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Autore: williewildcat    05/02/2015    2 recensioni
Se la Mela avesse mandato Kadar nel 21°, più precisamente da una donna inconsapevole di avere legami con la Prima Civilizzazione? Cosa sarà scoperto per tutti i coinvolti? Seguito degli eventi di AC Kadar/OC, arancione per la violenza, il linguaggio e, più avanti, per sensualità.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kadar Al-Sayf, Nuovo personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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~~Nda: nessuno dei personaggi mi appartiene, tranne Alex… Anche se avrei voluto possedere un assassino…
Ho notato che Kadar non ha abbastanza importanza nel gioco e… come posso dire? Ho un debole per i ragazzi coi capelli scuri e gli occhi chiari… Ma invece di accoppiarlo a qualche altro tizio di AC… Ho pensato che una brunetta sarebbe stata adatta…;) Ci saranno anche altri personaggi di AC più avanti.
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Boston…

Un’altra maledetta notte.
Un’altra maledetta notte ad avere a che fare con gente stupida! Ma questa città era piena solo di stupidi? Alex buttò la borsa sul divano mentre sbatteva la porta dietro di lei. Stava davvero iniziando ad odiare il suo lavoro. Aspetta, ma lei lo odiava già! Lo odiava davvero profondamente!
Non avrei dovuto accettare la proposta di Desmond di restare con lui.
Si sbottonò la camicia e poi si sfilò i pantaloni.
Ancora… non puoi lasciarti andare ancora! E’ per questo che stai in uno stupido appartamento frequentando regolarmente gente idiota!
Emise un ringhio di esasperazione e angoscia quando s’inciampò nei suoi stessi piedi. Riuscì a mantenere l’equilibrio ruotando di fianco e afferrando il brodo del tavolo, prima di dare una facciata a terra. Scosse la testa in segno di disappunto per se stessa mentre si risollevava. Alex si sorprese di essere arrivata a questo punto senza cadere tra le braccia della morte. Era passato quasi un anno da quando il corpo di Clay era stato ritrovato al Porto Interno di Boston. Il Boston PD aveva recuperato il corpo distrutto del suo amato, rimasto incastrato in una serie di trappole per aragoste, da un peschereccio. Il corpo era così mal ridotto che non si riuscivano a distinguere i forti lineamenti della mascella o del naso, un tempo ben evidenti. L’unico modo per accertarsi che fosse lui era attraverso l’impronta dentale.
Il caso rimase irrisolto fino ad oggi.
Avevano trovato pochi indizi. Il suo portafoglio, le chiavi e l’orologio erano spariti facendo pensare ad un furto. Ma Alex non poteva non sospettare che qualcosa non andasse. Continuava ad avere la sensazione che ci fosse qualcosa sotto. Qualcosa che era stato nascosto o trascurato. Ma perché la polizia avrebbe dovuto nasconderlo? Clay non era una persona importante o un criminale che avrebbe potuto sollevare uno scandalo! E sapeva badare a se stesso. No, qualcosa non andava.
Alex aveva trascorso ore, giorni e, sì, anche settimane a leggere i rapporti della polizia, che erano tutti cancellati in alcune righe. Neanche i registri pubblici erano di qualche aiuto. Le sue richieste erano sempre state respinte per uno stupido motivo o per un altro, citando qualche legge che per decifrarla serviva un mago. Oh, e non dimentichiamo quei bei blocchi di lettere che le agenzie governative amavano mandare. Quelle che con così tante educate parole dicevano, “Non te lo diciamo, stronza”.
Eppure si era rifiutata di cedere e ha continuato le sue ricerche. I vicoli ciechi erano più comuni delle strade aperte, e questo aumentava i suoi dubbi e la sua rabbia. Quando fece irruzione nell’ufficio del capo della polizia esigendo delle risposte, il leader l’aveva prontamente fatta scortare fuori da due grossi sergenti e lui, con calma e arroganza, aveva informato la donna sconvolta che se avesse ancora mostrato lì la sua faccia in quel modo l’avrebbe subito arrestata.
Neanche i giornali avrebbero potuto aiutarla. Era come se quando menzionava il nome di Clay Kaczmarek loro se ne sarebbero voluti andare o, se qualcuno le dava una mano, erano gesti inutili, come tutti quegli articoli che le avevano scannerizzato e dato un centinaio di volte. E ovviamente anche loro cercavano di persuaderla dalla ricerca.
“So che stanno nascondendo qualcosa,” continuò a togliersi la camicia e poi il reggiseno, seguito dai calzoncini mentre si avviava verso il bagno.
La doccia alleviò un poco la tensione, ma lei rimase sotto il getto d’acqua, non volendo uscire dalla cortina di vapore che riempiva quel piccolo spazio. Le sue mani artigliarono le piastrelle mentre sentiva riaffiorare dolorosi i ricordi. Le sue lacrime scivolavano, con le gocce d’acqua, lungo il corpo, cadendo a terra in una cosa sola. In uno scatto improvviso Alex prese a colpire il muro più e più volte, ignorando il  crescente dolore alla mano. Alzò anche l’altra colpendo con entrambe.
“MELEDETTI’” Urlò. “PERCHE’ ME L’AVETE PORTATO VIA!?”
Alex si volto appoggiando la schiena alla parente e lasciandosi scivolare contro le piastrelle lisce e bianche, finché si ritrovò rannicchiata sul pavimento della doccia. Alex si sentì improvvisamente fredda all’interno, mentre la rabbia veniva sostituita dal dolore.
“Sono così sola”
“Qual è la missione?”
Alex spalancò gli occhi. Il suo cuore prese a martellare quando quelle voce accentata parlò di nuovo.
“Mio fratello non m’ha detto nulla. Solo che devo essere onorato dell’invito.”
Era sicuramente la voce di un uomo. Ma pareva fosse proprio al suo fianco. Come se…
Era proprio qui…
Alex si voltò di scatto a destra ma non vide nessuno.  Le sue dita scostarono la tenda della doccia e guardò nel resto del bagno. Era vuoto, fatta eccezione di lei. Poggiò le mani contro il muro e si costrinse ad alzarsi lentamente, mentre si sforzava di ascoltare per avvertire qualsiasi movimento al di là della porta del bagno.
“Bell’uccisione”
La sua mano chiuse immediatamente l’acqua. Gli unici rumori nella stanza provenivano dal suo petto e dallo sgocciolare dell’acqua.
“La fortuna favorisce la tua lama.”
Ok, chiunque fosse questo stronzo stava per passare una brutta notte. Inoltre, chi diavolo parlava in quel modo? La fortuna favorisce la tua lama! Per favore, chiunque parli in questo modo dovrebbe finire in mezzo alla strada a calci!
Senza scostare la tenda, Alex si sporse per prendere l’asciugamano appoggiato su un mobiletto. Non si curò di asciugarsi, tanto l’aria calda che entrava dalle finestre avrebbe fatto evaporare le piccole perle d’acqua sulla sua pelle. Uscì dalla doccia e prese a camminare in punta di piedi, cosa che aveva preso da Clay. Si era sempre chiesta perché si muovesse in quel modo. I suoi piedi la portarono verso la camera che una volta condivideva con lui, e prese la spada nascosta nello scomparto sotto le molle del letto. Clay aveva insistito perché lei la tenesse sempre lì.
“Perché tenere questa dannata cosa? Il quartiere non è così male. Voglio dire, a parte Krav Maga che grida come un pazzo!”
“Non si sa mia chi potrebbe decidere di entrare Lexi.”
La sua voce aveva un tono davverio serio. Era come se Clay temesse per la sua sicurezza e la sua vita. Ma perché avrebbe dovuto preoccuparsi? Alcune parti di Boston erano grezze, ma da quando le parlò quel giorno fu come se qualcosa di più oscuro stesse per accadere. Qualcosa di sinistro in agguato nel buio. Qualcosa che Clay temeva molto. Ma chi o cosa? Certo, poteva essere uno stupido e arrogante, ma questo era un lato di lui che non aveva mai visto prima.
Davanti a lei qualcosa balenò, facendola gelare. I muscoli si tesero mentre reggeva la spada. Clay le aveva insegnato ciò che sapeva, che era totalmente diverso da ogni sua abilità.
“Allora, mostrami come disarmare.”
La coppia aveva passato ore nel parco nei caldi giorni di primavera, e in casa quando d’estate faceva troppo caldo. Entrambi sarebbero finiti per respirare affannosamente, mentre il sudore gli incollava i vestiti alla pelle. E Clay le avrebbe sorriso in quel modo che lei amava. E gli si adattava splendidamente.
“Whoa! Calma super girl! Ho bisogno della mano!”
Gli aveva quasi tagliato la mano quel giorno.
Alex scosse la testa avvertendo una presenza e si appiattì contro il muro. Il suo cuore si bloccò quando lo vide. Era un uomo! Bene, quel povero bastardo stava per passare una pessima notte.
Seguì la sagoma nella direzione in cui si era mossa, tenendosi pronta a colpire. L’intruso aveva le spalle al muro, non poteva andare da nessuna parte. Il soggiorno era un vicolo cieco e l’unica uscita era la porta d’ingresso. Se fosse scappato avrebbe sentito la porta aprirsi o la finestra.
Quando arrivò l’accolse il silenzio.
Il bastardo si nasconde!
Entrò nella stanza trattenendo il fiato per cogliere qualsiasi movimento. L’orologio a pendolo, che si muoveva costantemente avanti e indietro, era l’unico disturbo alle orecchie. Guardò cautamente dietro ogni angoli, aiutandosi con le luci che arrivavano dalla strada e quella del bagno. Niente. Neanche sotto il divano o le sedie.
“No”, tonò al centro della stanza continuando a cercare freneticamente l’intruso. “No, è impossibile.”
Alex er sbalordita. Stava vedendo cose che non c’erano?
“No”, disse. “No, io ho visto la figura di un uomo, ed era solida. So che non sono pazza…”.
La sua voce vacillò sull’ultima parola. Non stava perdendo la testa! O forse sì? Alex aveva subito gravi depressioni dopo la morte di Clay, ma non aveva mai visto ombre nere nel suo appartamento. Stringendo ferocemente la spada in mano, Alex corse in bagno.
Quasi strappò via lo sportello dell’armadietto dai cardini arrugginiti mentre prendeva una bottiglia dallo scaffale in alto. Ignorò il suono delle altre bottiglie che cadevano nel lavandino mentre armeggiava maldestramente col tappo. Scosse forte la bottiglia aspettando che una pillola le cadesse sul palmo della mano. Alex se la gettò in gola, deglutendo a secco. Cosa che si dimostrò un grande errore visto come si era incollata nella parte posteriore della trachea. Rapidamente, Alex aprì il rubinetto e mise la testa sotto il getto. Cinque sorsi erano quello che ci voleva per spingere giù il valium.
Tirò su la testa in cerca di aria, chinando il capo all’indietro per farla passare meglio ai polmoni. Lentamente riportò giù la testa, aprendo gli occhi. Ciò che vide la immobilizzò sul posto.
Si lasciò sfuggire un piccolo guaito vedendo, riflesso nello specchio, l’uomo in piedi alle sue spalle. Alex si fece coraggio e si voltò, ma non vide nessuno. Tornò lentamente a guardare lo specchio per trovare l’uomo che guardava dritto verso di lei. Non si muoveva ne parlava, ma era lì. A poco a poco la curiosità superò la paura mentre Alex osservava il suo aspetto.
I capelli corti e neri erano spettinati. Il colore della pelle era simile a quello delle mandorle, ma non per il sole. No, era il suo colore naturale. Aveva un lieve accenno di barba sul mento e sopra al labbro superiore che accentuava la forma forte della mascella e i lineamenti tesi. Le sue labbra erano perfette, da baciare e impeccabili. Aveva dei vestiti strani, sicuramente non di questo secolo. Chi diavolo indossa i leggins!? Peggio ancora, gli stivale che arrivavano fino alle ginocchia! E quel sudario bianco o qualunque cosa sia? E cosa c’era sulla fascia rossa? C’era una fila di coltelli e una spada alta quasi quanto lei che la fece subito tremare. Di certo non erano oggetti che una persona di quest’epoca si portava in giro. Tutta l’FBI gli sarebbe addosso. Eppure sembrava tutto stranamente familiare e, forse, anche confortante. Perché la pensava così?
Non aveva mai visto nessuno vagamente somigliante a quest’uomo eppure le sembrava di avere davanti una persona di famiglia o un innamorato! E si sentiva… costretta ad avvicinarsi a lui. Il suo cuore batteva contro le costole mentre inclinava leggermente verso destra e stringeva gli occhi per concentrarsi.
Gli occhi…
I suoi occhi erano sensazionali! Erano così in contrasto con la pelle abbronzata, ma ad Alex non importava. Completavano perfettamente i suoi lineamenti.
Mozzafiato…
Belli…
Espressivi…
Ad Alex sembrava stessero cercando qualcosa, qualcosa in fondo alla sua anima. E lei li lasciò fare. La barriera tra di loro venne abbattuta con uno sguardo. Un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra per la prima volta dopo quell’incontro.
Inconsciamente si leccò le labbra mentre sollevò la mano verso l’immagine. Avvertì una strana sensazione quando la pelle calda toccò il vetro. Piccole scosse di elettricità le partirono dal basso, seguendo la spina dorsale e invadendo tutta la schiena. Nello stesso istante il fantasma nello specchio aveva imitato il suo gesto, alzando la mano per incontrare la sua.
Il modo intorno a lei si sciolse lasciandola sola con quel misterioso individuo.
Kadar…
Quella voce accentata le risuonava nella mente. E lei sorrise sentendo quel nome. Era il suo?
Quando le loro mani s’incontrarono attraverso il vetro, l’oscurità la travolse. La vista si oscurava, poi s’illuminava, poi di nuovo si oscurava, e il suo corpo si inarcò e tremò violentemente. Alex afferrò il lavandino, ma il suo corpo era diventato pesante e la trascinò verso pavimento.
Kadar…
Clay…
La sua voce tremò mentre perdeva le forze. Sentì il buio consumarla ed ebbe la sensazione di cadere.
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Kadar Al-Sayf urlò scattando a sedere sulla paglia che gli faceva da letto. Il cuore gli tuonava nel petto, inondando le orecchie col suono dello scorrere del sangue. Il sudore gli inumidì i vestiti facendo incollare il tessuto alla pelle, nonostante l’aria fresca della notte. I capelli si erano appiccicati alla fronte. Vagò con lo sguardo per la stanza, vedendo suo fratello Malik e il compagno Assassino Altair Ibn-La-Ahad dormire sonni tranquilli. Entrambi erano immersi sotto l’argentea luce lunare che aveva sommerso i loro giacigli. Nessuno dei due si era mosso o aveva fiatato.
Come avevano fatto a non sentire le sue urla?
Quel sogno era così reale! Poteva ancora vederla davanti a lui!
La donna era lì e lo stava fissando, come se lo conoscesse. I suoi capelli erano come la seta più bella venduta dai mercanti di strada. La sua pelle era più chiara della sua, quindi doveva avere origini europee. Ed era abbellita da gocce d’acqua che la facevano brillare come un diamante. Il suo corpo era coperto solo da uno strato di stoffa, mentre se ne stava davanti a un bacino di qualche tipo. La sua bocca si aprì leggermente, come se volesse dire qualcosa ma non ci riuscisse.
Ma erano stati gli occhi.
Quella bella e stregante espressione che le dominava gli occhi color zaffiro, che avrebbe potuto scambiare per il Mediterraneo. Poteva sentire il suo dolore .Sentì una stretta al petto e alla gola mentre si guardavano l’un l’altra attraverso un unico pannello di vetro. Con quella barriera tra loro gli pareva si trovassero n due modi diversi. La sua pelle era umida dove una lacrima era scivolata verso il basso. Ricordava la sua mano premuta contro il vetro e i suoi occhi che lo pregavano di fare lo stesso. Kadar si sentì attratto da lei e sollevò la mano verso la sua, completando quel legame. Aveva persino maledetto la barriera che li separava. Ma quel prezioso legame che si era creato si frantumò. Era come sotto un incantesimo mentre la guardava scivolare a terra.
Alexandra…
Si ritrovò a sorridere a quel nome. La sua proprietaria aveva una voce celestiale, forse era un angelo.
Poi il sorriso scomparve.
Cosa significava? Era stato coinvolto in qualche sorta di stregoneria? Se forre stati i templari, in qualche modo, a farlo accadere? Forse era qualcosa di diverso? Doveva saperlo! Questo sogno doveva significare qualcosa!
Kadar…
La sentì di nuovo chiamare il suo nome, era come incantato. Quando aprì la bocca per rispondere la voce si bloccò in fondo alla gola.
“Kadar”, sentì il fratello sbadigliare e mettersi a sedere scrocchiando le ossa mentre raddrizzava il corpo. A differenza di lui, Malik era un Assassino di alto rango, e indossava abiti simili ad Altair: bianchi con la stessa cintura e sudario. Quelli di Kadar erano grigi.
“Kadar, cosa ti affligge?”
“Sono stato svegliato da un suono”, mentì. “Ho pensato fosse un intruso o un Templare.”
Malik si alzò in piedi, prese la sua spada e scrutò i dintorni. Altair invece, a differenza del fratello maggiore, rimase sul suo mucchio di fieno affondandoci la spada con colpi vivaci ma poco profondi. La sua lama riemergeva pulita ogni volta. Poi passò all’altro mucchio e ripeté l’azione. Questa volta la sua spada colpì qualcosa di solido.
“Ah,” ritrasse il braccio tirando fuori un grosso topo morto infilzato sulla punta della lama. “Sembra sia questa la fonte delle tue ansie, fratello”. Alzò un sopracciglio leggermente divertito.
“Certo,” annuì. Malik si accorse della bugia e che non era il topo che lo preoccupava. Lui sapeva che i Templari non conoscevano il posto in cui si trovavano. Suo fratello l’aveva ingannato. Poteva vedere lo sguardo distratto nei suoi occhi, anche al chiarore della luna. Ma il maggiore degli Al-Sayf scelse di aspettare la luce del giorno per affrontare la questione.
“Ora riposati,”suo fratello maggiore lo rimproverò con leggerezza. “Se no il nostro corpo e la nostra mente cederanno domani.”
Kadar si rigirò sul cumulo paglia, ascoltando il fratello mentre sistemarsi sul mucchio accanto a lui. Fissò il soffitto della stalla, cercando di ritrovare il sonno che il corpo desiderava. La sua mente era persa, persa in un altro luogo.
La ragazza, Alexandra, lo stava ossessionando. La disperazione nei suoi occhi cobalto era come una pugnalata al petto. La voglia di aiutarla gli rodeva l’anima facendogli contorcere lo stomaco, lasciando che la sua mente si concentrasse solo su quegli occhi. Tutto il resto non contava, neanche la missione in cui era stato mandato con il fratello e Altair.
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Abstergo, Italia…

“Mi dispiace Lexi…”
Clay Kaczmarek pensò con dolore e rimpianto. Affondò il viso nel cuscino per evitare che le telecamere registrassero la sua sofferenza. Giurò che quei bastardi non l’avrebbero visto così. La sua mente stava scivolando tra i ricordi del passato, rifiutandosi di distinguere il passato dal presente. Maledisse Lucy aver tradito tutti loro. Dopo che ebbe quella conversazione con la donna, Giunone, riuscì a capirlo.

Clay,
Ho visto le registrazioni della sicurezza di ieri sera. So che vuoi delle spiegazioni. Speravo di parlartene un po’ per volta, per portarti dalla mia parte, me è troppo tardi.
William ci sta usando. In questa guerra. In questa guerra contro i Templari, e non si cura delle vite che danneggia. Noi non siamo persone per lui. Come possiamo fidarci di una persona così? Clay, tu fra tutti dovresti capire.
L’Abstergo si preoccupa di aiutare le persone. Loro capiscono le realtà del mondo, i suoi limiti.
Ma so di non poter dire che ora cambierai idea.
Ho cancellato le registrazioni della sicurezza. Vidic non scoprirà la tua violazione. Ho promesso di proteggerti, ma non posso lasciarti andare. William e gli altri non devono saperlo.
Mi dispiace.

-Lucy
Li ha traditi! E se avesse parlato ai Templari di Alex? L’avrebbero cacciata e tormentata, convinti che sapesse qualcosa sul Frutto dell’Eden. Se Lucy fosse tornata dagli Assassini, non si poteva sapere cosa sarebbe stata in grado di fare! Dio, perché non aveva fatto di più per proteggere Alex? William si era rifiutato di fargli avere qualsiasi contatto con lei la notte in cui se n’era andato.
Non deve saperlo Clay! E’ per la sua sicurezza! Meno sa, meglio è.
Chi la proteggerà ora, William? Non è un’assassina!
Dobbiamo iniziare la missione, Clay. Sapevi cosa comporta essere un assassino. I rapporti ci distraggono.
Clay ricordava ogni cosa di quella notte. Ogni tocco, bacio, carezza, gemito di piacere. Aveva deciso di andarsene in tarda notte, dopo che Alex si fosse addormentata. Clay le aveva scritto un biglietto dove diceva di essere corso al negozio perché avevano lasciato fuori un paio di cose. Prima di andarsene  si era seduto sul bordo del letto, memorizzando l’immagine della bruna che dormiva sonni tranquilli, nel letto che avevano condiviso in quegli ultimi tre anni. Allungò la mano e le accarezzò la guancia, sentendola muoversi sotto il suo tocco. Clay si chinò per darle ultimo bacio e partì. Infilò una loro foto al parco in una borsa, dove sarebbe rimasta.
“Addio Lexi,” sussurrò. “Ti amerò per sempre.”
Quella fu l’ultima volta che la vide.
Sapeva cosa doveva fare.

Il prossimo aggiornamento sarà un Kadar/Alex… Il POV di Clay è nella storia perché Alex è ancora determinata a scoprire perché sia morto.

   
 
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