona.
“Va bene. Io ti ho avvertita” disse Gold e, appena le lasciò le manine, la bambina compì da sola alcuni passi seppur con qualche fatica, ma poi cadde. Gold era già pronto per prenderla in braccio quando Rose fece una cosa che nei mesi precedenti non aveva mai fatto prima. Si alzò in piedi da sola. Gold non poteva credere a ciò che stava vedendo. La sua bambina non solo si stava rialzando senza il suo aiuto, ma cercava di camminare. Si vedeva che aveva preso dalla madre. Era determinata e sarebbe andata fino in fondo come lei. Rose, passo dopo passo, camminava tra quella coltre di neve non accorgendosi nemmeno che il padre la stava guardando orgogliosamente. La sua bambina stava camminando per la prima volta. Se solo anche la madre ci fosse stata tutto sarebbe stato perfetto. Ma per Gold l’importante era stare con la figlia, proteggendola da qualsiasi cosa. Per più volte Rose cadeva, sporcandosi di neve. Ma per più volte si rialzava, riprendendo a camminare per il giardino. Quel dolce momento venne interrotto dal suono del campanello. Gold non diede udienza e continuò a guardare la figlia. Il campanello suonò ancora e stavolta più incessantemente di prima. Ma Gold non andava ad aprire. Non voleva rovinare quel momento che stava passando con la figlia. Tutto ad un tratto non si sentì nulla. Poi, nella recinzione al di fuori del giardino, comparve Regina che teneva in braccio suo figlio Henry di quasi tre anni. Gold alzò lo sguardo guardandola.
“Sapevo che eri in casa. Ho suonato” disse Regina.
“E io ho sentito” disse Gold e riguardò la figlia che però si era fermata a guardare la nuova arrivata. Si sedette a terra e indicandola disse: “Cattiva. Cattiva.”
Regina la guardò stranamente mentre Gold si alzava andando verso la figlia che ripeté: “Cattiva. Regina Cattiva.”
“Non badare a quello che dice. Lei si riferisce alla neve” disse Gold prendendo in braccio Rose per poi camminare verso Regina, ma comunque rimanendo nel giardino.
“E guarda caso la neve porta il mio nome. Che fantasia” disse sarcasticamente Regina.
“Le ho insegnato io ad associare le cose che non le piacciono alle persone che deve evitare” spiegò sorridendo Gold. Regina lo guardò malamente. Poi disse: “Ho bisogno di un tuo favore”
“Come vedi sono impegnato” disse Gold.
“E’ urgente, se no non avrei suonato con insistenza al campanello” disse Regina.
“Allora avresti dovuto continuare a suonare, solo che io non ti sarei venuto ad aprire. E sai il perché? Perché sto cercando di passare un po’ di tempo con mia figlia e dovresti fare lo stesso anche con il tuo” spiegò Gold.
“Di come cresco Henry sono affari miei! Tu pensa a crescere la tua marmocchia!” replicò Regina. Poi si calmò un po’ e disse: “Si tratta dell’asilo che frequenta mio figlio. Gli fanno fare delle cose strane e quelle arpie gli scombussolano le idee.”
“Credevo fosse gestito da suore” disse Gold.
“Infatti le arpie sono proprio loro e non voglio che cambino mio figlio. Voglio che tu faccia qualcosa” disse Regina.
“Credevo che crescere quel piccolo che tiene in braccio fosse un problema suo. Specialmente da quando ha firmato quelle carte per l’adozione. Il mio lavoro l’ho fatto e poi la madre è lei. Io ho già una figlia da crescere” spiegò Gold voltandosi ed incamminandosi verso casa, ma si fermò quando Regina disse: “Ricordati che tua figlia è salva grazie a me.” Gold si fermò. Voltò lo sguardo per poi chiederle: “Lei crede? Io non penso proprio.” E si rivoltò del tutto verso di lei.
“Peccato che la madre sia morta, ma forse è stata una fortuna perché voleva ammazzarla. La pazzia fa fare brutte cose” disse Regina. Lo sguardo di Gold divenne furioso. Non voleva credere nemmeno a una sola parola che usciva dalla bocca di quella perfida donna. Quindi replicò: “Vattene!”
 
“Prima devi aiutarmi” disse Regina.
“Si arrangi! E’ lei il Sindaco! Ha il potere di cacciarle qualora lei lo volesse” replicò Gold.
“Ma sei tu il proprietario di tutta la città e… odio doverlo ammetterlo ma… hai più potere di me. E poi, in quanto Sindaco, devo mantenere una reputazione” spiegò Regina.
“Facendo così passare me come il cattivo di turno. Molto gentile da parte sua, considerando tutti i favori che le ho fatto in passato. Ma non si preoccupi, vostra maestà. Quelle suore non andranno molto lontano e le sbatterò in mezzo alla strada se non riusciranno a pagarmi l'ultimo affitto del convento” spiegò Gold.
“Siamo quasi sotto Natale. Bel regalo da parte sua” disse Regina sorridendo maliziosamente.
“Babbo Natale non fa regali in anticipo e i miracoli non esistono. Vediamo se stavolta la loro fede le salverà ancora una volta” disse Gold.
“Allora ho la tua parola che farai qualcosa a riguardo?” domandò Regina. Gold abbassò lo sguardo vedendo Rose che stava giocherellando con la sua cravatta. Dopo la nascita della figlia stava cercando di diventare una persona normale. Se avesse sbattuto quelle suore per strada proprio sotto Natale, di certo sarebbe ritornato ad essere crudele come un tempo spazzando via quel briciolo di luce che gli era rimasto. Riguardò Regina rispondendole: “Vedrò cosa fare.”
“Molto bene, Gold. Ma bada di non deludermi” disse Regina e voltandosi se ne andò.
“Ma io non ho promesso nulla” disse Gold sorridendo maliziosamente quando Regina svoltò l’angolo. Poi guardò Rose che diceva: “Cattiva. Cattiva.”
“Vedrai che, prima o poi, la neve ti piacerà” disse Gold. Rose lo guardò dicendo: “Regina Cattiva. Neve bella.” Gold sorrise e, mentre rientravano in casa, propose: “Che ne dici se il papà ti prepara una bella cioccolata calda e poi ci guardiamo i cartoni animati?”
“Papà buono” disse Rose.
“Sei l’unica a pensarlo, piccola mia” disse Gold.

 
Storybrooke del presente

 
Gold fece un piccolo sorriso nel ripensare a quel dolce momento. Abbassò poi lo sguardo vedendo che Rose si era addormentata. Si stava per addormentare anche lui quando sentì dei rumori. Voltò lo sguardo per vedere Excalibur passare nel corridoio mentre teneva in bocca una coperta. Gold inarcò un sopracciglio per lo strano comportamento di quella volpe. Cercando di non svegliare la figlia, si alzò. Prese il bastone che aveva appoggiato al comodino e uscì dalla camera, scendendo le scale e seguendo Excalibur nel retro della casa. La vide entrare proprio in quell’edificio del quale aveva chiesto Rose nel pomeriggio. Troppe cose non coincidevano e Gold voleva saltarci fuori. Aspettò che la volpe entrasse del tutto nell’edificio per poi seguirla, ma appena vide chi altri c’era lì rimase senza parole. Avvolta in una coperta e distesa su dei cuscini, c’era Paige. Gold guardò malamente Excalibur che guardò a sua volta il padrone, abbassando le orecchie ed emettendo dei versetti. Era stata scoperta.





Note dell'autrice: Eccoci qua con la conclusione del capitolo. Grazie per aver aspettato. La mia beta reader ha avuto dei problemi con il pc (le è morto che nemmeno una magia di Rumple può riportarlo in vita) ma a lei farò una statua perchè è riuscita lo stesso a correggere il capitolo dal cell (e spero nn le si sia ridotta la vista). Come avete potuto notare, il flashback stavolta nn riguarda la foresta incantata ma a storybrooke. Spero di essere stata nel personaggio di Rumple ma ho voluto fare questo momento puccioso con lui e la piccolina. La frase che esce dal carillon sulla culla è ovviamente parte della colonna sonora della Bella e la Bestia. Come potevo non metterla no? E i personaggi sulla culla stessa ovviamente sono Lumiere, Chicco, Mrs Bric e Tockins e li ho presi da delle decorazioni natalizie viste nella Bella e La Bestia un Magico Natale (vi metto la foto qua sotto per farvele vedere)

Ringrazio come sempre chi segue la storia. Chi la recensisce e l'ha messa nelle seguite. Grazie ancora alla mia beta reader Lucia ed a Elena per i suoi stupendi disegni sulla sua pagina facebook. Vi aspetto al prossimo capitolo. E sogni "Gold" a tutti miei cari Oncers



Ecco le decorazioni posti sulla culla. Ovviamente nn sn colorati come nell'immagine

 

 

  
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