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Autore: Mikirise    11/02/2015    5 recensioni
Quando il ragazzo si era reso conto che Calypso stava entrando nel panico, non riuscendo a trovare dei buoni ricordi che la collegassero a suo padre, le prese velocemente le mani nelle sue e con un sorriso dolce le disse: "Facciamo un gioco. Lo facevo sempre con mia mamma, quando ero piccolo" strinse le mani leggermente callose della ragazza, cercando di trasmetterle un po' di calore -stava diventando quasi bravo con la storia dell'empatia- "Allora, io sceglierò un luogo, un tempo, una situazione e immaginerò come saremmo potuti essere in quel mondo. Lo potrai fare anche tu, ovviamente, scegliendo un posto, un luogo ed una situazione. Sarà un po' come dare una sbirciatina a le nostre vite nei mondi paralleli. Sarà divertente"
{Storia scritta per la challange Dei, miti ed eroi, indetta dalla community campmezzosangue}
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Leo/Calipso
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note:

Ci ho messo una vita, ma questo è il terzo mondo. Uff. Per scegliere l'universo ho cambiato la storia mille volte.

I prompt provengono da Dei, miti ed eroi
AVVERTENZE! Questo capitolo è pieno di dialoghi. Nel senso che più che narrare, questa volta faccio parlare. E spero che la cosa vi convinca!
Ultima cosa: ho un profilo su Wattpad con un nome completamente diverso. Mi piace vedere le ff con tutti quei don't diversi e sfogliarle sul mio tablet come se fossero libri. Lo uso in questo modo: lascio le bozze di quello che pubblicherò. Non so, magari solo il primo capitolo, o l'inizio dell'idea. Lo dico perché non escano cose come: "Stai copiando!" Nah, nah. Questa qui ( Giadavsr ) sono io. Sempre detto: ho due nomi :)





 

Saremmo potuti essere

Di quando Leo superò Aladino, portando Calypso a volare in un modo tutto nuovo (senza usare Festus o far esplodere qualcosa, grazie agli dèi)

Mondo tre: La lista delle cose non fatte






L'infrangersi delle onde sembrava diventare, per la prima volta, assordante. Soprattutto quando Calypso non parlava.

Lei se ne stava lì, seduta, ginocchia leggermente piegate, mani posate sugli stinchi e occhi sull'oceano. E non diceva una parola.

Non sentirla dire qualcosa di antiquato o vagamente offensivo non sembrava essere rassicurante per Leo. E tirò un sospiro di sollievo quando la ragazza si girò verso di lei e sorrise.

"Tocca a me."

Poi il vento si alzò e lei cominciò a raccontare.


•●•


Nel buio dell'Auditorium, Leo e Calypso, con le mani intrecciate, aspettando che nessun rumore si manifestasse, iniziarono a ridere e ridere e ridere e ridere.

Una risata nata da un sorriso e cresciuta tanto bene da dover essere stata commemorata e incoronata.

Nel buio dell'Auditorum, i ricci neri di Leo si confondevano con il nero e gli occhi scuri di Calypso sembravano essere ombre sfuggevoli di foglie. Eppure, nessuno nel campus li avrebbe visto più chiaramente di così. Emanavano luce.

Calypso, in una notte sola, aveva vissuto più di quanto avesse vissuto nei suoi diciotto anni di vita. Alla vigilia del suo diciannovesimo compleanno aveva finalmente fatto quello che non aveva fatto da ex-adolescente. Grazie a Leo.

“Ci beccherà il custode.” La sua voce era un sussurro leggero accanto all'orecchio del ragazzo, che girò la testa, con ancora in faccia quell'enorme sorriso da scoiattolo; o da folletto, dipendeva dalla luce.

“Sarebbe eccitante essere beccati dal custode proprio ora, proprio adesso” rispose ad alta voce, e il suono rimbalzò da una parte all'altra, riempendo lo spazio vuoto anche tra loro. “Non c'è nella tua lista? Farsi beccare durante atti osceni da un vecchio custode?”

“Non farò cose oscene con te, Omuncolo.”

“Uno ci prova.”

Ma le loro dita continuavano ad essere intrecciate fra loro, non si volevano staccare. Poco prima, Leo le aveva preso la mano, dicendo che aveva paura di perderla nel buio. E forse era vero. Per la prima volta Calypso aveva sentito le mani callose del ragazzo sulle sue e si era chiesta se mani del genere potessero in effetti appartenere ad un ragazzo come Leo. Lui era piccolo, rachitico, un po' basso -diceva rispetto a quelle di altri ragazzi, come Percy. Le sue mani, però, erano grandi e forti, non ci aveva messo niente ad avvolgere interamente quelle piccole di lei. Ed era stato piacevole.

“Questa era la ventesima cosa.”

“L'ultima?” Leo guardava verso la cupola, col naso all'insù e il pomo d'Adamo che saliva e scendeva.

“L'ultima” mentì sommessamente Calypso, girandosi verso di lui. “Quindi spunterei Scasso dell'Auditorium in piena notte.”

“Non è stato semplice con una non-ninja dietro.”

“Il non-ninja sei tu.”

“No, tu!”

“Sono per caso caduta io in mezzo al fango di sedere con le braccia all'insù?” La mano di Calypso scivolò lentamente fuori da quella di Leo, per andarsi a premere contro il suo stesso petto. La ragazza aveva incrociato le braccia e, se solo l'avesse potuta vedere, se solo avesse visto il suo volto, Leo avrebbe visto quel sorriso che aveva quando pensava di aver vinto una discussione. Solo gli dèi sapevano quante volte lui avesse visto quello sguardo, in sole sei ore in giro per il campus.

Calypso si era pentita immediatamente di aver lasciato la mani di lui. Nel buio non vedeva niente di niente. Lo aveva perso nell'oscurità che non veniva rischiarata nemmeno dalle finestre lasciate aperte, forse perché la luna in cielo non c'era, quella notte. Forse perché erano finestre così piccole che non lasciavano entrare la luce nemmeno di giorno.

C'erano due aspetti del buio contrastanti. Da una parte Calypso lo stava temendo: Leo non le era accanto e aveva paura di perderlo tra quelle ombre. Dall'altra si sentiva accettata e parte di quelle stesse ombre. Leo era lì, con lei, la sua voce continuava a risuonare anche se non riusciva a vederlo.

Se lo avesse conosciuto in quel modo, come voce e non come Leo in Leo, probabilmente tutte quelle liti dell'inizio della loro amicizia non ci sarebbero mai state. È incredibile quanto la voce dica più di una persona, rispetto al viso.

“Sono caduto perché tu stavi cadendo di sedere.” La voce di Leo era vicina, ma lei non avrebbe saputo localizzarla. Lottò con l'istinto di allungare la mano ed afferrare il pigiama rosso di lui. Certe cose, con Leo, le sembravano più imbarazzanti di quanto non fossero realmente. “Se non fossi caduto io, saresti caduta tu. Sono… dovresti consideri il tuo eroe.”

Leo rise. Calypso sorrise.

“Quindi.” Di nuovo la voce venne da qualche parte nel buio e lei dovette girare la testa, alla ricerca del ragazzo. “Oggi abbiamo…”

“Scassinato l'Auditorium. Numero Venti.”

“Ricoperto di carta igienica blu la stanza di Jason e Percy. Numero Diciannove. Eri carina con tutta quella carta igienica in mano.”

“Che bel complimento.” Calypso rise. Ma dov'era finito Leo? “Abbiamo lasciato lettere mino-romantiche* a Rachel, Frank e Will. Numero Diciotto. Però dovremo continuare lo scherzo per almeno tre settimane, eh!”

“Avevo paura che Reyna si svegliasse e mi uccidesse.”

“Chi lo avrebbe mai detto che è sonnambula? Quando ti ha sbattuto contro il muro non sapevo se: a) ti voleva baciare; b) ti voleva spezzare il collo; c) se ridere e filmare tutto.”

“Raggio di sole. Tu non hai il cellulare. Hai un piccione viaggiatore per comunicare con tuo padre.”

“Non prendere in giro il mio Pierre!”

“Oh, dèi. Io scherzavo e tu ce l'hai per davvero!”

Leo si era allontanato? Dove era andato a finire? Calypso azzardò un passo avanti, per poi farne uno di lato. Perché cavolo aveva lasciato la mano di quell'idiota?

“Abbiamo fatto il bagno di notte nel Lago. Numero Diciassette.”

“Fatto il bagno? Mi hai buttata là dentro! Presa in braccio e gettata al freddo! Ho ancora i capelli umidi!”

“E il tuo pigiama non è diventato trasparente. Un punto per i pigiami anti-stupro.”

“Maniaco.”

“Sono un ragazzo” rise lui, e qualcosa cadde a terra, a pochi metri da Calypso. “Auch” si lamentò Leo. “E comunque grazie al cielo avevamo portato a termine il Numero Sedici.”

“Partecipare ad un falò. Devo dire che, però mi è mancata la chitarra. Ho sempre pensato che il mio primo falò sarebbe stato sulle rive di un lago, con dei marshmallows, tante persone e qualcuno che suonava la chitarra. Avremmo cantato tutti insieme sotto la luce della luna.”

“I marshmallows c'erano. E abbiamo fatto un falò, io e te, sulle rive del Lago. E prima, per farti felice, abbiamo anche cercato di chiamare Kayla perché suonasse la chitarra.”

“Il Numero Quindici: vagare per i corridoi in piena notte, cercando di convincere qualcuno a far qualcosa di quasi illegale. Almeno al college.”

“Questo dopo il Numero Quattordici: abbiamo letteralmente fatto una serenata a Kayla, tirandole prima i sassolini sulla finestra, poi iniziando a cantare Cielito Lindo, senza chitarre.”

“Tu non sai cantare.”

“Invece tu sì. Faremmo una bellissima coppia.”

Di nuovo, Calypso rise. Leo si muoveva per la stanza, probabilmente appoggiandosi al muro per non cadere. Seriamente. Lì dentro non si vedeva nulla, nemmeno ad un palmo dal proprio naso. Come aveva fatto Leo a finire laggiù?

“Ma sai lo spagnolo.” Non era una domanda.

“Già.”

E, per un po', non dissero niente, risucchiato dal buio e dal silenzio. Il microfono dietro le quinte, lasciato acceso, faceva un rumore strano di sottofondo. Un fiii, a volte, un tzz, altre.

“Numero Tredici” riprese a parlare lei, iniziando a tremare leggermente, per il freddo e l'eccitazione. “Lasciare topi morti nei cassetti delle ragazze che mi stanno antipatiche.”

“Ero sicuro che mi volessi uccidere con quella roba per acchiappare topi.” Leo sembrava essere molto lontano. Come se stesse dall'altra parte della stanza. “E non eri tu che dicevi Io non posso far male agli uccellini! Stai attento, spaventi gli uccellini!” Le stava facendo il verso e, ancora, la sua voce sembrava star scomparendo.

Calypso si mosse di nuovo in avanti, presa quasi dal panico di non ritrovare nel buio Leo. Andò a sbattere contro una sedia di plastica, che cadde a terra, con un rumore secco. Bop, bo, bo bo fece la sedia gettata a terra. “Aho” mormorò lei, abbassandosi per accarezzarsi il ginocchio.

“Ti verrei a dare il bacetto per la bua, ma non riesco proprio a capire dove sei.”

“Mi farebbe piacere non essere presa in giro quando mi faccio male.”

“E chi ti prendeva in giro?” Leo sembrava realmente muoversi nel buio, e la sua voce stava diventando leggermente più vicina. “Comunque non sapevo che Drew ti stesse antipatica. Tanto da tre topi tra le mutande. Cosa ti ha fatto?”

Lei alzò gli occhi al cielo. “Diciamo che prende le pillole per aumentare la taglia del reggiseno* e non un libro in mano per aumentare l'utilità del suo cervello.”

“Ah.” Leo alzò le spalle. O almeno così lei pensò. “Ce l'hai con lei perché ha il seno più grosso del tuo.”

Calypso sospirò, irritata. “Ma che ne puoi sapere tu” borbottò.

“Per lo meno adesso tu hai un ghiro e lei no. Ha sempre voluto un cane. O qualcuno che l'amasse. Non per dirvi niente. Siete un po' cattive con lei.”

“È una puttana.”

“Cosa?”

“Cosa?”

“Hai detto una parolaccia!” gridò Leo, facendo cadere alcune cose accanto a lui. La storia del buio gli avrebbe causato un sacco di lividi, sicuramente. “Tu non dici mai le parolacce!”

“Ovvio che tu difenda quella figlia di…” Calypso si trattenne, stringendo i pugni. “I ragazzi sono così. Dalla parte della prima che gliela dà.”

“Questo modo di parlare… da quando parli così?” Leo sembrava sovrappensiero. “Ma… non dirmi che sei gelosa!”

“Non sono gelosa!”

“Sei gelosa!” Leo stava sicure te saltellando. Riusciva a immaginare la sua faccia da idiota mentre gongolava. “E comunque. Voglio ricordarti che io posso stare dalla parte di chi voglio. Le tue esatte parole di quando io e il tuo ghiro stavamo litigando. Stasera, eh.”

“Ma non ti sembra ridicolo che tu abbia litigato con un ghiro?”

“Non ti sembra strano che tu abbia preso le difese di un ghiro?”

“È il mio Numero Dodici. Abbiamo faticato per trovarlo tra giardinetti del Campus. Lasciamelo viziare.”

“Mi devi cinque cerotti e tre bacetti contro la bua, per il tuo Numero Dodici.”

“Due” contrattò Calypso, senza nemmeno avere l'intenzione di baciare Leo. Trovava comunque adorabile che lui continuasse a dire bua. Si chiese se era stata Esperanza a lasciargli questo modo di dire. “Scaliamo quello che non mi hai dato per il ginocchio.”

“Quindi ti sei fatta male al ginocchio.”

Lei alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. Si mosse di nuovo, a tentoni, cercando il ragazzo nel buio.

“Non per questo manderò Pierre da papà.”

“Perché dovresti?”

“Vuole sapere sempre tutto. Chiamalo papà protettivo.”

“È per questo che non dicevi parolacce. Stai diventando una ragazzaccia. Manderò io un messaggio a tuo padre attraverso Pierre.” Stette per un po' zitto. Poi parlò di nuovo: “Qual era il tuo Numero Undici?”

“Ubriacarsi a una super-festa-del-college. Ma non c'è stata nessuna festa ieri sera-barra-questa mattina.”

“Non ti perdi niente, comunque.”

“Tu lo hai provato?”

“Non esattamente la notte di cui sono più fiero, ecco.”

“Hai corso nudo per il Campus?”

“Sì. Ma quella volta ero sobrio. Diciamo che Eco e io abbiamo avuto notti migliori.”

“Eco?”

Silenzio. Non doveva andare veramente fiero.

“Detto questo.” Calypso aveva avuto paura che Leo non avrebbe più ripreso la parola. Tirò un sospiro di sollievo a risentire la sua voce. Era la sua unica guida per ritrovarlo là dentro. “Numero Dieci. Ti ho portato a fare una bella passeggiata sulla mia moto trai corridoi.”

“Ho temuto per la mia vita.”

“Qualcosa contro Festus?”

“Qualcosa contro tu che lo guidi. Il corridoio è piccolo così e noi lo abbiamo percorso a zig-zag!”

“Amo il pericolo.”

“Bugiardo.”

“Mi piaceva che mi abbracciassi da dietro.”

“Smielato.”

“Ma vero.”

“È per questo che abbiamo unito anche il Numero Nove e hai guidato con un lenzuolo davanti agli occhi?”

“Eravamo dei fantasmi!” Leo doveva essere lì vicino. La sua voce proveniva da destra. Calypso si mosse a destra, mettendo avanti le mani e piegandosi leggermente. Se le luci si fossero accese in quel preciso momento, sicuramente, l'avrebbero presa in giro per tutta la vita.

“L'unica a spaventarsi è stata Lacey. Povera piccola.”

“Ci ha lasciato i suoi marshmallows. Punto per Valdez, direi.”

La testa di Calypso andò a sbattere contro il petto di Leo e lei afferrò la maglietta del ragazzo, alzando la schiena e facendo sbattere la sua fronte contro il mento di lui. “Trovato” esclamò.

“Ciao.”

“Ciao.”*

“Ti sono mancato, sento.”

“Oh, stai zitto.”

“Va bene.”

Silenzio. Nessuna parola riempiva nessuno spazio e ancora quello stupido microfono faceva tzz dietro le quinte e la mano di Calypso non lasciava il pigiama di Leo.

“Leo?”

“Sì?”

“Sei in pigiama.”

“Sì.”

“Perché sei venuto in camera mia, gridando che dovevamo vivere la vita in pigiama?”

“Perché se mi fossi dato il tempo di cambiarmi, avrei perso il coraggio di venirti a prendere per campeggiare sul giardino del Campus.”

“Sei un maledetto idiota. Tu non sapevi niente di Annabeth che mi ha cacciato dalla stanza perché aveva da fare con Percy?”

“Definisci aveva da fare.

Calypso gli assestò un pugno sul petto, sbuffando, ma senza lasciare che una delle due mani perdesse la presa dalla maglietta di Leo.

“Questo caratterino lo riservi a chiunque ti rivolga la parola o è un trattamento speciale?” rise Leo, piegandosi leggermente in avanti.

“È stata la prima cosa mi hai detto, quando ci siamo conosciuti.”

“Hai iniziato a urlarmi contro senza motivo.”

“Avevi distrutto Charlotte!”

“Avevi dato un nome a una pianta?”

“Tu hai dato un nome alla tua moto e nessuno ti ha detto niente.”

Di nuovo silenzio. Però Calypso si sentì più tranquilla, sentendo il tessuto sotto le sue dita. Leo si muoveva appena. Sicuramente i suoi occhi erano posati sui capelli di Calypso, senza colore in quel momento senza luce.

“Mi sei stata subito antipatica.”

“Eppure hai scelto di passare con me questa notte.”

“Direi mattina. Sono le cinque.”

“Perché?”

“Il tempo è un gran mistero.”

“Sai di che parlo.”

“Perché ti ho conosciuta. Mi sembra scontato, no?”

Silenzio.

Calypso alzò la testa e sentì il respiro di Leo sul naso. Lui faceva parte di quei ragazzi che crescono tanto dopo il liceo, o almeno così Piper. Se lei avesse conosciuto il ragazzo due anni prima, sarebbe stata traumatizzata dalla repentina crescita di lui. Dieci centimetri in un'estate. Quel tanto che bastava per superare Calypso.

“Leo?”

“Sì?”

“Se fosse stato Percy a chiedermi di campeggiare sul giardino e di fare un falò sul Lago, non avrei accettato.”

“Ma noi amiamo Percy! Fai parte del suo fanclub!”

“Ho cambiato team.”

Silenzio. Leo era sveglio per alcune cose, ma era molto ingenuo.

Le mani di Calypso salirono verso il viso di lui, e lui aprì la bocca, preso da un'illuminazione.

“Oh.”

“Oh” gli fece eco lei, sorridendo.

“Team Leo?” chiese lui stupidamente. La ragazza annuì, anche se nessuno riusciva a vedere l'altro, distante qualche millimetro. “Da quando?”

“Non lo so.”

“Perché?”

“E che cavolo ne so!”

“Va bene.”

“Va bene.”

Le guance di Leo erano diventate molto calde. La cosa faceva ridere Calypso.

Avvicinò le sue labbra dove pensava che ci sarebbero state le labbra di Leo, ma si ritrovò a lasciare un bacio al suo mento. Scoppiò a ridere.

Leo poggiò le sue mani sulle guance di Calypso. Erano grandi, callose e calde. Erano piacevoli.

“Ti posso fare una maglietta con su scritto Leo Valdez è un figo?”

“Perchè mai?”

“Dietro scriveremo Team Leo e la mia foto con i pollici alzati.”

“Col cavolo.”

E quelle furono le ultime parole prima di ricevere un bacio sulle labbra di Leo Valdez. Il primo con lui. Il primo in assoluto. Il suo Numero Ventuno. Essere baciata da un ragazzo che mi ama e che mi ami.

E la lista delle Cose da fare prima dei vent'anni era quasi completa. L'aveva stilata quando aveva dodici anni, l'apparecchio e una pettinatura ridicola. Ai tempo avea pensato che le avrebbe fatte in diverse giornate, magari una con l'intervallo di mesi l'una dall'altra. Invece.

Leo si staccò da Calypso, per riprendere fiato. “Ciao” disse e Calypso sentiva il suo sorriso nella sua voce.

“Ciao” rispose a sua volta. E sorrise.

Comunque, qualche ora dopo Leo piombò nel corso di Filosofia Moderna con una maglietta rossa in mano e gridando: “Team Leo è vita!”

Ed era uscito dall'aula saltando dalla finestra. Davanti a Calypso la maglietta recitava Sono innamorata di Leo Valdez.

Quel narcisista. Neanche la soddisfazione di farglielo dire in faccia aveva!










*Sono due i miei consigli.

Guardatevi Due Fantagenitori per ricordarvi quanto era bello essere bambini dolci e simpaticosi :3

(Le lettere mino-mantiche sono lettere romantiche e minacciose insieme. Mi hanno sempre fatto ridere.)

John Green. No, no, no. Non Colpa delle Stelle. Teorema Catherine. Città di carta. Quando avrete finito di farlo, vi sfido a capire cosa c'entra lui con quello che ho appena scritto.

Ah, sì. All'ospedale ho scoperto che le donne che prendono la pillola anticoncezionale hanno il seno più grosso. Nel senso che cresce loro. Ora capisco molte cose.















SET LEO/CALISPO DI MICHIGR
Hogwarts!verse, «Toglimi di dosso le tue diavolerie Babbane»✔️
Pirate!AU, «Quest'isola ha cessato di essere un posto rispettabile»
War!AU, «Non mi interessa il tuo schieramento»
College!AU, «Questo caratterino lo riservi a chiunque ti rivolga la parola o è un trattamento speciale?»✔️
Steampunk!AU, «È più grande all'interno!»
Regency!AU, «Il vostro è il giardino più bello che io abbia mai visto»
HungerGames!AU, «Ho scommesso su di te»✔️
Modern!AU, «Pronto? Garage Valdez? Mi si è rotta la macchina in mezzo al nulla»
Zombie!AU, «Come fai non sapere che è in corso un'Apocalisse Zombie?!»
COMPLETATE: 3/10

 
  
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