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Autore: Gobbigliaverde    11/02/2015    1 recensioni
Spin off de "il viaggiatore di sogni" che vede come protagonista Gemma Jones, la figlia di Killian e Emma.
Dal testo:
- È dura recuperare le tracce di un passato dimenticato, soprattutto se le risposte che si cercano non sono nel mondo che conosciamo.-
- Gemma corse via cercando di dimenticare l’affronto che l’amico le aveva rivolto. Salì le scale ripide del piccolo appartamento di New York e si infilò nel letto in camera sua. Si avvolse nella coperta ispida e rovinata, e dentro di se maledisse il giorno in cui i suoi genitori l’avevano lasciata all’orfanotrofio.-
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Duro destino è l’avere un destino.»
Italo Calvino

UNO

 

— Il tuo punto di vista è interessante — sorrise Drake scuotendo la testa.
    — Interessante? — sospirò Gemma con disappunto. — Non credo che interessante sia l’aggettivo giusto per tutta questa storia.
    — Sei diventata razzista nei confronti degli aggettivi? — esclamò il giovane continuando a sorridere.
    Gemma però non ci trovava proprio nulla da ridere, e anche se le fossette sulle guance del ragazzo erano dannatamente stupende, cercava di mantenere uno sguardo serio e impenetrabile. — Definisci meglio quello che intendi — sbottò lei alzando gli occhi al cielo.
    Il ragazzo si passò una mano tra i capelli neri come la pece e sbuffò rumorosamente tornando il solito timido e puntiglioso Drake di sempre. — Intendo dire che mi sembra assurdo che ancora ti preoccupi dei tuoi occhi. L’abbiamo capito, cambiano colore, e allora? Esistono tantissime persone con l’iride cangiante.
    — Sì, ma l’iride degli altri cambia a seconda degli eventi atmosferici, mentre le mie…
    — Le tue no, ora che lo sanno anche i muri, puoi finirla di ripeterlo? Sei una normalissima ragazza di sedici anni con i capelli mori e gli occhi azzurri, che a volte variano — la interruppe lui seccato dal discorso che ormai andava avanti da giorni.
    — Variano dall’azzurro più chiaro fino alle tonalità più scure di nero, non direi proprio normalissima! — gridò Gemma esasperata. — E tanto per la cronaca, da piccola ero bionda!
    — Okay, anche se la tua ipotesi del “variano a seconda delle emozioni” fosse vera, non vedo come potrebbe influire sulla tua vita. Questa conoscenza ti darebbe super poteri? No. Andresti meglio a scuola? No. Qualcuno ti adotterebbe? Tanto meno — ruggì gelido il giovane.
    — Stronzo — sussurrò Gemma allontanandosi a passi svelti. Era il quinto mese che lei e Drake Thompson passavano in quella casa famiglia, e anche se i loro genitori adottivi cercavano di essere gentili e amorevoli, l’atmosfera tesa e terribilmente soffocante era palpabile. Si sapeva che di lì a poco se ne sarebbero andati. E Drake aveva ragione, nessuno l’avrebbe adottata. Era troppo grande, l’avrebbero mandata in un’altra casa famiglia, ma questa volta da sola, perché lui avrebbe raggiunto la maggiore età entro breve. E lei aveva una paura folle di restare sola. Aveva soltanto lui: un ragazzo scontroso, musone e fastidioso che le aveva coperto le spalle per tutta la vita.
    Gemma corse via cercando di dimenticare l’affronto che l’amico le aveva rivolto. Salì le scale ripide del piccolo appartamento di New York e si infilò nel letto in camera sua. Si avvolse nella coperta ispida e rovinata, e dentro di se maledisse il giorno in cui i suoi genitori l’avevano lasciata all’orfanotrofio. Non ricordava nulla di loro, né l’aspetto, né il profumo. Era certa di aver avuto dei genitori solo perché biologicamente parlando era l’unica risposta sensata alla sua esistenza. Ma non si sarebbe mai e poi mai scomodata a cercarli. Se loro l’avevano lasciata sola era perché non volevano aver nulla a che fare con lei. Effettivamente nemmeno lei avrebbe voluto aver a che fare con se stessa, ma non poteva fare a meno di conviverci.
    Si accoccolò con la testa premuta sul cuscino e lo sguardo rivolto alle assi del letto sopra di lei, e sfortunatamente si ricordò che quella non era solo la sua stanza.
    — Gemma, va tutto bene? — domandò la vocina acuta e squillante di Katherine Roberts, che era appena entrata nella camera da letto trascinandosi dietro una valigia enorme.
    — Certo Katie, alla grande — sorrise Gemma ironicamente, osservando la compagna di stanza svuotare gli armadi e lanciare gli abiti sul letto sfatto.
    — Non è per darti fastidio, ma io dovrei sbrigarmi ad andare via, e se tu occupi il letto di sotto io sono costretta a piegare i vestiti su quello di sopra — sibilò la ragazzina arricciando il naso seccata.
    — Okay — disse Gemma alzando le spalle senza spostarsi di un centimetro. Avevano chiamato quella gallina dall’orfanotrofio, perché una coppia di Hollywood aveva visto il suo fascicolo e si era innamorata del suo bel faccino. E diamine, lei invece sarebbe rimasta lì a marcire per chissà quanto tempo ancora. In più, per tutti i cinque mesi di convivenza con la strega biondina, aveva dovuto farle da sguattera perché lei non era nemmeno capace di farsi il letto da sola.
    — Ti vuoi spostare sì o no? — squittì infastidita la ragazza, passandosi il lucida-labbra sulla bocca.
    — Direi di no — grugnì Gemma voltandosi su un lato e dandole le spalle. Chiuse gli occhi, e per qualche istante non la sentì muovere. Poi avvertì dei passi diretti fuori dalla stanza. — Dove vai? — domandò allarmata.
    — Semplice, a dire al tuo amato Drake quanto tu sia completamente cotta di lui — sussurrò con aria di sfida la ragazzina, facendo ondeggiare i boccoli biondi sulle spalle.
    Gemma le si parò davanti bloccandole il passaggio. — Non osare — disse digrignando i denti.
    — Grazie di avermi liberato il letto — sorrise furba Katherine.
    Gemma roteò gli occhi e uscì dalla camera a passi pesanti. Si sedette su una sedia di fronte allo specchio del bagno e iniziò a spazzolarsi i capelli. Ammirava il suo riflesso cercando di coglierne il più piccolo dettaglio che potesse dirle qualcosa delle sue origini, ma l’unica cosa che aveva davanti era una normalissima ragazzina mora con gli occhi maledettamente marroni. Se si avvicinava, poteva vedere i pigmenti muoversi in piccoli turbini dorati creando sfumature in eterno mutamento. Anche se Drake si riteneva troppo intelligente per pensare a qualcosa di un po’ diverso dal normale, lei era certa che si sbagliasse. I suoi occhi non cambiavano a seconda della luce, e avrebbe dato qualsiasi cosa pur di scoprire che cosa le stava accadendo. Si pettinò i capelli alla bell’e meglio, e tornò a scendere le scale alla ricerca dell’amico.
— Se vuoi di nuovo parlarmi del colore dei tuoi occhi, Gemma, non ho tempo per te — sbottò lui ancora prima di sapere ciò di cui voleva parlare, vedendola sulla soglia della porta. Ma lei fece finta di nulla e si sedette a fianco a lui, che in realtà di tempo ne aveva a sufficienza, non avendo nulla da fare in quelle giornate estive.
    — Non dirò nulla, allora — sbuffò lei, spostandosi dietro le orecchie una ciocca di capelli lisci che le dondolava davanti agli occhi. Non si dissero nulla per tutto il resto del pomeriggio, si fecero solo compagnia. Erano tredici anni che non si separavano mai, ma per una cosa o per l’altra prima o poi si sarebbero dovuti abbandonare, anche se era un termine che tutti e due odiavano. Si facevano compagnia anche se in realtà ognuno era da solo nei suoi pensieri, Gemma con i suoi occhi, e Drake… Drake probabilmente con il suo futuro, come al solito.
    — Vuoi saperla una cosa? — sussurrò il giovane appoggiando la schiena ad una poltrona.
    — Dipende — rispose acida lei, aspettandosi ancora delle scuse.
    Il giovane sorrise, e poi continuò imperterrito. — Ho deciso che voglio fare il medico.
    — Questa era una delle cose che non volevo sapere — ghignò Gemma alzandosi in piedi.
    — Non è un problema mio — sbottò Drake facendo lo stesso.
    Regola numero uno del rapporto tra migliori amici: vietato innamorarsi. E lei era riuscita a infrangere questa piccola, stupida e semplicissima regola, ma non glie l’avrebbe mai detto, o avrebbe rovinato tutto. Avrebbe continuato a guardarlo sorridere con quei denti perfetti e meravigliosi, la luce nei suoi occhi neri, i suoi silenzi infiniti, la sua voce, e sì, amava tutto di lui, anche la sua vita votata allo studio e al diventare una persona migliore. Se avesse potuto mettere una firma per passare il resto della sua vita con lui, l’avrebbe fatto lì su due piedi, anche con gli occhi bendati. Ma questo era un segreto che nessuno avrebbe dovuto sapere. Tranne quell’idiota della sua ex compagna di stanza chiaramente, ma quella era un’altra storia.
    Drake avvicinò il volto ad un centimetro dal suo naso. — Domani compirò diciotto anni… Come farò senza di te?
    Gemma si scostò imbarazzata. — Come hai fatto fino ad ora, ero io quella sempre in difficoltà — sorrise arrossendo. Drake sembrò averlo notato, e puntiglioso com’era avrebbe sicuramente chiesto il motivo, se solo il campanello non avesse emesso il suo classico suono distorto, come se le pile di qualche strano oggetto meccanico si fossero scaricate.
    — Non l’hanno ancora aggiustato? — sospirò Drake divertito dal rumore sinistro che ogni giorno da cinque mesi dovevano sopportare.
    — A quanto pare no — rispose Gemma sbirciando dalla finestra, alla ricerca di qualche indizio sul loro ospite.

La signora Bianca scese precipitosamente dalle scale ripide, rischiando di inciampare più di una volta sulla moquette rovinata. Con un gesto veloce spalancò la porta e accolse l’ospite con un grande sorriso dipinto sul volto.
    — Oh, finalmente, la ragazzina non stava più nella pelle, non vedeva l’ora di conoscere la sua nuova famiglia! — esclamò asciugandosi una lacrima di gioia con la mano.
    Drake trascinò Gemma prendendola per il gomito, e osservarono la scena un po’ a testa dalla serratura della porta della sala da pranzo. In salotto era entrato un uomo sulla trentina, con una zazzera di capelli mori arruffati e gli occhi vispi che scrutavano ogni minimo particolare della piccola casa. Era lì per portare Katherine alla sua nuova famiglia. Sembrava un tipo simpatico a differenza di gran parte degli impiegati dell’orfanotrofio St. Thomas. Aveva qualcosa di diverso. Di certo la camicia con colori sgargianti gli donava un’aria completamente differente dai soliti assistenti sociali in giacca e cravatta. Si sedette sul divanetto a molle con aria beata, come se non avesse mai visto divano più comodo di quello.
    La signora Bianca sorrise ancora scossa dal suo arrivo, e, prima che lui potesse dire qualcosa, iniziò a raccontare di quanto bella e perfetta fosse Katherine Roberts.
    Mentre Gemma era intenta a girare per la stanza imitando l’atteggiamento da diva della compagna di stanza, Drake tutto a un tratto diventò serio. Fece cenno all’amica di avvicinarsi e guardare cosa stava succedendo, ma accadde tutto troppo in fretta perché lei potesse comprendere. Riuscì a leggere il labiale dell’uomo perfettamente, ma le parole giunsero alle sue orecchie in ritardo, come se i neuroni del suo cervello fossero rallentati tutti di un colpo.
    — Katherine? Chi è questa Katherine? Io sono qui per Gemma — sorrise lui imbarazzato, mentre la donna sbiancava in volto.
    A Drake andò per storto la saliva, mentre Gemma urlò un sonoro “Che cosa?”, e senza neppure rendersene conto di fronte a loro era comparsa la signora Bianca con gli occhi carichi di rimprovero.
    — Voi due, da quanto siete qua? — sibilò la donna.
    — Ehm… io… — iniziò Gemma titubante, ma non riuscì a concludere la frase, perché l’amico, fumante di rabbia si fiondò verso lo sconosciuto.
    — Chi è lei e che cosa vuole dalla mia amica? — ruggì. Tutte le attenzioni della padrona di casa furono attirate dall’eccessiva reazione di Drake, e fu costretta a pararsi davanti all’ospite per evitare guai.
    — Drake, torna in sala da pranzo, me ne occupo io — lo rimproverò lei, ma il ragazzo sembrava non sentire ragioni.
    L’uomo, preoccupato, scosse la testa e pose una mano sulla spalla della donna. — Sono d’accordo con il ragazzo. È meglio che mi presenti. Sono Henry Mills, il fratello di Gemma.

  
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