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Autore: chicca2501    19/01/2015    6 recensioni
Paring: Leonetta, Diecesca, Naxi e Fedemilla.
Dal testo: "Era una brutta giornata, brutta ma adatta a quello che stava per accadere. Le nuvole grigie nascondevano il cielo e il sole, mentre le tenebre stavano cominciando a invadere la pianura ghiacciata.
Tra gli spuntoni di roccia calcarea e di detriti inumiditi dal ghiaccio, la folla si stava accalcando verso un piccolo palchetto di legno fatto alla bell’e meglio che si reggeva a stento.
Sopra quella piattaforma c’era una ragazza slanciata, dal fisico magro e dai capelli lunghi e rossi e con gli occhi castani, i quali scrutavano tutte quelle persone ammassate lì solo per vedere lei, la grande Camilla Torres. "
Un'isola perduta in un mondo caratterizzato da guerre e carestie.
Un popolo magico in attesa di essere liberato.
Un capo dei ribelli pronto a tutto.
Quattro ragazzi diversi, ma uniti da un grande potere.
Amori che superano ogni confine del tempo e dello spazio.
I quattro elementi faranno tremare il suolo.
Acqua, fuoco, terra e aria si dovran temere!
C'è una terra da salvare,
Una battaglia da affrontare.
And I'LL WIN!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Poteri
 
Il corpo di Ludmilla trasudava energia ed era ricoperto da brividi, mentre sentiva una bellissima e travolgente emozione che le inondava l’anima. Essa cominciò a mandarle calore, quasi fosse un focolare, trasmettendole una piacevole sensazione di benessere, come quando da piccola lei, la sorella minore e sua madre si sedevano davanti al camino e quest’ultima raccontava alle due figlie favole travolgenti.
La ragazza vide tutto rosso, come se tutto d’un tratto il mondo si fosse tinto con quel colore e i sensi le si acuirono mentre le mani presero fuoco.
Ludmilla fissò meravigliata il proprio operato, mentre un sorriso le si dipingeva sul bel volto bianco. Al’improvviso percepì una strana forza in sé, come se fosse una calamita e che ne stesse attirando un’altra e, allo stesso tempo, la stesse respingendo.
Si voltò corrucciata e vide che gli altri emanavano una strana luce di diversi colori, che veniva emanata fortemente da Violetta, per poi incominciare a spegnersi con Federico, fino a diventare molto debole per Francesca.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, i ragazzi alzarono le braccia al cielo e dalle loro mani partirono i quattro Elementi: Acqua, Fuoco, Terra e Aria si unirono, formando un caleidoscopio di luci e colori brillanti, la fusione di quel potere immenso e inesplorato.
Poi, veloce come erano iniziate, esse sparirono. I loro creatori abbassarono le mani, e una nuova consapevolezza si fece strada verso di loro, la consapevolezza di aver finalmente utilizzato i loro poteri. Nessuno fu capace di proferire parola, ma il silenzio ne valeva più di mille.
Infine, dopo qualche minuto di riposo, Violetta chiese: - Cosa è successo? –
Tutti voltarono lo sguardo verso la Stregona degli Animali, la quale li fissava con un sorrisetto soddisfatto.
- Ci siete riusciti. – rispose semplicemente la donna. Ovviamente, sapevano di cosa stava parlando, ma era difficile da capire, il significato di quello spettacolo era ignoto e forse irraggiungibile, o, almeno, così sembrava a quei quattro giovani.
- Vi siete coalizzati. – continuò dopo pochi secondi la Stregona – avete unito le vostre forze, formando un’unione che solo voi potete creare. E, grazie ad esso, ho capito i vostri ruoli in questo gruppo di potenti, ma vorrei parlarvene in privato, uno ad uno. –
Lanciò un’occhiata a Francesca e le fece segno di avvicinarsi, e le sussurrò qualcosa all’orecchio. La ragazza annuì e sorrise per poi avviarsi fuori dalla tenda, cosa che fecero subito dopo gli altri.
 
- È stato incredibile! – urlò con gioia Violetta, saltando in braccio a Leon. Quest’ultimo si mise a ridere di gusto e domandò: - Perché, cosa è successo? -
In poche parole e con grande ricchezza di gesti e urletti felici, la bionda gli raccontò l’accaduto, lasciandolo a bocca aperta.
- La Stregona dice che ha capito i nostri ruoli, ma non capisco che vuol dire. – concluse alla fine, diventando improvvisamente pensierosa.
- Non lo so. Queste cose le capiscono gli stregoni e gli scienziati, non i mezzi satiri come me. – disse Leon con una punta di malinconia nella voce.
- Piantala subito di dire cazzate. – sentenziò – O ti riempio di botte. – accompagnò quelle parole alzando i pugni, cercando di dare alla frase più forza con quel gesto.
- Oh, che paura! – rise il ragazzo. – Ma io so come difendermi. – dopodiché la prese per la vita e se la mise sulle spalle, a mo’ di sacco di patate e si mise a correre, mentre la ragazza gridava e rideva allo stesso tempo, mollandogli pugni sulla schiena che non facevano altro che aumentare la velocità di Leon.
Alla fine, dopo aver attraversato mezzo accampamento, la rimise giù e ad entrambi lacrimavano gli occhi per le troppe risate.
Furono poco dopo raggiunti da Maxi e Diego, i quali stavano facendo una passeggiata, aspettando che i Quattro uscissero dalla tenda utilizzata per l’addestramento.
Lo spagnolo era preoccupato, ma non voleva dimostrarlo, preferiva rimuginare in solitudine sulle questioni personali. Perciò, mentre fuori scherzava con i gli altri, dentro sentiva un’ombra che lo avvolgeva e lo stringeva nelle sue viscere, imprigionandogli le membra, impedendogli i movimenti.
Cercò di mandar via per l’ennesima volta quella sensazione, ma sapeva che essa era conseguenza del suo passato e conosceva anche che era impossibile tornare indietro e cambiarlo, il passato.
A questo proposito, gli dava un enorme fastidio che Nata fosse a conoscenza dei suoi ricordi, delle sue azioni non proprio raccomandabili; lo faceva infuriare il fatto che qualcuno che non aveva partecipato all’intera vicenda ne sapesse i particolari.
Poi, quella storia dell’amore puro gli sembrava un’emerita cretinata; l’amore vero non esisteva, di questo era certo, e il fatto di non capire nemmeno per chi dovrebbe ipoteticamente provare questo sentimento lo faceva andare in bestia.
Era, quindi, dal giorno prima che tutti questi pensieri tumultuosi e collegati da un sottile filo scuro si facevano strada nella sua mente, e non lo lasciavano neanche in quel momento, mentre rideva del gioco stupido che aveva fatto Violetta con Leon.
Una consapevolezza oscurò all’improvviso tutte le altre: la sua migliore amica stava stringendo un legame con quello sporco mezzosangue.
No, doveva assolutamente impedirlo.
 
Francesca si stava dirigendo verso la tenda riservata alla Stregona degli Animali. Era la prima ad essere convocata, e non sapeva se essere spaventata o onorata di questo fatto.
Appena arrivò all’alloggio, si lisciò gli abiti ed entrò. Un forte profumo di incenso le investì le narici, e per poco non starnutì.
Si guardò intorno con sguardo curioso: l’abitazione era vuota, probabilmente la padrona era uscita, e, a differenza degli altri alloggi, era addobbata sfarzosamente con mobili in legno pregiato su cui erano riposti statuine raffiguranti animali, uomini e mostri (?); nei cassetti di un comodino, tutti aperti, vi erano ripiegate vesti dai colori freddi, invernali, come blu, argento e bianco, anche se quest’ultimo aveva intarsi dorati; a terra era stato disteso un tappeto rosso e giallo, che faceva contrasto con le sfumature meno accese del resto della stanza; intorno al tappeto c’erano dei candelabri che mandavano una luce soffusa che rischiarava la tenda, buia anche in pieno giorno. Quel posto le trasmetteva soggezione ma allo stesso tempo tranquillità e sonnolenza e per un attimo le venne voglia di distendersi sulla branda vicino ai candelabri e dormire.
Ma una voce la costrinse a dimenticare i suoi desideri: - Oh, bene, sei già arrivata. – disse la Stregona degli Animali, comparsa all’improvviso alle spalle di Francesca.
- Siediti pure. – il suo tono era calmo e con una sfumatura di gentilezza nella voce che lei non le aveva mai sentito usare. Ubbidì.
- Come sai – iniziò la donna – ti ho convocato qui per parlarti del ruolo che avrai nei Quattro. – la mora annuì.
- Un ruolo – proseguì Angie – si capisce dalla luce che emana quando utilizza i suoi poteri e riconoscerlo, quindi, non è molto difficile, ma tutto può cambiare. La luce della tua amica biondina… Violetta, o qualcosa del genere, aveva la luce più potente. Questo è legato al ruolo di leader, cosa anche influenzata dal fatto che lei controlla l’Acqua, l’Elemento più potente.
La focosa, invece, è una sorta di calamita, quando lei utilizza i suoi poteri, automaticamente si azionano anche quelli dei compagni, cosa che non succede con gli altri Elementi.
Il ragazzo, che controlla la terra, ha la forza più antica, e questo è un punto a suo favore.
Non ho ancora capito il tuo ruolo, però; la luce che emanava era debole, fiacca, non sembrava che tu avessi grandi capacità. – concluse, infine.
- Questo cosa vuol dire? – domandò tremante Francesca.
- In poche parole, vuol dire che sei la meno forte, l’ultima ruota del carro, come da sempre è stata l’aria, l’elemento meno considerato, di solito. –
Quelle parole la colpirono nel cuore, una pugnalata dritta al petto; non era servito a niente tutta l’esperienza in quel mondo, il cambiamento radicale del suo carattere, la forza e la freddezza che aveva acquisito in battaglia; come sempre, tornava ad essere inutile come lo era stata con suo fratello, visto che lei non l’aveva aiutato nella sua lotta per uscire legalmente dalla prigione.
- Non prenderla a male, non tutto è perduto. Anche io, quando andavamo a studiare le arti magiche, ero la più debole, ma, con il tempo sono diventata la migliore, perché ero l’unica che sapesse di dover migliorare. È per questo che sei stata la prima ad essere convocata: prima inizi a lavorare, meglio è. Ce la farai. – Francesca non sapeva se crederle o meno: aveva sentito cose spaventose su quella donna, ma le sue parole sembravano sincere.
Annuì lentamente. – Va bene, grazie. – mormorò, prima di lasciare la tenda.
Appena uscì fuori, si mise a correre; voleva andarsene, non ce la faceva più ad essere l’inutile della situazione, quella di cui si poteva fare a meno; era sempre stato così e sempre lo sarà. Lei era così: l’ultima ruota del carro.
Continuò a correre, andando dove la portavano le gambe, dove la portava il cuore, ormai addolorato.
All’improvviso, la sua corsa fu fermata bruscamente da uno scontro, e la ragazza si ritrovò tra delle braccia forti e muscolose; alzò lo sguardo e il suo sguardo si posò su due occhi profondi e neri come il petrolio, due pozzi pieni di misteri, adesso velati dalla confusione.
- Fran che succede? – domandò flebilmente, cingendole la vita. In tutta risposta, la mora lo abbracciò forte, posando il capo sul suo petto e dai suoi occhi sfuggì qualche lacrima.
Ma sentiva di aver trovato un posto sicuro.
 
Quella sera c’era stato un altro attacco; non era stata una sorpresa, dal giorno della prima battaglia tutti erano in allerta.
Federico, come tutti, aveva combattuto, cercando di vincere la paura e il disgusto che gli dava porre fine alle vite di quei soldati.
No, non gli piaceva affatto, ogni volta che affondava la lama della sua spada nella carne dell’avversario, sentiva un tremito attraversarlo e un senso di nausea oscurargli la vista, mentre cercava di non piangere o vomitare.
Lui ci provava, voleva dimostrare il suo valore, e comunque sapeva che sarebbe stato quello il suo destino anche se non avesse lasciato il suo mondo: cos’altro avrebbe potuto fare un ragazzo appena uscito dall’orfanotrofio e senza un’istruzione valida se non il soldato? Questo era il pensiero su cui si concentrava per tutto il tempo.
In quel momento stava combattendo aspramente contro uno dei soldati nemici, un uomo massiccio ma basso, cosa che il ragazzo poteva sfruttare a suo vantaggio.
Indossava una cotta di maglia nera come il resto dell’armatura, lo stemma della fiamma sul petto. L’elmo era, stranamente, di un blu opaco, e su di esso vi erano stati incisi strani segni a cui ormai l’italiano aveva smesso di far caso. Certe volte, però, si ritrovava a immaginare cosa ci fosse sotto quei cappucci di metallo, anche se poi scuoteva il capo e si derideva da solo a quel pensiero così ridicolo.
Ma quei soldati non lo convincevano, secondo lui non erano normali; certo, questa teoria poteva essere abbattuta dal fatto che erano diversi fra loro, ma a lui sembrava quasi uno stratagemma.
Ora era lì, sul campo e, vedendo l’elmo dell’avversario non poté fare a meno di pensarci.
Senza sapere cosa stava facendo, si voltò con uno scatto e abbatté la spada sulla testa dell’altro combattente, per poter scoprirgli il capo ma non tagliarglielo.
Quello che vide lo lasciò senza fiato: la testa era quella di un uomo normale, ma le orbite erano vuote.
 
L’attacco era finito, e tutti stavano raccogliendo i morti o curando i feriti; i primi soprattutto, si stavano moltiplicando. Camilla non sapeva come fare, la sua sicurezza stava vacillando. Spesso si chiedeva perché era lei il capo, l’autorità massima, e non qualcun altro, e ora più che mai desiderava che suo padre fosse lì con lei, a sostenerla e ad aiutarla come quando era piccola. Quanto le mancava.
Basta! Si disse Non devi piangere o disperarti, lui non potrà mai tornare indietro.
Così riprese ad aiutare gli altri nel lavoro di “pulizia” del campo di battaglia.
Dopo qualche ora, rientrò nella sua tenda; si distese sulla branda e chiuse gli occhi, ma il sonno non accennava a venire. Troppe preoccupazioni si annidavano nel suo cuore perché lei avesse il privilegio di dormire. Schiuse di nuovo le palpebre e voltò il capo, in un gesto puramente casuale.
Destino volle che il suo sguardo si posasse su una cassaforte, un mobile rovinato e consunto sulla cui parte frontale era stata dipinta un’immagine che raffigurava un coniglio accoccolato sull’erba.
Camilla sorrise: quel baule racchiudeva la sua intera infanzia. Si alzò subito e in due secondi coprì la distanza che la superava dal mobile. Vi soffiò sopra, smuovendo la polvere che si era depositata sul coperchio in tutti quegli anni di inutilizzo.
Infatti, dopo la morte di suo padre non aveva osato guardare dentro la cassaforte e ributtarsi a capofitto nei ricordi, per lei sarebbe stato troppo. Ma adesso era arrivato il momento di sconfiggere quella paura.
Sollevò il coperchio, e sbirciò: accatastati in varie colonne appiccicate tra loro c’erano tutti i suoi lavori dell’infanzia; lei, infatti, aveva sempre avuto una grande passione per il disegno artistico, la faceva star bene, la aiutava a sfogarsi e a liberare la sua creatività. A quanto pare sono un’amante degli oggetti ferenti. La penna è la spada, una più pericolosa dell’altra. Sorrise al pensiero, ricordando che da piccola non l’avrebbe mai formulato.
Iniziò a tirare fuori i suoi disegni, e in poco tempo, intorno a lei c’erano vari fogli sparsi per terra; essi raffiguravano armi, animali, persone e paesaggi, di cui era riconoscibile l’età guardando la tecnica utilizzata: dagli scarabocchi infantili di quando aveva solo tre anni ai paesaggi maestosi di quando aveva sedici anni. C’era anche un ritratto di Diego, quando ancora erano fidanzati.
Camilla passò un’ora e mezza buona tra quegli oggetti che le ricordavano un passato ormai lontano, e più volte si ritrovò a piangere silenziosamente, ma era naturale.
Infine, arrivò il momento di rimettere tutto in ordine; stava per mettere gli ultimi dieci disegni al proprio posto, quando gliene sfuggirono due, i quali caddero sul pavimento: uno era una specie di mappa del tesoro, fatta quando aveva circa quattordici anni, mentre l’altro era il ritratto di una fonte con un fiume che si allontanava piano, piano; era l’unico colorato, probabilmente fatto un anno dopo la mappa.
La rossa guardò entrambi i fogli e li confrontò per pochi secondi. All’improvviso le si illuminarono gli occhi, le labbra le si distesero in un sorriso: aveva un’idea.
 
Angolo dell’autrice: Hola chicos e chicas.
Scusate per il ritardo, ma sta finendo il quadrimestre e ci stanno riempiendo di verifiche *si accascia sulla scrivania*
Ok, forse è meglio se passiamo al capitolo, il quale inizia con l’unione dei poteri dei Quattro, un’esplosione di colori così forte da far sorridere anche la Stregona degli Animali. Quest’ultima, infatti, sembra per la prima volta soddisfatta, e già capisce quali sono i ruoli dei ragazzi nel gruppo.
Peccato che i sentimenti sono differenti a seconda della persona: mentre Violetta è felice per il successo ottenuto e gioca con Leon, contento anche lui, Diego è preoccupato per quello che ha scoperto Nata e per il suo passato, che sta venendo a galla e non è del tutto pulito e poi è scocciato perché Violetta e Leon sembrano molto uniti… cosa vorrà fare? Infine Francesca è triste, delusa e affranta dal fatto che lei sia sempre l’ultima ruota del carro in ogni cosa che fa e quindi si mette a correre per l’accampamento, per poi finire tra le braccia di Dieguito, alle quali si abbandona completamente (awwwww).
Passiamo alla battaglia, dove sta combattendo Federico, il quale riesce a togliere l’elmo ad uno dei soldati nemici, scoprendo così la loro identità.
Infine è tempo di ricordi anche per Camilla, la quale riguarda i suoi disegni di bambina, scoprendo invece qualcosa di interessante… Cosa sarà? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Ora vado. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, accetto anche critiche e consigli.
Un bacione da Chicca2501
 
 
   
 
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