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Autore: Elykei    04/02/2015    1 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Amori impossibili e soluzioni fantasiose.

Seraaaa :D

Ecco qui il nuovo capitolo, lasciatemi un commento con il vostro parere!

Un grazie a tutti coloro che hanno deciso di leggere questa storia :*

xx Elykei



 

 

Non sapevo cosa aspettarmi da questo Raffaele, sembrava un ragazzo burbero e decisamente poco simpatico ma per arrivare agli esami con dei voti decenti dovevo passare cinque giorni in sua compagnia.

Sospirai, l'indomani sarebbe stato il giorno della verità.





Il naso era ancora un po’ troppo colorato per i miei gusti ma almeno non ricordava più un rubinetto rotto e, per la prima volta dopo quasi una settimana, riuscivo a sopravvivere per almeno mezz’ora senza fazzoletti.

La sveglia alle sette però l’avrei volentieri evitata almeno per un altro giorno!

Quella mattina i miei capelli erano indefinibili, quelli che dovevano essere dei ricci erano un agglomerato di ciocche rosse senza forma.

Cercai di buttarmi sul trucco per sistemare la mia apparenza.

Chili di correttore nascosero almeno parzialmente i cerchi neri che avevo sotto gli occhi, un filo di blush per dare colore e l’immancabile mascara. Potevo uscire di casa completamente struccata ma il mascara era per me un diritto irrevocabile di ogni essere umano.

Il giorno del mio ritorno a scuola era soleggiato ma pur sempre freddo dato che era un venerdì di pieno Dicembre.

Mia mamma diede un passaggio a me e a Luca fino a scuola.

Il nostro liceo era un edificio bianco a tre piani con un giardinetto che lo circondava interamente.

Alcuni ragazzi erano fermi vicino al cancello principale aspettando qualche amico ritardatario, altri erano appollaiati sulla grande scalinata che portava all’ingresso vero e proprio della struttura.

Prima di entrare e prendere le nostre strade separate fermai mio fratello afferrandolo per un braccio.

- Ehi fratellino -.

- Che c’è? -.

- Se ti chiedo un piccolissimo favore è vero che me lo fai? -.

Inarcò le sopracciglia ed incrociò le braccia.

-Dipende -.

Non era un no secco questo voleva dire che potevo lavorarci su.

-Ecco mi servirebbero venti euro -.

- Per cosa? -.

- Niente di che mi servono e basta -.

- Ma scusa non hai ancora tutta la paghetta settimanale? -.

- Si ma la devo usare per un regalo.. -.

- Un regalo? -.

Non sembrava troppo convinto – Già -.

-Dimmi a cosa ti servono veramente e te li presto -.

Non avevo voglia di mentire a mio fratello, ma ero un po’ in imbarazzo.

Luca non studiava quasi mai eppure riusciva ad arrivare alla fine dell’anno sempre con la media del sette e mezzo/otto, ero sicura che se si fosse messo veramente d’impegno nulla gli avrebbe impedito di raggiungere il nove.

In più era bravo anche negli sport, praticamente era il figlio perfetto.

Per me invece c’erano materie in cui brillavo ed altre, tante altre in cui ero un disastro. Puntualmente il giorno dei miei quadri la mia linea era un’altalena tra otto e nove in inglese, filosofia e italiano e i sei tirati di storia dell’arte, matematica, fisica e scienze. Sempre ammesso che il sei arrivasse e che non capitasse come in quinto ginnasio o in primo liceo, anni in cui la mia linea era stata direttamente bianca perché avevo avuto dei debiti.

Lui non faceva pesare la disparità delle nostre pagelle, mai intenzionalmente per lo meno.

Ogni tanto ci scherzava su ed io facevo finta di niente e restavo al gioco sfottendolo per quei jeans con la piega troppo alta o per la smisurata passione per la musica di Taylor Swift. Non avevo mai ammesso che spesso mi sentivo stupida se messa a confronto con il suo acume, né che quelle volte in cui mi prendeva in giro il peso dei miei scarsi successi si faceva ancora più pesante.

Il mio labbro iniziava a risentire del dubbio interiore.

Dirglielo o non dirglielo?

-Sei hai combinato qualche casino prometto di non dirlo a mamma -.

Non avrebbe dovuto fare quel commento, ora con quale coraggio avrei potuto mentirgli?

-Mi servono ripetizioni urgenti di chimica e c’è un ragazzo che può farmi lezione solo che i soldi che ho non mi bastano -.

Mi fissò per qualche secondo poi preso il portafogli dalla tasca del pantalone nero mi porse la banconota.

-Tieni però la settimana prossima me li devi restituire -.

Socchiusi un po’ gli occhi – Tra due settimane? -.

-Se devo aspettare così tanto me ne dovrai dare venticinque -.

Considerai la sua richiesta.

Ormai i soldi erano nella mia tasca, avrei potuto dirgli di no e lui non se li sarebbe potuti riprendere senza una lotta che potevo tranquillamente evitare correndo in classe.

Fortunatamente la mia aula era al piano terra mentre il mostriciattolo si trovava all’ultimo piano.

Quando mi ero quasi convinta dell’infallibilità del piano ecco che uno stupido sentimento di rimorso si fece largo tra il fegato e lo stomaco. Perché cavolo era stato così non intenzionalmente dolce prima?

-E venticinque siano, sei proprio avaro pero eh! -.

Mi sorrise alzando le spalle ed iniziò la faticosa scalata fino al terzo piano.

Entrare nella IIID era come entrare in uno zoo.

Orazio De Sandi e Saverio Maffei si lanciavano un frisbee verde mela da un angolo all’altro della classe, Alessandra, Chiara e Debora litigavano per ottenere il calore dell’unico termosifone funzionante.

Sara Chimienti e Iolanda Abbadessa fulminavano Ludovico che sfottendo Delia non permetteva loro di concentrarsi su storia.

 Annamaria, Enrica e Lucia chiacchieravano di chissà quale scandalo scolastico mentre si passavano uno smalto grigio metallizzato e il resto della classe, diviso in gruppetti, faceva chiasso.

-Buongiorno -.

- Ehi Marghe ben tornata! - salutò la mia compagna di banco Teresa.

Teresa, per tutti Terri, era rossa come me, la piccola differenza era che il suo era un colore naturale, tendente all’arancione, il mio invece era un rosso finto più orientato al bordeaux.

Mi diede un bacio e poi tornò a smanettare sul suo cellulare, probabilmente parlava con il suo ragazzo, i due vivevano in simbiosi.

Posai la cartella e decisi che una gita alle macchinette era d’obbligo, un caffè poteva solo farmi bene in quel momento.

-Chi viene con me alle macchinette?- urlai alla classe.

Un paio di occhi si voltarono verso di me, era Tommaso Brescia, non il più brillante del pollaio, ma i ricci neri perennemente spettinati, gli occhioni azzurri e la barbetta un po’ incolta facevano ammenda per qualsiasi altra carenza.

In più era un ragazzo molto simpatico e alla mano.

-Vengo io - mi rispose con un sorriso.

Avrei potuto sciogliermi se mi avesse sorriso così ancora una volta.

Presi qualche spicciolo dal portafogli e uscimmo.

I distributori di brodaglia marrone che il direttore scolastico si ostinava a chiamare caffè erano lontani dall’aula perché da circa un mese quelli del nostro piano erano fuori servizio e perciò dovevano usufruire di quelli del primo.

-Allora stai meglio? -.

- Si si, l’influenza m’è passata per fortuna -.

- Peccato, mi sarei volentieri fatto mischiare il raffreddore per potermi fare  qualche giorno di vacanza! -.

Risi – Mi spiace non posso essere la tua fonte di germi -.

 La fila era infinita anche di prima mattina.

-Qualcosa mi dice che ci vorrà un po’ -.

- Tu dici? -.

Mi cinse le spalle con un braccio – Già che ci sono approfitto del tempo che abbiamo a disposizione -.

Lo guardai un po’ stranita – Per fare cosa? -.

-Per chiederti un consiglio -.

Oh.. un consiglio. Che diavolo mi era passato per la mente? Pensare che Tommaso Brescia potesse provarci con me, che idiozia!

-Certo chiedi pure - risposi io voltandomi di più verso di lui.

- Ecco, so che ti sembrerà stupido e che comunque non sono l’unico ma..-.

Lo incoraggiai a continuare con un’espressione del volto.

-Mi sono innamorato di Delia -.

Spalancai gli occhi.

-Delia? Sei.. sei proprio sicuro? -.

- Si! Cioè so che mezza scuola ci prova con lei e all’inizio pure io ci ho provato quasi per inerzia, ma non so che m’è preso, ora non riesco a smettere di pensare a lei -.

Ops. Questo si che era un guaio.

-Ma magari è solo una cotta, dai -.

Mi prese per le spalle e mi fece voltare del tutto in modo che fossimo faccia a faccia.

-Margherita, so che è una tua amica e vuoi proteggerla ma non è un tentativo per farmi una scopata né è una cosa passeggera ti giuro che mi sono innamorato di lei -.

Sembrava sincero, dannazione.

Mi passai una mano tra i capelli – Okay ti credo, ma non capisco cosa tu voglia da me -.

-Beh ecco, ho pensato che proprio perché vi conoscete tanto bene lei ti sta a sentire.. e che non so, magari potevi mettere una buona parola per me -.

Ri-dannazione! Che cavolo avrei dovuto fare ora?

-Senti Tommaso, io non so se sia il caso cioè si siamo amiche da sempre ma di solito non ci immischiamo nella vita sentimentale l’una dell’altra quindi -.

Mi prese le mani tra le sue – Oh ti prego Marghe, se fai questa cosa per me prometto che non ti chiederò più nulla -.

Mi arresi.

-Va bene, ci provo ma non ti prometto nulla -.

Quello non era un abbraccio, era un tentativo di omicidio per stritolamento - Grazie grazie grazie! Vieni te lo offro io il caffè -.

-Macché non è proprio necessario -.

- Non essere sciocca è solo un espresso, e poi è il minimo che possa fare per sdebitarmi -.

Mi stavo facendo pagare per un favore impossibile, certo erano solamente quaranta centesimi ma mi sentivo comunque uno schifo.

Il tempo di finire il caffè e il prof Giordano di storia era già arrivato in classe.

Io corsi veloce al mio primo banco accanto alla finestra mentre Tommaso si accomodò con tutta calma nel suo posto nella fila centrale.

Il professore fece l’appello e poi chiese se c’era qualche volontario.

Delia, Sara e Iole si immolarono per la patria con grande riconoscenza da parte di tutti.

-Andiamo in ordine alfabetico, Iolanda parlami delle condizioni politico-economiche della Germania prima della guerra -.

-Iole prof, Abbadessa preferisce farsi chiamare Iole- gli ricordò Dede.

- Ah già Iole -.

Giordano era diventato solo quest’anno un docente del corso D, prima di lui avevamo la Addante, una stronza di prima categoria che aveva deciso in preda a chissà quale allucinogeno di abbandonare la carriera da insegnante per trasferirsi in India, inutile dire che nessuno ne sentiva la mancanza.

Tommaso stava guardando con occhi sognanti la mia amica bionda o ero io a farmi dei film dopo la sua spassionata confessione amorosa?

Sola alla terza ora ottenemmo cinque minuti di pausa dalle lezioni, la prof di storia dell’arte ci concedeva sempre un po’ di tempo mentre lei beveva uno dei suoi proverbiali beveroni anti età, più utili a scatenare un senso di disgusto collettivo che non ad evitarle le rughe.

Approfittai dell’occasione per trascinare fuori dalla casse Delia, dovevo risolvere la questione Brescia.

-Dede abbiamo un problema -.

- Abbiamo? -.

- Si, Tommaso si è preso una sbandata per te e ora si aspetta che io ti faccia perdere la testa per lui dicendoti chissà cosa -.

- Okay questa non me la aspettavo ma  comunque ripeto: abbiamo? non mi sembra di centrarci molto -.

La guardai esasperata – Ma fai sul serio? Io ti dico che mi ha confessato ciò che prova per te e tu mi dici che non hai niente a che fare con questa situazione? -.

-No io ti dico che lui ha parlato con te e non con me -.

- Ti odio -.

Mi sfiorò il gomito con una mano – Mi spiace che tu sia in questa situazione, ma lo sai che non potrò mai provare nulla per Tommaso -.

-E se tu gli dicessi la verità? -.

- No -.

- Ma forse se -.

- No Marghe, non mi va che lo sappia -.

Non potevo certo obbligarla a fare coming out.

La sessualità era una parte importante e decisamente personale della vita, io non avevo il diritto di pressarla per togliermi da una situazione spiacevole.

Sospirai.  – Hai ragione scusa -.

Lo sguardo crucciato sparì dal suo volto per essere sostituito da un sorriso rassicurante – Non preoccuparti -.

Eravamo sedute in una delle scrivanie per le bidelle, Marta era a fare delle fotocopie per un ragazzino di quarto quindi eravamo sole.

Dalla porta della classe vedemmo emergere Genna, ci si avvicinò con le mani in tasca.

-Tutto a posto? Siete qui fuori da una vita -.

- Tommaso vuole che Marghe ci faccia da cupido -.

- Ci ne senso di vi? Cioè nel senso di: tra te e lui? -.

Non pensavo fosse possibile inarcare così tanto le sopraccigli, alla voce ‘’incredulo’’ sul vocabolario qualcuno avrebbe dovuto mettere la faccia che Ge aveva in quell’istante.

-Delia!- la rimproverai io.

- Che c’è? -.

Quella faccina ingenua non gliela avrebbe fatta passare liscia ‘sta volta.

-Non dirmi che c’è! Io ti dico una cosa che Tommaso mi ha rivelato in confidenza e la prima cosa che fai è spifferarla in giro? -.

- Prima di tutto lo sto dicendo a Genni non ad un tipo qualunque che ho incontrato per le scale e poi che ha fatto, t’ha chiesto di tenere tutto segreto? -.

- Non me l’ha detto in maniera esplicita ma di certo era sottointeso, nessuno vuole far sapere i cazzi propri in giro -.

- Come ti pare tanto non ho intenzione di riferire questa cosa a nessun altro -.

- Mettendo da parte i vostri battibecchi, che avete intenzione di fare? - si intromise il nostro amico.

- Io nulla anche perché ufficialmente Margherita non mi ha detto niente -.

Mi poggiai al davanzale dietro alle mie spalle.

-Ho trovato! Potresti dirgli che ci hai provato ma hai scoperto che ho già un ragazzo! -.

Genna scoppiò a ridere.

-Dici sul serio? -.

- Si così si mette l’anima in pace -.

- E se mi chiede chi è? -.

- Digli che non lo sai -.

- Io che sono la tua migliore amica non solo non sapevo che avevi un ragazzo ma dopo che l’ho scoperto tu non mi hai nemmeno detto il suo nome.. ti sembra credibile come storia? -.

- Già Delia, nemmeno Tommaso è tanto credulone -.

Almeno Gennaro mi dava retta.

Dede roteò gli occhi – Come siete fissati sui dettagli, allora boh digli che è Gennaro -.

-Io?-  -Lui?-.

-Si! È geniale. Puoi dire che non te lo abbiamo detto prima perché non volevamo rischiare di rovinare il nostro terzetto, e infondo la gente ci vede sempre insieme quindi non possono manco dire che non c’è abbastanza complicità no? -.

-Ma se viene a chiedere spiegazioni a me che faccio? -.

- Niente, saresti il mio ragazzo non il mio assassino non devi mica rispondere ad un interrogatorio! -.

- Può funzionare - feci notare io.

Gennaro si grattò la testa non molto sicuro di voler intraprendere la farsa.

-Voi due finite sempre per immischiarmi in qualche guaio -.

- Questo è un si? -.

Annuì rassegnato.

Questa sì che era una soluzione fantasiosa.

   
 
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