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Autore: Tomoko_chan    29/01/2015    8 recensioni
Naruto se ne è andato e ha portato con sè un pezzo di cuore dei suoi amici. Hinata è rimasta sola, ma il suo amato le ha lasciato comunque "qualcosa" per ricordarlo. Fra amici che tornano, nuovi colleghi, ultimi desideri da onorare, gruppi da riformare, cosa succederà alla allegra combriccola?
Alzò una mano e lentamente saggiò la pelle candida e setosa della sua guancia, la accarezzò dolcemente, e con il pollice gli sembrò quasi di riuscire a palpare la tragica via segnata dal passaggio delle sue lacrime, dove dopo meno di un secondo una vi si pose, ribelle. Si scoprì stupito di notare la realtà di quella goccia, concreta e umana. Non sapeva che gli angeli potessero piangere.

Torno con il promesso sequel di "Filosofia di vita.". Dedicata a Arcx e a Puffin, mie fedelissime e amatissime amiche.Song-fic, con canzoni di Ludovico Einaudi, Negrita, Evanescence, System of a Down,Serj Tankian.
[ NaruHina "unpochinoparticolare" ] [Coppia a sorpresa, KibaHana, SakuSaso, ShikaIno, accenni ad altre coppie, altre coppie in futuro, accenni a triangoli]
[DarkandLights][YinYang][Angst vs fluff][OOC giustificato]
19esimo capitolo dedicato al giorno dei morti, omake leggibile anche senza conoscere la storia precedente. Angst-Drammatico.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Hinata Hyuuga, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Hanabi, Shikamaru/Ino
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli ultimi sognatori.'
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Gli ultimi sognatori.
Occhi Paradiso.
Anywhere.
[Ho sognato di non poter sognare più.]


 
[Anywhere: Evanescence. Da ascoltare.]
 
 
Il sole, caldo e luminoso, gli sfiorava le ciocche di capelli scuri. Un raggio, più forte degli altri, si allungò sul suo viso, facendolo mugolare infastidito. Cominciò lentamente a riappropriarsi dei propri sensi, intorpiditi a causa delle lunghe ore di sonno e, probabilmente, dei danni causati dalla sbronza della sera prima. Se ne ricordava appena, di quella notte, e ripensarci gli faceva venire il mal di testa. Si costrinse mentalmente a fare mente locale e a tornare in se stesso; con un brontolio sonoro si massaggiò le palpebre, per poi aprire gli occhi, intorpiditi. Il sole gli arrivò dritto alle pupille, totalmente privo di pietà per lui e il suo mal di testa, e lo costrinse a voltare di lato il viso. Sul comodino, un bicchiere d’acqua sembrava esser stato poggiato lì per lui o, per meglio dire, per la sua bocca impastata. Allungò una mano e, alzandosi su un gomito, bevve l’acqua in unico sorso.
Appena il liquido lo dissetò, un brivido di lucidità gli pervase le membra. Cominciò a riappropriarsi dei propri sensi: sentì un vago profumo di lavanda, le lenzuola calde inumidite dal suo sudore, vide abiti femminili appoggiati con delicatezza su una poltroncina in stile rococò.
Abiti femminili? Sasuke si guardò intorno: nessuna differenza con la sua camera, se non quel drappo rosso scuro, intarsiato da un disegno color oro lungo l’orlo. Riappoggiò il bicchiere sul comodino, pronto per alzarsi a indagare, e finalmente vide un bigliettino bianco, ripiegato su se stesso, dove il suo nome affiorava citato da una scrittura sottile, affilata, elegante, ma priva di svolazzi. L’aveva vista più volte sui documenti che aveva dovuto firmare, sugli assegni dei guadagni delle vendite: Hinata.
Prese il biglietto e lo aprì. Con la stessa scrittura, da cui trapelava un leggero senso di indecisione, Hinata scriveva: «Non ho voluto svegliarti, perché sei stato male. Noi abbiamo fatto colazione, e ci avviamo per cominciare a realizzare il nuovo video. Chiedi alla reception. Non fare tardi!»
Era stato male? Non se ne ricordava. Si alzò per andare in bagno e, incontrando il suo riflesso nello specchio, notò i segni della notte appena trascorsa: aveva gli occhi gonfi e occhiaie spesse, la carnagione non era più candida, ma tendente al giallo. Erano già le dieci, eppure si sentiva come se non avesse dormito affatto. Si lavò il viso con acqua fredda, sfregando con tanta forza, quasi a farsi male. Voleva punirsi. Come aveva potuto perdere il controllo in quel modo? Farsi vedere ubriaco da Hinata? Chissà cosa le aveva detto, delirando. In vino veritas, dicevano i latini… e lui? Cosa aveva detto?
Smise di chiederselo e tornò in camera, cercando un cambio d’abiti. Aveva perso la chiave della sua stanza, non riusciva a trovarla da nessuna parte. Sconsolato, e abbastanza stanco di cercare, alzò la cornetta e chiese alla receptionist.
«Hyuuga-sama ha pensato a tutto.» asserì la donna all’interfono. Per un attimo, ancora frastornato, Sasuke si chiese a chi si riferisse con tanta formalità, poi ricordò: Hinata era diventata un personaggio importantissimo, nonostante la sua giovane età «Le faccio mandare il cambio d’abito che la signorina Hyuuga ha scelto per voi e le faccio chiamare un tassì che la porterà sulla Senna. A revoir!»
Sasuke interruppe la telefonata senza neanche ringraziare, come suo solito. Ben presto, un cameriere arrivò nella sua camera portando doni, e il moro finse di non notare lo sguardo malizioso, cercando di controllarsi. In fondo, aveva dormito nella camera di una donna che, non solo era appena diventata una famosa vocalist, ma era anche una fra i più potenti discografici a livello internazionale. Ciò non poteva che destare scalpore!
Non diede nessuna mancia e scacciò malamente l’inserviente, innervosito. Si spogliò velocemente, indossando gli abiti puliti senza neanche osservarli per capire se gli piacessero. Si ritrovò addosso un paio di semplici jeans, anche se di marca, quindi costosi, e una T-shirt azzurra, con su scritto VESTITO PIACCIO, NUDO CONVINCO. Benché la scritta gli piacesse – sembrava una frase proveniente dal suo repertorio – i suoi abiti erano troppo chiari, troppo allegri. I suoi capelli sembravano andare verso il blu, e la sua pelle era diventata molto pallida. Terribilmente a disagio, si infilò nell’ascensore e raggiunse il piano terra, dove la receptionist con cui aveva parlato lo accompagnò fuori, dove un tassì lo aspettava, con la corsa già pagata.
Si appoggiò alla portiera e, mentre il veicolo si faceva strada nel traffico di Parigi, prese ad osservare gli scenari che gli passavano davanti. Vide una coppia che portava a spasso un cane, due ragazzine sorridenti con dei croissant fragranti in mano, un gruppo di persone a sorseggiare champagne – nonostante l’ora – e un panino fatto con la baguette, con come sfondo la Tour Eiffel e l’Arc du Trionfe… tutti quei francesismi gli ricordarono la canzone Bonjour, e la voce allegra di Naruto riecheggiò nella sua mente, forte come il suono di martello elettrico. 
Pensare a lui, dopo tutto quello che era successo, gli provocò una fitta acuta al petto, che lo fece restare senza fiato. Appoggiò la fronte contro il vetro e cercò di riprendersi. Fortunatamente, arrivarono alla Senna soltanto dopo un quarto d’ora di viaggio.
«Mi hanno detto di dirle che i suoi amici non si trovano sul ponte.» disse il tassista, tentando di farsi capire, nonostante la lingua straniera «La aspettano lì, dove la Senna è più bassa, dove è possibile camminare fiancheggiando il letto del fiume.» si sporse dal finestrino per indicare con la mano.
Sasuke guardò in lontananza, dove una rampa di scale ripide e rurali costeggiavano il fianco della rive droite, dove la riva, accanto al letto del fiume, era più spessa di qualche metro rispetto al resto del canale. Intravide macchine da ripresa, strumenti musicali, sgabelli e persone: il volto bianchissimo di Sai, Hinata che passeggiava mimando la canzone con la bocca,  Kiba e Shikamaru che sembravano discutere animatamente. Si sorprese nel vederli in un tale atteggiamento, e così si incamminò. Scese le scale con nonchalance, come sempre, e a metà scalinata incrociò gli occhi di Hinata, che si era accorto di lei prima degli altri. Non smise di guardarla nemmeno quando le riprese vennero interrotte, causa sua arrivo, né quando tutti si rivolsero verso di lui.
«E’ arrivata la principessa.» disse Sai, ma la sua offesa cadde nel vuoto, sovrastata dalla voce di Kiba, più alta e furente.
«Ti sembra ora di arrivare?» sbraitò avvicinandosi al moro, che lo guardava impassibile, con i suoi dieci centimetri in più «Abbiamo pochissimo tempo per le riprese e tu ti presenti a mattina inoltrata? Sei diventato matto?!»
«Qual è il problema, Kiba?» chiese Sasuke, atono.
«Kiba…» tentò Shikamaru.
«No, per tutti i Kami!» urlò «Sta andando tutto male e questo si permette di arrivare adesso!»
«Ma di cosa parli?» l’Uchiha alzò un sopracciglio.
«Smettetela di dare spettacolo.» intervenne Hinata, appena emersa dalla folla di cameramen, fonici e quant’altro. Sasuke la osservò: era completamente vestita di nero, ma per la prima volta non indossava abiti, come aveva sempre fatto per ciò che la legava al gruppo: una camicia svolazzante sotto una giacca di pelle, pantaloni a vita alta, aderenti, tronchetti borchiati, altissimi. Sembrava la regina delle tenebre, un angelo vendicatore: era bellissima. Il suo cuore galoppò.
 «Facciamo una piccola riunione, dobbiamo parlare.» poi Hinata si voltò verso quelli che, in definitiva, erano tutti suoi dipendenti «Dieci minuti di pausa per tutti.»
Si avvicinò ai ragazzi e sospinse Kiba di lato, accompagnandolo, con una mano sulla sua schiena fremente, lontano di dieci metri, dove non c’era nessuno. Gli altri due la seguirono.
«Ci sono delle discordanze sul pezzo.» esordì Shikamaru. Sasuke seguì Hinata con lo sguardo, mentre si avvicinava alla riva, lo sguardo perso lontano, sui bagliori della Senna. Sembrava incredibilmente triste, eppure forte, come se stesse lottando contro tutti i suoi demoni interiori nello stesso istante «Tutti e tre crediamo che così non vada bene. Ce ne siamo accorti troppo tardi, quando ormai è stato venduto nell’album, ma non rende come dovrebbe.» arricciò il naso, infastidito dall’olezzo del fiume «Io penso che ormai sia inutile modificarlo. Hinata dice che possiamo renderlo un bonus, e farne il video. Kiba è combattuto.»
«Perché?» chiese, in un soffio «Cosa c’è che non va?»
«L’arrangiamento.» affermò Kiba «Non ha il pathos che ha il testo.»
E questo termine chi glielo ha insegnato? Suggerì la voce del suo daemonio, ma non c’era abbastanza tempo per chiederlo, perciò evitò e disse: «Quindi?»
«Io penso che dovremmo aggiungere una voce maschile.» annunciò Hinata, senza neanche voltarsi.
Tutti rimasero in silenzio, Sasuke, addirittura, si congelò sul posto.
«E’ ciò che manca a questa band. Queste canzoni sono state scritte da te, Sasuke, è ciò che tu vorresti dire. Io cerco di renderlo mio, ma non sempre l’effetto è lo stesso. Se tu o Kiba cantaste…»
«No.»
«Ecco.» Hinata scosse il capo «E’ proprio questo il punto. Siete fossilizzati. Non capite cosa potrebbe darci la svolta definitiva.» sospirò «Voi non volete occupare il suo posto, ma quel posto non esiste già più. L’ho distrutto quando mi avete chiesto di cantare per voi.» alzò il volto verso il cielo, che stava, lentamente, coprendosi di nuvole grigie e minacciose. Lo osservò per un attimo, poi chiuse gli occhi «Naruto non avrebbe accettato la vostra testardaggine. Vi avrebbe chiesto di tentare, di non arrendervi, in nome della musica.»
«E’ inaccettabile.» mormorò Shikamaru.
«Mi sembrerebbe di tradirlo.» disse Kiba, commosso.
«Voi non capite… basterebbe un coro per rendere la canzone perfetta.» riaprì gli occhi, si voltò verso di loro «Cercate di ricordarvi com’era il vero Naruto, invece di farvi ingabbiare dalle vostre paure.» guardò alla sua destra, piegando leggermente il capo «Sasuke, almeno tu… sai perfettamente cosa avrebbe detto Naruto. Sarai d’accordo con me.»
Sasuke strinse i pugni. Essere d’accordo? In nome della musica? Superare i propri limiti? Tutte parole e frasi che aveva sentito pronunciare da Naruto e da lui soltanto. Naruto non avrebbe accettato la vostra testardaggine. Hinata aveva pronunciato il suo nome, e sentirlo era stato come infilzarsi con un macete.  Sapeva perfettamente che se Naruto fosse stato ancora vivo, si sarebbe imposto e loro si sarebbero lasciati piegare senza dire nulla. Naruto non era un presuntuoso, ma quando si parlava di musica la sua autorità diventava palese, di una grandezza incalcolabile. Avevano sempre dibattuto a lungo, dandosi consigli a vicenda, cercando compromessi, ma Naruto aveva sempre avuto ragione. Il suo istinto, in materia musicale, non sbagliava mai. E Hinata aveva la stessa dote, e possedeva anche un orecchio maggiore, raffinato dall’esperienza, in quanto polistrumentista. Ma qualcosa lo bloccava. La paura di sbagliare. Di usurpare il suo posto – vuoto. Di mettere in ombra la sua immagine a tal punto da dimenticarla.
«Non posso.» la voce sottilissima, quasi inudibile, si fece più forte «Non lo permetterei mai. Non ne sarei in grado.»
«Naruto diceva di sì.» Hinata strinse i pugni contro il bacino «Mi disse che, in qualsiasi evenienza, tu eri l’unico che fosse stato in grado di sostituirlo, dalla musica alla vita, l’unico di cui si fidasse ciecamente. Credeva nel tuo talento, ti incitava a fare di più, a cantare.»
«Smettila, Hinata.»
«Ma diceva anche che per cantare, per mettersi davanti a tutti, in prima linea, ci voleva coraggio, la voglia di mettersi in gioco. E tu hai paura.»
«Smettila.»
«Sei solo un vigliacco.»
«Basta!» Sasuke urlò, guardandola con occhi di fuoco «Smettila di tirar fuori questi vecchi discorsi! Perché diamine vuoi che lo faccia io?!»
«Smettetela, entrambi.» Shikamaru intervenne, guardandoli duramente «Sono stanco di questi giochetti. Conoscete la mia opinione, come quella di Kiba. Vince la maggioranza. Se Sasuke vuole farlo, si farà, ma non resterò qui un attimo di più a sorbirmi i vostri litigi.»
Shikamaru tornò da dove era venuto, seguito da Kiba. Hinata rimase a fissare lo spazio lasciato vuoto dai due, ferita. Sapeva di essersi comportata male, ma a volte, non poteva evitarlo. Sasuke fissava lei, soffermandosi sulle sue labbra strette.
«Rispondimi.» disse.
«A cosa?» domandò lei.
«Perché vuoi che io canti?»
Lei si strinse nelle spalle «Business.»
Sasuke si arrabbiò, sentendosi preso in giro. D’istinto, la afferrò per il polso, e lei lo guardò sbalordita.
«Non fare la dura con me.» sibilò «Quello è il mio campo.»
Hinata si fermò a guardarlo negli occhi. Per un attimo, a Sasuke sembrò di guardarsi in uno specchio, che però aveva il potere di metterlo a nudo: la rabbia nella mascella contratta, il terrore nello sguardo, la tristezza nelle occhiaie. Gli sembrò che lei fosse capace di vedere tutte le sue debolezze, con quegli occhi angelici, capace di vedere le crepature della sua fortezza, capace di passarci attraverso. Poi lei voltò il capo, e la magia ebbe fine.
«Perché al gruppo manca qualcosa, ed è la tua voce.» titubò «Perché…» mi manchi tu. Sussultò.
«Hinata…»
«Lascia stare.» lei si liberò dalla sua stretta, senza neanche guardarlo «Hai poco tempo per prendere una decisione. Sbrigati.»
Sasuke la osservò andare via, i capelli al vento, subito riappropriatasi del comando, ordinando di riprendere le riprese. Hinata con lui era diventata fredda, arrabbiata, a tratti distante, eppure, in certi momenti, nei suoi occhi c’era una dolcezza infinita, capace di disarmarti. Hinata stava diventando come lui, lo feriva pur di allontanarlo.
E lui l’amava.
 
 ANYWHERE
 Dear my love, haven't you wanted to be with me
And dear my love, haven't you longed to be free
I can't keep pretending that I don't even know you
And at sweet night, you are my own
Take my hand

We're leaving here tonight
There's no need to tell anyone
They'd only hold us down
So by the morning's light
We'll be half way to anywhere
Where love is more than just your name

I have dreamt of a place for you and I
No one knows who we are there
All I want is to give my life only to you
I've dreamt so long I cannot dream anymore
Let's run away, I'll take you there

We're leaving here tonight
There's no need to tell anyone
They'd only hold us down
So by the morning's light
We'll be half way to anywhere
Where no one needs a reason

Forget this life
Come with me
Don't look back you're safe now
Unlock your heart
Drop your guard
No one's left to stop you
Forget this life
Come with me
Don't look back you're safe now
Unlock your heart
Drop your guard
No one's left to stop you now

We're leaving here tonight
There's no need to tell anyone
They'd only hold us down
So by the morning's light
We'll be half way to anywhere
Where love is more than just your name

Caro mio amore non sei voluto essere con me 
e caro mio amore non hai desiderato essere libero 
non posso incatenarti fingendo di non conoscerti 
e in una dolce notte tu sei l'unico 
prendi la mia mano. 

CORO 
ci stiamo lasciando qui stanotte 
non c'è bisogno di dirlo a qualcuno 
loro ci abbattono solo 
così dal giorno luminoso 
noi saremo a metà strada per "dovunque" 
dove l'amor è molto più che solo il tuo nome 

Ho sognato un posto per te e me 
nessuno sa che noi siamo lì 
tutto quello che voglio è dare la mia vita solo a te 
ho sognato spesso di non poter più sognare 
corriamo via ti porterò lì 

CORO 
Dimentichiamo questa vita 
vieni con me 
non guardare indietro tu sei salvo adesso 
apri il tuo cuore 
piangi la tua difesa 
nessuno è qui per fermarti 

Dimentichiamo questa vita 
vieni con me 
non guardare indietro tu sei salvo adesso 
apri il tuo cuore 
piangi la tua difesa 
nessuno è qui per fermarti 

CORO 
ci stiamo lasciando qui stanotte 
non c'è bisogno di dirlo a qualcuno 
loro ci abbattono solo 
così dal giorno luminoso 
noi saremo a metà strada per "dovunque" 
dove l'amor è molto più che solo il tuo nome 

Realizzare il video, cercando oltretutto di sistemare la canzone, fu molto difficile, ma non impossibile.
Alla fine della giornata, verso le dieci di sera, il gruppo era stato richiamato dai tecnici. Si erano seduti davanti a uno schermo molto grande, e il video era partito. Hinata, vestita di nero, passeggiava accanto al letto del fiume, da sola, cominciando a cantare. La sua voce era perfetta, il suo sguardo sembrava perso, vacuo, ma il suo passo era sicuro. E mentre camminava con le mani nelle tasche, a lei si unì prima Shikamaru, con le immagini di lui in trasparenza mentre suonava la batteria, i capelli liberi al vento, non più legati in una coda. Camminavano insieme, vicini, entrambi con le mani nelle tasche, finché a loro non si aggiunse anche Kiba. Il suo sguardo era più duro, e la pelle risaltava a contrasto con i suoi abiti neri, completamente diversi da ciò che soleva indossare.
In trasparenza, sullo sfondo di un cielo grigio e triste, Kiba suonava il basso, gli occhi chiusi.
A loro, alla fine, si aggiunse Sasuke. La sua figura in trasparenza, mentre nella scena madre continuavano a camminare con aria triste, si librava nel cielo, suonando disperatamente la chitarra Naruto. E poi Sasuke e Hinata, da soli, l’uno davanti all’altra, le loro voci che si univano e si slegavano, mentre in trasparenza Shikamaru e Kiba continuavano a suonare.
Ebbene sì, Sasuke, alla fine, aveva deciso di cantare. Era stata una scelta sofferta, che ancora ora, mentre si riascoltava e si vedeva nel video, rimpiangeva. Ma avevano fatto un patto: Sasuke non sarebbe stato l’unico a cantare. Infatti, nella parte finale del video, dopo la canzone, tutti e quattro insieme, compreso Shikamaru che da sempre era restio ad adoperare la propria voce, avevano creato un meraviglioso coro. Gli occhi di Naruto in trasparenza.
Quando il video finì, tutti applaudirono. Loro, i protagonisti del video – Sasuke, Hinata, Kiba e Shikamaru – rimasero paralizzati. Non c’era più nulla per cui applaudire: in nome della Musica, in nome di ciò in cui credeva Naruto, avevano sacrificato il suo posto vuoto.
Dopo quella scena triste, tutto il gruppo venne trascinato via da Hanabi. Seduti nel pub del livello più basso di tutta Parigi – cosicché nessuno fosse in grado di riconoscerli, diceva la Hyuuga minore -  attorno ad un tavolo troppo piccolo per essere capace di contenere tutti i loro bicchieri. Non parlarono molto, anzi, affatto. Fra di loro si era venuta a creare una particolare situazione di tensione. Hanabi, quella sera, cercò di risollevare il morale a tutti, ma non era molto brava a farlo. L’esperto, un tempo, era Naruto – il perfetto capitano di una squadra di calcio – mentre adesso rimaneva solo Kiba, che ben presto, però, si era ubriacato.
«Tu…» disse a un certo punto Kiba, col singhiozzo, indicando Hinata «… sei diventata… hic… fortissima…!» rise «Però… rimarrai per sempre sola…»
Hinata sbiancò, incapace di rispondere, totalmente scioccata. Hanabi diede un buffetto al suo fidanzato, cercando di scusarsi al suo posto.
«Credo che io e Kiba adesso torneremo in hotel.» scosse il capo, guardando il suo fidanzato «E’ andato KO.» poi si rivolse verso la sorella maggiore «Qualsiasi cosa sia successa fra voi… risolvetela. Siete una band. Non potete sciogliervi nel bel mezzo del vostro primo tour.»
Hanabi si alzò e, cercando di sorreggere Kiba, iniziò a camminare verso l’uscita.
«Ti aiuto.» si offrì Shikamaru, prendendo l’altro braccio dell’Inuzuka. I tre si defilarono dietro l’angolo, dove uscirono dal pub. Hinata rimase a guardare la loro sagoma che scompariva nel Pub poco illuminato. Quando si voltò e si rese conto di essere rimasta sola con Sasuke, gli prese un colpo. Era più di un mese che non rimanevano soli – ed entrambi lucidi – e ciò la destabilizzava.
Lo osservò, rendendosi conto che lui non l’avrebbe saputo, dato i suoi occhi bassi: aveva ordinato un whisky, ma non lo aveva neanche assaggiato, memore della sera prima. Stringeva il bicchiere con entrambe le mani: le sue dita lunghe disegnavano ragnatele sull’ombra dello stesso, intrecciandosi e slegandosi. Hinata si soffermò su quelle mani: anche senza toccarle, sapeva benissimo quanto fossero ruvide e callose, ma al contempo forti e delicate. Quelle mani l’avevano sfiorata più di una volta, con una leggerezza che non si poteva credere possibile da Uchiha Sasuke, notoriamente strafottente e menefreghista: le avevano anche salvato la vita.
«Hinata…» sentire il suo nome la riscosse, smise di guardare Sasuke e osservò il proprio bicchiere di gin e cola «Ho fatto quello che mi hai detto, ma perché mi sento soltanto peggio?»
Uchiha Sasuke che parlava di sentimenti, ecco un’altra cosa totalmente incredibile, nel significato stretto della parola. Hinata tornò a fissarlo, ma stavolta in viso: il suo atteggiamento non era cambiato, continuava a fissare il liquido bronzeo sotto di sé – sapeva che mai e poi mai avrebbe sollevato lo sguardo sui di lei, rischiando di incontrare i suoi occhi e mostrandole, così, tutto il dolore del mondo.
«Perché pensi ancora che sia una cosa che ho voluto solo io, ma non è così.» mormorò ancora prima di formulare il pensiero «Pensaci, Sasuke: quante volte Naruto ti ha incitato a dare di più alla band? Quante volte ti ha chiesto di scrivere e di cantare?»
Il volto di Sasuke scattò all’improvviso di lato, verso l’entrata del bar: adesso Hinata poteva vedere la mascella contratta, l’arteria gonfiarsi, il collo nudo.
«Continui a pronunciare quel nome con leggerezza, quando mi hai rimproverato quando sono stato io a farlo.» rispose seccamente.
«Io non lo sto facendo davanti alle telecamere, Sasuke, ma davanti a te.» bevve un sorso della sua bibita, lentamente, e quando riappoggiò il bicchiere disse: «Sei abile nel cambiare discorso.»
Sasuke grugnì. «E’ vero, mi ha detto spesso che avevo un grosso potenziale. E’ stato lui a insegnarmi a scrivere canzoni.» si voltò nuovamente, adesso la guardava negli occhi, cercando di dimostrarsi sicuro «Ma cantare… è diverso.»
«No, non lo è affatto.» rispose duramente lei «Secondo la vostra logica bacata, secondo questo sillogismo capzioso che voi tre vi siete messi in testa, fare ciò che faceva Naruto vuol dire usurpare il suo posto. Eppure tu, Sasuke, stai scrivendo i testi delle nostre canzoni. Fai quello che faceva lui.»
Sasuke spalancò gli occhi, stupito. Non aveva mai pensato a questo e, osservando la situazione da questo punto di vista, tutto gli fu più chiaro. Per un momento, si arrabbiò con se stesso per aver osato scrivere testi di canzoni, usurpando il posto di Naruto. Ma era accaduto per sfogo, per istinto, per desiderio di essergli più vicino e fino a quel momento non gli era mai sembrato un errore. Scriveva a causa di Naruto, in suo ricordo… perché doveva essere diverso dal cantare?
Si rese improvvisamente conto di essersi estraniato dalla realtà con un’espressione incredula che non apparteneva al suo repertorio e quindi si ricompose, indossando nuovamente la sua maschera.
«Basta.» bisbigliò, in un soffio che sembrava quasi dolorante «Andiamocene.»
I due si alzarono e si divisero: Hinata uscì, aspettando Sasuke all’entrata, mentre quest’ultimo andava a pagare. Quando la raggiunse, era tornato perfettamente nella sua parte cruda e severa, in quel teatro di finzione che era la loro vita.
«A causa di Kiba non mi è rimasto un centesimo.» disse, seccato.
Hinata lo guardò, alzando il mento per accorciare la differenza di altezza. «Ricordi la strada per arrivare al nostro hotel?»
«No, perché?» chiese, incamminandosi.
«Temo che dovremo tornare a piedi.» rispose, titubante.
«Come, scusa?» Sasuke si voltò verso di lei, sbalordito.
«I soldi che avevo con me li aveva Hanabi.» si guardò intorno, stringendosi nelle spalle «E beh, non c’è.»
«Quindi…»
«Quindi non possiamo prendere un tassì.»
Sasuke si schiaffò una mano in viso, scioccato, e sospirò. Sembrava completamente sconfitto. Hinata non riusciva a capire quella reazione strana, ma Sasuke sapeva benissimo che tornare in hotel a piedi comportava metterci molto più tempo. Di conseguenza, era molto più tempo passato da solo con Hinata… sarebbe riuscito a controllarsi?
Hinata lo affiancò, tirandogli una manica del lungo cappotto nero che aveva indossato quella sera e che, in un certo senso, lo faceva sembrare il re delle ombre, del male, dell’oscurità. Era estate, ma si trovavano a Parigi, e la notte non era così calda.
«Cosa facciamo?» chiese, quando ottenne la sua attenzione.
«Cerchiamo di andare verso il centro della città e da lì chiediamo informazioni.» rispose lui
«E a chi?» domandò ancora la Hyuuga «A quest’ora ci saranno solo malviventi in giro.»
Sasuke si strinse nelle spalle. «Non preoccuparti.»
Cominciarono a camminare, vicini. Il quartiere di Parigi in cui si trovavano era poco illuminato, probabilmente era quello più povero e, Hinata temeva, quello più difficile. A volte, però, si dimenticava di chi avesse al suo fianco: Sasuke aveva vissuto quasi tutta la sua vita in un quartiere anche peggiore di quello, era abituato a certe cose, eppure non riusciva ad accomunarlo con una vita così dura. Il suo portamento elegante, i suoi lineamenti perfetti, anche il modo di camminare: tutto in lui avrebbe fatto pensare – a un perfetto sconosciuto così come ai suoi fan – a una persona cresciuta in una famiglia ricca o dell’alta borghesia o, meglio ancora, a un principe azzurro. Nonostante questo, attorno alla sua figura c’era un’aura misteriosa e cattiva, tenebrosa: era qualcosa radicato nei suoi mezzi sorrisi, negli occhi scurissimi – una luce particolare, un ghigno unico, dove solo chi lo conosceva bene era capace di riconoscere il dolore.
Una goccia le colpì il naso. Le ci volle qualche secondo per capire che si stava mettendo a piovere. Si arrestò di colpo e guardò il terreno di fronte a sé. In pochi secondi, un temporale si scagliò contro l’asfalto e contro di loro, fermi sotto la pioggia, forte e improvviso come un temporale estivo.
Sasuke imprecò, si tolse il cappotto e lo usò per riparare Hinata e se stesso dalla pioggia, anche se ormai si erano bagnati.
Mormorò qualcosa che la mora non capì e poi cominciarono a correre per strada, le gambe agili, alla ricerca di un riparo. Sasuke afferrò Hinata per una spalla e la spinse sotto al balcone di una casa malconcia.
«Chiama un tassì.» le ordinò. Poi riprese a correre sotto la pioggia, lasciandola sola.
Hinata rimase paralizzata. Cosa diamine stava facendo Sasuke? Dove andava? Perché l’aveva lasciata lì da sola?
Passarono diversi minuti di totale sconforto e paura, in cui Hinata avrebbe voluto correre, seguire Sasuke, ormai già scomparso dietro l’angolo. Sapeva bene però quanto sarebbe stato facile perdersi e quanto sarebbe stato ancora più complicato ritrovarsi. Era sconvolta.
Ad un tratto, in lontananza, vide un uomo camminare, per strada, incurante della pioggia. Si stava avvicinando a lei. Sulle prime pensò fosse Sasuke, ma dopo un attimo si rese conto che non aveva lo stesso portamento elegante, né l’ampia falcata: un brivido le corse lungo la spina dorsale.
Prese il telefono e chiamò il tassì, come Sasuke le aveva detto. Forse, se avesse visto che era al telefono, l’uomo l’avrebbe lasciata in pace, ma una brutta sensazione le correva nelle vene.
Lesse la via dove si trovavano lungo la fiancata di un muro e la diede alla donna con cui era al telefono quando le venne chiesta, parlando francese in modo impeccabile, se non fosse stato per la paura. L’uomo si avvicinava, ormai era a una decina di metri. Hinata poté vedergli finalmente il volto: capelli neri corti, cicatrice che passava dal naso e terminava sulla guancia destra e labbra strette, minacciose. Finse di parlare al telefono anche quando la chiamata terminò, con un sonoro clack. L’uomo, ormai, le era vicino, a un metro di distanza. Si guardarono negli occhi. I suoi erano di un grigio perlato, sinistramente agghiaccianti. Per un attimo Hinata smise di parlare, impaurita. E lui agì.
Le afferrò il polso con cui teneva stretto il telefono e lo fece cadere, spingendola poi contro il muro.
«Chi volevi prendere in giro?» disse l’uomo in un francese che non suonava più delicato ed elegante. Hinata urlò, mentre l’uomo la stringeva contro il muro, bloccandole i polsi, mentre lei, inutilmente, scalciava.
Poi, improvvisamente, l’uomo si staccò da lei e cadde a terra, dolorante.
Hinata si voltò e vide Sasuke, completamente bagnato, le labbra strette, il pugno ancora sollevato. Era furente. Si avvicinò ancora all’uomo e, di colpo, gli tirò un calcio, che lo fece ribaltare.
«Sasuke!» urlò Hinata, mentre il grido si confondeva a quello dell’uomo. Il moro sembrava impazzito. La donna accorse e lo prese per mano, tentando di strattonarlo, di portarlo via «Ti prego, Sasuke, andiamo!»
Sulle prime, il moro non si mosse. Poi sputò sull’assalitore, disgustato, e si lasciò portare via.
Hinata cominciò a correre, compiendo la stessa strada che aveva visto percorrere da Sasuke poco prima. Appena girò l’angolo, si fermò, lasciò la mano di Sasuke – che aveva tenuto fino a quel momento per portarlo via – e cominciò a colpirlo con i pugni chiusi sul petto.
«Sei impazzito?» urlava.
«Smettila…»
«Sei completamente fuori di testa!»
«Basta!» urlò Sasuke, bloccandole i polsi «Che diamine ti prende?»
«Avresti potuto ucciderlo!»
«Ti stava facendo del male!»
«Anche tu.»
Sasuke guardò le sue mani e la liberò. «Mi dispiace.»
«Come hai potuto lasciarmi lì da sola?» urlò Hinata.
«Sono andato a prendere dei soldi al bancomat…» rispose Sasuke.
«Non mi interessa!» urlò ancora Hinata, mentre il temporale la bagnava da capo a piedi, appiccicandole i lunghi capelli ai lati del volto «Dovevi rimanermi vicino!»
«E come dovrei fare se tu mi allontani?» urlò lui.
«Cosa?» Hinata lo guardò sbalordita «Di cosa stai parlando?»
«Sono settimane che ogni volta che arrivo io tu te ne vai!» sibilò, stanco e arrabbiato «E poi stamattina ti sei presa cura di me, con l’acqua e… e questa stupida maglietta!»
Hinata gli diede uno schiaffo. Il suo sguardo trasudava rabbia e delusione. Lui la guardò esterrefatto. Sentiva la parte lesa dolergli, bruciargli come fuoco vivo sulla pelle. Sapeva che si stava arrossando, ma rimase impassibile, non provò neanche a sfiorarsi la gota.
«Quella maglia è un regalo di Natale
che Naruto  si era dimenticato di darti. L’ho trovata facendo le valigie prima di partire.» anche lei era furente, ma già si pentiva del suo gesto «Vorrei ricordarti che sei stato tu ad allontanarti da me, più di un mese fa, dopo avermi appena promesso che ci saresti stato per me.» abbassò lo sguardo sui suoi piedi, mortalmente offesa «Non te lo ricordi, vero?»
«Cosa…?» cercò di capire lui.
«Mi hai detto che…» inspirò, qualcosa la trafisse nel petto – era quel ricordo o la paura di essere stata dimenticata? «che mi ami.»
«Cosa…?» Sasuke sembrava totalmente stralunato «Ieri, io…?»
«No, non ieri.» alzò nuovamente lo sguardo su di lui «Due settimane fa. Eri con Karin e… avevi una bottiglia in mano. Non sembravi così ubriaco. Pensavo che te ne ricordassi ma poi non hai mai detto nulla e…»
«Non lo ricordavo.» Hinata notò che aveva gli occhi lucidi «Hinata io… mi dispiace così tanto e…»
Stava mormorando quelle parole: mi dispiace. Proprio lui, Sasuke Uchiha, sotto alle mani abili di Hinata si era lasciato modellare come creta.
«Come può dispiacerti?» era fredda, arrabbiata, e il suo tono di voce si alzò nuovamente, in modo graduale «Come puoi ignorarmi per giorni e poi dirmi che mi ami? Come puoi dimenticartene? Come puoi essere freddo con me? Come hai potuto lasciarmi da sola?! Come…»
Smise di parlare di colpo. Il tocco leggero delle labbra di lui sulle sue la stupì, arrestando le sue parole, ogni suo gesto, ma non il suo cuore, che invece ingranò la marcia e cominciò a battere all’impazzata. Sasuke sembrava… indeciso, addirittura impaurito. Come un ragazzo alla suo primo bacio, l’uomo fremeva, avventurandosi incuriosito nel mondo dell’amore, ma spaventato dalle conseguenze. Con quel tocco leggero e fresco – le sue labbra erano fredde e umide a causa della pioggia, ma le mani che lui aveva appoggiato ai lati del suo viso erano bollenti, parevano ardere – sembrò quasi chiedergli il permesso. Hinata, confusa, si lasciò guidare dall’istinto e socchiuse la bocca. Sasuke colse il segnale come un via libera e la baciò dolcemente, unendosi a lei, quasi volesse respirare la sua stessa aria. Il corpo di lei si rilasso all’istante, ma al contempo era pervaso da elettricità pura, brividi e fremiti. Non osava toccarlo, ma sapeva perfettamente quanto il corpo di lui stesse tramando, pervaso da emozioni incredibilmente simili alle sue, che passavano fra di loro attraverso le loro labbra.
Poi, il bacio si fece più intenso.
 
 
 
 


 Angolo Autrice.~
Cari lettori, mi dispiace essere scomparsa per così tanto tempo. 
I problemi sono gli stessi di sempre, e il tempo sempre minore.
Leggere le vostre recensioni mi incoraggia, ma vederne sempre
meno mi demolisce. I miei lettori fedeli sembrano essere scomparsi...
Spero di vedervi presto qui, anche perchè sono molto curiosa di
sapere cosa potreste pensare di questo capitolo. Litigi, e poi... un bacio!
Fatemi sapere presto :)
Kiss!


 
   
 
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