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Autore: _windowsgirls    07/02/2015    1 recensioni
Già durante la celebrazione del suo matrimonio, Zayn si rende conto che tutto sta cambiando. Il suo segreto più intimo gli pesa ancora di più sulle spalle, e non può fare a meno di pensare che, a volte, il passato torna con una potenza superiore ad una tempesta improvvisa.
Dalla storia:
La macchina era lontana solo cinque metri, ma prima che potesse raggiungerla, una mano lo tirò per la camicia e lo fece sbattere contro il muro. Venne placcato dal gomito dell’aggressore sotto il collo e incominciò a sudare freddo.
« E’ questo l’unico modo in cui possiamo parlare? »
« Cosa volete? » A Zayn era stato difficile fare uscire quelle poche parole, paralizzato dal terrore. Sapeva che sarebbero arrivati, che l'avrebbero cercato, altrimenti non avrebbero fatto irruzione al matrimonio. Era giunto il momento.
« Cosa vogliamo? Ma parli sul serio? Vogliamo vendetta, mi sembra più che ovvio. »
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Louis Tomlinson, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Meeting
 

La mattina dopo Johanna si alzò con comodo, non sentendo nemmeno Zayn andare a lavoro. Quel giorno sarebbe stato fino all'ora di cena fuori di casa, per cui ciò significava che Johanna sarebbe stata tutto il tempo da sola. Si alzò stiracchiandosi le braccia e le gambe e scostò piano le coperte con i piedi, poi andò ad aprire la serranda e l'occhio le cadde sulla sveglia illuminata. Erano le dieci e lei non si era accorta di nulla. La sera prima era andata a letto spossata e anche traumatizzata, si potrebbe dire, ma comunque non aveva dato nessuna notizia a Zayn. Prima di andarsi a coricare, aveva inviato un messaggio al suo medico personale - una stretta amica di famiglia - che si era offerta di visitarla l'indomani mattina. L'appuntamento era alle undici, per cui Johanna andò subito a prepararsi la colazione e a vestirsi, uscendo di casa circa un quarto d'ora prima che ci fosse l'appuntamento. Zayn quella mattina aveva preso il pullman, per cui fu libera di utilizzare la macchina. Mentre percorreva il breve tragitto che la separava dal centro città, pensò a tantissime cose, in particolar modo a come avrebbe dato la notizia a tutti. Insomma, era davvero improbabile che fosse rimasta incinta la prima notte di nozze, ma comunque non era una possibilità da scartare a prescindere, poi entro un'ora avrebbe avuto la risposta certa e definitiva. Ovviamente c'era anche una bassa probabilità che il test si fosse sbagliato, ma la rifiutò scuotendo la testa. Se poi la dottoressa le avesse domandato se desiderava lasciare il bambino, avrebbe negato fino alla fine. Non avrebbe mai rinunciato a quella creatura che si stava formando dentro di sè, mai e poi mai, non le avrebbe mai fatto del male.  A Johanna faceva ribrezzo persino l'idea, perchè non si parlava di un oggetto da gettare via, ma di una vita che non avrebbe mai avuto la possibilità di svilupparsi. Rallentò e parcheggiò sotto il portone dove la dottoressa aveva lo studio. Prese il test e lo infilò nella borsa, poi lasciò la macchina e si avviò verso il luogo della verità.
La dottoressa Mary aveva la giornata libera, ma poichè si trattava di una sua carissima paziente, allora aveva fatto un'eccezione.
«Prego, cara. Benvenuta.»
«Buongiorno Mary.» disse Johanna mentre lasciava la borsa sulla poltroncina di velluto rosso accanto a quella dove si era appena seduta. «Non avrei mai immaginato di venire qui così presto.»
«Sono cose che capitano in una vita matrimoniale, cara.» Mary si mise dietro la scrivania e appoggiò gli occhiali sul naso. Sfilò una cartellina da un cassetto secondario e la tirò fuori. «Questa sarà la tua cartelletta clinica, e la stai inaugurando alla bellissima età di venticinque anni.»
«Già.» rispose Johanna sorridendo appena. Voleva passare direttamente al punto, non ce la faceva più ad aspettare. La dottoressa - che era sulla cinquantina – prese a fornirle delle carte da compilare e firmare, poi la invitò a seguirla sul retro, dove c’era il lettino, il monitor, tutto il materiale utile ad una ginecologa.
«Prego, signora Malik, si accomodi qui sopra, ma non prima di essersi spogliata e aver indossato il camice verde.» disse mentre le porgeva un sacco entro cui c’era il camice di silicone. Si mise dietro un separè e si spogliò, raggiungendo la dottoressa in breve tempo. «Sei davvero impaziente.» Johanna si strinse nelle spalle, annuendo piano.
«Qualcuno sa che sei qui?»
«No.» disse rapida la ragazza, aprendo le gambe e appoggiandole sugli appositi sostegni che Mary le aveva indicato. «E non lo deve sapere nessuno, fin quando non saprò tutto quello che c’è da sapere.»
«Quanta bramosia, complimenti.» disse mentre si infilava la mascherina e i guanti in lattice. «Molte ragazze con cui ho avuto a che fare speravano negassi tutto, e se ne andavano amareggiate e preoccupate. Il più delle volte, non è finito bene.»
Johanna vide la dottoressa armeggiare con degli attrezzi di plastica e strinse le mani intorno ai braccioli della poltrona, sbiancando le nocche. Era agitata e tesa, e la dottoressa, prima di iniziare, se ne accorse subito. «Siccome dobbiamo avere una certezza, non useremo l'ecografia ma un metodo molto più attendibile. Stai tranquilla, non farà male.»
«Beh, lei è abituata a dire certe cose.»
«Sì, ma lo dico davvero, non perché devo. Veramente, Johanna, andrà tutto bene.» Poi la testa della dottoressa scomparve al di sotto del camice verde e la ragazza ingoiò nonostante non avesse più saliva in bocca. Cercò di stare il più rilassata possibile, ma era comunque molto difficile, vedendo tutti gli attrezzi plastificati che Mary usava per fare il suo lavoro sporchi, ma quando la visita finì, non negò di aver finalmente raggiunto un certo sollievo. Non si era accorta di aver sudato, fin quando non si sentì una gocciolina scendere giù lungo la tempia. Allentò la presa sui braccioli quando vide la dottoressa riapparire rilassata e tranquilla. Si tolse prima i guanti, poi la mascherina che nascondeva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
«Complimenti, Jo. Aspetti un bambino già da un mese a questa parte.»



Dopo aver pagato la dottoressa e dopo averla ringraziata a dovere, fissando il secondo appuntamento mensile, uscì dallo studio e sembrava essere la ragazza più felice del mondo, e forse era proprio così. Raggiunse la macchina saltellando e quando scivolò nella vettura, accese la musica a palla, mentre percorreva il tragitto che la saperava dalla prima persona che avrebbe tanto voluto avere ragione.
Suonò al campanello e Lucie aprì la porta sbadigliando e con il pigiama rosa confetto ancora addosso. Era senza trucco e i capelli scompigliati, ma comunque sembrava abbastanza rilassata e contenta. Quando vide Johanna così entusiasta, sgranò gli occhi mettendo a fuoco la scena e la fece entrare nell’appartamento che aveva affittato per vivere da sola, tirandola per la manica della giacca. Johanna rideva di gusto, e guardava la sua amica con tanto di occhi sognanti e trasudanti un’emozione che mai nessuno avrebbe mai potuto comprendere.
«Che cosa ti è preso?» domandò Lucie mentre si siedeva sul divano. Johanna rimase in piedi di fronte a lei, la borsa attaccata al busto e gongolante. «Jo?»
La ragazza strizzò gli occhi e lanciò le braccia in aria.
«Avevi ragione, Lux! Avevi ragione!»
Lucie spalancò se possibile ancora di più gli occhi e fece cadere la mascella per terra. Quando Johanna le si buttò addosso, strizzandola in un abbraccio fortissimo, scoppiarono entrambe a piangere. «Lo sapevo, lo sapevo!» urlava Lucie contro i suoi capelli, mentre si dondolavano sul divano, strette ancora l’una all’altra. Johanna tirò su con il naso e lasciò la borsa per terra, sedendosi accanto all’amica con le gambe incrociate. «Da quanto tempo?» disse Lucie, mentre la guardava radiosa più che mai.
«Quasi da un mese o poco più, ha detto la dottoressa. Praticamente, dalla notte di nozze.»
«Santo cielo, ci avete dato proprio dentro, vero?» scoppiarono entrambe a ridere, non tanto per la battuta ma perché a volte la felicità deve scoppiare fuori, contagiando tutti intorno. «Sarai mamma, ti rendi conto?» disse Lucie stringendosi le due mani al petto.
«Dio, mi fa così strano sentirlo. Non mi sembra possibile una cosa del genere, o almeno non a me.»
«E io diventerò zia! Mamma mia!» Lucie si alzò e incominciò a girar intorno al divano, facendo ridere Johanna ancora di più. Quando ritornò seduta, prese le mani di Johanna tra le sue e le strinse forte. «Chi altro lo sa?»
«Tu sei la prima.» confessò l’altra tirando fuori il cellulare per controllare l’ora.
«No, corri ad avvisare i tuoi genitori, adesso, e chiama Zayn al cellulare e digli di uscire prima da lavoro per una questione urgente.»
«Non preoccuparti per lui, lo saprà con calma stasera. Adesso vado se no non ce la faccio.»
«Pranzi da loro?» chiese Lucie che scortava l’amica verso l’ingresso.
«Considerando che sono le dodici e mezza, penso mi inviteranno loro.»
«Bene.» Lucie aprì la porta e Johanna, dopo averla abbracciata un’altra volta, uscì, andando a raggiungere la seconda meta.



Quando giunse davanti alla porta, si bloccò ancora prima di suonare. L’ultima volta che era stata lì, era stato il giorno del suo matrimonio, ed era cambiato tutto. Dall’altra parte della porta, sentiva la radio del padre accesa e il rumore di qualcosa che friggeva sui fornelli. In lontananza si sentiva persino il rumore di una televisione accesa: probabilmente era suo fratello Marcel che giocava alla playstation. La sua famiglia stava vivendo una giornata normale, e in quel momento lei stava per rivoluzionare tutto quanto. Però poi pensò anche alla famiglia che aveva creato, a Zayn ignaro di tutto e alla creatura che nasceva dentro di lei; per cui, dopo aver accarezzato la pancia un volta sola, suonò al campanello e sentì chiaramente tutto fermarsi dall’altra parte. La radio si spense, la televisione si abbassò ma il rumore della frittura continuava, poi dei passi che si avvicinavano e Robert che apriva la porta d’ingresso.
«Ma che sorpresa!» urlò stringendo Johanna in un abbraccio fortissimo e indietreggiando fin quando non entrarono in casa. L’odore di pesce fritto la avvolse interamente e le fece venire l’acquolina in bocca.
«Ma che odore, vorrai dire!»
Christine fece capolino dalla cucina e accorse a salutare la sua bambina, mentre Marcel rimaneva attaccato alla porta della sua stanza, con il joystick ancora in mano.
«Piccola mia, come mai qui? Ti fermi a pranzo?»
«Se non do fastidio, volentieri.» rispose Johanna mentre lasciava la borsa sul tavolino dell’ingresso. Lo aveva sempre fatto ogni volta che tornava da scuola, e sarebbe stata un’abitudine che non avrebbe mai dimenticato. Sorrise al ricordo e vide sua madre aggiungere immediatamente due posti a tavola. «No, mamma. Zayn non c’è.»
Christine si fermò con il piatto a mezz’aria e la bocca aperta. «E’ successo qualcosa?»
«L’avrà tradita.» disse Marcel con un’alzata di spalle, totalmente indifferente.
«Ehi! Non pensarlo nemmeno!» lo prese per il braccio e lo abbracciò fugacemente, stropicciandogli i capelli. «E’ solo a lavoro.»
«Grazie al cielo, meno male!» esclamò la madre sollevata. Tolse un posto mentre il padre tornava con una bottiglia di vino stretta in mano.
«Il tuo vino preferito!»
Johanna sorrise, anche se sapeva non avrebbe bevuto neanche una goccia.
Prese posto a tavola, con il fratello di fronte e i genitori ai due capi opposti. Iniziarono a mangiare in silenzio, si sentivano solo le posate che urtavano contro i piatti di porcellana e i bicchieri che venivano posati nuovamente sul tavolo.
«Quindi il tuo matrimonio procede bene, tesoro?» disse il padre mentre incominciava a prendere la sua porzione di pesce fritto. Johanna era troppo impegnata a sbucciarsi un gamberetto e annuì semplicemente.
«Tutto bene, per ora.» poi si rivolse a sua madre alzando il gamberetto pulito. «Anche se la tua cucina ottima mi manca. Non potrei mai essere brava quanto te.»
«Jo, imparerai con il tempo. Nessuno sa tutto, le esperienze ti aiuteranno a migliorarti. Io spero di rimanere brava per parecchi altri anni.»
Johanna mise in bocca il gamberetto e lo assaporò con gusto. «Che meraviglia. Spero che tu possa cucinare così anche quando sarai nonna.»
Cadde il silenzio all’improvviso. Marcel aveva il gamberetto in mano e la guardava fisso, impertubabile, mentre Christine e Robert la guardavano preoccupati.
Allora Johanna prese un tovagliolo e si pulì le labbra, poi bevve un sorso d’acqua e si sistemò sulla sedia. «Sono incinta.»
Marcel fece cadere il gamberetto nel piatto, il padre si affogò con l’acqua che stava bevendo e incominciò a tossire violentemente mentre Christine si mise in piedi, facendo strisciare con forza la sedia sul pavimento. Rimase immobile, aspettando che il marito si riprendesse. Poi quando terminò, si girò verso sua figlia, immobile.
«Scostumata!» urlò il fratello mettendosi in piedi a sua volta e puntandole un dito accusatore contro.
«Santissimi numi!» urlò invece la madre buttandosi sulla figlia e abbracciandola forte, seguita a ruota dal padre, mentre Marcel rimaneva fermo con le braccia conserte.
«E’ solo un marmocchio!»
«Non ti azzardare a dire queste eresie.» urlò ancora Christine dondolandosi Johanna tra le braccia. «E’ un dono di Dio, e lo accogliamo con grande amore.» baciò la figlia tra i capelli e le accarezzò una guancia, mentre con l’altra mano si asciugava un piccola lacrima. « La mia bambina che diventa mamma. »
«Non riesco ad immaginarti madre, tesoro.» disse il padre accarezzandole la testa. «Ma ne sarai all’altezza, ne sono più che sicuro.»
«Sono felice che l’abbiate presa bene come me.» rispose sinceramente Johanna con gli occhi lucidi. Quello era davvero il secondo giorno più bello della sua vita, dopo il matrimonio.
«Perché, Zayn non l’ha accettato?» disse Marcel che, nonostante tutto, in quel momento prese a sorridere alla sorella; insomma, sarebbe diventato zio, ovvio che fosse felice anche lui.
La madre guardò triste Johanna che li rassicurò subito. «No, Zayn ancora non lo sa. Devo parlargli più tardi quando torna a casa.»
«Pensi che gli andrà bene?»
«Lo spero.» disse Johanna mentre svuotava in un sorso il suo bicchiere d’acqua.



Intorno alle sei del pomeriggio, dopo che vennero a trovarli tutti i parenti stretti che non avevano niente a che vedere con la famiglia di Zayn, Johanna raccolse le sue cose e incominciò ad avviarsi per andarsene. «Grazie davvero mamma, per tutto.» disse, mentre si metteva la giacca e faceva uscire i capelli incastrati all’interno con un rapido gesto delle braccia.
«Quando vuoi, amore mio. Casa nostra è sempre aperta, sei mia figlia dopotutto, non potrei mai non accettarti.» le diede un bacio sulla guacia.  «Qualsiasi cosa, io sono qui.»
Johanna raccolse la borsa da terra e poi abbracciò i suoi famigliari, per ultimo suo fratello. «E tu non fare il coglione in alcun modo, intesi?»
«Non sono io quello con cui devi parlare. Vedi di stare attenta a Zayn, non mi è mai piaciuto e lo sai.» però poi le sorrise e le diede un rapido bacio, diventando tutto rosso. «Non dire a nessuno che ti ho baciato, okay?»
«Tranquillo.» disse lei scompigliandogli i capelli chiari, poi aprì la porta, mandando un bacio volante a tutti e chiudendosela alle spalle.
Il sole era già tramontato e quell’oscurità le fece venire una certa nostalgia. Mise in moto la macchina e accese i fari, partendo nella sera e avviandosi verso casa sua, abbastanza preparata ad affrontare il marito. Anzi, non era preparata per niente, ma non avrebbe demorso. Avrebbe affrontato la situazione così come sarebbe arrivata. Distolse un attimo lo sguardo dalla strada per controllare il cellulare che si era illuminato improvvisamente sul sedile accanto al suo, ma fu costretta a riportarlo davanti nel momento in cui un urlo prese vita e si dilungò per un po’. Pestò il pedale dello stop e inchiodò per strada un attimo dopo che un ragazzo attraversasse la strada e lo facesse spostare di forza. I fari avevano illuminato la sua figura, rendondola chiara in confronto all’oscurità della strada di fronte a sé. Mentre la macchina si fermava, Johanna gridò fin quando non finì tutto. Aprì di scatto la portiera e si fiondò fuori, accorrendo a controllare. «Oddio, oddio, scusami, scusami tanto.» si ripeteva mentre era accovacciata sul ragazzo che si manteneva sollevato da terra con i gomiti piegati sull’asfalto. Un altro ragazzo arrivò dalla via da cui quello steso era sbucato magicamente, e si fiondò sull’amico. «Tutto bene?»
«Sì, dai.» sibilò l’altro, con una smorfia di dolore quando tentò di alzarsi. «Non mi ha preso, mi ha solo spaventato e spostato per la velocità della macchina, ma non penso di essermi fatto qualche danno serio.»
«Non puoi capire quanto io sia mortificata.» Johanna tastava la fronte del ragazzo e lo controllava per vedere se mostrasse qualcosa. «Le gambe riesci a muoverle?» chiese speranzosa che stesse bene. L’altro con un tremito riuscì a sollevarle un po’, per poi farle cadere nuovamente sull’asfalto.
«Sì, ma ora mi tremano e non ci riesco.»
«Hai sbattuto la testa?» chiese l’altro, più muscoloso e possente fisicamente. I fari gli andavano dritti in faccia e gli illuminarono una profonda cicatrice che gli solcava la guancia sinistra. A Johanna quel dettaglio non sfuggì, così colse l’occasione per controllare anche l’altro, approfittando della luce dei fari. «Questi tagli sul volto te li ho fatti io?» disse prendendo il viso del ragazzo tra le mani.
L’altro scosse la testa, «No, sono ricordi di ciò che ho passato durante la mia vita.» Aveva gli occhi azzurri e delle labbra sottili contratte in una smorfia di dolore. «Però mi fa male l’osso sacro, ora che ci penso.»
«No, devo portarti all’ospedale, devi essere controllato. Mi prendo tutte le mie responsabilità.»
«No, davvero, non devi..»
«No.» Johanna fece un cenno al ragazzo più muscoloso. «Aiutami a caricarlo sulla macchina, venite con me al pronto soccorso, entrambi.»
«Okay.» acconsentì l’altro, prendendo l’amico steso e sorreggendolo con le braccia senza mostrare alcun tipo di fatica. Lo caricò poi sul sedile posteriore e gli si sedette accanto, chiudendosi la portiera dietro. Johanna, con lo sguardo preoccupato, salì in macchina e mise in moto, fece un’inversione di marcia e proseguì per la strada che portava all’ospedale. «Saremo lì in dieci minuti massimo.» Poi la ragazza imboccò una curva, sporgendosi dal finestrino per verificare che nessuno stesse andando nel verso opposto al suo e quindi per proseguire tranquilla. Il cielo era nero, e in lontananza non si vedeva alcuna luce in avvicinamento, per cui svoltò senza problemi ingranando la marcia.
«Non c’è problema.» disse Louis mentre, nell’ombra, si scambiava un sorriso d’intesa con Liam.





Spazio autrice
Eccomi qui con il nono capitolo!
Avete passato una buona settimana?
Allora, in questo capitolo Zayn non c'è proprio, ma accadono fin troppe cose:  Johanna va dalla ginecologa che conferma la sua gravidanza, corre da Lucie e dai suoi genitori e, proprio mentre sta sulla strada di casa per dare la notizia a Zayn, ecco che accade l'incidente, e Johanna incontra Louis e Liam sebbene non sappia chi possano essere, *troll face* 
Quindi, alla fine, i due ragazzi si imbattono nella moglie di Zayn, andando contro ogni sua richiesta. Cosa credete possa accadere a questo punto? E avete idea del perché Louis e Liam ce l'abbiano a morte con Zayn? 
Grazie a tutte coloro che seguono questa storia, mi fa molto piacere, e spero che, alla fine, possiate farmi sapere qualcosa riguardo la storia. Mi piacerebbe tantissimo conoscere i vostri pareri, daaaaai.
Comunque, non so se avete letto lo spazio autrice dello scorso capitolo, ma ho scritto un'altra long che pubblicherò a breve.
Intanto, ho iniziato a pubblicare una raccolta di one shot con funzione di prequel di questa nuova storia in cui sono sempre presenti gli One Direction (mi piace intasare questo fandom), e mi piacerebbe se poteste passarci a dare un'occhiata. Praticamente queste one shot spiegano un po' i personaggi che incontrerete nella long, quindi è un'opportunità di conoscerli in anteprima :)
Vi lascio il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3013545 (cliccate sul link, vi porterà direttamente sulla pagina). Dài, passate, mi farebbe un enorme piacereeee.
A sabato prossimo.
Un bacio,
Eli.

 
  
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