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Autore: Michelle Morrison    23/01/2015    2 recensioni
Questa storia parla di come io, Page e Flip abbiamo ucciso Gesù, un anno fa, durante un pigiama party a casa di Julie.
Detto in questo modo potrebbe sembrare una stupidaggine, ma vi assicuro che non è così. Lo giuro! Come potrei voler mentire su una questione seria come questa? Dico, se non fosse la verità, non lo avrei certo raccontato giusto per avere le spie del Vaticano alle calcagna o per essere inseguito da qualche sicario mandatomi dal Papa in persona. Cioè, se non fosse vero, non mi inventerei una balla simile solo per guadagnarmi l’inimicizia della Chiesa o una scomunica!

Ian, Page e Flip hanno ucciso Gesù. Ma come è successo?
Che cosa li ha portati all'omicidio?
Cosa ha spinto il Vaticano a scomunicarli e farli inseguire dalle loro spie?
Genere: Comico, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Disclaimer:

Non prendete questa storia per qualcosa di serio, davvero.

 

 

 

 

Capitolo II  - Attraverso lo specchio di H&M…

 

Erano passate circa due settimane dalla possessione divina di Flip e mancavano dieci giorni all’uscita al cinema de “La Desolazione di Smaug”. Quel pomeriggio me ne stavo dietro al bancone del fast-food dove lavoravo, con uno stupido berretto con la visiera infilato in testa. Davanti a me, una coppia di quindicenni appena usciti dalle lezioni stava ordinando un “menù del cuore”, in cui era inclusa una bibita gigante con una cannuccia doppia da cui bere romanticamente insieme. Li osservai che si sbaciucchiavano mentre aspettavano che arrivassero i due cheese-burger, la doppia porzione di patatine fritte e i cioccolatini con poesia inclusi nel menù, chiedendomi che cosa ci facesse una ragazza tanto carina con quel faccia-da-pizza. Se quel tipo aveva trovato una fidanzata, allora c’era una possibilità per tutti quanti, mi dicevo, annunciando automaticamente l’arrivo del loro ordine e distraendoli volutamente dalle loro effusioni amorose.

«Fanno tredici dollari e novantanove cents.» Proclamai, scrutando il volto immaturo e gradevole di lei. «Volete delle salse?»

«Oh, sì! Io voglio la salsa barbecue e il ketchup!» Disse, con grandi occhioni dolci. «Tu la maionese, giusto?»

«Allora sono quattordici dollari e quarantanove cents.»

Lui pagò, guardando con disgusto la salsa barbecue nel vassoio, prima di voltarsi e andare a sedersi con la fidanzata in un tavolo il più lontano possibile dalla mia postazione. Dal momento che il locale era praticamente vuoto a quell’ora, mi limitai a esaminarli, ripensando a quando io e Flip avevamo preso il menù del cuore solo perché avremmo risparmiato un dollaro e trentanove cents rispetto a quel che avremmo speso prendendo le stesse cose in menù separati. Senza contare che, così facendo, avremmo avuto anche i cioccolatini, non previsti in nessun altro caso. Ciò non venne affatto benvisto dai presenti, ma per risparmiare soldi si è disposti a fare qualsiasi cosa!

Lasciando perdere questi ricordi, in quell’istante mi ritrovai a rimuginare sul fatto che dovessi trovarmi qualcuna con cui mettermi, in modo da non ritrovarmi a pensare sempre a Flip. La cosa mi stava sfuggendo leggermente di mano e, presto o tardi, ci saremmo ritrovati scapoli e soli, nel nostro triste appartamento, con calzini sporchi e lattine vuote sparse sul pavimento. Dovevo fare qualcosa, magari uscire da solo la sera e abbordare una ragazza carina, cercando di fare colpo. Con i miei amici, ovviamente, non sarebbe mai stato possibile sistemarmi sentimentalmente. Andiamo, come fai a piacere a una tipa quando, dietro di te, i tuoi amici fanno finta di toccarsi le tette tra loro e si mettono a gemere?!

Certo, la colpa non è solo di quei coglioni, devo ammetterlo. L’ultima volta che mi sono avvicinato a qualcuno del sesso opposto, mentre eravamo in un locale in cui non avevamo mai messo piede, indossavo una maglia con scritto “bitches always say yes” con il numero “90” stampato sulla schiena. Non penso di aver fatto una bella figura… Da quel momento, difatti, l’unico numero che mi permetto di indossare è solo il “42” e, perlomeno, quello non infastidisce nessuno.

Ogni mio pensiero riguardo al gentil sesso venne interrotto nell’attimo in cui la porta del locale venne aperta e sulla soglia apparvero magicamente Flip e Page, il primo con indosso i pantaloni della fabbrica in cui faceva l’interinale da una settimana e la seconda con la borsa del ricambio in spalla. Mi accorsi così che mancavano giusto tre quarti d’ora prima che staccassi anche io e che potessi tornarmene a casa a farmi una dormita che neanche una tartaruga in letargo si sognerebbe! Nel felicitarmi, tuttavia, mi ricordai che avevo promesso di passare il pomeriggio in loro compagnia e, come una nuvola nera carica di pioggia in un film Disney, lo scazzo mi invase. Sbuffai non appena si avvicinarono a me, prima che il mio coinquilino appoggiasse i gomiti al bancone, facendo finta di non avermi visto.

«Buongiorno signor commesso!» Esclamò, rivolgendo un’occhiata al tabellone alle mie spalle. «Un menù del cuore!»

«Desidera la cannuccia doppia?» Domandai, stando al gioco e voltandomi verso Page. «Lei glielo permette?»

«Io in verità vorrei solo un gelato al cioccolato!» Mi rivelò lei, incrociando le braccia sul petto piatto. «Il menù del cuore lo spartiscono Flip e il suo ego.»

«Allora ho paura che al signore resterà gran poco con cui saziarsi!» Nel dirlo, composi l’ordine sullo schermo della cassa e poi mi voltai per preparare il gelato. «Allora? Avete idea di dove cercare i vestiti per il matrimonio?»

«Pensavo di andare in quel negozio in centro, accanto a quel parrucchiere francese…» Spiegò Flip, mentre Page prendeva la coppa che gli porgevo. «Ha dell’ottima roba.»

«Sì, ma lì una camicia costa quanto il mio stipendio!»

«Che hai capito, Ian?! Dicevo l’H&M!»

Tralasciai di rispondere e andai a recuperare la doppia porzione di patatine fritte, mentre dalla griglia Bella mi avvisava che i cheese-burger erano quasi pronti. Le lancia un’occhiata e lei sorrise, così che le guance gonfie traballarono e due fossette vi spuntarono nel mezzo. Ricambiai, cercando di dimenticare quando mi aveva proposto di uscire con lei. Ragazzi, io non ho nulla contro le tipe in carne, però non posso sopportare una fanatica religiosa! Giuro, per il nostro primo appuntamento mi aveva proposto di andare con lei all’incontro del centro cattolico cittadino. “Sarà divertente!” mi aveva detto, agitandomi un volantino davanti agli occhi, in cui era raffigurato un Gesù in croce con il sorriso sulle labbra. Non ci ho dormito la notte!!

Approfittando della possibilità di tornare al bancone, agguantai l’ordine e lo misi sul vassoio insieme a tutto il resto, prendendo i soldi dal mio amico e incassandoli. Lui andò a sedersi insieme a Page, osservando dubbioso la cannuccia doppia e decidendo di bere la sua Dr. Pepper direttamente dal bicchiere. Passai il resto del turno a fissare le due coppie presenti nel locale, servendo solamente un paio di bambini che pretendevano una granita e un poliziotto che si concedeva una pausa caffè. Finalmente riuscii a liberarmi di berretto e grembiule e mi fiondai nello spogliatoio a cambiarmi, ritornando alla mia felpa di Assassin’s Creed e al mio giubbotto di pelle nero. Nonostante il cambio, comunque, quando uscii dal locale potevo sentire benissimo la puzza di fritto che mi era rimasta addosso. Certo, ciò non era nulla in confronto all’odore di roba metalmeccanica che emanava Flip. Il mio primo pensiero andò alle povere commesse che ci avrebbero sentito entrare, ma poi mi convinsi che avrei dovuto essere fiero del fatto di avere un lavoro e dimostrarlo al mondo esattamente come faceva il mio coinquilino. Lui, infatti, portava con orgoglio quei pantaloni grigio topo sporchi di olio, polvere e maionese.

La prima –e ultima- tappa del nostro tour di shopping sfrenato per il matrimonio della sorella di Page fu davvero il negozio d’abbigliamento svedese, in cui entrammo tronfi, neanche fossimo delle star di Hollywood in Rodeo Drive. Nel giro di un quarto d’ora io e Flip eravamo già davanti agli specchi dei camerini, lui con un completo nero dal taglio moderno, i cui pantaloni lasciavano scoperte le caviglie, e al quale aveva abbinato una maglietta bianca e un paio di mocassini scuri. A guardarlo così, poteva anche sembrare una persona normale, ma l’impressione sfumò nel momento in cui slacciò il gilet e mostrò l’intera famiglia Griffin stampata a colori sul petto.

«Non puoi andare a un matrimonio con quella cosa!» Lo ammonii io, finendo di allacciarmi la giacca blu. «Prendine una a tinta unita!»

«Perlomeno io non ho preso un papillon a pois!» Mi canzonò, indicando il fiocco che avevo al collo. «Cazzo, sembri troppo un coglione!»

«Vaffanculo!»

«Bambini, non litigate…» Page spuntò fra noi con un vestito giallo canarino steso sull’avambraccio, spalancando gli occhi nel vederci conciati in quel modo. «Wow! Sembrate delle persone vere adesso! Beh, sempre che tu faccia sparire quel papillon, Ian.»

«E la sua maglietta?!»

«Ehm… Direi che sarebbe meglio indossarne un’altra, Fly.»

Entrambi bestemmiammo a bassa voce, in sincrono, tornando a cambiarci con il muso imbronciato. Dall’altra parte della sottile parete in compensato, riuscivo a sentire Flip che si lamentava del fatto che non era colpa sua se Cara –così si chiamava la sposa- lo aveva invitato a nozze. Le sue chiacchiere, tuttavia, si fecero sempre più fievoli, così come le risposte di Page, finché ci fu solo silenzio. Restai zitto per qualche istante, cercando di capire perché il mondo si fosse ammutolito, lanciando sguardi al ragazzo in boxer che lo specchio rifletteva.

All’improvviso l’Ian dall’altra parte dello specchio mi sorrise, allungando la mano nella mia direzione e muovendo l’indice avanti e indietro, come a indicarmi di seguirlo. Mi scappò uno squittio e chiusi gli occhi, passandomici sopra le dita, cercando di cancellare quell’immagine. Pensai di essere impazzito o ubriaco… Eppure non mi prendevo una sbronza da giorni! Rialzai le palpebre e, sconvolto, mi scoprii ancora davanti a un riflesso vivo. Indietreggiai verso la tenda del camerino, cercando di uscirvi, ma mi accorsi che era solida, dura, come se fosse fatta di marmo. All’improvviso mi prese una specie di crisi claustrofobica, nonostante non ne avessi mai sofferto prima.

«Flip!!!» Urlai, dando dei pugni al tendaggio in muratura. «Page!!»

«Vieni…» Dicendolo, il me stesso al contrario uscì dalla superficie riflettente e mi si avvicinò. «Seguimi.»

«Fliiiip! Caaaazzo!!» Iniziai a supplicare, voltandomi di nuovo e schiacciandomi contro la parete sbalzata alle mie spalle. «Mi sentite?!? Aiutatemi!!!»

L’altro Ian mi arrivò a pochi centimetri dal volto e, solo in quell’istante, mi accorsi che non puzzava affatto di fritto, ma profumava di… dopobarba? I suoi occhi erano verde spento, esattamente come i miei, ma il neo che avevo accanto al sopracciglio destro, lui ce l’aveva dalla parte opposta. Le sue mani gelide mi sfiorarono e mi afferrarono le guance, mentre con il naso sfiorava la punta del mio. Terrorizzato, non riuscivo a scollare lo sguardo dal suo.

«Andiamo… è ora.» Mi fece, con un tono di voce tanto dolce che non poteva essere affatto mio. «Devi trovare la luce. Seguimi… La troveremo insieme.»

«Vaffanculo! Lasciami stare, coso!» Lo spinsi via e lui mi osservò stupito, indietreggiando appena. «Che cazzo succede?!? …Flip!!! Page!!!»

«Non ti sentiranno. Sei solo… Noi due siamo soli.» Mi rivelò l’altro, mentre si abbracciava le braccia pallide coperte da peli chiari. «Devi trovare la fede. Devi trovare Gesù…»

«Che cosa…?»

«Cerca Gesù… Parla con lui!» Esclamò, convintissimo delle proprie parole. «Se lo accoglierai nella tua vita, io e te diventeremo un tutt’uno. Troveremo la luce!»

Iniziai a tremare, prima di voltarmi nuovamente verso la tenda, graffiandola, desiderando di scavarci un buco per arrivare dall’altra parte. Non credevo che i camerini della H&M potessero essere tanto robusti, dato i prezzi dei capi d’abbigliamento! Tantomeno credevo che all’interno di quei negozi ci si potesse trovare a discutere con un proprio doppione invasato per la religione!!

«Se non cercherai Cristo, non sarai mai libero da te stesso.» Rivelò, con tono drammatico e movimenti da attore. «Se lo rifiuti la Chiesa verrà a cercarti e ti ucciderà!»

«Cosa cazzo stai farneticando?!»  Gli domandai, prima di portarmi le mani fra i ciuffi nocciola, non riuscendo a credere a quel che stavo facendo. «Sto parlando a… me stesso. Sono impazzito!»

«Gesù desidera che tu lo cerchi. Vuole che tu gli dia il permesso di entrare nella tua vita.»

L’altro Ian cercò di avvicinarsi ancora, ma lo spinsi via con una tale violenza che la sua schiena cozzò contro lo specchio e questo andò in frantumi. Al contrario di quel che pensavo, la superficie non era attraversabile, al momento. Vidi il sangue che gocciolava a terra dalle ferite sulle scapole del duplicato, spargendosi ai miei piedi con una velocità surreale. Lui, a quel punto, emise un urlo innaturale e proferì qualcosa in una lingua incomprensibile, prima di allungare le mani verso il mio collo, afferrarlo e stringerlo forte. Il pezzo di merda stava cercando di ammazzarmi! Tentai di liberarmi ed entrambi cademmo nella piccola cabina, in ginocchio, fra sangue e schegge di specchio. Ne afferrai una, mentre sentivo il respiro venir meno, e –cazzo è istinto di sopravvivenza!!- la ficcai nelle costole della mia controfigura. Ripetei l’operazione più volte, sentendo il suo sangue caldo che mi schizzava in faccia, sulle braccia e su ogni centimetro della mia pelle nuda.

«Crepa, pezzo di merda!» Mi ritrovai a urlare, strizzando gli occhi pur di non vedere quella scena. «Crepa, cazzo!!»

«…Ian?»

All’improvviso la voce di Page arrivò alle mie orecchie e mi voltai per vedere la sua testa che spuntava dalla tenda, la quale, all’improvviso, era tornata di tela. Mi accorsi che la musica e le voci di sottofondo erano riapparse e che ogni cosa sembrava al proprio posto. Non c’era alcuna traccia di sangue, nessun frammento di specchio e, soprattutto, l’altro Ian era tornato al suo posto. Ciò che vedevo riflesso, ora, ero solamente io, con il volto pallido in preda al panico e i capelli spettinati.

«Che cosa stai vaneggiando?» Mi domandò lei, con quella strana espressione inquisitoria. «Sembrava che stessi uccidendo qualcuno!»

«Io…» Mi alzai e andai davanti allo specchio, appoggiandoci una mano sopra, come se mi aspettassi di toccare la mano del doppione. «È successa una cosa davvero strana e… Dov’è Flip?»

Non aspettai la sua risposta ed uscii immediatamente, cercando di entrare nel camerino accanto. Spalancai la tenda e mi accorsi che il mio coinquilino era totalmente nudo davanti allo specchio, con il pene che penzolava floscio. Uno spettacolo alquanto scabroso per la povera Page, ma non per me, che avevo tutt’altro di cui preoccuparmi. Mi accorsi infatti che Flip era immobile come una statua, assente, e fissava con sguardo vuoto il proprio riflesso. Non ho idea di come ci arrivai, lo ammetto, però pensai che gli stesse accadendo l'identica cosa che pochi istanti prima avevo vissuto io stesso.

«Flip! È tutto nella tua testa!» Gli dissi, prendendolo per le spalle e iniziando a scuoterlo. «Esci da quella cazzo di allucinazione! Svegliati!»

«Che succede?» Sentii Page agitarsi alle mie spalle. «Cos’ha?!»

«Sta sognando a occhi aperti!»

«Coooosa?!»

Page indietreggiò appena, mentre io mi posizionavo tra il mio amico e il suo riflesso, cercando di catturare la sua attenzione. Tuttavia, era palese che non mi vedesse affatto. Decisi di tentare con il metodo che ogni buon attore utilizza in queste situazioni e gli tirai uno schiaffo in faccia, ma servì solo ad arrossargli la pelle olivastra, senza aiutarlo in alcun modo. Tutto a un tratto i suoi occhi si voltarono all’indietro, come in un horror, e dalle sue labbra uscirono dei versi strascicati. Sembrava che volesse parlare e dirci qualcosa, ma fu solo un’impressione passeggera. Probabilmente stava cercando di tornare indietro, di uscire da quella trappola mentale.

«Fly, sveglia!» Lo colpii ancora, allora lui iniziò a muoversi e mi catturò i polsi, facendo forza e spingendomi. «Forza, Flip! Torna in te!»

«Ian!!» Page iniziò a spaventarsi sul serio, pensando che stessimo litigando o chissà cosa, e la sua voce si ruppe in singhiozzi. «Smettetela!»

«…col cazzo.» Mormorò il mio amico, mentre mi scaraventava sul pavimento. «Uno con la faccia da coglione e un uccello striminzito, non ha alcun diritto di dirmi cosa devo fare!»

«Svegliati!!»

«Ficcatela nel didietro la tua luce…» Alzò la voce e scosse la testa. «Se non vuoi che ti ci ficchi un braccio io!»

Fu questione di un istante e Flip tornò in sé e mi lanciò uno sguardo smarrito. Restammo a guardarci per un po’, prima che delle urla irrompessero nel camerino e mi costringessero a notare che ero in mutande, inginocchiato davanti al pene di Flip, che si trovava non molto distante dal mio viso. Non doveva essere uno scenario molto comune per la commessa, che –come a confermare la mia teoria- scappò via chiamando la sicurezza.

«…l’hai visto anche tu?» Osò domandarmi, prima di abbassarsi e tirare su boxer e jeans. «Hai visto il mio sosia?»

«No. Era nella tua testa… Ma è capitato lo stesso anche a me.» Sussurrai, mentre la nostra amica ci fissava senza capire, ancora in preda allo sconcerto. «Non è né il momento, né il luogo giusto per parlarne. Rivestiamoci e andiamocene immediatamente!»

Nel dirlo, mollai a Page un pezzo da cinquanta e due da venti, prima di recuperare il portafogli di Flip e rifilarle altri contanti per pagare i nostri acquisti. Senza aspettare che la sicurezza venisse a prenderci, io e il mio coinquilino corremmo a tutta velocità verso l’uscita, diretti alla macchina, piazzata al settimo piano interrato del parcheggio a pagamento. Solo quando ci ritrovammo soli in ascensore, con il cuore che batteva all’impazzata, osammo scambiarci uno sguardo. Flip stava letteralmente tremando nel suo giubbotto imbottito e il suo respiro era veloce, ansioso, mentre le guance sembravano quelle di un morto. Non osai guardarmi nello specchio dell’ascensore per evitare qualche altro inconveniente, impaurito più che mai da quel che avrebbe potuto succedere ogni volta che avrei cercato di farlo.

«…che è successo?» Mi domandò, lanciando sguardi inquietati alle pareti. «Sono entrato nel camerino e quel fottuto pezzo di merda è uscito dallo specchio e mi ha aggredito! Voleva che-»

«…che parlassi con Gesù. È successa l’identica cosa anche a me!!» Gli cercai di spiegare, concitato, mentre arrivavamo al settimo piano sotterraneo. «Sono rimasto chiuso nella cabina, senza via d’uscita! Quell’altro Ian voleva convincermi a parlare con Gesù e poi ha cercato di strozzarmi!»

«L’altro Flip, invece, voleva violentarmi!» Mi rivelò, anche se non sono del tutto sicuro che quella fosse la verità. «Però l’ho minacciato e l’ho fatto scappare! D’altronde cosa voleva fare con quel pesciolino che aveva fra le gambe? Non era nemmeno la metà del mio!»

«Io, invece, l’ho ucciso.» Gli riferii, senza dare importanza a quello che aveva appena detto; dal momento che, altrimenti, avrei dovuto cercare di spiegargli che le misure dell’uccello dell’altro Flip erano identiche alle sue e che, quindi, stava denigrando se stesso. «Mi sono accoltellato… Cioè. L’ho accoltellato.»

«Grande! È stato divertente? Uccidersi è un buon modo di combattere lo stress, no?»

 Raggiungemmo la macchina senza più aggiungere altro. Nel tragitto, però, quando guardai attraverso lo specchietto retrovisore, mi sembrò di notare qualcuno nei sedili posteriori. Mi voltai di scatto, sbandando appena, ma non c’era nessuno seduto dietro di me. Nemmeno oggi sono sicuro che non sia stata solo la paura a farmelo immaginare, però ho il presentimento che –vista ogni cazzata che ci stava succedendo- Gesù fosse lì a guardare. Non credo che abbia il potere dell’invisibilità o che possieda un qualche mantello magico come quello di Harry Potter… Però so che ci stava osservando. E, anche se lui questo non l’ha mai confermato, so che quel che era avvenuto nei camerini di H&M era un altro dei suoi scherzi. L’ennesima trovata per farsi notare da noi… Per farsi trovare da noi. A quel tempo non lo potevo sapere, ma Gesù desiderava davvero che lo trovassimo e che lo accogliessimo nella nostra vita.

Anche se il Vaticano non mi vuole ancora credere, giuro sulla mia collezione di fumetti di Deadpool, che è così. È stato lui a cercarci per primo e a pretendere che lo incontrassimo. È stato Gesù che ha voluto che diventassimo i suoi nuovi apostoli.

 

 

 

 

___________________________________________

 

Ecco qui il terzo capitolo del racconto!!!

 

Non so come sia successo, ma è diventato una specie di horror inquietante!!

Non so voi, ma io d’ora in poi starei lontana dai camerini di H&M! Non si sa mai che Gesù vi stia seguendo e voglia farvi scherzi simili!!

In compenso prenderei volentieri un menù del cuore, da sola, come Flip! Saremmo solo io e la cannuccia doppia.

 

A parte tutto… penso che la frase finale sia vagamente sconvolgente! Ma un giorno verremo a sapere che cosa sta succedendo, che cosa succederà e che cosa è successo.

 

Spero di avervi incuriosito e che questa storia continui a piacervi! Non abbiate paura di lasciare una recensione J

 

A presto!

 

Come sempre, questa è la mia pagina facebook:

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Ps. grazie a chi ha messo la storia fra le preferite e le seguite. E a chi recensisce!

M.M.

   
 
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