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Autore: Felix394    22/01/2015    1 recensioni
Horace Lumacorno appare nel sesto libro della magica saga di Harry Potter: eppure il suo è un personaggio molto importante nello sviluppo della storia, fornendo ad Harry un tassello fondamentale per permettere la definitiva caduta dell'Oscuro Signore.
In questa storia, ambientata nel sesto e nel settimo libro, analizzerò il rapporto tra Horace ed i personaggi della saga, lungo il solco tracciato da zia Row.
BUONA LETTURA!
Genere: Comico, Commedia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Horace Lumacorno
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Era trascorsa una settimana dal discorso con Silente, senza che Piton si facesse vivo.
Quando, per caso, s’incontravano nei corridoi, Severus cambiava percorso; una volta, non vedendo una statua, la prese in pieno, con grande divertimento dei presenti (a eccezion fatta di Horace, naturalmente).
È Inutile dire che tali allegri giovani furono tutti puniti.
Alla fine, Severus si decise.
Era un piovoso pomeriggio di ottobre, e Lumacorno stata correggendo dei temi. Il tema di quel povero ragazzo del primo anno era un disastro: non c’era riga in cui non ci fosse una “X” o una sottolineatura.
Aveva sbagliato persino la traccia…insomma, un disastro!
Mentre si lambiccava il cervello per decidere il voto da attribuire a quell’asino, qualcuno bussò alla porta.
“Avanti!” disse Lumacorno, sbuffando. Detestava essere interrotto durante le correzioni.
Severus, nel suo abito nero, fece ingresso nello studio. Pareva più serio che mai, come invecchiato. Forse non aveva mai conosciuto la gioventù…
“Oh Severus! Ti sei fatto desiderare…prego, prego, siediti”
Piton, senza proferire un solo monosillabo, si sedette sull’elaborata poltrona verde smeraldo posta davanti alla scrivania stile art noveau.
“Del The?” suggerì il professore, tentando di avviare il discorso.
Il suo vecchio allievo scosse il capo, sentenziando un no.
“Va bene. Se ho il tuo consenso, arriviamo subito al punto, senza troppi preamboli.”, iniziò Lumacorno.
“Sono tutti orecchi”. Sembrava quasi che gli stesse porgendo il guanto della sfida, ma Lumacorno sorvolò. Era stato un Serpeverde anche lui, e sapeva che dietro quell’ostentata sbruffoneria si nascondeva un turbinio di emozioni ben celato agli occhi dei più.
“Desidero chiederti scusa per le cose che ti ho detto nell’ufficio di Silente quella sera, Severus. Non dovevo…”
“Scuse accettate. C’è dell’altro?”
Piton  pareva annoiato da tutte quelle chiacchiere. Lumacorno, che con altri avrebbe protestato energicamente, stavolta non disse nulla.
“No, nient’altro. Buonasera, Severus.”
Piton indugiò un attimo sul volto del suo professore. Per una frazione di secondo, o forse di un minuto, negli occhi di Severus trasparì tutta la tristezza della sua vita. Una tristezza infinita, che chiedeva a gran voce soccorso, aspirando al perdono. Il suo animo era spezzato, troppe le ferite che grondavano ancora sangue.
Lumacorno era all’oscuro di tutto. In quel momento, capì che Severus soffriva.
Piton se ne andò dall’ufficio, lasciandolo solo. Gli occhi voltati verso la finestra, verso le nuvole che minacciavano pioggia…
Nella testa, una vecchia reminescenza…
“Siamo tutti schiavi del destino: qualcuno é legato con una lunga catena d'oro, altri con una catena corta e di vile metallo. Ma che importanza ha? La medesima prigione rinchiude tutti e sono incatenati anche coloro che tengono incatenati gli altri... Tutta la vita é una schiavitù. Bisogna quindi abituarsi alla propria condizione, lamentandosi il meno possibile e cogliendo tutti i vantaggi che essa può offrire” *
 
*(Lucio Anneo Seneca, De tranquillitate animii)
  
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