Questo non è un videogioco! O forse sì?
Sul
pacifico regno di Mistral, il sole brillava alto in un cielo
azzurrissimo, tanto da mescolarsi perfettamente con i vari specchi
d'acqua tipici della nazione, mentre gli uccellini cinguettavano
allegri danzando tra le nuvole.
Sembrava
una giornata come tante, semplice, all'insegna di raccolti e pascoli,
di feste e ricevimenti, ma nonostante ciò, quella giornata
d'estate
era iniziata nel più improponibile dei modi per gli abitanti
del
Palazzo Reale, la cui Ala Ovest aveva assistito all'ennesima
esplosione.
La
calma, che fino a poche ore prima aleggiava tra le spesse mura di
pietra del castello, era stata spazzata via da due bigliettini e una
brodaglia color ciliegia.
“IO
SAREI COSA?!” ripeté ancora Anthel, confuso e
spaventato, con la
voce di qualche ottava più acuta.
Elorin
lo fissò per un altro paio di secondi, scocciato da quella
reazione,
e batteva il piede destro in attesa che lo stregone si desse una
calmata o per lo meno smettesse di urlare. Odiava a morte quel
comportamento, voleva semplicemente che il suo caro amico d'infanzia
facesse come diceva lui e basta, senza se e senza ma. Purtroppo
quello era il carattere del giovane apprendista e nulla lo avrebbe
cambiato.
“Hai
finito? La vuoi questa spada?” fece il Principe indispettito.
“A-Aspetti,
non mi sembra una buona idea!”
“E
perché no?”
Il
giovane stregone iniziò a guardarsi attorno, come se
cercasse
qualcuno che lo aiutasse a uscire da quella situazione. L'araldo era
indietreggiato di pochi passi, così come l'uomo alle spalle
dello
stesso apprendista (non sembrava più tanto convinto, semmai
lo fosse
stato, riguardo alla sua richiesta di un'udienza), mentre il paggetto
sembrava cedere sotto al peso delle armi del cosiddetto Eroe.
“E-Ehm,
la Principessa è vostra sorella e credo sia compito vostro
salvarla... P-Poi io potrei essere considerato solo un mero
messaggero, viste le mie capacità...” si
azzardò quindi Anthel,
con la speranza che le sue argomentazioni fossero quantomeno valide
di fronte al capriccioso principe. E effettivamente lo sembravano,
qualsiasi persona normale non avrebbe trovato modo di opporsi, ma
Elorin faceva eccezione. Nel suo bel castello in aria, lui aveva
ragione e tu torto, chiaro e semplice come l'acqua.
Il
biondino si schiarì la voce, con fare autoritario:
“Tecnicamente
sì, ma in sua assenza devo prendere le redini del
regno!”
Nei
suoi grandi occhi azzurri, identici a quelli di Sefia,
scaturì un
piccolo scintillio. Anthel lo interpretò come eccitazione,
in quanto
quella poteva essere l'unica possibilità che il Principino
aveva per
governare su Mistral, perché secondo sulla linea di
successione.
“E
poi non possiamo attendere che un vero Eroe si presenti, la sicurezza
della principessa è la nostra priorità!”
“Quindi
manderesti uno stregone, privo di esperienza nell'arte della spada, a
salvare la vita della nostra futura regina? Non sarebbe meglio
mandare qualche soldato più forte di me?”
Avanti,
come fai a non darmi ragione?, pensò
Anthel, in attesa della risposta di Elorin a cui sicuramente non
avrebbe potuto controbattere, C'è
tanta gente più forte
di me!
Elorin
si spostò a passo lento alla sua destra, per poi tornare
indietro,
con la schiena leggermente irrigidita a causa della posizione di
disagio in cui lo aveva messo l'amico dai capelli arancioni. Era
stato giustamente colto in fallo, lo stregone aveva esposto le sue
ragioni in quella specie di arringa da corte di giustizia e lui, in
quanto Principe, doveva trovare una risposta degna dei grandi sovrani
di Mistral. Ma ovviamente gli mancavano le parole e non poté
far
altro che continuare ad arrampicarsi sugli specchi.
“N-Non
posso però privare l'esercito dei suoi migliori elementi! E
poi
credo tu sia più che capace...”
“Non
ci credi affatto, vero?” borbottò Anthel pedante,
guardando il
Principe di sottecchi.
“Affatto...”
“Quindi
perché?”
Elorin
fece spallucce: “Perché dovrei pagarlo di
più, un soldato! Invece
tu sei mio amico e so che puoi benissimo essere un Eroe... Anche se
non si è mai visto un eroe con quei capelli!”
“LASCIA
STARE I MIEI CAPELLI! E POI NON SONO UN EROE! E NON SONO NEMMENO
PAGATO!”
“Prima
di tutto, dammi del 'voi' e smettila di urlare... Poi vogliamo andare
avanti così tutto il giorno? Vuoi continuare a discutere
sapendo
benissimo che farai come ho detto io? -chiese il biondino inarcando
il sopracciglio destro- Mi sto un po' stufando di questa
conversazione...”
“Nossignore...”
Anthel trattenne l'urlo disumano che voleva tanto rivolgere all'amico
e si morse il labbro. Capitava sempre così, sin da quando
erano
piccoli: Elorin voleva giocare con la palla e finiva per lanciarla
troppo lontano, oppure faceva cadere qualcosa di prezioso nel
ruscello, benissimo! Tanto c'era il caro vecchio stregone a risolvere
la situazione! Ma quelli erano problemucci di poco conto, ora si
parlava di dover salvare una principessa rapita da chissà
che cosa!
Quello andava ben oltre il concesso!
“Bene!
Allora ascoltami attentamente! Quello che sto per dirti ti
sarà di
vitale importanza!”
“C-Che
vuoi dire con vitale?!” chiese l'appena nominato Eroe,
cadendo
dalle nuvole.
“È
solo un modo di dire! Non significa che tu possa rimanere ucciso in
questa impresa...”
Il
volto dell'apprendista sbiancò di botto, abbandonando quella
strana
colorazione arancione che lo aveva caratterizzato nelle ultime ore.
Si sentì mancare la terra da sotto ai piedi, ma la risata
beffarda e
poco convinta del Principe lo trattenne dallo svenire e cadere come
una pera.
“Ok,
se non hai altre obiezioni (e vorrei che non ne avessi), iniziamo il
tutorial!”
Al
battito delle mani di Elorin, accorse trafelato un altro paggetto, di
qualche anno più grande del primo, con una pesante lavagna
su
rotelle su cui erano tracciati malamente numerosi scarabocchi, che ad
un occhio distratto sarebbero sembrati degli orsacchiotti storpi,
quando alla fine erano delle ridicole caricature dello stesso
stregone.
“E
quella cosa sarebbe?” chiese questo, mentre il suo corpo
cercava di
riprendersi dalla quasi mancata perdita di sensi.
“Il
tutorial, ovvio!”
“Sembra
che vi ci siate divertito a disegnarlo... Quasi come se avesse
programmato tutto...”
Elorin
rise sguaiatamente, esattamente come non ci si aspetterebbe da un
principe che ha appena nominato il salvatore del proprio regno:
“Ma
che vai a pensare! Ahahaha!”
Anthel
sospirò, ormai totalmente in balia dei capricci del suo
amico
d'infanzia: “Va bene, proceda...”
“Bene,
prima di tutto la tua classe! A guardarti, direi che il guerriero ti
s'addice! Infatti le armi le hai già!”
“Perché?
Perché dovrebbe decidere una cosa simile? -chiese alzando la
mano,
come volesse chiedere spiegazioni al proprio mentore- Ho studiato per
anni le arti magiche, non sarebbe il caso di farmi procedere su
questa strada? E poi, in riferimento a quei numeri, io non avrei
nemmeno la forza per tenere in mano quel tipo di arma...”
“Ma
che vai dicendo? Sei veramente pedante, certe volte... Abbi fiducia
in te stesso!”
Ci
fu un tonfo ad interrompere il discorso del Principe che, assieme al
suo campione, si voltò per trovarne la causa. Il paggetto
incaricato
di tenere in bella mostra lo scudo e la spada recanti lo stemma della
Famiglia Reale era a terra, il cuscino a schiacciargli le mani
incastrate sotto all'elsa dell'arma.
“Come
volevasi dimostrare! Poi da dove diavolo ha preso quei dati?!”
Elorin
alzò l'indice, con fare malizioso: “Il Gran Mago
Bepharis sa più
cose di te di quanto immagini!”
“I-Il
Maestro?! C-Cosa sa di preciso?” chiese guardingo Pel di
Carota,
sorpreso da quella strana rivelazione riguardante il suo anziano
mentore e tutore.
“Su
questo non ha voluto divulgare altro... Ha parlato di alcuni
esperimenti che ha svolto mentre dormivi... Ma tornando a noi! L'Eroe
non è mai uno stregone, semmai la magia la impara col
tempo!”
Questa
volta, Elorin non permise ad Anthel di dire qualcosa a riguardo,
voleva concludere abbastanza in fretta quella pantomima, anche
perché
poi non aveva altro tipo di equipaggiamento da consegnare al suo
Eroe. Quindi, con un ampio gesto della mano, indirizzò lo
sguardo
dello stregone al centro della tavola di ardesia, su cui era
disegnata una figura più grande e dettagliata nella quale si
poteva
riconoscere qualche tratto appartenente al vero Anthel.
“Questo
sei tu e, come puoi ben notare, sei ad un misero livello
uno...”
Livello
uno? Che diavolo significa? pensava
intanto il diretto interessato, ascoltando una parola su tre di
quello strano monologo.
“Qui
puoi vedere i tuoi punti vita... Non ti conviene che arrivino a zero,
altrimenti... Beh, lo puoi immaginare! Ma puoi ovviare a questo
problema usando delle normali pozioni di vita.”
“Questo
lo so! Sono io che le produco per l'esercito! Mi sembrava che almeno
questo lo sapesse!” fece con una leggera nota di amarezza
nella
voce, che cercava di mantenere costante e bassa.
“Beh,
visto che fai tanto il saputello e conosci le basi, direi che
conviene passare alla parte più interessante!”
Il
secondo paggetto ricevette l'ennesima occhiata autoritaria e quasi
tirannica di Elorin, che lo convinse a girare velocemente la lavagna,
mostrando un'altra serie di strani disegni che dovevano rappresentare
(sempre con molta fantasia) dei mostri tipici delle province di
Mistral.
“Quindi,
Anthel. Conosci i compiti dell'Eroe?”
“N-Non
dovevo solo salvare la principessa?” chiese come se non si
aspettasse ulteriori mansioni.
“E
come pensi di fare da solo? Ovvio che prima dovrai crearti una certa
reputazione tra la gente, cosicché poi decidano di
aiutarti!”
“Ora
capisco perché non hai voluto fare tu l'Eroe... Non piaci
molto alle
persone...” fece a bassa voce il giovane dai capelli
arancioni,
insinuando le vere ragioni delle decisioni dell'amico.
“Hai
detto qualcosa?!” borbottò Elorin, con una piccola
vena che
pulsava sulla tempia destra. Anthel si limitò a sorridere
imbarazzato e a scuotere le mani per aria, con l'intento di far
tornare il discorso sulla via precedente.
“In
ogni caso, dovrai aiutare chiunque abbia bisogno di una mano,
così
che siano in debito con te e decidano di accompagnarti in questa
impresa. Ed è per questo che non dovrai mai negare i tuoi
servigi a
nessuno... Poi c'è la faccenda dei mostri e dei
Boss...”
Il
principe, con le braccia conserte sotto alla sua stuola di velluto
rosso, iniziò a scuotere piano la testa, schioccando
ritmicamente la
lingua contro il palato. Sembrava stesse meditando sulle sue parole,
valutandole superficialmente, in quanto tutto era già stato
deciso.
Appena smise di rimuginare, di fronte allo spazientito stregone,
riprese a parlare con la stessa poca convinzione di prima.
“Quella
sì, che è una bella gatta da pelare. Non sappiamo
esattamente dove
sia il castello in cui è rinchiusa mia sorella, ma ci
saranno orde
di mostri ad ostacolarti... Non vorrei essere proprio nei tuoi
panni!”
Vorrei
ben vedere!
“Proprio
riguardo ai mostri non ha nulla da dirmi?! Sa, credo siano la parte
più importante, visto che potrei lasciarci la
pelle!” replicò
Anthel, la cui voce si faceva sempre più tremolante.
“Effettivamente
non ne so molto... Credo che determinati tipi di attacchi, in base al
loro 'tipo', dovrebbero essere efficaci! Ti faccio un esempio: un
mostro di tipo fuoco sarà debole ad attacchi e magie
d'acqua...”
“QUESTO
ME LO HA Già SPIEGATO IL MAESTRO BEPHARIS A LEZIONE! NON
PUò DIRMI
ALTRO?!” sbraitò il giovane, riuscendo a
trattenere almeno le
irripetibili imprecazioni verso il suo
non-più-così-caro amico
d'infanzia, in favore di un'obbiezione più che lecita.
Elorin
scosse la testa, schioccando ancora la lingua, con un ritmo
incalzante e irritante: “Mi dispiace, non so altro... Per il
resto
devi solo acquisire sempre più esperienza! YES! L'ESPERIENZA
è LA
CHIAVE!”
Il
biondino si lasciò sfuggire di nuovo quella sua risata molto
poco
principesca e si voltò verso il trono del padre, lasciando
che
l'Eroe assimilasse tutte le informazioni appena raccolte senza
doverne vedere la faccia iraconda e isterica.
“Beh,
direi che è tutto! Buona fortuna, Anthel!”
Lo
stregone sospirò abbattuto, senza poter dire nulla che
potesse
cambiare il proprio destino e si mise in marcia, afferrando le
pesanti armi che lo avrebbero identificato come un Eroe in partenza
per un'epica impresa di salvataggio. Se epica si può
definire.
“Mi
raccomando! Uccidi tutti quegli orribili mostri e torna a casa con
Sefia!”
“Sì,
sì, come ti pare...” borbottò questo,
senza guardare il proprio
sovrano, pensando che se si fosse girato, avrebbe utilizzato quelle
armi su di lui. Mosse qualche passo verso la grande porta di legno
massiccio, che si stava lentamente aprendo sul cortile del Castello,
mentre i i suoi piedi iniziavano a rallentare. Voleva girarsi, e
così
fece, sperando che il Principe avesse cambiato idea e che decidesse
di mandare qualcuno di più capace a salvare Sefia. Purtroppo
per
lui, quello che vide fu completamente diverso da quello che si era
aspettato.
Il
Principe sedeva di nuovo sul trono della sorella, con le gambe che
ciondolavano dal bracciolo alla sua sinistra e lo scettro che aveva
ripreso la sua corsa di giostra accanto la testa dell'araldo. Sul
viso aveva un sorrisetto di pura soddisfazione che nessuno avrebbe
potuto strappargli, nemmeno l'uomo che lo affiancava riusciva a
fargli capire la gravità della situazione, tanto meno il
cittadino
che era venuto in cerca dell'aiuto della Famiglia Reale.
“Va'
al diavolo, Principe dei miei stivali...”
“Hai
detto qualcosa?” chiese questi distrattamente.
“A-Assolutamente
no!”
*****
“Cavoli, se pesano!” boccheggiò
Anthel, con la spada poggiata sulla spalla e lo scudo sulla schiena,
a mo' di borsone da campeggio.
L'aria era calda e umida, difficile
da sopportare in quelle condizioni. Inoltre, come se non bastasse,
numerosi animali da fattoria sfrecciavano divertiti tra la gambe del
poveretto.
Il villaggio brulicava di vita, i
mercanti urlavano da un capo all'altro della strada, cercando di
attirare quanti più clienti possibili per vendere oggetti
dall'aspetto esotico, i bambini correvano per le affollate vie,
scontrandosi spesso coi passanti (tra cui l'appesantito stregone),
mentre le donne giravano con acqua e provviste, spettegolando tra
loro su argomenti di varia natura.
“Meno male che la notizia non si è
ancora diffusa... Se sapessero di Sefia, si scatenerebbe il
putiferio... Speriamo però che quell'uomo venuto in udienza
non dica
nulla...”
“Hai
finito di ciondolarti? Saranno passate due ore e non hai ancora
combinato niente di buono...” fece
una vocetta famigliare e fastidiosa, interrompendo il flusso dei
pensieri di Anthel.
“M-MA CHE DIAVOLO?! D-D-DOVE
SEI?!”
Il giovane balzò di circa dieci
centimetri per lo stupore, cercando terrorizzato il principino pronto
ad affibbiargli altri compiti poco felici, sotto lo sguardo
interdetto del popolo. Come avrebbe potuto sentire quella voce,
quando lui era già parecchio lontano dal Castello in cui era
cresciuto? Doveva trovare una risposta o molto probabilmente avrebbe
finito per dare di matto.
“Certo
che urli parecchio... E poi dov'è finito il rispetto per il
tuo
sovrano? Lo hai lasciato sotto al letto?”
Lo stregone raccattò baracca e
burattini e corse in un vicoletto, gettando a terra la sua sacca da
avventuriero con la grazia di un cinghiale. Si guardò
dapprima
intorno, confuso e agitato, per poi iniziare a parlare al nulla non
appena si rese conto di essere completamente da solo.
“P-Perché sento la vostra voce?
Sto diventando pazzo?” chiese in un sussurro.
“Nah,
non credo tu stia impazzendo, anche se con tutte le esplosioni che
provochi mi stupisce il fatto che tu sia ancora vivo...”
“LA VUOLE SMETTERE DI INSULTARE?!
E MI DICA PERCHé LA SENTO!”
“Ehi,
stai calmo! Ti sto parlando con un amuleto che ho trovato nel
laboratorio di magia... Non so esattamente come funzioni, ma la tua
reazione è stata divertente!”
“Che cosa vuole ancora da me?”
nella voce di Anthel era chiara l'esasperazione, dovuta soprattutto
al nuovo intervento del giovane Principe. Non si era di certo
aspettato un titolo importante come quello di Eroe, ma meno ancora un
intervento a distanza. Che diamine! Addirittura gli ordini via
'etere'.
“Voglio
istruirti sulla città e le varie quest!”
“Ques-cosa?!”
“Quest!
Missioni secondarie! Pensavo avessi studiato!”
Anthel digrignò i denti, sull'orlo
di una crisi di nervi, e iniziò a grattarsi nervosamente la
testa:
“E cosa dovrei fare?”
“Vedi
quella vecchietta vicino al recinto dei maiali? Vai a chiederle se ha
bisogno di aiuto!”
Come
fa a vederla?, si
chiese, per
poi lasciar stare le varie obiezioni che gli ronzavano in testa.
“Non c-credo possa aiutarmi a
salvare la principessa...”
“Tu
fallo e basta!”
Questi obbedì non senza riserve,
attaccando il fodero della spada alla cintola e abbandonando il
pesante scudo di ferro rosso e blu.
“E
quello lo lasci là?”
Elorin venne bellamente ignorato in
favore, a detta di Anthel, di un momento di pace (e di leggerezza)
più che meritata. Ma ovviamente per un eroe non esiste la
tranquillità.
Infatti, non appena entrò nel
raggio visivo della vecchia signora, questa iniziò ad
inveire verso
il povero Pel di Carota, che sobbalzò nuovamente.
“Giovanotto! Vieni immediatamente
qui!” gracchiò come una vecchia strega delle
favole.
“D-Dica signora!”
“Come ti chiami, caro?”
“A-Anthel...”
“Bene... Allora vai a recuperare i
maiali che sono fuggiti!”
“COSA?! Perché?”
La vecchina dondolò sul posto, con
un grosso gatto steso sulle ginocchia, e ridacchiò come
farebbe uno
psicopatico: “Sei un cacciatore, no? Allora vai a prendermi i
maiali!”
Anthel piegò la testa di lato,
incuriosito da quella fantasiosa associazione di idee, mentre Elorin
(ancora ignorato come una noiosa lezione di filosofia) continuava a
dirgli di obbedire alla strana signora.
“Ah, ho capito! Non ho detto
Hunter, non sono un cacciatore; mi chiamo Anthel! Non Hunter!”
“Come hai detto, figliolo? Dove
sono i miei maiali?”
“Hai
sentito la signora? Avanti, march!”
“N-Non mi sembra il compito di un
E-Eroe...” cercò di replicare.
“Avanti,
march!” ripeté
Elorin entusiasta tramite il suo bizzarro strumento di comunicazione.
Il giovane emise l'ennesimo sospiro
e obbedì, sperando in un finale quantomeno accettabile e a
una
ricompensa ai limiti dell'umano. La piazza era affollata, la vecchia
continuava a gracchiare e dare istruzioni confuse, accompagnata
ovviamente da Elorin che aveva da dire la sua, accomodato su un trono
che non gli apparteneva, mentre delle bestie, di un numero
imprecisato, non si vedeva l'ombra.
Si
mise in marcia, ignorando altre richieste d'aiuto che avrebbe (o
forse no) accolto in seguito, poi, nascosto sotto ad un banchetto di
amuleti elfici, vide una piccola coda riccioluta e rosa.
“Beh,
non è stato così difficile!” disse
avvicinandosi, per poi
incontrare l'olezzo di escrementi e cibo marcio proveniente dal
maiale, che lo fece tossire talmente forte da far fuggire il piccolo
suino.
“Ti
odio, Elorin...” borbottò stramazzando a terra.
“Gli
Eroi non provano odio! Gli Eroi sono puri di cuore! E poi è
colpa
della signora, che non ti ha detto del maiale flatulente...”
“Ho sempre più chiaro il motivo
per cui non hai voluto fare tu l'Eroe...” fece rialzandosi e
partendo all'inseguimento della sua preda.
Si ritrovò a correre per diversi
minuti tra bancarelle e mercanti, con la spada che sbatteva
dolorosamente contro la gamba e i ragazzini del villaggio che
tentavano di ostacolarlo per divertimento, fino a che riuscì
a
riportare dalla sua proprietaria il piccolo fuggitivo.
“Ohh, vedo che lo hai acciuffato!
Che bravo, tieni questa mela come ricompensa... Poi vai a prendere
gli altri due!”
Anthel si ritrovò tra le mani un
frutto acerbo, dalla buccia talmente verde da ricordargli la sua
tinta precedente di capelli e lo fissò con frustrazione. Non
osò
dire una parola, in quanto un 'Eroe è puro di cuore' e altre
stupidaggini di quel genere, stupidaggini tipiche forse di Elorin.
Non appena si voltò, vide il
secondo porcellino sguazzare nella fontana della piazza e una parte
di lui si sentì sollevato nel non doverlo cercare in altre
aree del
villaggio, ma ovviamente non poteva abbassare la guardia.
Si avvicinò guardingo, con la paura
che il maiale fosse puzzolente o scatenato come il fratello, ma
invece questo si lasciò prendere senza problemi.
“Oh, ottimo! Se l'ultimo è come
te, potrò liberarmi di quell'inquietante
vecchina...”
Sorrise a quel pensiero e il suo
sorriso s'allargò ulteriormente quando poggiò
l'animale a terra,
che rimase accanto ai suoi piedi aspettando qualche bocconcino di
frutta o cereali.
“A questo punto andrei a cercare
anche l'ultimo! Così non dovrò fare
più viaggi...”
In quell'istante, numerose donne
iniziarono ad urlare e alle spalle dello stregone si udì un
boato e
un ruggito; sotto di lui la terra iniziò a tremare e il
secondo
porcellino si rifugiò tra le sue gambe, rischiando di farlo
cadere,
poi un oggetto sferico lo colpì alla testa. Per terra
rotolò
un'arancia del medesimo colore dei suoi capelli e un'ombra
s'allungò
sempre più, nascondendo l'eroe dalla calda luce del sole.
Il piccolo suino grugnì spaventato,
mentre un'enorme mano verdognola lo sollevava per aria.
No,
non mi giro! No! È fuori discussione che mi giri!, pensava
intanto Anthel tremando come una foglia, mentre Elorin lo chiamava
insistentemente, allarmato dal baccano.
Il giovane dai capelli arancioni si
fece coraggio (come preferiva definirlo lui, quando alla fine era
semplice desiderio di autoconservazione) e si voltò,
dinnanzi
all'orribile creatura.
Di fronte a lui c'era un enorme
orco, alto intorno ai tre metri e mezzo, che soverchiavano i miseri
uno e sessantotto dell'Eroe, il cui naso venne attaccato da un olezzo
ancora peggiore di quello del primo maialino. L'essere aveva le
spalle grosse e muscolose, così come il resto del torace
lasciato in
bella vista da stracci logori e sudici. La testa era piccola, molto
rotonda e coperta di peluria marrone, nonché da pustole e
strane
escrescenze, che un po' si mimetizzavano al naso e alla orecchie.
Nella mano destra teneva un pesante randello di legno, decorato da
piccole chiazze di sangue rappreso.
Questi sorrise al ragazzo che gli
arrivava appena sopra la cintola, mostrando due file di denti
dall'aspetto marcescente.
Anthel ebbe un conato di vomito,
misto alla paura che gli faceva ballare le ginocchia e
sbiancò.
“Ehi,
fa' qualcosa! -intimò
Elorin
nel peggiore dei momenti- Sei un Eroe o
no?”
Se
vuoi, puoi combattere tu... questa
fu l'unica cosa che il giovane riuscì a pensare.
Il bestione parlò, con una voce
talmente cavernosa da far tremare ancora la terra: “Questo
sarà il
mio spuntino! Ahahaha!”
“R-R-R-R-R-R-Ridammelo e
v-v-v-vattene dalla c-c-città...”
balbettò l'Eroe con tutto il
coraggio che aveva a disposizione. Effettivamente non era poi
così
coraggioso.
“Hai detto qualcosa, gamberetto?”
NOSSIGNORE!
La prego, non mi uccida,
volle
rispondere, ma disse, questa volta cercando di limitare la balbuzie e
il tic all'occhio ballerino: “V-Vattene im-immediatamente
o...”
“O cosa, gamberetto? -fece
alitando in faccia al valoroso eroe- Mi ucciderai?”
Il mostro non attese la risposta e
si mise a ridere fragorosamente, spaventando ancor di più il
resto
del villaggio.
Credo
mi serva un cambio di pantaloni...
“Levati dai piedi!”
Il giovane venne scaraventato su una
montagna di cassette di frutta con un calcio e l'orco si
girò, per
dirigersi verso la sua tana, situata poco fuori il villaggio, per
godersi il suo spuntino a base di maiale. Poi, oltre al danno anche
la beffa: legato alla cintola, appeso come un salame, dondolava
impaurito il terzo maialino della vecchina.
“Non ci sto credendo...”
“A
cosa? All'orco che ha attaccato il villaggio o alla tua sonora
sconfitta?”
“Noto una vena di sarcasmo?”
chiese intontito il giovane mago.
“Affatto,
ma hai un dovere verso la signora dei maiali! E poi mi pare di aver
sentito da quel signore dietro di te che quel mostro ha rapito un
sacco di ragazze!”
Anthel mugolò, quasi inorridito
all'idea di quello che stava per dirgli Elorin.
“Sai
cosa significa? È L'ORA DELL'AVVENTURA!”
“Non hai idea di quanto ti odi...”