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Autore: Frizlemon    02/02/2015    0 recensioni
Che cosa successe alla perfida Regina di Cuori dopo l'esilio?
Questa storia parlerà della vita e dei sentimenti di Iracondia - la Regina Rossa - dopo essere stata esiliata dalla sorella Mirana - la Regina Bianca - assieme al suo fante Stayne. Nella storia sono passati due anni dall'esilio.
La Regina, dopo che Stayne aveva tentato di ucciderla, si era liberata dalle manette che li tenevano uniti e si era nascosta in un bosco. Dovendo sopravvivere contando solo sulle proprie forze la regina fronteggia condizioni vitali pessime e mancanza di cibo. Così la sua testa rimpicciolisce al passar del tempo raggiungendo una taglia normale. Dopo aver visto casualmente il suo riflesso ed il suo nuovo aspetto in una pozzanghera, la paura si fa strada nel cuore della regina. Questa si nasconde, così, in un bosco remoto dove vive ormai allo stato selvaggio: cacciando e raccogliendo radici e piante selvatiche per sopravvivere, trovando rifugio sugli alberi e in una piccola capanna da lei costruita, fuggendo gli altri esseri viventi. Un giorno, un giovane uomo, migliore amico ed allievo di Alice Kingsleigh, arriva e sconvolge la sua esistenza e quella degli altri abitanti di Sottomondo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Regina di Cuori
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti, 
Scusate se ci ho messo molto a scrivere questo secondo capitolo ma sono stata molto impegnata con la scuola... Ho visto che il prologo è stato visualizzato da una trentina (grazie infinite) di persone ma non ho avuto il piacere di leggere neanche una recensione perciò, vi prego, se leggete uno dei due capitoli lasciatemi un commento. Anche una cosa cortissima come "Orribile" o "Non male" ma fatemi sapere se vi piace o meno. Ditemi quello che ne pensate.
Questo è il primo capitolo e, anche se non entra ancora nel vivo della storia, spiega molto.
Senza altre chiacchiere vi lascio alla storia...
Grazie per aver letto,
AvadaKedavra 
 
 
 
Il ricordo è un traditore che ferisce alle spalle... (Sören Kierkegaard)
 
 Erano passati due anni da quel giorno ma Iracondia ricordava ancora benissimo. Come dimenticare il sapore amaro della sconfitta del Giorno Gioiglorioso, ma soprattutto come dimenticare il suo esilio? Stayne, che lei aveva amato così tanto da credere che egli la ricambiasse, aveva tentato di ucciderla. 
   Seduta sull'erba ai piedi di un albero, una brezza leggera che le accarezzava il volto, la giovane donna stava dormendo apparentemente in tranquillità. "Apparentemente" perché in realtà il suo sonno era tormentato da quei ricordi, che per lei equivalevano a veri e propri incubi. Vedeva tutti i suoi ricordi di quel giorno sfilarle davanti agli occhi come se stesse guardando uno spettacolo...
   Aveva appena perso la guerra contro sua sorella Mirana - la Regina Bianca - il Ciciarampa era stato ucciso da Alice, il suo trono preso dalla sorella. Le rimaneva solo Stayne. Lo stesso Stayne che lei amava e che, senza esitare, cercò di ucciderla una volta scoperto che sarebbe stato esiliato con lei. La Regina Rossa e il fante furono condotti dalle guardie di Mirana all'entrata di un bosco in apparenza molto fitto e vasto: nessuno voleva vederli tornare. Dopo dieci lunghissimi minuti di silenzio e marcia verso il cuore della selva, Stayne strattonò le manette che lo legavano alla Regina e, le fece segno di fermarsi. Le guardie se ne andarono lasciandoli così soli in mezzo ad una foresta sconosciuta. La Regina  rivolse al fante uno sguardo tutt'altro che amichevole che fu immediatamente ricambiato. Poi, lei si mosse talmente rapidamente che egli non poté reagire e, lo fece cadere all'indietro. Prese la spada dell'uomo dalla sua cinta e tagliò le manette. Infine, si allontanò da quest'ultimo, ancora sorpreso, senza restituirgli l'arma: pensò che le sarebbe servita visto che d'ora in poi per sopravvivere avrebbe potuto contare solo sulle proprie forze. Non provava alcun rimorso per aver abbandonato Stayne lì e per avergli rubato la spada: chi proverebbe rimorsi dopo che la persona in questione ha tentato di uccidervi. Prima di sparire nel bosco, tuttavia, ella si era girata e gli aveva lanciato un ultimo sguardo. Lui giaceva lì a terra, non le corse dietro per recuperare la sua arma. Era lì immobile e fissava la gracile donna con gli occhi sgranati che gli uscivano dalle orbite. Quell'improvviso cambio di comportamento lo aveva lasciato senza parole: per un attimo gli era sembrato di non conoscere più Iracondia, di avere davanti un'altra persona. Il pensiero che lei avesse intenzione di ucciderlo gli era persino sembrato ovvio in quel momento; poi però, l'aveva vista allontanarsi da lui. In quell'istante, la Regina aveva visto la paura nei suoi occhi e si era voltata per scappare prima che egli si riprendesse la spada o la contrattaccasse: non era stupida. Non aveva alcuna possibilità contro Stayne che era alto e abbastanza corpulento. Inoltre, sebbene fosse agile e da piccola amasse correre e fare attività fisica, non aveva la minima esperienza in combattimento e non conosceva neanche le basi dell'autodifesa. Se era riuscita a farlo cadere prima, era solo perché lo aveva colto di sorpresa. Si era fatta due-tre conti, aveva concluso di avere dalla sua parte l'effetto sorpresa e un buon piano; con un pizzico di fortuna, aveva buone probabilità di successo. Difatti poco dopo si ritrovò a correre il più velocemente possibile senza una direzione precisa. Doveva solo allontanarsi il più possibile dal fante così da evitare di incontrarlo nuovamente. Dopo una buona mezz'ora solamente, si fermò, stanca, nel mezzo di un piccolo cerchio formato da abeti con al centro un enorme sequoia alta almeno dieci metri. Iracondia si sedette a riposare ai piedi dell'immenso albero. Così iniziò  a pensare senza più fermarsi a cosa le era successo in quel terribile giorno che avrebbe per sempre ricordato. Aveva perso tutto, il trono di Sottomondo, il suo palazzo, i suoi sudditi, Stayne - il suo fante - le sue guardie e tutto quello che in tutti questi anni aveva dato per scontato come suo. Invece ecco che ora si ritrovava sola, esiliata, infreddolita - non è che facesse caldo nel bosco, inoltre cominciava a calare la sera e lei aveva solo il suo vestito rosso, che aveva messo per andare a combattere contro sua sorella solo poche ore prima - stanca e umiliata. In un lampo di follia aveva creduto, anzi sperato, che fosse solo un incubo dal quale si sarebbe svegliata, nella sua lussuosa camera da letto al palazzo, poco dopo, in una calda mattina. Ma non era così, purtroppo era tutto vero. Così, pensando a quanto fosse stata stupida e sfortunata, si assopì. 
   Iracondia aprì prima un occhio, poi lo richiuse e aprì l'altro, infine li aprì entrambi. Si guardò attorno stordita, era ancora notte. Dovevano essere le due o le tre del mattino, del Sole non c'era ancora nemmeno l'ombra. Si chiese cosa la avesse svegliata e, guardando diritto avanti a sé, vide un lupo enorme che rovistava rumorosamente in un cespuglio. Spaventata, cercò di alzarsi ed allontanarsi senza farsi vedere dal animale e sgattaiolò via. Iniziò a correre, stremata: possibile che non potesse avere un po' di pace neanche in esilio?! Dopo una decina di minuti, si fermò e si sedette su una roccia. Era stanchissima, il suo vestito era scomodo, lungo e inadatto alla vita che la aspettava, aveva i piedi doloranti a causa delle scarpe alte che portava, e infine, il suo sonno era stato interrotto da quel lupo. Mentre era occupata a piagnucolare, il lupo in questione - che la aveva sentita scappare e l'aveva seguita - le si era riavvicinato ed ora stava cercando l'angolazione migliore dalla quale attaccarla. Iracondia se ne accorse e andò nel panico più totale. Non sapeva cosa fare: non sapeva combattere e per di più aveva davanti un lupo piuttosto grosso. Restò ferma lì in silenzio, per quella che le sembrò un'eternità. Poi, di scatto, il lupo le si lanciò contro digrignando i denti. Lei sguainò la spada e la tese verso l'animale sperando di colpirlo, poi, chiuse gli occhi: non aveva il coraggio di guardare come sarebbe andata a finire. Non lo uccise, ma il lupo non aveva fatto in tempo a schivare e, fortunatamente, era rimasto gravemente ferito ad una delle zampe anteriori. Così indietreggiò si voltò e scappò nella foresta buia. Iracondia tirò un sospiro di sollievo, si stese lì dov'era e si riaddormentò. 
   Non sapeva come cavarsela in quella foresta piena di pericoli. Non sapeva cacciare, rintracciare l'acqua e, neanche trovare ripari dai predatori. Se non fosse morta di fame o di sete nel giro di un giorno, sarebbero stati gli animali a mettere fine alla sua vita...
   "Chi va là?!" Urlò la Regina Rossa. Un rumore la svegliò e la tirò fuori dal suo sonno tormentato dai ricordi. Si avvicinò al cespuglio da dove provenivano i rumori ma non vide nulla. "Uno scoiattolo." Pensò... Si distese nuovamente ai piedi dell'albero per riprendere il suo riposo...
   Il giorno dopo Iracondia si svegliò con il mal di testa: non aveva certo dormito molto la scorsa notte. Stava morendo di sete (non beveva da due giorni) così cercò immediatamente un ruscello, un torrente, una pozza o qualsiasi cosa potesse fornirle dell'acqua. Camminò all'incirca per mezz'ora finché si imbatté in un piccolo ruscello che scorreva leggero e luminoso tra due rocce. Si chinò per bere.
   Una volta dissetata, si sciacquò il viso e le mani, poi fece per specchiarsi "Tanto per vedere come mi sono ridotta." Pensò con un sorriso amaro. Ciò che vide la fece sussultare e, sorpresa e spaventata, indietreggiò di qualche passo dall'acqua cristallina. "Devo aver visto male" si riavvicinò per accertarsi di quello che aveva visto. Ancora una volta indietreggiò spaventata ma, questa volta, sicura di non aver sbagliato. Ma era proprio lei quella che aveva visto nel corso d'acqua? Iracondia non era del tutto sicura. Si guardò attorno: non c'era nessun altro... Prima di convincersi di essere cambiata così tanto in così poco tempo la Regina dovette specchiarsi altre tre volte. Si sfiorò il viso con le dita affusolate come per accertarsi di non avere la pelle ricoperta di squame: a questo punto nulla la avrebbe più sorpresa. Anche se ella stentava a crederlo la sua - una volta enorme - testa era rimpiccolita raggiungendo dimensioni quasi normali. Come era potuto succedere? Forse quello strano ed improvviso cambiamento era dovuto alla malnutrizione che la giovane donna stava subendo... "Ma sono in esilio da solamente un giorno." Si disse. "Certo, ora non ho più la testa piena di quei pensieri inutili che si hanno quando si governa uno stato. Inoltre è da un po' che non sento la voce di tutti quei sudditi che mi riempivano la mente di chiacchiere dandomi il mal di testa... Che sia solo questo?" Non ne aveva idea, ma a dir la verità non le importava più di tanto. Tanto nessuno dei suoi sudditi o dei suoi conoscenti l'avrebbe vista in quelle condizioni. "Per fortuna! Avrebbero perso il rispetto nei miei confronti!".
   Dopo un po', quel suo nuovo aspetto cominciò a piacerle. Si specchiò nuovamente nell'acqua ma stavolta si esaminò scrupolosamente con vanità. In effetti, quel nuovo "look" le donava parecchio: con la testa più piccola, i suoi grandi occhi marroni risaltavano sulla pelle diafana ed i suoi capelli lisci, di un rosso vivo, sciolti e spettinati dalla nottata movimentata, le ricadevano lunghi sulla schiena...
   A quel ricordo La Regina sorrise nel sonno. Era il ricordo migliore che avesse di quel periodo...
   Nei giorni seguenti Iracondia cercò di trovarsi un rifugio, le occorreva un posto abbastanza sopraelevato e nascosto per proteggersi dai predatori; inoltre doveva essere abbastanza riparato dalle intemperie; facile da ritrovare e piuttosto grande dal momento che progettava di passarvi il resto dei suoi giorni. Prima di iniziare la ricerca del suo rifugio, però, la giovane donna decise di stabilirsi provvisoriamente in un buco scavato dalla pioggia nel tronco di un albero, che era visibile da terra e che quindi lei aveva visto appena sveglia. Le serviva un posto dove riposarsi senza essere attaccata e dove tornare nel caso in cui la sua ricerca avesse fallito. 
   Arrampicarsi fino al buco del tronco non fu certo un'impresa facile per lei. Per prima cosa, si tolse le sue costose scarpe col tacco rosse fatte a mano su misura per lei dal calzolaio reale. Il contatto dei suoi piedi, ora coperti solo da sottili calze, con il suolo freddo le diede i brividi. Dapprima, tentò un approccio diretto prendendo la rincorsa e cercando di saltare fino al primo ramo dell'albero, che spuntava dal tronco a ben quattro metri da terra. Ovviamente non riuscì a saltare così in alto, per cui, contornò l'imponente abete in cerca di un punto del terreno più alto rispetto all'albero. Non trovò che una lieve collinetta dalla quale tentò di lanciarsi senza riuscire ad arrivare al ramo. Certo, il suo bel vestito rosso lungo fino a terra non l'aiutava ma, ella si era rifiutata di toglierselo: ci teneva a mantenere un certo aspetto anche se nessuno la avrebbe più vista. Doveva ancora abituarsi a quel pensiero.
   Infine, ebbe l'idea di costruire una cima di liane in modo da lanciarla a mo' di lazzo verso il ramo in questione, così da issarsi sù. Racimolò una decina di liane, le intrecciò e ne ottenne una grossa cima verde ed umidiccia di una decina di centimetri di diametro, lunga più o meno sei metri. Creò un cappio piegando e annodando le liane ed iniziò a lanciarlo verso l'albero finché finalmente non centrò il ramo. Molto fiera della sua trovata, fece per issarsi sù, ma era troppo debole e ricadde immediatamente sul suolo umido tappezzato di muschio e foglie. Fino ad ora la Regina non si era mai trovata di fronte a tanti problemi da sola. C'era sempre qualche servitore pronto a svolgere il suo lavoro e a sistemare tutto. Era già tanto che fosse sfuggita al lupo ed era per pura fortuna se aveva trovato l'albero cavo. Certo, le liane erano state una sua geniale trovata ma, chiunque avrebbe potuto fare lo stesso e inoltre, non era neanche abbastanza forte da sollevare il proprio peso. Atterrita, si lasciò cadere sull'erba e si distese. Passò moltissimo tempo lì, a fissare il vuoto. Era passato mezzodì quando si rialzò. Decise di riprovare a salire sull'albero ma niente da fare. Non avendo alcuna idea, andò a fare una passeggiata nei dintorni senza allontanarsi troppo per paura di perdersi. Si fermò di fronte ad un cespuglio dall'aria familiare. Dove lo aveva già visto? Si avvicinò ulteriormente e vide delle piccole bacche a forma di note musicali sulle punte dei rami. "Ma certo!" Pensò "Sono bacche canterine come quelle che avevo a palazzo in giardino..." Le bacche canterine erano molto gustose ma suscitavano in chiunque le assaggiasse un'irrefrenabile voglia di cantare. "Se non altro è cibo e so che non mi avvelenerà." Così fece una bella scorpacciata di bacche e se ne tornò ai piedi dell'abete cavo per mangiarle. Non pensò a conservarne qualcuna: stava morendo di fame ed era molto debole. Quando fu sazia si sedette con la schiena poggiata al tronco del albero gigante e chiuse gli occhi per schiacciare un pisolino. Mentre dormiva continuò a canticchiare per via delle bacche. Fortunatamente nessuno la notò al di fuori di qualche scoiattolo.
   Si risvegliò due ore dopo riposata e in forze, così, decise di riprovare con la cima di liane. Questa volta, prese una bella rincorsa, saltò il più in alto possibile e afferrò con entrambe le mani la cima. Poggiò i piedi sul tronco dell'albero per aiutarsi e iniziò a tirare con tutte le sue forze. Riuscì con sua immensa gioia a raggiungere il ramo che tanto le aveva dato problemi poco prima. Si mise a sedere su quest'ultimo. Cercò un altro ramo a cui appoggiarsi per continuare la sua ascesa. Così, uno dopo l'altro scalò tutti i rami fino al punto in cui il tronco dell'abete si apriva in due. Si calò nel mezzo dei due grossi rami portanti (i rami creati dalla divisione del tronco) e nel buco scavato dalla pioggia. Scoprì che il buco in questione era più profondo del previsto - quasi due metri - e piuttosto largo - tre metri di diametro. Purtroppo era molto umido e pieno di muffa, ma in quel momento la Regina era così felice di avercela fatta a raggiungerlo che non le importava. Si sedette a pensare per una manciata di minuti. Poi riuscì dal buco: aveva avuto un'idea. Messasi a sedere sul primo ramo - quello a cui era legata la cima - tirò sull'albero le liane e le sciolse. Poi, prese ad intrecciarle nuovamente per formare l'equivalente di una scaletta di corda. Fissò la scaletta ad un ramo più grosso che sorgeva appena più sù. D'ora in poi le sarebbe stato molto più facile salire e scendere dal suo rifugio provvisorio. Come per inaugurare la scaletta, scese dall'albero. La scala la resse perfettamente fino alla fine. Era molto fiera di sé. Cominciò a raccogliere del muschio e lo stese su una pietra al Sole ad asciugare sebbene, fosse ormai quasi tramontato. Raccolse foglie secche, rametti e pagliuzze varie che pose a fianco al muschio. Tornò al cespuglio di bacche canterine e ne raccolse altre che mise in una grossa foglia. Risalì sul suo albero e poggiò le bacche tra due rami in modo che non cadessero. Tornò giù a recuperare ciò che aveva messo ad asciugare e lo portò al suo buco. Poi, ritirò su la scaletta per evitare brutte sorprese. Tappezzò il suolo con il muschio, le pagliuzze e le foglie quasi asciutti e ricoprì le pareti con i rametti secchi. L'ambiente divenne immediatamente più asciutto e confortevole e la Regina fu ben contenta di mettersi a dormire - stanca ma molto soddisfatta - in quel morbido letto verde e marrone.
   
 
   
 
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