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Autore: crownforaking    21/01/2015    2 recensioni
[Raccolta di AU; FrUk o Fem!Fr/Uk + eventualmente altra gente].
7) Archaeologist & Ancient Deity: in cui Arthur è un archeologo alla scoperta di un tempio misterioso.
Ad un primo sguardo il tempio appare perfettamente conservato: dall’altare in marmo bianco agli oggetti ornamentali d’oro, tempestati di pietre preziose. Dagli incredibili motivi geometrici nel marmo del pavimento ai fini dettagli delle sculture. Ed è proprio ad una di queste statue che Arthur si avvicina, come prima cosa, attratto da qualcosa di inesplicabile.
I lineamenti della donna scolpita nella pietra sono i più belli che Arthur abbia mai visto. La morbida curva delle labbra, il sorriso allo stesso tempo regale ed enigmatico; e più di ogni altra cosa, Arthur è sicuro che lo sguardo della donna sembri seguire ogni suo movimento.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Callum è Scozia, nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo].
Come al solito wickedalbion è la fidanzata migliore del mondo e disegna cose bellissime sulle schifezze che scrivo io. Ergo correte tutti a vedere quanto è figo il centauro!Arthur che ha disegnato -- e tenete d'occhio il suo tumblr perché arriveranno sicuramente altri disegni!


La ninfa corre veloce e leggiadra tra gli alberi, ridendo sonoramente e seminando in poco tempo il centauro che la inseguiva nel vano tentativo di catturarla. Altre risate, ugualmente limpide e cristalline, risuonano nell’aria quando in seguito ad uno scarto troppo improvviso il centauro finisce per sbattere contro un enorme faggio ed è costretto ad interrompere l’inseguimento.
Le ninfe osano avvicinarsi al centauro per qualche secondo, salvo poi scappare di nuovo nel folto della foresta nell’esatto istante in cui questi si riscuote quel tanto che basta per prepararsi di nuovo all’ennesima corsa.
«Non ti stanchi mai di farlo?» Arthur scuote la testa nel rivolgere quella domanda a quella disgrazia di fratello che si ritrova; «non hai davvero nessun altro interesse oltre alle ninfe?»
Callum scuote la testa, innervosito sia dalla domanda del fratello sia dall’ennesimo insuccesso con la ninfa che cercava di catturare: «tu piuttosto? C’è qualcosa che ti interessi a parte il sapere e la conoscenza? Perché non mi risulta che con questi tu ci possa andare a letto».
Arthur sospira e si allontana dal fratello che sembra del tutto intenzionato a riprendere l’inseguimento, inoltrandosi nella foresta senza poter fare a meno di tornare a soffermarsi sulle parole di Callum. Da una parte non crede affatto che interessarsi a cose più elevate del catturare una ninfa sia sbagliato — come si potrebbe comparare lo studio e la conoscenza delle erbe, del corpo umano, delle stelle e degli astri, di tutto quello che è possibile comprendere e imparare con l’amore di una fanciulla per quanto bella possa essere — ma dall’altra parte tutti gli altri centauri che ha conosciuto sembrano concordare con Callum.
Forse c’è qualcosa di sbagliato in lui, forse dovrebbe sforzarsi di pensarla come tutti gli altri e cominciare una vita di infruttuosi tentativi per riuscire — forse, prima o poi — a catturare una ninfa e accontentarsi di questo.
Forse, questo Arthur si ripete continuamente nella sua testa, forse però sono tutti gli altri che sbagliano ed è lui l’unico ad avere quel poco buonsenso che basta a capire che nella vita può esserci altro. Questo pensiero è decisamente molto più rassicurante — e in fondo ad Arthur non è mai dispiaciuto riflettere su quanto sia più intelligente e più colto di tutti quelli che compongono la sua specie.
L’ennesimo rumore sordo seguito da un gemito di dolore gli fa immaginare che Callum abbia sbattuto di nuovo la testa contro un qualche albero — ma Arthur non ha la minima intenzione di tornare indietro per assicurarsi che suo fratello stia bene. Callum può benissimo badare a se stesso.

La voce cristallina della ninfa risuona attraverso gli alberi e i cespugli, supera i ruscelli e i torrenti, si infrange contro le rocce e trova comunque la forza di proseguire oltre, giungendo fino al centauro in un fragile sussurro. Arthur è certo di non aver mai sentito nulla di simile, nonostante abbia udite mille e più volte ninfe e driadi cantare nei boschi; quella voce non ha nulla a che vedere con tutte le altre e perfino quel semplice sussurro le supera in grazia, dolcezza e bellezza.
Il centauro si ritrova, quasi senza rendersene conto, a seguire il percorso della voce attraverso il bosco, rallegrandosi quando essa si fa più forte e lo indirizza sul percorso da seguire; la voce lo attrae come una sorta di incantesimo, facendogli perdere la cognizione del tempo e dello spazio, fino a quando non diventa così forte da oscurare qualsiasi altro suo pensiero e facoltà.
Quasi non si rende conto di essere arrivato alle pendici del monte e di essersi fermato poco prima di superare gli alberi che segnano l’ingresso ad una radura nella quale è certo di non aver mai messo piede.
La luce del sole si fa largo tra le foglie degli alberi, riflettendosi sulle rocce e sull’acqua del ruscello nel quale la ninfa — più bella di qualsiasi oceanina Arthur abbia mai visto — è intenta a nuotare. I lunghi capelli biondi fluttuano nell’acqua limpida e riflettono di rimando la luce del sole, abbagliando il centauro intento ad osservare la fanciulla — osa, intimorito all’idea di poterla far scappare, avvicinarsi quel tanto che basta a poterla vedere meglio, semi nascosto dietro il tronco di una grande quercia. 
Non accortasi della presenza di Arthur la ninfa continua il bagno, immergendosi nell’acqua fredda e tornando in superficie soltanto qualche secondo più tardi; il respiro si fa più intenso dopo quella piccola fatica, il seno si solleva appena e tanto basta perché il centauro senta il proprio cuore battere molto più velocemente del normale. Gli occhi della fanciulla hanno lo stesso colore dell’acqua del ruscello e tra i capelli color del grano sono intrecciati grandi fiori dai colori sgargianti: Arthur non riesce a smettere di guardarla, incantato dal modo in cui l’acqua le accarezza il corpo nudo e dai movimenti sinuosi del corpo della fanciulla che finalmente ha ripreso a cantare.
Senza quasi accorgersene il centauro si azzarda ad avanzare di un passo, quasi completamente dimentico della propria presenza nella radura: un ramoscello si spezza sotto la pressione di uno zoccolo e il rumore, per quanto lieve e quasi impercettibile, è abbastanza perché la ninfa di accorga della presenza di qualcuno.
È il tempo di un battito di ciglia: la ninfa scompare sotto l’acqua e ricompare a poca distanza dalla riva, balzando fuori dal ruscello e fuggendo nel folto della foresta.
Arthur rimane immobile, combattendo l’istinto primordiale di scattare all’inseguimento della fanciulla, a fissare le increspature dell’acqua e a chiedersi che cosa stia succedendo nella propria testa.
Sensazioni che non ha mai provato prima gli attanagliano il cuore e gli stordiscono i sensi, impedendogli di ragionare correttamente, lasciandolo a porsi un quesito fondamentale: è questo quello che prova suo fratello? È questo quello che provano i centauri come lui? 

Arthur passa giorni e giorni in silenzio ad ascoltare il fruscio del vento tra le fronde degli alberi, il cinguettio degli uccelli e lo scrosciare delle acque in attesa che anche il canto della fanciulla — Francine, così ha sentito le altre ninfe chiamarla — si ripresenti alle proprie orecchie.
Nella sua mente vorticano pensieri spaventosi — e se le avesse fatto paura? E se la ninfa non cantasse mai più? E se non si facesse mai più vedere nella foresta? — e tutto quello che il centauro può fare è tentare di usare la razionalità per tenere a bada quelle sensazioni soverchianti.
Passano i giorni e Arthur si convince sempre più di aver sprecato l’unica occasione della sua vita, l’unica possibilità che gli Dei avevano deciso di concedergli: non rivedrà mai più Francine e dovrà convivere per il resto della propria vita con la certezza che per essere felice manchi qualcosa.
«Che problemi hai?» il tono innervosito di Callum interrompe lo scorrere dei suoi pensieri e Arthur si costringe ad alzare lo sguardo e a sopportare le sensazioni negative che emana il fratello.
«Nessun problema» si sforza di rispondere, tornando a distogliere lo sguardo e a posarlo su un punto imprecisato del prato fiorito che si estende davanti a loro.
Callum sbuffa indispettito, sbattendo uno zoccolo a terra per far capire al fratello che se non vuole farlo arrabbiare dovrà tornare a guardarlo; «ma per favore, lo capirebbe perfino un idiota che c’è qualcosa».
«Oh, allora è per questo che l’hai capito anche tu?» sbotta Arthur prima di riuscire anche solo a pensare di potersi trattenere, sollevando lo sguardo giusto in tempo per vedere la furia montare negli occhi del fratello.
«Arrangiati» ringhia quest’ultimo, prima di allontanarsi al trotto, sollevando zolle di terra e polvere che Arthur osserva ricadere sul prato con un’apatia snervante nel cuore. Sa che non avrebbe dovuto trattarlo così, sa che in fondo Callum cercava soltanto di aiutarlo, ma il pensiero di Francine gli riempie così tanto la testa da non riuscire a ragionare correttamente.
Si sente così maledettamente stupido! Lui, Arthur, il centauro che ha sempre rimproverato tutti i suoi simili, il centauro che ha sempre tentato di far capire agli altri che la conoscenza e il sapere erano molto più importanti delle donne — ridotto così! E per cosa, per una ninfa un po’ più bella delle altre?
No, non può essere così, si rifiuta di pensare che possa essere così: non può lasciare che i precetti che l’hanno guidato per una vita intera scompaiano nel nulla e lo lasciano in preda agli istinti animali.
Francine avrebbe potuto — è sicuro che mai più la rivedrà — essere un’eccezione ma mai e poi mai comincerà a fare come i suoi simili, mai e poi mai abbandonerà la via del sapere per correre dietro ad una donna.
Mai e poi mai, giura con rinnovato vigore, si ridurrà così.

Inaspettatamente, quando ormai Arthur si è abituato all’idea di non rivedere mai più la ninfa, il canto limpido e cristallino che ha tentato di ricreare così tante volte nella propria mente torna a farsi sentire: il centauro rimane immobile per quelle che nella preoccupazione gli sembrano ore, cercando di capire esattamente da dove esso provenga: si lancia al galoppo verso nord nell’esatto istante in cui riesce a capire che la voce melodiosa arriva dal limitare della foresta, sperando con tutto il cuore che non sia troppo tardi, sperando con tutto se stesso che la ninfa sia ancora lì.
Passano soltanto pochi minuti prima che Arthur arrivi, questa volta cercando di non fare rumore, vicino al luogo dove crede si sia fermata Francine; le sue speranze non vengono deluse e il suo sguardo incontra proprio la figura della ninfa che danza armoniosamente attorno ad una grande quercia.
Francine è ancora più bella di come la ricordava: i capelli dorati le ricadono sulla schiena e sul petto in morbide onde e gli occhi brillano di una luce che Arthur non ha mai visto prima; le labbra sono dischiuse in un sorriso che manda brividi lungo la schiena del centauro, il collo, il seno e i fianchi della fanciulla disegnano curve che mai Arthur potrà dimenticare.
Quasi senza rendersene conto si ritrova costretto a deglutire e a distogliere lo sguardo dalla ninfa per impedire che — di nuovo! — gli istinti animali prendano il sopravvento sulla sua parte razionale. Non desidera altro che scattare verso di lei, caricarsela in spalla e rapirla — portarla via lontana da tutto e da tutti, farla sua per il resto della loro vita.
Si costringe a ricacciare indietro quelle voci che ululano nella sua mente — prendila! Portala via! Fallo e sarà tua! — e a frenare quegli istinti animaleschi che cercano di dominare il suo corpo. Potrebbe rimanere fermo a guardarla, cerca di convincersi parlando tra sé e sé, potrebbe anche soltanto guardarla per ore e ore e sarebbe felice comunque. Guardarla basterebbe a renderlo felice e così facendo non dovrebbe cedere a quegli istinti primitivi che tanto disprezza.
Ormai convinto di un piano d’azione non esattamente ben congegnato, Arthur si riscuote dai propri pensieri e solleva lo sguardo davanti a sé, rendendosi conto soltanto in quel momento di essere avanzato di qualche passo e di essersi lasciato indietro la protezione degli alberi.
La ninfa lo osserva con timore, semi nascosta e immobile al riparo della grande quercia, apparentemente indecisa sul da farsi e tutto quello che Arthur può fare è rimanere immobile a sua volta, incapace di ragionare lucidamente e di capire che cosa sia meglio fare.
Quella situazione di stallo dura per interi minuti fino a quando il centauro non decide che a quel punto tanto vale rovinare del tutto quella straordinaria seconda occasione e decide di avvicinarsi ancora di qualche passo, sollevano le mani e rivolgendo verso la ninfa i palmi nel tentativo di farle capire che non ha intenzione di farle male.
Stringe le labbra in una smorfia preoccupata e quasi già rassegnata quando la vede indietreggiare di un passo, salvo poi ricredersi quando Francine si ferma e torna ad osservarlo con apprensione. I suoi occhi sembrano rivolgergli una domanda silente che Arthur comprende fin troppo bene: posso fidarmi di te?
Vorrebbe quasi dirle di no perché in fondo nemmeno lui si fida di se stesso — o meglio: non si fida delle sensazioni che si agitano dentro di lui — ma si limita a tacere e ad avanzare ancora quel tanto che basta per arrivare a pochi passi dalla ninfa.
Francine non si muove ma lo fissa con estrema attenzione, come se stesse aspettando il più piccolo movimento sospetto per scappare via, tutto il corpo teso e pronto per una possibile, futura corsa.
Rimangono entrambi immobili a guardarsi negli occhi senza sapere che cosa fare mentre il tempo scorre e il silenzio ovattato intorno a loro smette di pesare e diventa piacevole quasi quanto il canto della ninfa; è solo dopo interi minuti che Arthur si azzarda a sollevare una mano e a portarla al viso della fanciulla nel tentativo di una carezza che, incredibilmente, non viene respinto.
Francine si lascia sfuggire un sospiro impercettibile e permette alle dita di Arthur di sfiorarle la guancia, osando addirittura premere il viso contro la mano del centauro; il timore che entrambi provano sembra sparire di colpo, lasciando spazio soltanto ad un calore confortevole che si fa strada nei loro corpi.
«Ti sei lasciata toccare..» mormora il centauro quasi incredulo, consapevole di quanto questo sia strano e difficile e importante per una ninfa; Francine rimane in silenzio per qualche secondo e poi annuisce piano, regalando ad Arthur un piccolo sorriso che basta a fargli perdere almeno un battito del cuore.
«Come ti chiami?» chiede in un sussurro la ninfa, sollevando a sua volta la mano destra e portandola a sfiorare il petto del centauro, sorridendo nuovamente quando questi risponde mormorando il proprio nome.
Rimangono immobili per quelle che sembrano ore, Francine con la mano appoggiata sul petto di Arthur, Arthur con le dita che accarezzano lievemente il viso di Francine, prima che una voce lontana interrompa il momento di pura beatitudine che entrambi stavano godendo.
«Non è possibile!» Callum esterna tutto il proprio malcontento in un nitrito che suscita le risate di dieci, venti, trenta ninfe nascoste nella foresta; «perché tu ne hai una e io no? A te non interessano!»
Francine si unisce alle risate delle proprie sorelle, premendosi appena contro il corpo del centauro e lasciando che questi la stringa in un abbraccio protettivo.
Arthur rimane in silenzio per qualche secondo nel tentativo di trattenersi, prima di lasciarsi sfuggire a sua volta una risata divertita. Non ha idea di come tutto questo sia successo, di come sia arrivato ad avere qualcosa che non sapeva nemmeno di desiderare.
Sa soltanto che il corpo della ninfa è tiepido e morbido contro il proprio e che non ha mai provato nulla di simile prima di allora; sa soltanto che vuole continuare a sentire quelle sensazioni e a stringere Francine tra le proprie braccia.
Forse la soluzione non era né imitare il comportamento di tutti gli altri né rimanere arroccato sulle proprie convinzioni: forse la soluzione è sempre stata seguire il proprio istinto.

   
 
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