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Autore: HamletRedDiablo    21/01/2015    9 recensioni
L’equilibrio della Confederazione Siderale era garantito da tempi immemori dall’Asse, il primogenito della famiglia Vaticana Vargas; l’Asse era il cardine su cui ruotava tutto l’universo conosciuto.
Ma due gemelli avrebbero fatto precipitare anche il cielo, pur di ricongiungersi con il consanguineo.
«Saresti davvero disposto a tradire la tua famiglia?»
«Voglio liberare mio fratello dal Palazzo. Non mi importa del resto.»
«E faresti qualunque cosa?»
«Qualunque cosa.»
Una mano abbronzata sventolò sotto il suo naso, in una precisa offerta.
«Sei pronto a unirti alla mia ciurma?»

Coppie: GerIta, Spamano, RoChu, PruCan (altre si uniranno in seguito)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo Ventisette: la Grande Partenza

 

Il sole stava ancora dormendo nella culla della notte.

Il cielo e gli astri erano le uniche creature in grado di riposare felici, quella sera. Il mattino avrebbe squarciato la notte e milioni di famiglie, il giorno successivo.

C’erano tanti figli in lacrime, ad assorbire con avidità le parole degli anziani genitori che avevano deciso di rimanere, cercando di imprimere quegli ultimi momenti nella memoria e maledicendosi per non aver fatto tesoro dei precedenti. Tanto tempo passato insieme, e così pochi ricordi messi nel forziere della memoria. Nessuno pensava mai di gioire per le giornate di vita quotidiana, credendo che quel tempo sarebbe durato per sempre. Ma niente era eterno, specialmente il tempo: scorreva incessante nella grande clessidra che era l’universo, e ormai non ne erano rimasti che pochi granelli.

E c’erano tre compagni che avevano deciso di sfruttare una di quelle ultime briciole per farsi una bevuta insieme.

Antonio, Gilbert e i loro compagni non si erano accampati troppo lontano da Britannia, e Francis era riuscito a trovare qualche minuto per loro, prima di tornare ai preparativi condotti dal Mago dell’Ovest. Gilbert si era assunto la responsabilità di trovare l’alcol ed era sparito nella sua tenda, lasciando Antonio e Francis seduti sull’erba umida.

«Ecco qua!» la tenda sputò fuori un Gilbert trionfante, armato di una fiasca di metallo dall’aria consumata. «La scorta di emergenza non tradisce mai!»

«Dimmi che non è quel liquoraccio insipido che ti porti sempre dietro» lo supplicò scherzosamente Francis. «È come bere fango. Dopo che è stato filtrato dall’alito di un drago.»

«Non rompere!» il ginocchio dell’Helsing si schiantò in mezzo alle sue scapole, preciso e micidiale, prima che Gilbert scaricasse tutto il suo peso in mezzo a loro. «Meglio di quell’acquetta d’uva che hai la pretesa di chiamare “vino”!»

«Il vino è come una poesia» decantò Francis, pomposo come sempre. «Richiede palati fini per essere apprezzato.»

«Palati da femminucce» lo corresse Gilbert, le parole sbocconcellate per via del tappo di metallo tra i suoi denti.

«Non hai portato dei bicchieri?»

L’Hellsing aveva un modo piuttosto fisico – in senso barbaro – di dimostrare amicizia. Lo spostò con una gomitata, raschiando:

«Cos’è, rinascere ti ha rammollito? Un sorso a testa e via.»

«Io non mi fido di bere dalla sua stessa bottiglia» Antonio cercò di protestare seriamente, ma un sorriso si stava già affacciando sulle sue labbra mentre indicava Francis. «Si è portato a letto mezza Confederazione, chissà che strane malattie potrebbe passarci!»

«Da che pulpito viene la predica!» il tentativo del Fiammingo di fingersi offeso fu ancora meno convincente: scoppiò a ridere a metà frase. «Come se tu avessi passato la tua vita a comportarti da uomo casto

«Ma adesso sono un uomo impegnato» annunciò Antonio con solennità, poggiando una mano sul cuore.

«Anche io» ricambiò Francis.

«E io non capisco come abbiate fatto a impegnarvi con persone del genere» Gilbert si rivolse ad Antonio, le sopracciglia quasi unite per la perplessità: «Lovino potrà essere un ragazzo attraente, quando non ha quel viso corrucciato…»

«Fa parte del suo fascino.»

«Ah, l’amore è come una lobotomia, ti rincretinisce completamente» Gilbert fissò mestamente il terreno, come se stesse esprimendo le sue condoglianze a un funerale. «Riparleremo del suo “fascino” quando sarà diventato un po’ più docile.»

Un lampo di malizia attraversò le iridi di smeraldo del capitano.

«Ma lui è docile. Solo che tu non puoi vedere quando

Gilbert gli schiaffò una mano sulla faccia, spingendolo all’indietro per prevenire qualunque dettaglio indesiderato sulle attività segrete dei due.

«Facciamo in modo che la conversazione non vada in quel verso, o il Fiammingo qui comincerà a straparlare per delle ore intere!»

«Credo di non avervi mai raccontato di quella ragazza Asean…»

«Al Mago dell’Ovest l’hai raccontato?» lo prevenne Gilbert, puntandogli contro il collo della fiaschetta come avrebbe fatto con una pistola. «E a proposito del mago, non hai visto le sue…» e indicò le proprie sopracciglia argentate, mentre le labbra si torcevano in una smorfia. «Sembrano due alieni che vivono di vita propria su una faccia umana.»

«L’amore non è una questione di sopracciglia. L’amore è…» Francis aveva già assunto una delle sue pose teatrali, ma la sgonfiò quasi immediatamente. «Sappiamo tutti che cos’è. Siamo in quella fortunata frangia di popolazione che ha sperimentato il vero amore.»

«Non mettetemi al vostro stesso livello, non ho un gusto deviato come il vostro! Matthew era bello sia dentro che fuori!»

Le dita callose di Gilbert si immobilizzarono attorno alla fiaschetta. Era. Matthew “era”. Non credeva che uno stupido verbo potesse fare così male.

Le ciglia argentee proiettarono un’ombra triste nei suoi occhi sanguigni, quando li diresse verso il Marauder. La voce uscì rugginosa, come la lama di una spada stanca di combattere.

«Lo rivedrò?» non osò aggiungere altro. Un Hellsing in lacrime sarebbe stato uno spettacolo assai gramo.

Gli occhi azzurri vennero liberati dagli occhiali, che Francis fece penzolare nel vuoto mentre rispondeva:

«Ti sta aspettando, Gilbert. Ti sta chiamando.»

«Allora perché non riesco a sentirlo?»

«Perché ascolti dalla parte sbagliata» Francis spostò gli occhi sul cielo trapuntato di stelle sopra di loro. «Ma ti sta chiamando, Gilbert. E lo ritroverai.»

«Come fai a esserne sicuro?»

Francis gli strappò la fiaschetta dalle mani e sparò la sua replica sul viso guerriero dell’Hellsing:

«Perché, se non lo troverai tu, ti prenderò per un orecchio e ti condurrò personalmente da lui, uomo dalla testa di pietra.»

Il liquore tanto insultato ebbe la sua vendetta non appena toccò la gola del Marauder: la scorticò quasi con il suo sapore violento, e il Fiammingo tossì fino a farsi lacrimare gli occhi.

«Voi Hellsing non avete mezze misure» annaspò, restituendo la fiaschetta.

«Voi Marauder siete delle donnicciole» Gilbert sorbì un lungo sorso, che inghiottì rumorosamente, per poi gonfiare il petto con orgoglio in direzione dell’amico agonizzante. «Visto? Nessun problema.»

«Tu devi avere il sistema digestivo di una viverna.»

«In che senso?»

«Le viverne mangiano sassi» semplificò il Marauder, sventagliandosi con la mano. Erano passati troppi anni dall’ultima volta che aveva bevuto il liquore casalingo degli Hellsing, e il suo palato da esteta si era disabituato a quel sapore barbaro.

Antonio si sporse oltre Gilbert per poter scrutare il Fiammingo.

«È strano» concluse alla fine della sua osservazione. «Parli come Francis, hai i ricordi di Francis, gesticoli come lui… ma sei in un corpo diverso. È strano parlare con un vecchio amico, quando questo ha una faccia nuova.»

«Potrei farmi ricrescere la barba. Dite che mi donerebbe?» il Marauder si massaggiò il mento, alla ricerca di peli inesistenti.

«Era ancora liscio come un bambino. Quanti anni avrà avuto, il ragazzo che ha dato forma a quel corpo?» Antonio rubò la fiaschetta a Gilbert, e si ricaricò con un goccio di liquore. «Non ti fa impressione stare nel corpo di un ragazzo morto così giovane?»

Francis si spalmò sulla faccia un sorriso forzato, voltandosi verso Antonio.

«Amico mio… stai cercando di farmi sentire un assassino?»

Il pirata si sollevò in piedi, e stese la schiena contro il velluto della notte. Le saette che crepitavano nel cielo strappavano frammenti della sua figura alle ombre. Visto in quel modo, il capitano sembrava quasi una creatura della notte pronta a tornare nel grembo materno.

«Forse per te è normale, Francis. Hai vissuto moltissimi anni più di noi» esordì Antonio. «Ma per noi non è facile accettare il fatto che tu sia morto e risorto in una settimana. Ovviamente siamo felici di averti con noi, è solo… complicato» la luna infranse uno specchio argentato nelle iridi del capitano, e così Francis capì che l’amico aveva gli occhi lucidi di lacrime. «Siamo solo umani, in fondo.»

Antonio inspirò rumorosamente, e mosse un passo di lato, verso il Marauder.

«E poi, Francis… non riesco a togliermi dalla testa una cosa. Quando Feliciano ci ha raccontato come avete scatenato gli spiriti, ha detto che tu avevi visto cosa sarebbe successo, trecento anni fa. Per trecento anni, hai saputo esattamente cosa sarebbe accaduto ai nostri pianeti. E hai lasciato che avvenisse.»

«Antonio…»

«Rivedo in continuazione il volto di mio padre, che mi guarda per l’ultima volta prima di bruciare con il resto del pianeta. E ho odiato il Mago dell’Ovest per così tanto tempo, senza sapere che i fuochi di Hispaňa lo tormentavano come tormentavano me… e c’eri tu, dietro a tutto questo. Tu che sapevi, e che non hai fatto niente per impedirlo.»

«Ascoltami, ci sono degli avvenimenti, nel corso del tempo, che devono restare immutabili, anche se atroci…» il capitano alzò una mano, imponendo silenzio.

«Ma poi» la voce si addolcì impercettibilmente. «Poi mi ricordo che tu eri sempre là. Non l’hai impedito, ma non ci hai mai abbandonato. Né me né Gilbert. Ogni volta, tu eri là.»

Il capitano si mise a sedere davanti a Francis, porgendogli di nuovo la fiaschetta.

«Non so quali grandi piani avesse il destino per questa Galassia, e quanto tu ne sia stato coinvolto. Ma non posso dimenticare che, ogni volta che tendevo la mano, c’era un Fiammingo pronto ad afferrarla.»

Un sorriso triste solcò le labbra del Marauder.

«Avrei voluto avvertirvi. Lo avrei voluto davvero. Ma non ho potuto. Alcune cose non devono essere impedite, per quanto spaventose. L’unica cosa che potevo fare era starvi vicino» afferrò la bottiglietta, ma non riuscì a portarla alle labbra finché Gilbert non biascicò:

«E non è esattamente quello che fanno gli amici? Non possono impedire che ci venga fatto del male, ma, diavolo! Se non ci sono loro andiamo in pezzi!» l’Hellsing gli assegnò un pugno e un sorriso sghembo. «Grazie per essere stato la nostra colla.»

«La vostra “colla”?» lo prese in giro Francis, accostando la fiaschetta alle labbra. «Dovresti spolverare la tua riserva di dichiarazioni a effetto, Gilbert. È piuttosto carente.»

«Le dichiarazioni a effetto erano riservate a Matthew, tu non ne vali la pena.»

Di nuovo, il Marauder quasi sputò un polmone dal naso sotto l’effetto del liquore.

«E dovresti rivedere anche la ricetta di questa sbobba. Ma che diavolo è, fuoco greco?»

«Ricetta segreta» dichiarò Giselbert con fare misterioso, prima di sorbire un sorso lungo il doppio di quello del collega. «E tu fatti revisionare lo stomaco, femminuccia. Devono averti dato per sbaglio quello di un canarino.»

I tre amici volsero lo sguardo verso il cielo.

Socchiusero gli occhi, accecati dal bagliore della tempesta di fulmini sopra di loro.

Nel cielo si erano aperti dei vortici crepitanti, e tra le loro spire si agitavano interi stormi di fulmini. Qualche serpente di luce arrivava fino al Confine del Mondo e ne azzannava un pezzo, e quello cadeva nell’aria, lento e leggero come un fazzoletto di seta, prima di sparire in una finissima polvere argentea.

«Avevano detto che avremo guidato i nostri popoli» mormorò Gilbert. «E guardateci ora. A guidare popoli stranieri verso un’altra dimensione. I nostri vecchi sarebbero fieri di noi.»

«Così è questa. La fine» Antonio contemplò lo spazio che si sgretolava, un atomo per volta. Era terribile, era magnetico, era magnifico. Ed era l’ultimo scenario che avrebbero visto della Confederazione in cui erano nati e cresciuti.

«Qualche rimpianto?» chiese Francis.

«Avrei dovuto avere più cura dei semi che avevo piantato» confessò l’Hellsing.

«Ho fatto molte cose di cui non vado fiero. Non mi chiamano “la Mano Destra del Diavolo” senza un valido motivo» Antonio sospirò, mentre un altro pezzo di universo di schiantava nel nulla. «Ma ogni passo, anche quello più insanguinato, mi ha portato qui. Ho dei rimorsi, ma non dei rimpianti.»

«Io ho sia rimorsi che rimpianti, in un numero che è quasi imbarazzante da elencare» Francis chiuse gli occhi, e una saetta disegnò un’ombra bianca sulle sue palpebre. «Trecento anni sono troppo lunghi per non averne. Ma il mio più grande rimpianto è…» Francis inforcò di nuovo gli occhiali, e un’espressione sorniona gli si accovacciò sulle labbra. «Non vi ho ancora raccontato di quella ragazza Asean.»

«E te lo terrai, questo rimpianto! Io non voglio sentire!» lo zittì Gilbert.

Rimasero tutti e tre in silenzio, mentre lo spazio che si sfasciava dipingeva bizzarri aloni di luce sui loro volti.

Antonio tese la mano. E quelle dei suoi amici l’afferrarono immediatamente, stringendola con tutta la loro forza.

Erano sempre stati lì. Anche quando erano stati separati, non si erano mai perduti.

«Eccoci qui. Alla fine» constatò l’Hellsing.

«Ti sbagli, Gilbert» lo contraddisse Antonio. «La nostra più grande avventura deve ancora cominciare. Da domani, avremo una nuova dimensione da esplorare.»

 

***

 

Il sole si stava affacciando all’orizzonte.

Feliciano osservava Ludwig, profondamente addormentato. Era buffo come riuscisse ad avere un’espressione seriosa perfino mentre dormiva.

Sfiorò delicato la curva pronunciata dello zigomo, e le palpebre del giovane fremettero prima di aprirsi.

«Feliciano?» lo chiamò, la voce appesantita dal sonno. «Che ore sono?»

«Tra poco partiremo» annunciò il ragazzo.

Ludwig si sollevò a sedere e scostò la frangia ramata del giovane per poterlo vedere meglio in viso.

«Feliciano? Che cos’hai?» chiese, circondando il volto del ragazzo con le mani.

I palmi di Ludwig erano ruvidi, gentili, e quando lo toccavano con tutta quella premura Feliciano aveva voglia di piangere e ridere di gioia al contempo.

Il giovane portò le mani su quelle di Ludwig. I suoi palmi, invece, erano morbidi e tremanti. Era il mago più potente della Galassia, e il più spaventato.

«Ho paura» ammise in un respiro tremulo.

«Il Mago dell’Ovest ha aperto un portale, in passato, è un processo sicuro…»

«Non ho paura di quello» Feliciano strinse forte i polsi del suo amante. Sapeva che dire una cosa del genere sarebbe stato crudele, ma come poteva lasciare Ludwig nell’ignoranza? «E se nella prossima dimensione non ci fosse la magia?»

Il Guardiano lo fissò senza capire, con i suoi occhi azzurri.

«Hai paura di perdere i tuoi poteri?» tentò.

«No. Ho paura di perdere te!» esclamò Feliciano, abbassando la voce subito dopo. Era un discorso sufficientemente difficile anche senza condirlo con urla insensate. «Per gli incantatori come me… sarebbe un duro colpo, ma riusciremmo ad abituarci, in qualche modo. I Gunsmith sono stati plasmati da della materia vivente, potrebbero al massimo cambiare forma, ma tu… tu, Ludwig, sei nato interamente dalla magia.»

Gli occhi del Guardiano si spalancarono, quando compresero il sottinteso di quelle parole.

«Se non ci fosse la magia… morirei.»

Feliciano annuì, storcendo le labbra per trattenere le lacrime.

«Non riesco a immaginarmi una dimensione senza di te. In questi anni, sono sopravvissuto al Palazzo di Quarzo solo perché c’eri tu. Tu, e il pensiero che dovevo vivere per rivedere mio fratello. Solo voi due. Voi due siete stati sufficienti per darmi ogni giorno la forza di sopportare il nulla e il vuoto di quel posto. Tu hai riempito quel nulla. E se tu dovessi sparire, io…»

«Feliciano. Feliciano, guardami.»

Le mani attorno al suo viso lo sospinsero gentilmente verso l’alto, e il giovane aprì gli occhi che aveva chiuso per impedire alle lacrime di uscire. Ludwig baciò le sue ciglia umide di pianto, prima di poggiare le labbra sulla sua fronte.

«”Per sempre” significa che non ti dirò mai addio, e non ti lascerò solo. Qualunque cosa succeda, non ti abbandonerò» le dita del Guardiano gli accarezzarono la nuca, con una gentilezza impossibile per le mani di un guerriero. «Questa è la nostra promessa, non ricordi?»

Feliciano lasciò le lacrime libere di scorrere.

«Sì! Sì, me lo ricordo!» e si sollevò per baciare le labbra del suo Guardiano.

«Perciò anche tu, Feliciano…» lo pregò Ludwig, scostandosi appena dalla sua bocca. «Non dirmi addio. Qualunque cosa succeda oggi, non puoi dirmi addio.»

Feliciano annuì, aggrappandosi al collo del giovane per avere un altro bacio.

Il muggito di un corno rimbombò nell’aria, e il giovane si staccò dal suo Guardiano. Ma non riuscì a lasciare la sua mano, come non riuscì a liberarsi della paura folle che Ludwig sarebbe volato in qualche luogo lontano, che lui non avrebbe potuto raggiungere.

La mano del Guardiano gli accarezzò di nuovo il viso con quella dolcezza insostenibile.

«Va tutto bene, Feliciano. Sarà come fare un salto, e saremo di nuovo insieme. In una nuova dimensione, una dimensione libera.»

Il giovane annuì, ma le sue dita rimasero serrate intorno alla mano del giovane.

L’ombra del dubbio passò nelle iridi cerulee di Ludwig.

«Vedi qualcosa?» domandò, cauto.

Le dita di Feliciano si strinsero come per uno spasmo attorno alle sue, e il Guardiano comprese. L’Asse era uno dei maghi più potenti di tutta la Galassia; ovviamente, anche i suoi poteri divinatori erano eccezionali. E precisi: le predizioni di un Asse erano sempre veritiere.

Ludwig si chinò per arrivare con gli occhi alla stessa altezza di quelli ramati del suo compagno, fissi al suolo.

«Cosa vedi?» chiese, con il massimo tatto possibile.

Feliciano prese fiato tre volte, i polmoni che sussultavano come se non ricordassero più come si faceva a inalare.

«Non vedo niente.»

«E non è una buona cosa?»

L’Asse rivolse verso di lui gli occhi ramati, infossati nelle lacrime.

«Sai qual è l’unica cosa che un indovino non può prevedere?»

«Ludwig!» il richiamo di Gilbert interruppe i loro discorsi. «Feliciano! Dobbiamo partire!»

Il Guardiano portò velocemente la mano dell’Asse alle labbra per baciarne il dorso.

«Ce la faremo» cercò di rassicurarlo, prima di uscire.

La chioma rossastra di Feliciano si chinò in un assenso, prima di raggiungere gli altri.

Il cielo era tappezzato di Aeronavi. Si distinguevano le imbarcazioni Asean, sottili e slanciate, contrapposte ai velivoli panciuti prodotti su Britannia. La bandiera piratesca della Reina sembrava farsi beffe delle vele bianche delle Aeronavi che avevano sottratto alla decaduta flotta Vaticana. Le buffe mongolfiere metalliche dei Gunsmith si incastravano negli spazi vuoti delle colleghe più imponenti.

Feliciano si affiancò a Lovino. A terra erano rimasti solo lui, il fratello, Ludwig e il Mago dell’Ovest, ossia gli incantatori che avrebbero aperto il portale e la loro guardia.

Il Britanno vestiva gli abiti di Faerie, e sul suo viso era sceso un velo di lutto.

Arthur non riusciva a scordarsi cosa era accaduto quanto le Aeronavi avevano lasciato il suolo di Britannia. I pianti dell’addio gli avrebbero torturato la coscienza per molti anni ancora.

Aveva scorto il Leone Incoronato, tra gli anziani che avevano deciso di restare.

Si era fatto da parte per permettere al sovrano di accedere al vascello, ma quello era rimasto fermo, a fissarlo con il sorriso sereno dei saggi.

«Vostra Altezza?» Arthur non aveva osato formulare la tremenda domanda che gli aveva azzannato il cuore.

«Vai, Mago dell’Ovest. Le Aeronavi hanno bisogno di un capitano.»

«Non posso salire prima di voi.»

«Io non salirò su quelle navi, Mago dell’Ovest.»

«Perché?» la domanda scivolò fuori dall’ombra del cappuccio: Arthur aveva abbassato impercettibilmente la testa in modo da essere completamente nascosto da essa.

Il Leone Incoronato aveva rivolto uno sguardo alle sue spalle, sereno.

«Perché anche loro sono il mio popolo, e hanno bisogno di una guida. Tu guiderai la nuova Britannia verso una nuova dimensione, io condurrò la vecchia Britannia a una fine pacifica.»

«Mio Sire…»

«E non potrei mai vivere in una nuova dimensione. Sono nato assieme a questo pianeta, e desidero andarmene assieme a lui.»

«Non c’è niente che possa farvi cambiare idea?»

Il Leone Incoronato gli sorrise compassionevole.

«No, Arthur. Ma non essere triste. Ogni cosa inizia, ogni cosa finisce. È nel ciclo naturale delle cose. Ed è giusto che sia così.»

Arthur raddrizzò le spalle: dovevano reggere il peso di una nazione, non poteva permettere loro di incurvarsi.

«Siete stato una guida meravigliosa, Leone Incoronato» si congedò, con un profondo inchino.

«E tu lo sarai, Mago dell’Ovest» rispose il sovrano. «Li affido a te. Conducili in un posto che sia bello come la tua Faerie.»

Li aveva osservati mentre si sollevavano in volo: piccoli corpi che diventavano piccoli punti che poi sparivano nel nulla. Tante persone che quel giorno sarebbero state cancellate.

«Dimmi che è l’ultima volta che devo vedere così tante persone…» non era riuscito a finire la frase, quando il Marauder gli si era accostato. «Dimmelo.»

Gli occhi di Francis erano rimasti fissi su Britannia, un punto sempre più piccolo e indistinto nello spazio.

«Dipenderà da noi» aveva risposto. «È sempre dipeso da noi.»

Scosse la testa, focalizzandosi di nuovo sul presente.

I due fratelli Vargas attendevano istruzioni.

Lovino lanciò un’occhiata fuggevole alle sue spalle, dove gravitava la Reina de la Oscuridad.

Anche lui era inquieto, e non solo perché nessuno di loro sapeva dove quella fuga li avrebbe condotti.

Antonio era tornato da lui, dopo aver trascorso un po’ di tempo con i suoi vecchi amici.

L’odore di alcol lo aveva subito messo in allarme, ma il capitano sembrava assolutamente sobrio. Il mattino avrebbe preteso la massima efficienza, e un ubriacone era l’ultima cosa di cui avevano bisogno. Fortunatamente, anche Antonio lo sapeva.

«Il liquore degli Hellsing ha un sapore tremendo» si era lamentato, dopo che il suo compagno lo aveva baciato.

«Dovresti dirlo a Francis, ne sarà felice.»

«Non voglio avere niente a che fare con quel tipo.»

Antonio aveva fissato la posa irrigidita di Lovino. Lui poteva perdonare Francis in nome della loro vecchia amicizia, di tutti i bei momenti passati insieme, ma, per il giovane, il Fiammingo era il diabolico burattinaio dietro quello sconvolgimento, sempre in mezzo a loro e senza aver mai avuto la decenza di avvisarli.

Antonio conosceva il vero Francis, Lovino aveva visto solo l’Asse di trecento anni prima. Era normale che provasse astio per la persona che aveva previsto tante sciagure e non aveva fatto niente per prevenirle. Anche lui aveva odiato a lungo il Mago dell’Ovest, prima di conoscere la verità.

«Un giorno capirai che anche Francis è una brava persona. Nonostante i suoi innumerevoli difetti.»

«Non voglio parlare di quel brutto ceffo, adesso.»

Lovino aveva raddrizzato la schiena, e la pelle di Antonio si era accapponata per il timore.

Non era mai un buon presagio, quando il giovane diventava serio in quel modo.

«E di cosa vuoi parlare?» lo aveva invitato il capitano.

«Domani» Lovino era partito alla massima velocità: se avesse rallentato, si sarebbe fermato, sarebbe scoppiato a piangere e si sarebbe precipitato tra le braccia di Antonio pregandolo di rimanere con lui, e non poteva permettersi una crisi di nervi, arrivato a quel punto. «Domani tu salirai sulla Reina.»

«Ma tu sarai ad aprire il portale, e Ludwig rimarrà come vostra guardia. E anche io…»

«Ludwig non deve pilotare un’Aeronave. Tu sì. Perciò, domani salirai sulla Reina.»

«E se dovesse succedere qualcosa?»

«Se dovesse succedere qualcosa, troverò comunque una strada per tornare sulla Reina.»

«Cosa ti fa essere così sicuro? Per via dei tuoi poteri?»

Lovino aveva appoggiato le mani sui suoi avambracci per avere un sostegno mentre si alzava sulle punte dei piedi e si avvicinava al suo orecchio.

«Perché ti amo, idiota.»

Era stato appena un mormorio. Se lo avesse detto più forte, sarebbe morto di imbarazzo.

Erano trascorsi alcuni istanti nel silenzio più totale prima che le dita di Antonio gli accarezzassero la testa abbassata, per poi scendere sulle spalle, percorrere le braccia e approdare alle mani.

«Stai tremando.»

Lovino aveva cercato di sottrarre le mani alla presa dell’uomo. Antonio le aveva lasciate libere, solo per afferrargli con rude delicatezza il viso e condurlo verso di sé.

«Ti chiamiamo la Mano Sinistra del Diavolo da così tanto tempo, Lovino, che ci scordiamo sempre quanto sei giovane» aveva bisbigliato sul suo viso. «Non posso prendere il tuo posto, domani?»

«Non essere stupido. Che poteri magici hai, tu?»

«Quasi nessuno» aveva confermato tristemente Antonio.

«Se lo sai, perché lo chiedi?»

«Perché ti amo, Lovino. E darei il mio braccio destro per poterti sostituire, domani.»

Lo aveva abbracciato e lo aveva baciato a lungo, come se avesse voluto strappargli quella magia che gli avrebbe permesso di prendere il suo posto.

Era giovane, era troppo giovane per sostenere quel peso. Nessuno, in quella Confederazione, aveva mai aperto un portale dimensionale, prima di allora. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo. E Lovino e Feliciano sarebbero stati nell’occhio del ciclone, assieme al Mago dell’Ovest, difesi unicamente dal guardiano perché tutti gli altri sarebbero stati troppo impegnati a fare i capitani e a salvarsi la vita.

Sarebbero stati da soli, nel bel mezzo di una Galassia che divorava se stessa.

Lovino scacciò a forza quei pensieri per concentrarsi sulle parole del Mago dell’Ovest.

Assunsero la posizione tracciata dal Britanno, e pronunciarono assieme la formula magica.

Arthur lanciò un’occhiata ansiosa alla sua flotta. Sarebbero stati gli ultimi a partire, per poterlo recuperare e fuggire prima che il portale si chiudesse. Sperava che questo non avrebbe compromesso la loro salvezza.

I tre incantatori si disposero a triangolo e tesero le mani verso il cielo.

Il rituale ebbe inizio.

 

***

 

Gli anziani rimasti su Britannia, nel sistema Asean e in tutti i pianeti della Confederazione alzarono gli occhi al cielo, e sorrisi rugosi incresparono i loro volti.

Uno squarcio di ombre e luci bluastre si era aperto nel centro del cielo, più rassicurante e più maestoso dei vortici impazziti che squassavano la volta celeste. Alcuni di loro salutarono le Aeronavi che, come tanti piccoli sciami ordinati, si affrettavano verso un nuovo mondo.

Un vecchio, su Chugoku, aveva appena acceso due incensi sulla tomba della defunta sposa, e si era seduto di fianco alla lapide, chiacchierando con il marmo.

«Stai parlando con Mei-Ling?» domandò un’anziana donna, seduta di fianco a una tomba poco distante.

«Le ho solo detto “aspettami”» sorrise, mostrando un chiostro di denti sgangherati. «Il resto glielo dirò di persona, più tardi.»

Il Leone Incoronato, su Britannia, stava leggendo alcuni passi del Testo Sacro.

«La gabbia della vita ti lascerà libero di volare nella terra dei Verdi Pascoli, che non conosce fame, freddo o dolore. Non accumulate i vostri tesori su questa terra di cenere, ma accumulateli sotto gli alberi in fiore di quel posto miracoloso, poiché il vostro cuore sarà dove sarà il vostro tesoro.»

«Leone Incoronato, maestà, ho un problema» annunciò un vecchio. «Il mio cuore è incatenato alla mia patria. Che posso fare?»

Il sovrano sorrise, chiudendo il libro.

«Sono sicuro che il Giudice Supremo farà un’eccezione. Abbiamo dato l’anima a questa nostra terra, e con essa l’abbiamo amata. E l’amore non è mai una cosa negativa.»

Fu proprio in quel momento che il cielo crollò.

Il terribile suono dello spazio lacerato si conficcò nel cuore di ogni pianeta, facendolo tremare con violenza. L’asse di rotazione dei satelliti più piccoli fu divelto da quella scossa apocalittica, e i vecchi più deboli si accasciarono al suolo, mortalmente trafitti da quel suono spaventoso.

«Non devi avere più paura, Mei-Ling» mormorò l’anziano Asean, tendendo la mano verso la pietra tombale. «Non sarai più sola. Perdonami se ti ho fatta aspettare» una lacrima si incastrò in una ruga a lato degli occhi, mentre il vecchio esalava l’ultimo respiro con un sorriso. «Sei sempre così bella…»

Il cielo si spezzò, e i suoi frammenti si schiantarono sui pianeti sottostanti, schiacciando case, colline, persone. Una piccola baita solitaria e un bulbo mai nato furono sbriciolati da uno dei pezzi più grossi.

I capitani delle Aeronavi quasi si bruciarono le dita per la forza con cui tirarono i timoni per evitare i frammenti fatali e mantenere l’assetto di bordo.

Feliciano, Lovino e Arthur invocarono una barriera, mentre Ludwig colpiva i pezzi di cielo con la sua spada, mandandoli in frantumi prima che potessero colpirli.

Gli incantatori lanciarono un’occhiata alle Aeronavi ancora dalla loro parte del portale: alcune mongolfiere dei Gunsmith erano rimaste indietro rispetto alle altre, e si affrettavano di fianco alle navi Asean e alla Reina, passata per metà. La flotta di Britannia attendeva il proprio mago.

Non mancava molto, ma era comunque troppo se la Confederazione aveva già cominciato a crollare.

Poi arrivarono.

Un’orda di incubi e abomini piovve dal cielo. I demoni erano finalmente pronti a divorare quella Galassia che per tanto tempo avevano solo potuto vedere dall’altra parte del Confine del Mondo.

Gli anziani sopravvissuti si strinsero tra loro, decisi a portare fino a termine il loro intento di morire assieme al loro pianeta. Ma molti di loro piansero, prima che i demoni li travolgessero.

Gilbert si sporse dalla balaustra della Reina per scrutare all’interno del portale appena attraversato.

«Io torno indietro» annunciò, caricandosi l’archibugio in spalla. «Non ce la faranno mai, senza un Hellsing.»

«Hai ragione» convenne Roderich, poggiandogli una mano sulla spalla. «Ma tu non sei l’unico Hellsing presente.»

Lo spinse prima che Gilbert potesse capire cosa stava succedendo. Le mani callose dei marinai lo afferrarono, trattenendolo sulla nave. Roderich doveva essersi accordato con loro in precedenza, in qualche modo.

Gilbert si dibatté, ma inutilmente: per quanto forte, era pur sempre uno contro sei.

«Fermo!» gridò, vedendo l’altro Hellsing scavalcare la balaustra.

Roderich si voltò verso di lui, l’espressione seria appena intaccata da un sorriso triste.

«Faccio quello che dovrebbe fare un padre. Vado a scacciare i mostri da sotto il letto.»

«Un padre dovrebbe stare insieme a suo figlio!»

Quelle parole lo colpirono come una freccia al cuore e, per un attimo, la sua compostezza venne meno.

«Non sono stato un buon padre» commentò amaro Roderich.

«Sei stato pessimo» rincarò Gilbert, proteso verso di lui con tutte le sue forze. «E se muori adesso, non avrai nemmeno la possibilità di dimostrare il contrario.»

Roderich sfiorò il violino con devozione prima di mostrarlo a Gilbert.

«Non sono mai stato in grado di uccidere i demoni, ma con questo posso creare una barriera per trattenerli. Non grande abbastanza per una Confederazione, ma sufficiente per cinque persone» portò il violino al petto e assegnò uno sguardo fiero e malinconico a Gilbert. «È sempre stata la mia peculiarità. L’unico Hellsing che non uccide i demoni ma li ferma» le dita passarono delicate sulle corde. «Mi chiedo se non fosse in qualche modo… stabilito fin dall’inizio…»

«Roderich…»

Non voleva perderlo di nuovo. Aveva passato anni a cercarlo, a tentare di capire perché suo padre li avesse traditi. E lo aveva trovato, aveva capito. Così tanto tempo, così tanto dolore che si sarebbe potuto evitare…

Roderich sollevò la mano in un saluto. Gilbert si sentì morire.

«Vivi la tua vita» l’Accordatore gli regalò un sorriso inquinato di lacrime trattenute. «E fai in modo che sia meravigliosa

Poi si lanciò nello spazio, avvolto da una bolla di atmosfera di artificiale, e corse più veloce che poté dove le grida di suo figlio non lo avrebbero raggiunto.

Attraversò il portale e atterrò in mezzo ai maghi prima che potessero farlo i demoni.

L’archetto passò furioso sulle corde, e la barriera bloccò quegli abomini prima che potessero abbattersi su di loro.

Un rombo di fiamme riscaldò l’aria intorno a loro: il Figlio del Cielo stava combattendo per salvare le Aeronavi restanti.

«Quanti ne mancano?» gridò Roderich, senza smettere di suonare.

«Solo due navi Asean» strillò di rimando Lovino, per farsi udire sopra i versi dei demoni e le fiamme del Figlio del Cielo. «E la flotta di Britannia.»

Le navi Asean attraversarono veloci il portale, e il loro sovrano si librò sopra le Aeronavi di Britannia per bruciare qualunque mostro troppo ardito.

«Il Figlio del Cielo è straordinario» si complimentò il Mago dell’Ovest. «Rischiare tanto per degli stranieri…»

«Non dire sciocchezze Vaticane» lo rimproverò Lovino. «Siamo tutti uguali. Siamo tutti fuggiaschi.»

Il giovane cercò di mascherare il tremito della voce, ma non riuscì a nascondere i brividi che si propagavano in tutto il suo corpo. Tenere aperto un portale dimensionale di quella grandezza era un’impresa estremamente faticosa, e il terrore che la barriera dell’Accordatore potesse fallire non aiutava a sopportare la stanchezza.

Era troppo. Un portale intero, i demoni, la paura… era troppo. Sentiva le lacrime bruciargli gli occhi e le ginocchia sul punto di crollare, ma si morse le labbra e si costrinse a continuare. Era troppo, ma non poteva cedere: non ci sarebbe stato nessuno a prendere il suo posto. E si erano spinti troppo lontano per fallire per un suo istante di debolezza.

La flotta di Britannia scorse veloce all’interno del portale, fino a che l’ultima nave lanciò una corda nella loro direzione.

«Dobbiamo aggrapparci tutti nello stesso momento» urlò il Mago dell’Ovest in direzione dell’Accordatore: lui, Lovino, Feliciano e Ludwig si erano accordati in precedenza, ma Roderich era nuovo. «Appena interromperemo la magia, il portale inizierà a chiudersi.»

«Io non attraverserò quel portale.»

Roderich non si voltò per vedere le espressioni dei suoi interlocutori. Doveva suonare. E poi, sapeva che non avrebbe sostenuto lo sguardo ferito e sconvolto di Ludwig. Era troppo simile a quello di Gilbert.

«Se smettessi di suonare, la barriera crollerebbe. E questi mostri ci divorerebbero in un attimo. Inoltre… non vogliamo che questi abomini ci seguano, giusto? Li tratterrò da questa parte finché il portale non si sarà chiuso completamente.»

«Ma non si sono avvicinati al portale, magari non gli interessa…» provò a dire Ludwig.

«Solo perché ci siamo noi, e noi siamo carne, il portale no. Ma quando avranno esaurito il cibo, lo cercheranno da qualche altra parte… magari una nuova dimensione.»

«Cosa dirò a Gilbert?»

Solo gli anni di assiduo studio dello strumento gli impedirono di interrompere la melodia e decretare la loro fine. Gilbert. Il bambino che lo pregava per un po’ di affetto e che all’improvviso era diventato un guerriero solitario. Che non aveva smesso di pregarlo.

«Non gli dirai nulla. Ho già detto tutto quello che volevo dirgli» questa volta, una lacrima riuscì a scivolare sul violino.

«Non c’è più tempo!» li avvertì il Mago dell’Ovest, prima di afferrare la corda. Lovino e Feliciano si attaccarono subito dopo, seguiti da Ludwig, tutti avvolti da bolle di atmosfera artificiale.

Roderich coprì la loro ritirata, ma quel giorno non aveva ancora esaurito le sgradevoli sorprese.

Ludwig lasciò andare la corda come se si fosse trasformata improvvisamente in un tizzone ardente, ritraendosi all’interno del portale.

Feliciano si dimenticò della corda e corse verso di lui, seguito da Lovino, che non aveva intenzione di lasciare il fratello da solo, ignorando le grida di avvertimento del Mago dell’Ovest.

«Che diavolo stanno facendo?» inveì Antonio, vedendo i tre bloccati davanti al portale. Gilbert seguiva la vicenda con la stessa espressione sconvolta incollata al viso.

Erano troppo lontani per sentire cosa i fratelli Vargas e uno degli ultimi Hellsing si stessero dicendo.

«Ludwig?» lo chiamò Feliciano, tendendo la mano. «Vieni. Dobbiamo andarcene.»

Ludwig lo guardò con la morte nelle iridi azzurre, e stese le dita verso di lui. Nel momento in cui queste attraversarono il portale si ricoprirono di crepe e la pelle divenne grigia e spenta come la sabbia su un fossile.

Il Guardiano ritrasse la mano prima che potesse diventare un pugno di sabbia.

«Era come avevi detto tu» masticò a fatica, il cuore gonfio di lacrime. «Non posso uscire da questa dimensione. Sono stato creato dal nulla. Se esco da questa dimensione, torno a essere nulla» un pezzo di portale si sfaldò in un lampo di luce. Sotto quel bagliore pallido, il viso di Ludwig apparve cereo come quello di un morto. «Mi dispiace…»

Feliciano quasi non sentì le mani del fratello poggiarsi sulle sue spalle. Doveva perdere anche Ludwig? Una delle due cose preziose della sua vita?

Tese di nuovo la mano all’interno del portale. I demoni impazzivano attorno alla barriera di Roderich, i motori delle navi ruggivano e i capitani urlavano loro si sbrigarsi. Feliciano non udì nessuna di quelle cose. Sentì solo il suo cuore rallentare i battiti e poi tacere, come se fosse morto. Ludwig, il suo Ludwig…

Il Guardiano afferrò la sua mano e la strinse al petto, per poi baciarne le dita.

«Non dirò addio. Te l’ho promesso.»

Lovino immaginava che Feliciano non avrebbe accettato facilmente la perdita di Ludwig. Ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a tanto per il suo Guardiano.

Si gettò all’interno del portale, si portò dietro Ludwig e appoggiò una mano in mezzo alle sue scapole e l’altra al centro del proprio petto.

«Tu sei forte» lo salutò con un filo di voce. «Quindi trova la forza per perdonarmi» e lo spinse verso Lovino con un’onda d’urto.

Ludwig ruzzolò fuori dal portale, inebetito e dolorante. Tutto il suo corpo bruciava, come se un minuscolo incendio stesse divampando in ognuna delle sue cellule. Occorsero alcuni secondi di immobilità e respiri profondi per calmare quella sensazione e rendersi finalmente conto di cosa fosse successo.

Era all’esterno della sua dimensione, eppure la pelle era ancora pelle. Non si era sgretolato in una miriade di frammenti.

«Feliciano!» esultò, voltandosi. «Feliciano, ha funzionato! Qualunque cosa tu…» la voce rallentò tra le sue labbra fino a spegnersi del tutto. «Feliciano? Perché non esci?»

L’Asse stese tristemente la mano nella loro direzione, e la ritirò quando le dita iniziarono a sbriciolarsi.

«Feliciano!» il dolore nella voce di Lovino lacerò l’aria martoriata dai versi dei demoni. «Che cosa hai fatto?»

«Scambio di struttura molecolare» il sorriso gli squarciò il viso con una tristezza infinita. «Ora sono io… a essere nato dal nulla.»

Una saetta bianca portò con sé un pezzo di portale, nascondendo il corpo del giovane dalla vita in giù.

«Fammi tornare com’ero!» gridò il Guardiano. «Feliciano, ti prego… non ho mai voluto questo!»

«Ma il destino l’ha voluto, Ludwig.»

L’Asse si allontanò di un passo quando un fulmine azzurro strappò un altro frammento di portale. Ormai era visibile solo il suo volto a pezzi.

«L’unica cosa che un indovino non può vedere, Ludwig. Vuoi sapere qual è?» fu un lamento strozzato quello che abbandonò la gola di Feliciano, otturata di lacrime. Avrebbe voluto essere forte, sorridere e incoraggiarli fino alla fine, ma non ci riusciva: i suoi cari stavano per andarsene dove non li avrebbe mai raggiunti, e lui sarebbe stato divorato dai demoni, e tutto sarebbe finito e non ci sarebbe più stato ritorno. Aveva paura, e non sapeva come nasconderlo.

«Un indovino non può prevedere la sua morte» concluse per lui Lovino, quasi inudibile. La sua voce si alzò improvvisamente di tono quando urlò: «Perché non mi hai detto niente, Feliciano? Avremmo potuto trovare una soluzione!»

«E quale?» il pianto gli scosse le labbra, e l’Asse abbassò lo sguardo perché i due non vedessero lo spuntare delle prime lacrime sul suo viso. «Non avrei mai permesso a Ludwig di morire.»

«Sei anni» paura, rabbia e tristezza avevano conficcato i loro artigli nella gola di Lovino, e le parole uscirono livide e tremanti. «Ti ho cercato incessantemente per sei anni, Feliciano! E adesso dovrei perderti così?»

«Ti voglio bene, Lovino» cercò di deglutire, ma la gola era diventata un nodo stretto e amaro. «Ricordatelo, ovunque andrai. È l’unica cosa che conta.»

«Feliciano!»

«Ti voglio davvero bene, Lovino. Davvero… davvero tanto…»

Il portale si sbriciolò sotto una saetta argentata, e gli occhi ramati che li guardavano disperati furono tutto ciò che poterono vedere di Feliciano.

«Anche se dovessi rinascere come una rosa, ti troverei tra mille altre rose…» le parole inciamparono sulla lingua del Guardiano, che dovette interrompersi per trangugiare le lacrime. «Troverò la strada, Feliciano. Troverò la strada che mi riporterà da te.»

«La troveremo» si inserì Lovino, le spalle tremanti e gli occhi di fuoco. «Non dirò un addio. Non è un addio. Ci ritroveremo, da qualche parte, in una qualche piega dell’universo. Non è un addio. Ti ritroverò.»

Gli occhi di Feliciano annuirono, affogati dalle lacrime che continuavano a sgorgare.

Il portale lanciò il suo ultimo crepitio, e le iridi ramate iniziarono a sparire.

«Feliciano!» gridò Lovino, la bocca piena di collera e pianto, mentre le ultime brecce del portale si chiudevano. «Ti troverò! Lo giuro, ti ritroverò!»

«Fate presto» mugolò Feliciano, quando fu certo che il portale si fosse definitivamente chiuso, sigillandolo in quell’inferno di demoni. «Ho paura di rimanere da solo…»

«Non sei solo.»

L’affermazione del musicista lo sorprese alle spalle.

«È anche il titolo di questa sinfonia» annunciò Roderich, la schiena che si ergeva fiera contro i demoni che picchiavano sulla barriera. «Che, purtroppo, sta per finire.»

Feliciano non riuscì a dire nulla.

Si alzò e sollevò le braccia verso il cielo, invocando una barriera un istante prima che l’archetto abbandonasse le corde.

«Ho guadagnato solo un po’ di tempo» notificò Feliciano, un terrore gelido che gli scuoteva le ossa.

«È sempre stato l’Asse a proteggere la Confederazione dai demoni. Ma senza cibo e senza acqua… resisteremo al massimo tre giorni.»

«Vale davvero la pena sopravvivere per vedere… questo?» Roderich indicò lo scempio alle sue spalle: migliaia di demoni ammassati che premevano le loro fauci sui bordi invisibili della barriera.

La preghiera dell’Asse si inciampò nel pianto.

«Non voglio morire.»

Il musicista lo osservò con una compassione sconfinata.

«Nessuno lo vuole. Ma l’aldilà non è un brutto posto. Ci sono tutti gli Hellsing, e, anche se a volte sono rozzi, sono una buona compagnia. E se dovessi vedere una ragazza che combatte come un uomo, chiamami subito. Mi sta aspettando da anni, ormai.»

Un singhiozzo gli scosse il petto quando le braccia dell’uomo lo circondarono.

«Ti abbiamo ammantato con il titolo di Asse, e ci siamo scordati che c’è un ragazzo, dietro quel nome.»

L’Asse non poteva crollare, ma Feliciano sì. E stava andando a pezzi, in quel momento.

«Loro sono salvi» affermò, convincendo se stesso e Roderich al contempo. «Ne è valsa la pena.»

«Oh, sì» Roderich lo abbracciò più stretto. «Per loro, altre mille volte…»

Feliciano si aggrappò con tutte le sue forze alle spalle dell’uomo mentre annullava la barriera.

Il respiro scorreva mozzato nelle loro gole, i muscoli tremavano e i cuori battevano all’impazzata. La morte si stava avvicinando.

Feliciano sollevò improvvisamente il capo, stupido.

«Roderich» esclamò. «Qualcuno ci sta chiamando…»

Furono le sue ultime parole, prima che un demone si avventasse sul suo collo scoperto.

 

***

 

Era difficile correre quando tutto ciò che si desiderava era inginocchiarsi e piangere.

Se solo le lacrime avessero davvero potuto risolvere il problema, Ludwig e Lovino avrebbero pianto fino a disidratarsi. Ma un Guardiano sapeva che si vinceva solo combattendo e la Mano Sinistra del Diavolo sapeva che il destino si cambiava con le proprie mani, non con le lacrime.

Anche con il cuore di piombo e le gambe di marmo, i due si fecero strada verso le Aeronavi, chi con la tenacia del guerriero e chi con la rabbia del fuorilegge.

Si voltarono entrambi di scatto quando un fragore tremendo li scosse per le spalle.

La chiusura del portale, per contraccolpo, aveva generato un vortice dimensionale. Che ora stendeva le sue spire turbinanti verso di loro.

«Via!» gridò Ludwig, afferrando Lovino per un braccio.

La Mano Sinistra del Diavolo cercò di correre al massimo delle sue forze, ma il vortice non impiegò molto ad afferrare un lembo dei suoi pantaloni per poi ghermire la sua caviglia. La spira diede uno strappo, e le gambe di Lovino furono risucchiate fino alla coscia.

Il Guardiano lo tenne saldamente per i gomiti, cercando di tirarlo fuori da quelle sabbie mobili dimensionali. Lovino tentò di scalciare, poi provò a rimanere immobile, ma nessuna delle sue strategie ebbe successo: la melma dimensionale lo aveva inglobato fino alle anche.

La consapevolezza che quella era la sua fine gli inumidì le ciglia. Tutto quelle battaglie per nulla. La Mano Sinistra del Diavolo sarebbe stata mozzata da uno stupido contraccolpo magico.

L’invettiva uscì ruvida e rovente, per compensare il panico che gli stava gelando il cuore.

«Lasciami andare!» morse le lacrime che arrivarono a bagnargli le labbra e ruggì: «Lasciami andare! Mio fratello si è sacrificato per te, non azzardarti a morire qui!»

«Feliciano non ha salvato solo me» replicò Ludwig, la fronte imperlata di sudore per la lotta contro la presa ferrea del vortice.

Un frullio d’ali si levò in lontananza, e Lovino scorse l’Hellsing dirigersi verso di loro, una figura in lontananza sopra la spalla del Guardiano.

«Arrivano!» esultò la Mano Sinistra del Diavolo. «Arrivano a prenderci!»

La gioia durò un solo istante. Il vortice mugghiò, e diede un altro, tremendo strappo.

Il Guardiano fu sbalzato in avanti, e le sue braccia, legate a quelle di Lovino, sprofondarono lasciando visibili solo le spalle. Dalla melma scura spuntavano solo il viso e le mani della Mano Sinistra del Diavolo, aggrappate alle spalle di Ludwig.

Lovino chiuse le palpebre tremanti, e il suo cuore in tumulto gli spinse sulle labbra un’affermazione piena di amarezza.

«Non doveva finire così.»

«No» confermò Ludwig, la voce pesante come una pietra tombale. «Non doveva finire così» prese un respiro profondo sentendo il vortice ringhiare: un’altra scossa era in arrivo. L’ultima.

«Troveremo la strada. In un modo o nell’altro, in un mondo o nell’altro, troveremo la strada per tornare da Feliciano» pregò, prima che la melma assestasse il terzo strappo, più forte di tutti gli altri.

Ludwig chiuse gli occhi, per non vedere il vortice farsi sempre più vicino. La melma si strinse intorno a lui, stritolandolo con le sue spire. Le ossa del Guardiano scricchiolarono, le giunture minacciarono di spezzarsi e il cranio di esplodere in mille pezzi sotto quella pressione.

Il Guardiano strinse le palpebre con tutte le sue forze, cercando di trattenere gli occhi pulsanti nelle orbite. Il cuore aveva smesso di palpitare, e lanciava singulti agonizzanti a intervalli irregolari. I polmoni si erano ritirati come il mare durante la bassa marea, due sacchetti smilzi incapaci di trattenere una singola boccata di aria.

Ludwig non capì subito che la cosa che gli feriva gli occhi era la luce del giorno e gli schiaffi che riceveva sul viso erano vento.

Come se un drago l’avesse masticato e poi sputato di colpo, il Guardiano si trovò libero all’improvviso. Sbatté contro qualcosa di duro con tutto il corpo, e qualcos’altro gli grattò le narici.

Ludwig si girò bruscamente di schiena, sbarrando improvvisamente occhi e gola. L’aria fece irruzione nei suoi polmoni, e fu quasi doloroso sentirli tornare alla loro dimensione. Il cuore gli pulsò nelle orecchie e nella gola prima di ricordarsi il suo giusto posto al centro del petto.

Gli occhi erano rimasti aperti, ma solo in quel momento videro davvero cosa li circondava. Sopra di loro, un cielo azzurro; ai lati, una strada sterrata. La cosa che gli aveva pizzicato il naso era la polvere sollevata dal suo impatto con il suolo.

Si rialzò a sedere con uno scatto addominale, e lanciò occhiate frenetiche tutto intorno.

La Mano Sinistra del Diavolo era poco distante da lui, carponi, e stava tossendo anche l’anima fuori dal corpo.

«Che diavolo è successo?» sbottò, tra un colpo di tosse e l’altro. «Dove siamo finiti?»

Ludwig si rialzò faticosamente in piedi per portarsi di fianco al ragazzo.

«Siamo vivi» notificò il Guardiano, tendendo una mano al giovane. «Il vortice ci ha spediti in un’altra dimensione.»

Lovino rifiutò l’aiuto e si issò in piedi da solo.

«Una dimensione diversa da quella in cui sono approdate le Aeronavi» Lovino finse di scrollarsi la polvere dai vestiti per non dover incontrare lo sguardo del Guardiano.

Non avevano lottato solo per una nuova dimensione. Avevano lottato per una nuova dimensione da condividere con i loro cari. Erano riusciti a realizzare solo la prima parte del loro piano: le persone che amavano le avevano perse lungo la strada.

Ludwig sollevò improvvisamente il capo contro l’azzurro del cielo, in ascolto.

«Lovino» lo riscosse. «Qualcuno ci sta chiamando.»

«È impossibile. Qui non conosciamo nessuno.»

«Ascolta» Ludwig roteò il busto, socchiudendo gli occhi per concentrarsi meglio. «Viene da questa parte…» la sorpresa illuminò gli occhi cerulei, facendoli spalancare. «Non è possibile…»

«Cosa? Che sta succedendo adesso?»

Ludwig gli fece cenno di seguirlo e prese a correre lungo la strada sterrata.

«Da questa parte, Lovino!» lo incitò. «Forse… forse non tutto è perduto!»

«Che significa? Ehi, crucco, che diavolo significa?»

Dovette rassegnarsi a seguire quel gigante nella sua folle corsa.

Chiunque fosse a chiamarli, il Guardiano era abbastanza impaziente di incontrarlo da dimenticarsi perfino di rispondere.

 

 

 

 

Penultimo capitolo.

Non ci posso credere.

PENULTIMO *piange*.

Anyway… prometto che non vi farò aspettare troppo per l’ultimo capitolo! E anche per gli spin-off<3

Grazie, grazie, grazie di cuore a tutti voi che avete letto fin qui e che siete spiritualmente pronti ad affrontare il capitolo conclusivo<3

Come sempre, se avete richieste di spin-off, fatemi sapere :)

A presto!

Rred

   
 
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