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Autore: Erule    31/01/2015    1 recensioni
Seguito di "Anchor".
Lydia si guardò intorno circospetta. Quel pomeriggio, Stiles era uscito con Scott ed Allison, mentre lei era rimasta a casa perché si era presa un bel raffreddore di stagione e con il naso che gocciolava, le ombre sotto gli occhi, le gambe tremolanti, non se l’era sentita proprio di uscire. Lydia Martin doveva essere sempre impeccabile, quindi tanto valeva non mettere nemmeno il naso fuori di casa. Ma poi, circa cinque minuti dopo che Stiles era uscito, nella sua camera l’aveva visto: un enorme ragno nero e peloso con otto zampe. Voi direte: che schifo! Invece, tutto quello che pensò Lydia fu: CHE ORRORE! La natura non aveva avuto il minimo gusto con quegli orribili animaletti. Così, aveva preso la mazza da baseball di Stiles e si era diretta a passo deciso nella stanza, convinta che sarebbe bastato un solo colpo per metterlo K.O.
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Derek Hale, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N.B.: consiglio di ascoltare "Do I wanna know?" degli Arctic Monkeys durante la lettura :)

Capitolo 4
Haunting
 
Il suono stridulo della campanella la fece ridestare.
Strinse di più i libri al petto e riprese a camminare. Non poteva fare altre assenze, ormai era guarita. Tornare a scuola le serviva per pensare ad altro, per annullare le voci nella sua testa che continuavano a cantarle la profezia che ormai sapeva a memoria. L’università di Beacon Hills era nuova di zecca, con i muri verniciati di bianco ed il tetto verde acqua. I corridoi erano pieni di studenti, peggio delle superiori. Lydia avanzò velocemente, dirigendosi verso la prossima classe. Qual era? Chimica, biologia o fisica? Tutta quella storia la stava facendo impazzire, tanto da non farle ricordare nemmeno una cosa così stupida. Cercò di prendere il foglio degli orari dal libro di biologia, ma ovviamente le scivolarono tutti i tomi dalle mani, cadendo a terra. Lydia sbuffò, esasperata, mentre il corridoio si svuotava per l’inizio delle lezioni. Raccolse i libri, si alzò e guardò il foglio.
Promettimi che li salverai.
<< No, adesso basta! >> sbottò.
<< Va tutto bene? >> chiese una voce dietro di lei. Lydia si voltò.
<< Cosa ci fai qui? >>
<< Avevo bisogno di uscire un po’. >>
<< Senti, mi dispiace per quello che stai passando, ma noi non possiamo aiutarti. >>
Ades mise le mani in tasca. Adesso non portava più il gilet, ma una giacca di pelle nera.
<< So che avete dei casini in corso Lydia, ma io devo ritrovare Persefone. Ho davvero bisogno di voi. Possiamo discutere su un’alleanza. >>
Lydia scosse la testa.
<< Un’alleanza? Ades, le alleanze si fanno solo in tempi di guerra. Noi non siamo più in guerra da… >> stava dicendo, ma qualcosa nel suo sguardo la fece interrompere. Il cuore cominciò a tamburellarle nel petto. << Noi non siamo in tempo di guerra, vero Ades? >>
I suoi occhi parlarono più della linea sottile delle sue labbra. E fu a quel punto che tutte le certezze di Lydia vacillarono, sino a crollare come un castello di carte spinto dal vento.
<< Il caos è tornato di nuovo. >>
 
Peter stava in piedi nel bel mezzo della stanza. Non riusciva a stare seduto per un attimo, era come essere costantemente sotto scacco. Muoveva un piede al ritmo di una vecchia canzone, cercando di tenere a bada il suo istinto di lupo che gli consigliava di azzannare quella donna e dissanguarla viva.
<< Dopo tutto questo tempo, quella canzone ti risuona nella testa, eh? >> disse Cecily, lasciando che i capelli le ricadessero lungo la spalla.
<< Vuoi davvero sapere cosa risuona nella mia testa, Cecy? >> chiese Peter, avanzando minacciosamente verso di lei.
<< Peter! >> esclamò Paige. Lui si bloccò a pochi centimetri dalla donna.
<< Ma guardati. Ti fai richiamare ancora come un cagnolino da una Hawthorne. >>
<< Sciacquati la bocca quando parli di lei, Cecy. Dalia era mille volte migliore di te e tu lo sapevi. Ti ha sempre trattata con i guanti. >>
<< A parte quella volta. >>
<< Quella volta te lo sei meritata! >>
<< BASTA! >> urlò Derek, frapponendosi tra i due. << Smettetela, non siamo qui per litigare. >>
Il viso di Cecily non era che una maschera di rabbia. Peter sembrava un toro rabbioso, pronto a colpire da un momento all’altro. Paige stava vicino alla scrivania con le labbra conserte, non sapendo che fare. I due accompagnatori di Cecily erano fuori dalla porta, in caso fossero serviti. I ragazzi erano tornati a scuola. Ormai non potevano più fare niente. Non era sicura che Malia e Kira fossero con loro però. Non erano neanche iscritte all’università. Isaac e Parrish invece erano tornati a casa loro.
<< Perché non la riporti indietro, allora? Perché non ti servi del Mago? >> domandò Cecily. Paige impallidì, ma Peter non si scompose. Non sembrava nemmeno sorpreso.
<< Perché Dalia non mi perdonerebbe mai per aver ucciso una persona innocente. >>
<< Non glielo confesseresti neanche sotto tortura. >>
<< Lei è intelligente, lo verrebbe a sapere in qualche modo. >>
<< E hai anche ucciso Michael. >>
<< Era giusto così. >>
<< Hai privato una bambina di un padre! >>
<< Tu hai fatto la stessa cosa! >>
Cecily cercò di calmare il respiro, ma era troppo furiosa. Nonostante tutto quello che avevano passato insieme, nonostante tutte le notti insonni che avevano trascorso scrivendo canzoni, le notti nella roulotte per andare ai concerti in bar scadenti, le bottiglie di Vodka nelle serate solitarie, lui ancora non l’amava. Non l’aveva mai amata. Ed era per questa ragione che se n’era andata.
<< Una mattina mi sono svegliato nella roulotte e tu non c’eri. Mi hai negato di poter essere amato da mia figlia. Ti ricordi come si chiamava la canzone, Cecy? Si chiamava Lo voglio sapere? Tu mi chiedesti se volevo sapere se la figlia di Dalia era mia ed io ti risposi di no, perché se l’avessi saputo avrei ucciso quel Michael Cotton con i denti e mi sarei ripreso Dalia, rovinandole la vita. Fu l’unica volta in cui mi comportai bene, senza essere egoista. Dalia voleva una famiglia, ma io no. Era giusto così. >>
Cecily deglutì piano.
<< Sei venuto da me, dicendomi che mi volevi accanto a te. Ma non è vero, tu non mi hai mai amata. >>
<< E sai perché, Cecy. Io ho amato solo una donna nella mia vita. >> disse Peter. Paige alzò lo sguardo e lo fissò a lungo, avvertendo una stretta al cuore. Gli occhi di Cecily erano lucidi come lo specchio d’acqua di uno stagno in pieno inverno. Lui non la guardò, ma Paige sapeva a chi Peter stesse pensando. << E mi dispiace Cecily, ma non sei tu. >>
Era Dalia. Sua madre.
 
<< Ehi. >> esordì Peter, raggiungendola sull’altura.
Phoenix di notte era la bellezza in persona. Le stelle rilucevano nel cielo come dei fari, illuminando il volto di Dalia. Ancora non riusciva a credere che una perla così rara fosse stata sua. Però adesso lei gli aveva detto che voleva riallacciare i rapporti, che potevano tornare vicini. Forse avrebbe lasciato quell’idiota, forse sarebbe tornata insieme a lui per sempre. Si sfregò le mani. Faceva un po’ freddo quella notte. Osservò il profilo di Dalia, che si stagliava lucido e netto contro il paesaggio scuro. I suoi capelli rossi e gli occhi azzurri erano comunque riconoscibili, come l’acqua ed il fuoco. Era bella da morire. L’amava così tanto da morire per lei.
<< Ciao. >> disse e la sua voce gli sembrò un po’ troppo bassa per essere reale. C’era qualcosa che non andava. Lei si alzò piano dalla roccia su cui era rimasta seduta fino ad un momento prima. << Peter, ho… mentito al telefono. Mi dispiace. >>
Peter aggrottò le sopracciglia.

<< Cosa? Perché? >>
<< C’è una cosa che devi sapere e devi saperla da me. Per favore, non ti arrabbiare. >>
<< Non potrei mai arrabbiarmi con te, Dalia. Certo, non cominciare a parlarmi di quel Cotton, perché  potrei dare di matto. >>
Dalia sorrise. Lui sapeva sempre quali erano i suoi punti deboli, come farla ridere. Ed era anche l’unico che conosceva dove si trovasse quel tatuaggio che aveva fatto a sedici anni contro i genitori, quella linea di stelle che nascondeva alla fine della schiena. Lo aveva confessato solo a lui. Non a Michael, a lui.
<< Mi manca poter parlare con te, Peter. >> disse. Peter aspettò per rispondere, perché sapeva che non aveva ancora finito. Se non facevi parlare Dalia per conto suo, eri certo che non avresti saputo niente da lei. Non le fece domande. << Io e Michael ci sposeremo, credo. Lui è entusiasta di questa cosa. A-anche io lo sono, ovviamente. Penso che tu debba saperlo da me. >> farfugliò, poi si passò una mano fra i capelli. Sintomo d’ansia. Cosa le stava succedendo? Peter non le staccò mai gli occhi di dosso per tutta la durata del suo discorso. << Non riesco a dirlo, non ci riesco! Sono una stupida. Non avrei dovuto chiamarti, non avrei dovuto farlo. Cecily ti vuole bene, io non dovrei davvero… no, non dovrei davvero… >>
<< Dalia, stai dicendo parole senza senso. >> disse Peter, avvicinandosi a lei. I suoi occhi umidi brillarono alla luce della luna. Anche Peter sentì le lacrime bruciargli gli occhi, sebbene non ne capisse il motivo fino in fondo. Le strinse le mani fra le proprie. << Tesoro, parlami. Andrà tutto bene. Sai che io non ti giudicherò. >>
Dalia si sentì più debole che mai. Avrebbe solo voluto aver già parlato, vedere Peter allontanarsi da lei, urlare, portarsi le mani alla testa, tutto estremamente rallentato, infinitamente doloroso.
<< Ieri ho schiaffeggiato Cecily, ti ricordi? Michael ha raccontato al preside che era stata colpa sua, che andava tutto bene. >>
<< Meno male che non è un selvaggio. Anche io avrei fatto lo stesso. La vita universitaria è già abbastanza dura senza note di demerito. >> replicò Peter. << E tu non le meriti. >>
<< Non è questo il punto. Cecily stava per dirti una cosa che io non volevo sapessi, ma ho capito che dovevo comunque dirtela, perciò ti ho chiamato. >>
<< Dalia, so che è difficile, ma è quasi l’una del mattino e tu non dovresti tornare a casa tardi. Michael non sa che sei qui, vero? >>
Dalia deglutì.
<< Lo sa. L’unica cosa che non sa è che potrebbe non essere suo. >>
Peter chiuse gli occhi, girando lievemente la testa. No, non poteva accadere ciò che stava pensando. Non poteva andare a finire così. Non poteva essere già così avanti.
<< Sei incinta? >>
Il viso di Dalia era deformato dal pianto. Riusciva malapena a respirare. Peter avvertì un dolore acuto al cuore, come se la punta di uno spillo stesse continuando ad infilzarlo, facendolo sanguinare.
<< Sì. >>
Le lasciò le mani e nella sua testa Dalia lo sentì urlare. Loro due erano sempre stati legati, troppo legati, come se fossero due metà dello stesso cuore. Peter rimase in silenzio, le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi. Voleva solo spaccargli la faccia. Voleva solo metterlo in ginocchio, picchiarlo, fargli capire cosa siginificava perdere Dalia, perdere tutto. Voleva uccidere quel dannato Michael Cotton.
<< Non voglio saperlo. Non voglio sapere se è mio. Non cercarmi più. >>
<< Sei tu che mi hai detto che non mi volevi più! Io non potevo fare altro! >>
<< Io ti ho detto che non volevo una famiglia! Non ho mai detto che non volevo te! >> sbraitò Peter. Dalia fece un passo indietro, come colpita dalle sue parole. << Io volevo te, più di qualsiasi altra cosa al mondo, più di dell’oro, del potere o della donna perfetta, io volevo solo te e mi saresti bastata, lo giuro su quello che vuoi. Tu sei il mio vuoto e la mia debolezza insieme, sei la mia parte mancante, sei…>> disse, poi dovette bloccarsi per via del groppo in gola. Dalia chiuse gli occhi. << Sei colpevole, Dalia. Perché dopo di te, io non riuscirò ad amare più nessun’altra donna. Non voglio sapere se il figlio che porti in grembo è mio, non dirmelo. Voglio pensare di averti persa per via di un altro uomo e non per qualcos’altro. >>
Peter si voltò e prese a camminare, perché ormai gli faceva davvero troppo male il cuore per continuare a guardarla.
<< Ti amo, Peter. >> disse Dalia. La sua voce era musicale come il canto degli uccelli in primavera. Peter si fermò. Avrebbe preferito che non l’avesse detto. Come poteva lasciarla andare, adesso? << So che non avrei dovuto dirlo, so che non avresti voluto sentirlo, ma non è colpa di nessuno se è andata a finire così. Abbiamo solo interessi differenti. Volevo solo che… >>
<< Cosa? >> chiese Peter, voltandosi. Dalia sentì il cuore mancare di un battito. << Volevi solo toglierti un peso dal cuore? Volevi solo darmi un contentino? >> chiese, avanzando a passi veloci verso di lei. << Volevi solo spezzarmi il cuore? >> domandò con voce più alta, prima di prenderle il viso fra le mani e baciarla.
La baciò come se fosse la fine del mondo e stessero per morire. La baciò come se non avesse mai baciato un’altra donna in tutta la sua vita che non fosse lei. La baciò come se quello fosse l’ultimo vero bacio che avrebbe mai dato. E le mani scottarono sulle sue guance fredde, mentre lui si sentiva cadere, cadere, cadere sempre di più.
La lasciò piano, mentre i loro respiri si confondevano nell’aria, creando nuvolette di vapore. Dalia aprì piano gli occhi, accecandolo con quel blu mare. Era come morire per mano di un’onda e non sapeva se gli piaceva o meno.
<< Volevo solo che tu lo sapessi. >>
 
Cecily s’inumidì le labbra, le braccia ancora incrociate al petto. Possibile che persino dopo tutti quegli anni lui riuscisse sempre a farle quell’effetto? Era assurdo, era sempre stato l’unico uomo capace di farle effettivamente sentire qualcosa, l’unico a cui era riuscita a legarsi davvero, tanto da avere una figlia da lui. Una figlia che poi aveva abbandonato per esigenza, urlando in quella tenda dove aveva partorito, chiedendo di portarla via subito per non avere ripensamenti. Ricordava solo i suoi occhi incredibilmente belli e brillanti, lucidi. Quando l’aveva incontrata per la prima volta dopo tutto quel tempo aveva pensato che era cresciuta davvero tanto, che era diventata una donna, ma l’aveva riconosciuta subito per via degli occhi. Erano rimasti identici. Belli, brillanti, lucidi. Le aveva chiesto di parlare, di raccontarle perché aveva dovuto lasciarla andare, se magari poteva tornare, ma non aveva potuto incontrarla. L’avevano minacciata molto prima di quell’episodio, ma non le era importato più di tanto. Adesso invece doveva proteggere sua figlia ed avrebbe fatto di tutto pur di raggiungere il suo scopo.
<< Lo so, Peter. Una volta io e Dalia eravamo amiche. Me lo ricordo bene. >>
Peter avanzò verso di lei.
<< Allora dovresti anche ricordarti che non ha mai fatto niente per farti del male. >>
Cecily alzò un angolo della bocca in un sorrisetto.
<< Non sono qui per Paige, se è quello che pensi. Sono qui per te. >>
Paige osservò Derek muovere la mano destra. Si stava preparando ad attaccare. Sapeva che non avrebbero dovuto fidarsi di Cecily.
<< Perché? >>
<< Donnie! Sam! Venite dentro! >> urlò Cecily, camminando all’indietro verso la porta per poi spalancarla. << Facciamo quello per cui siamo venuti. Prendiamo quel traditore. >>
Derek e Paige si mossero subito, frapponendosi fra lei e Peter.
<< Dovrai affrontare prima noi. >> disse Paige, mentre il suo viso si deformava in quello di una volpe.
<< Dovrò prima passare sul vostro cadavere, volevi dire. >> replicò Cecily, voltando il colore dei suoi occhi in un azzurro metallico e luminoso.
<< Hai parlato fin troppo. >> disse Derek, un secondo prima di saltarle addosso.
 
Scott si portò le mani alla testa, buttando fuori l’aria. Non era riuscito a dormire per via dell’arrivo della madre di Malia. Allison gli aveva inviato un messaggio in cui gli diceva che si sarebbe fatta un giro in città con suo padre, dato che non lo vedeva da un sacco di tempo. Era contento che almeno lei cercasse di apparire normale, così da dargli forza per sopportare tutto quello che gli stava accadendo intorno. Era come se tutto il suo mondo gli stesse per crollare addosso da un momento all’altro, come se dentro di sé ci fosse una macchia nera che si espandeva nel cuore e minacciava di inghiottirlo, tirandolo giù con sé, nell’oblio.
Alzò lo sguardo e sentì una fitta allo stomaco. Stiles stava avanzando verso di lui a fatica, le gambe che a malapena lo reggevano in piedi, la mano sinistra che cercava di aggrapparsi al muro, due ombre scure sotto gli occhi. Respirava male e sembrava molto agitato. La borsa con i libri gli cadde dalla spalla e lui crollò sulle ginocchia. Scott si alzò dalla panchina nel corridoio e corse subito verso di lui.  
<< Amico, ehi, stai bene? >> chiese Scott preoccupato, stringendogli una spalla.
<< Scott, non so cosa mi stia succedendo. >> rispose Stiles con voce tremante. Era irriconoscibile rispetto a quando l’aveva visto per l’ultima volta, la sera prima. << Stanotte non sono riuscito a dormire. >>
<< Nemmeno io, se è per questo. >>
<< No, no, tu non capisci! >> ribatté Stiles, gli occhi fuori dalle orbite. Sembrava che stesse per scoppiare a piangere. << Non riuscivo a capire se stessi sognando o se stessi vivendo la realtà! Stavo impazzendo! Stamattina mi sono chiuso in bagno pur di non dover vedere Lydia. >> disse, poi si guardò le mani. << Uno, due, tre, quattro… >>
<< Stiles, cosa stai facendo? >>
<< Sto contando. >> rispose, mentre il suo respiro saltava come un disco rotto.
Scott per un attimo si sentì cadere. Non era possibile. Non poteva accadere di nuovo. Forse era lui quello che stava sognando, quello era tutto un incubo, certo. Si diede un pizzicotto sulla mano, ma non si svegliò. Scosse la testa più volte, sulla soglia di una crisi di nervi. Poi, tutto il mondo si fermò e lui sentì solo nelle sue orecchie la voce di Allison che gli ripeteva quelle parole.
Non cedere.
E lui tornò a respirare.
<< D’accordo Stiles, adesso ti aiuto ad alzarti. Quante dita hai contato? >> chiese, mentre il sangue pompava velocemente nelle sue vene, facendoglielo avvertire come un fiume gelato negli argini bollenti della pelle. 
<< Dieci. >> rispose, deglutendo.
<< Okay, quindi non stai sognando. Ora dammi la mano ed alzati, okay? Così. >> replicò Scott, mentre si alzavano. Stiles si tenne ben ancorato all’amico.
<< Non riesco a leggere quello che c’è scritto sulla tua maglietta, Scott. Vedo tutte le parole sovrapporsi e… >>
<< Stiles, è solo un attacco di panico. >>
<< Non è solo un attacco di panico! >> urlò, staccandosi bruscamente da Scott. Alcuni studenti si voltarono a fissarli.
<< Stiles, abbassa la voce. >>
<< Sto impazzendo. Lui è tornato, non posso scappare. Dovrò farlo entrare di nuovo. >> disse. Scott scosse la testa. Stiles alzò lo sguardo verso di lui. << Dille che la amo. >>
Poi scappò via.
<< STILES! >>
Alla fine del corridoio, dietro le spalle di Scott, Lydia si sentì morire.
 
John li osservò parlare a lungo, le mani sui fianchi, fingendo di interessarsi profondamente alla storia che gli stava raccontando l’infermiera. A quanto pare, il suo fidanzato le aveva rubato un sacco di soldi, così aveva deciso di denunciarlo. Il problema era che era una chiacchierona (probabilmente lui l’aveva mollata per quello ed aveva anche fatto bene, pensò John), quindi anziché dargli un identikit gli stava propinando la storia della loro relazione. Avrebbe preferito tagliarsi le orecchie pur di non ascoltare ancora un’altra parola di quella storia malata, ma doveva continuare a fingere che gli importasse per poter spiare – no, controllare, perché lui non era mica un criminale ma un nobile servitore della legge – Melissa e Rafe che stavano discutendo come al solito di qualcosa. Ultimamente quella donna non riusciva mai ad essere felice e siccome a lui piaceva il suo sorriso (aveva dei denti bianchissimi, meravigliosi), avrebbe preferito che Rafe se ne andasse di nuovo senza più fare ritorno, lasciandola in pace. Invece no, lei gli andava ancora dietro e lui continuava a gironzolarle intorno. Lei lo faceva perché provava ancora dell’affetto per lui, perché aveva un animo gentile e lui perché non riusciva a stare senza di lei, dato che era una persona divertente, simpatica, estroversa… Insomma, se Rafe se ne fosse tornato di nuovo a quel paese o dove voleva lui, Beacon Hills sarebbe tornata ad essere un covo pieno di esseri sovrannaturali, ma privo di un uomo che non faceva altro che rendergli più difficile l’esistenza. E sì, perché mica dava fastidio solo a Melissa. No, troppo facile. Il caro Rafe dava fastidio anche a lui, dato che praticamente ogni mattina si trovava puntualmente nel suo ufficio alla otto del mattino per aiutarlo con i casi irrisolti (che nella testa di John suonava tanto come Tu sei un incapace, quindi tocca a me risolvere i tuoi casini). Siccome lui non era un poliziotto inesperto ed aveva anche una certa anzianità di servizio, finivano sempre per litigare, perché John ogni volta era costretto a mandarlo a quel paese almeno cinque volte prima della seconda tazza di caffè della mattinata. E attenzione: la giornata non era ancora finita.
<< Rafe, abbiamo finito per oggi o devi ancora tormentarmi con le tue assurde ipotesi sugli esseri sovrannaturali? Perché avrei da fare. >> replicò Melissa stizzita, le braccia incrociate al petto.
<< Melissa, tuo figlio stanotte è tornato a casa con dei peli di animale sulla felpa. >>
<< Perché quando fa qualcosa di apparentemente sbagliato è sempre mio figlio e mai tuo? Sai, queste cose si fanno in due, Rafe. Non dirmi che non te ne sei accorto. >> ribatté Melissa. John represse il bisogno di scoppiare a ridere. Rafe fece per replicare, ma Melissa continuò. << E fra parentesi, tuo figlio è uno di loro, quindi non dovrebbe stupirti. >>
<< Anche se fosse stato lui a trasformarsi, >> disse Rafe, abbassando la voce, << sarei comunque allarmato, perché vorrebbe dire che c’è qualche pericolo di cui non siamo al corrente. >>
<< E allora chiedilo a lui. >>
<< Ma non me lo racconterebbe di certo! >>
<< E credi che lo direbbe a me? >>
<< Sì, perché tu sei la madre! Ha più confidenza con te che con me! >> esclamò l’uomo.
Melissa strabuzzò gli occhi, sul punto di gridargli contro. John liquidò con un gesto la donna, Sarah Friser, che stava ancora parlando imperterrita e corse ad aiutare Melissa.
<< Melissa, ehi, potrei parlarti un secondo? >> domandò. Rafe gli lanciò un’occhiataccia, ma stranamente non disse nulla.
<< Sì, ma certo. >> rispose Melissa. Rafe sospirò, poi prese la via della porta e scomparì fuori dall’ospedale. << Grazie per avermi salvata. Stavo per tirargli un vaso in testa. >>
<< Figurati. >> disse John, alzando le spalle.
<< Torno al lavoro. >>
<< A-aspetta! >> ribatté John, mentre Melissa girava l’angolo. Lei si voltò, incuriosita. << Non è che ti… insomma… >>
<< John, ti stai comportando esattamente come Stiles. >> commentò Melissa, sorridendo.
John prese un bel respiro.
<< Ti andrebbe di uscire insieme a cena, stasera? >>
Melissa aprì leggermente la bocca, sorpresa. John si guardò intorno, maledicendosi mentalmente per essere stato così avventato. Be’, in realtà, aveva pensato di chiederglielo da qualche mese, ma alla fine non l’aveva mai fatto. L’ultima volta in cui era uscito a cena con una donna risaliva a molti anni prima, quando Claudia era ancora in vita.
<< Okay. >> rispose Melissa. John alzò un sopracciglio.
<< Davvero? Cioè, niente No, scusa, ho un’emicrania terribile o I nostri figli sono amici? >>
Melissa rise.
<< Veramente è proprio per questo: ho mal di testa per via di tutte quelle parole pronunciate da Rafe e mi farebbe bene uscire con un amico, mentre per quanto riguarda i ragazzi, Scott mi ha sempre detto che gli stai molto simpatico. >> replicò. A John parve di avvertire una leggere insinuazione in quelle ultime parole, come un messaggio segreto (Esci con lui così vi mettete insieme ed io divento il fratello di Stiles).
John alzò le spalle.
<< Bene. Stasera alle otto? >>
Melissa gli sorrise.
<< Stasera alle otto. >>
 
Derek venne ribaltato all’indietro con una forza straordinaria. Si rialzò a fatica, la schiena dolorante, per poi fiondarsi di nuovo contro Cecily. Quella donna era forte come il tronco di un albero. Sarebbe riuscita a buttare giù persino un muro di pietra. Donnie, il ragazzo moro, stava combattendo freneticamente contro Peter, che gli teneva testa, ma era già piuttosto stanco. Da quello che aveva capito, Cecily doveva aver fatto un patto col diavolo, ovvero con il Mago o con Deucalion. Magari anche con tutti e due insieme, dato che sembravano lavorare aiutandosi l’un l’altro. Sam e Paige erano invece dall’altra parte della stanza, dove non si vedevano che capelli biondi e movimenti veloci. Sembravano un tuono ed un fulmine che danzavano in una notte di pioggia. Sarebbe stata anche un’immagine romantica, se non fosse stato che Paige stava perdendo abbastanza sangue dal torace. Doveva fare in fretta per aiutarli entrambi. Non aveva il tempo per chiamare aiuto, doveva cavarsela da solo.
Si slanciò verso Cecily, riuscì a graffiarla sul braccio sinistro, poi la scaraventò contro la porta blindata. La lupa ringhiò ferocemente contro di lui, poi lo attaccò di nuovo, prendendolo per le spalle e cercando di scagliarlo via.
<< Perché vuoi Peter? >>
<< Non ti rivelerò niente! >> replicò Cecily, rigandogli la pelle con gli artigli. Derek avvertì un dolore profondo, ma cercò di non darlo a vedere.
<< Alleati con noi! Possiamo sconfiggerli! >>
<< No, invece! Saranno loro a distruggere voi! Datemi Peter e voi ne starete fuori! Fatemelo uccidere! >>
<< Non ne avresti il coraggio! >>
<< Davvero? >>
Cecily pompò i muscoli delle braccia, poi spinse Derek di lato, facendolo scivolare lungo il pavimento. Si diresse verso Peter e Donnie con passo deciso, gli artigli sporchi di sangue. Paige si girò per un secondo a guardarla e vide la determinazione nei suoi occhi. L’avrebbe ucciso. L’avrebbe fatto.
<< Derek! >> gridò, poi Sam la prese di peso e la scaraventò via.
Derek si alzò rintontito, ma ancora lucido. Vide Donnie spostarsi e lasciare spazio a Cecily. Osservò Peter deglutire, scivolare contro il muro del loft, il sudore sulla fronte e gli occhi consapevoli. Avrebbe potuto lasciarlo morire. Avrebbe potuto lasciare che Cecily lo uccidesse, lasciare che nessuno li cercasse più, lasciare che un problema del genere andasse via per sempre. Il tempo rallentò. Le sue palpebre si aprirono e si chiusero una volta in più. Non sentì la voce della coscienza. Non sentì la voce di Paige e nemmeno quella di sua madre. Non sentì niente. 
Avrebbe potuto lasciarlo morire.
Cecily ghignò, mentre Peter la pregava di non farlo, di risparmiarlo, mettendo le mani di fronte al volto per proteggerlo. Non guardò verso Derek e fu un bene, perché se l’avesse fatto lui non sarebbe riuscito a resistere. Sam si stava ancora occupando di Paige in quel momento, probabilmente e pensò di andare ad aiutarla, poi vide Sam essere scagliato a molti metri da lei e per poco non scoppiò a ridere. Gli prudevano le mani. Il tempo aveva ricominciato a scorrere e Cecily stava già graffiando ogni parte possibile del corpo di Peter, prima di tagliargli la gola. Voleva godersi il momento. Be’, Derek non gliel’avrebbe lasciato fare.
È vero, avrebbe potuto farlo, ma in quel caso non sarebbe stato diverso da quelli che stavano tentando di ucciderlo.
Uno scatto dopo, aveva preso Cecily alle spalle e l’aveva intrappolata. Lei cercò in tutti i modi di divincolarsi, ma non ci riusciva. Peter scivolò verso il pavimento, sedendosi, gli occhi pieni di terrore.
<< Se vuoi lasciare questa casa viva, ti conviene dirci quello che sai. >>
Cecily si divincolò dalla presa, gli occhi d’un rosso fiammante.
<< Hanno una donna dalla loro parte. È molto potente. >> disse Cecily, mentre Donnie e Sam si riunivano feriti alle sue spalle. << L’hanno catturata. Lei potrebbe far crollare il mondo. Non avete idea di cosa potrebbe succedere, se la corrompessero a tal punto da comandarla. >>
<< Scommetto che si chiama Persefone. >> replicò Paige, dietro di lei. Cecily strabuzzò gli occhi.
<< Come fai a saperlo? >>
<< Salta subito alla parte in cui ci dici cosa vogliono da lei e da Peter. >>
Cecily sorrise.
<< Per quanto riguarda Peter, lo vogliono morto e lo hanno chiesto a me perché sapevano che avrebbero potuto fare leva su mia figlia. L’avrebbero uccisa, se non l’avessi fatto. Per questo ho cercato di tenerla il più lontano possibile da me. Dovevo proteggerla. >> spiegò. << Per la Regina dei Morti invece, non so cosa dirvi. Hanno bisogno di lei per una profezia, ma non ne so niente. >>
<< Proteggeremo noi Malia. Hai la nostra parola. >>
<< Non ne dubito. >> replicò Cecily. << Mi chiedo solo: chi proteggerà voi? >>
Cecily sfiorò la spalla di Paige mentre avanzava verso la porta, gli altri due lupi alle sue calcagna. Uscirono allo stesso modo del fumo, invisibili e silenziosi, lasciando un alone di tristezza sparso per tutta la stanza.
<< Perché non hai lasciato che mi uccidesse? >> chiese Peter in un filo di voce. Derek sospirò.
<< Perché non sarebbe stato giusto. >> rispose. Poi andò in camera sua e Paige lo seguì. Peter non pronunciò un’altra parola per tutta la serata.
Avrebbe potuto lasciarlo morire.
Ma non l’aveva fatto.
 
***
 
<< Per chi ti stai facendo bella? >> chiese Scott, cercando in tutti i modi di sorridere.
<< Sto per uscire con… >> stava dicendo Melissa, di fronte allo specchio, poi si bloccò. << Vieni qui. >> disse, sedendosi sul letto. Scott staccò la spalla dallo stipite della porta ed avanzò verso di lei, sedendosi accanto alla madre.
<< Che succede? >>
<< Come la prenderesti se ti dicessi che stasera esco con il padre di Stiles? >>
Scott avvertì una specie di stretta alla pancia, come il cuore gli fosse appena crollato in fondo allo stomaco. Se non ci fossero state di mezzo tutte quelle complicazioni, si sarebbe persino goduto il momento. Al contrario, dovette sforzarsi di nuovo di sorridere.
<< Bene. >> rispose Scott, ma senza abbastanza convinzione. Melissa si guardò le mani.
<< Scott, se non ti va bene, io… >>
<< Mamma, credimi, è okay. Sono solo… stanco. Sono davvero stanco. >> replicò Scott, con gli occhi lucidi. Non si era nemmeno accorto della sua voce che lentamente si stava sgretolando. Melissa non sembrava essersi accorta di tutti questi dettagli, perché gli sorrise in modo incoraggiante.
<< D’accordo, se a te va bene, noi stasera usciremo insieme. >>
<< Certo. >> replicò Scott, alzandosi. << Divertitevi. >>
Melissa tornò a guardarsi allo specchio, armeggiando con i capelli che non ne volevano sapere di ridursi a meravigliosi boccoli e non in ricci selvaggi. Scott avanzò velocemente verso la porta, sperando di passare inosservato. Non aveva voglia di mentire di nuovo a sua madre, né tantomeno di farle capire che Stiles era scomparso e che non volevano dirlo a suo padre per non farlo preoccupare. Infatti aveva raccontato ad entrambi i genitori che quella sera sarebbero usciti insieme con gli altri ragazzi del gruppo.
<< Ehi. >> disse sua madre all’improvviso e Scott sudò freddo. << So che certe volte fingo di non aver capito che stai male, ma lo faccio solo perché non voglio costringerti a parlarne con me, se non vuoi. Quindi se c’è qualcosa che non va, ti prego di dirmelo. >>
Scott deglutì. Ecco, adesso sì che aveva davvero complicato tutto. Sua madre era incredibile: riusciva a capire sempre tutto. Scott aprì la bocca per parlare, ma suonarono alla porta.
<< Scott! >> gridò una voce femminile, quella di Lydia.
<< Devo andare. >> replicò Scott. Melissa gli sorrise.
<< Buona serata. >>
E lo sarebbe stata davvero, in un’altra occasione.
<< Anche a te. >>
 
Lydia scese dalla macchina ansiosa, le mani che stringevano le chiavi dell’auto con il portachiavi che Stiles le aveva regalato (una stella a cinque punte, perché lei era la sua stella) che non faceva altro che pizzicarle il palmo come fanno cinque aghi messi insieme. I suoi occhi erano rossi e stanchi e camminava a malapena su quei dannati tacchi. Allison le corse dietro, seguita a ruota da Scott.
<< Forse dovremmo dividerci. Io vado nel bosco, tu Lydia vai a scuola, mentre Allison lo cerca per strada. >> propose Scott.
<< No, non possiamo dividerci. Potrei perdere anche voi. Non posso perdere anche voi. Allison, non posso perdere anche voi. >> ribatté Lydia, con il cuore che pulsava nel petto in maniera dolorante. Allison si sentì male per lei.
<< Lydia, andrà tutto bene. Lo troveremo. >>
<< No, invece. >> disse una voce roca nascosta nel buio. Lydia strinse i pugni. << Dovete lasciare che torni. Ormai l’oscurità si è impossessata di lui. >>
<< Spero che Persefone sia morta. >> fece Lydia a denti stretti e le sue parole erano piene di una rabbia repressa. Ades guardò in basso, le mani nelle tasche dei jeans.
<< Mi dispiace, ma anche il tuo Stiles potrebbe esserlo, a quest’ora. >>
Scott si frappose tra i due.
<< Ehi, ma che diavolo stai cercando di fare? Sei dalla nostra parte oppure no? >>
<< Sto solo dicendo le cose come stanno. >>
<< Be’, non sei d’aiuto. Ragazze, andiamo. >>
<< Cercatelo dove lui ama essere trovato. >>
Lydia sbatté le palpebre, pensando intensamente. Probabilmente a scuola o a casa sua, dove diceva sempre che ogni oggetto profumava di lei e lui amava stare lì. Già, forse era andato a casa sua a cercarla!
<< Sai che è a casa mia? >> chiese Lydia, la voce lievemente febbrile.
<< No, ma io vorrei essere cercato lì. >>
<< A casa di Lydia? >> domandò Scott, confuso. Allison scosse la testa.
<< Nel posto che amo di più. >>
Lydia prese a correre verso l’auto e Scott assieme a lei. Allison esitò. Ades la osservò a lungo, aspettando in silenzio.
<< Dove sei stato per tutto il pomeriggio? >>
Ades scrollò le spalle.
<< Non ha importanza. >>
<< Hai cercato Persefone, non è vero? L’hai cercata nel posto che ama di più. >>
Lui annuì.
<< Sì, ma non l’ho trovata. >>
Allison gli sorrise.
<< C’è sempre speranza. La troverai. >>
<< Ho paura che qualcun altro l’abbia trovata prima di me. >>
<< Allison! >> sbraitò Lydia, suonando il clacson. << Muoviti! >>   
“Dille che la amo”.
<< Non è morta. Me lo sento. >> replicò Allison, poi andò dagli altri.
Ades alzò le spalle.
<< Lo spero, Allison. Lo spero davvero. >>
 
Anche io ti amo, Stiles.  








Angolo autrice:
Ehilà :)
Questo è il mio capitolo preferito fino ad ora, soprattutto per una parte: il ricordo di Peter. Era quello il punto cruciale in cui la musica combaciava benissimo con le parole. Non si sa molto sul passato di Peter, quindi questo mi permetteva di immaginare tutto ciò che gli è successo da giovane. Nella storia precedente già si era accennato quello che era accaduto: era stato fidanzato con la madre di Paige (Dalia) all'università, poi lei si era messa con Michael Cotton (il padre di Paige) ed infine era morta per la malattia che ha sconfitto Paige grazie al morso (Michael invece era stato ucciso da Peter, ma probabilmente sarebbe morto lo stesso per mano degli aguzzini a cui doveva dei soldi). Peter, Dalia e la madre di Malia erano stati amici durante quel periodo e poi be', alcune cose sono già state spiegate in questi ultimi due capitoli, quindi non le ripeto. La coppia Peter/Dalia mi piace molto, spero che li shippiate insieme anche voi :D
E poi finalmente si vede anche la coppia John/Melissa :3
Ovviamente quello che salta all'occhio è ciò che succede a Stiles ç_ç Questo è solo l'inizio, se ne saprà di più nei capitoli a venire.  
Ditemi cosa ne pensate del capitolo! :)
Grazie a tutti quelli che recensiscono, inseriscono la storia fra le seguite/preferite/ricordate, leggono e basta.
Alla prossima! 
Erule
 
  
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